Dangan
Serendipità
{Danganronpa 2: Goodbye Despair | Island Mode}
That all we are
Is a light into the darkness;
And all we are
Is time that’s counting down.
And all we are
Is falling through the spaces in between;
Endless flight,
A lifetime in repeat.
EDEN,
“Circles”
Mancava un’ora al tramonto e se ne stavano seduti sui grani
d’oro,
caldi, della spiaggia, le loro figure adombrate dalle ampie fronde
delle palme che frusciavano al vento.
«Che bell’atmosfera…»
Nagito si stiracchiò e i suoi capelli bianchi oscillarono
verso il cielo, crespi come la spuma del mare.
«Vero.»
Il giovane mosse gli occhi alla sua sinistra, mentre il mormorio di
Chiaki Nanami veniva trasportato via dalla brezza salmastra;
l’aveva
osservata giocare ad uno sparatutto per un po’, seguendo con
attenzione i
movimenti rapidi delle sue dita sui tasti. Era difficile descrivere
cosa si provasse ad avere
il privilegio di assistere – così da
vicino – ad una
tale esplosione di talento: era
una libidine per i sensi, elettricità nei nervi, era sentire
il
cuore colmo d’una determinazione terrificante—
Nagito chiuse gli occhi, cercando di dissimulare i fremiti che gli
avevano
invaso gli arti giocherellando con i lacci del costume da bagno. Se si
fosse lasciato prendere da certi
pensieri, l’avrebbe messa a disagio e non
poteva— non voleva.
Ci teneva che quel pomeriggio continuasse a passare liscio come
l’olio; era ancora una bella giornata… Per lo meno
per i suoi orripilanti
standard.
«Sai, aspettare il tramonto in riva al mare mi riempie di
speranza.», provò a buttarla lì,
contando
sul fatto che,
parlando d’altro, anche la sua mente si sarebbe resettata.
«Qualsiasi cosa accada stanotte… Il sole
sorgerà
ora e per sempre, spazzando via le tenebre. Lo so che è una
sciocchezza, ma pensarci mi fa quasi sentire invincibile.»
Il tronco della palma era ruvido e, quando ci premette la schiena
contro, gli raschiò le scapole.
«Oh… Interessante.» Chiaki
sbadigliò. «Ora mi sento sollevata.»
«Mh?»
«Be’, per un po’ ho pensato fosse
inappropriato per
una ragazza invitare un ragazzo in una circostanza del genere,
però… Non sento nessun doki doki nel petto e i
tuoi occhi
non brillano come stelle… Quindi va bene così,
penso.»
«… Sei una ragazza buffa, Nanami.»
Chiaki s’imbronciò e gonfiò le guance,
tenendo lo sguardo fisso sullo schermo della console.
«Ah, suvvia! La trovo una caratteristica
graziosa!»,
aggiunse Nagito conciliante, notando la comparsa d’una
sfumatura
rossa sulla punta delle orecchie della gamer. «Dico
davvero.»
Con le labbra risucchiate tra i denti, Chiaki piegò un
braccio e
si tastò le spalle con una mano, come se fosse alla ricerca
di
qualcosa.
«Temo sia rimasta in albergo. La tua felpa,
intendo.»,
cinguettò ancora lui e, per qualche strano motivo, la sua
compagna si trasformò immediatamente in una
statua di sale. Ops.
«Ah… Ma se non ti fa schifo, indossa pure la mia!
A me non fa fred—»
Non riuscì nemmeno a terminare la frase che Chiaki
sparì all’interno della sua felpa in un guizzo
verde, quasi come
se ne
fosse stata inghiottita, il cappuccio calato fin sopra al
naso.
Wow.
Che l’avesse messa in imbarazzo? Forse era di nuovo il
momento di cambiare
discorso. Magari avrebbe potuto trovare
uno
spunto innocuo per farla rilassare un po’ ma, ahilui, non se
l’era mai cavata in quel genere di cose.
«Nanami?»
«Sì?»
«Finire qui tutti insieme è stato un gran colpo di
fortuna, secondo te?»
La giovane si morse il labbro inferiore mentre Nagito sollevava le
ginocchia al petto, stringendosele tra le braccia con le iridi
accese da un’inquietudine quasi febbrile.
«Mmmh…»
Dopo un attimo di titubanza, Chiaki
mise in pausa il gioco: stava chiaramente soppesando la
risposta da dargli, e Nagito non poté che accogliere quella
premura nei suoi confronti con un sorriso.
«Immagino di sì.», disse lei infine,
«Del
resto, è raro che degli studenti come noi abbiamo la
possibilità di passare due mesi in un paradiso
tropicale.»
«Capisco. Sei una che si accontenta di poco,
vero?», gli
scappò di bocca con una spensieratezza impressionante
persino per lui.
«Voglio dire, non ti sembra che stare qui con le mani in mano
sia
un po’ noioso? È uno spreco di potenziale,
no? Tu, Hajime… Voi tutti siete la personificazione della
speranza! Dopo quella premessa pazzesca fatta da Monokuma, non pensi ci
sia in gioc—»
Chiaki gli lanciò un’occhiata rapida prima di
riportare
la sua attenzione allo sparatutto, riprendendo la
partita.
«Le tue parole… È come se non ti
considerassi una parte del gruppo.»
Nagito si zittì. C’era qualcosa,
nella voce di Nanami, un’increspatura nel tono che suonava
quasi di rimprovero. Lo stomaco gli sprofondò, come
se
avesse appena saltato accidentalmente uno scalino. Non riusciva proprio
a capire. La ragione per
cui non si era mai considerato al pari degl’altri
Ultimates era piuttosto ovvia— sarebbe stato come
mettere sullo stesso piano eroi
e
comparse.
Erano gli eroi a
salvare il mondo, persino Nanami non avrebbe potuto negarlo;
le comparse potevano al massimo servire da
trampolini di lancio per il completamento dell’impresa. Non
c’era davvero motivo di prendersela.
«Nanami…»
Il giovane si passò una mano dietro il collo, accorgendosi
d’avere la pelle d’oca. A volte odiava quel fuoco,
quella foga
dentro di lui, perché erano troppo difficili da controllare
e finiva sempre per
dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Si schiarì la
voce,
facendo del suo meglio per reprimere quella consapevolezza dietro un
sorriso: fallì miseramente.
Accidenti.
«Scommetto che ti sei pentita d’avermi invitato a
passare un po’ di tempo con te.»
Cristalli gelidi gli si diffusero tra le viscere, facendolo sbiancare,
l’espressione solitamente serafica ora una maschera
inespressiva. Nagito respirò con lentezza, lasciandosi
gonfiare i polmoni dalla
brezza salina che spirava tra i riflessi dell’acqua. Era un
sentimento bizzarro in realtà, quello che stava
provando— come se avesse appena scelto di calpestare un fiore
sbocciato nell’asfalto. Un gesto maligno tanto quanto il
rovinare la giornata ad una delle poche persone che
l’aveva sempre trattato con garbo.
Sospirò.
«Aaah, e dire che ero così contento quando me
l’hai
chiesto… Ma va bene così, non ci si
può aspettare
altro da me.»,
disse, il riso tornato a stiragli le labbra.
«Rovino
tutto. Faresti meglio a starmi lontana, se vuoi goderti questa
vacanza.»
Le dita pallide di Chiaki si strinsero attorno alla console, congelando
sullo schermo il volto di un soldato dietro le lettere:
“pausa”. Lentamente, la ragazza si voltò
a guardarlo
e, per qualche ragione, essere esposto a quello scrutinio lo
riempì
d’ulteriore angoscia.
«Non fare così, Nanami. Per uno scarto come me, il
cui
talento non dipende da nessun tipo di capacità, potervi
osservare da lontano è già una benedizione di per
sé!», salmodiò Nagito e le
pupille gli si
dilatarono, piantandosi come aghi negl’occhi di Chiaki.
«Non mi serve altro. Starmi vicino può solo
portare
a—»
«No.»
Ah, che donna crudele. Le erano bastate due lettere
– semplici, fervide – per aprire una breccia nel
muro che
aveva eretto tra loro con tanta fatica e attenzione. Nagito sapeva bene
che, se non
fosse
corso ai ripari, se non avesse
di nuovo mentito,
le distanze tra loro si sarebbero accorciate—
ma la realtà dei fatti era che cominciava a
non importargliene più nulla.
Per anni aveva tenuto amici e conoscenti a debita distanza per paura
che il suo talento potesse far loro del male e, a dirla tutta,
si era abituato in fretta ai vuoti che la solitudine gli aveva creato
attorno, ai
silenzi e all’assenza di contatto umano. Non gli dispiaceva
vivere così, eppure ogni singola
interazione con Hajime e Nanami accresceva in lui la brama di porre fine a quella farsa.
«Tu sei uno di noi, Komaeda. Lo sei sempre stato e lo sarai
fino alla fine.»
Ah, Nanami…
Fai sembrare tutto così semplice.
Delle fitte acute gli trapassarono il petto, costringendolo a
rannicchiarsi ulteriormente su sé stesso, le braccia serrate
attorno alle ginocchia come a voler contenere quel tumulto emotivo, a
tenerselo dentro.
«E… Che altro? Ah, non capisco perché
pensi che
questa vacanza sia un spreco di tempo.», aggiunse Chiaki con
concitata flemma. «Perché non lo è
affatto… O per lo meno
credo. È un’occasione per creare un legame con gli
altri.»
Nagito deglutì, col rombo del suo cuore impanicato che
andava pian piano scemando, lontano, perso tra le onde del mare. Era
catartico, in un certo senso, essere rimbrottato a quella maniera.
Come se Nanami ci tenesse davvero
a lui.
Si voltò a guardarla, incontrando le sue iridi chiare,
limpide.
«Un… Legame?»
«Sì. Ci sono ancora tante cose che non so. Qui ho
la possibilità di imparare, di…
Migliorare, ecco. E lo stesso vale anche per te.»
Ah.
Non ce la fece— Dovette distogliere lo
sguardo da
quello
di Chiaki; quegl’occhi, oh, quegl’occhi malinconici
lo stavano
facendo sentire così piccolo e infimo. Erano una delizia insopportabile.
«Lo credi davvero, eh.»
Avrebbe dovuto suonare come una domanda ma, in realtà, non
era
che un verdetto polemico. La gamer sembrò intuirlo,
perché
non disse altro, riprendendo a giocare con uno sbadiglio.
Che fare? Che dire? Nagito preferì nascondere i
mille dubbi che gli si stavano affacciando nella mente dietro un velo
d’indifferenza; aveva mandato
tutto
all’aria oppure no? Con Chiaki, era difficile dirlo anche se,
a voler leggere tra le righe, non gli aveva ancora
lanciato alcun
segnale
ostile. Non gli aveva nemmeno detto di andarsene o di lasciarla in
pace per il momento, quindi…
Dovrei…
Rimediare? Sono ancora in tempo?
Si sgranchì le gambe intorpidite, stendendole sulla sabbia e
lasciandosi consolare da quel tepore gentile.
Era fortuna, la forza che stava interferendo nei loro discorsi?
Sfortuna? Casualità? Non riuscendo a venirne a capo, Nagito
riprese a
gingillarsi con i lacci del
costume da bagno, slacciandoli e riallacciandoli, creando nodi,
fiocchi, arrotolandoli tra loro finché una domanda non
sovrastò il ronzio confuso dei suoi pensieri. Si
fermò. No, non ne valeva la pena. Quella, era solo
una curiosità scomoda,
si disse, ma l’impulso di sapere la verità
continuò a svicolare
e a sgomitare tra i suoi denti, finché non riuscì
a sfuggirgli
di bocca.
«… Perché? Perché proprio
me, Nanami? Avresti potuto passare un bel pomeriggio con
chiunque altr—»
- “Ci hai
traditi tutti—!”
Le urla di un soldato provenienti dalla Game Girl Advance lo fecero
sobbalzare
appena.
«Perché?», ripeté Chiaki,
quasi a voler
prendere tempo. Probabilmente non s’aspettava che avrebbero
ripreso a conversare. Non così in fretta.
«Be’,
perché volevo essere un po’ più come
Hajime.»
«… Non credo di seguirti.»
«In questi giorni mi hai dato
l’impressione d’essere… Solo, Komaeda. Anche
quando
sei
insieme a tutti gli altri.»
Nagito si voltò verso di lei, le sopracciglia increspate
dalla sorpresa.
C’era d’ammetterlo, quella ragazzina aveva
talento per il dichiarare verità scomode come se stesse
chiacchierando del tempo.
«È un po’ come se fossi in una
città piena di
NPC con cui non puoi interagire; dopo un po’, finisci per
sentirti isolato. Tipo in Yakuza—
no, forse ho scelto l’esempio sbagliato.», ci
tenne a precisare lei prima di rimuginare su qualcos’altro,
battendosi l’indice sulle labbra.
Dopo
un istante d’esitazione, si tolse il cappuccio, rivolgendogli
un
sorriso piccolo, onesto,
che gli fece accelerare i battiti.
«Insomma, è una sensazione
che…» S’interruppe nuovamente.
«È una
sensazione che conosco, così mi sono chiesta:
“cosa farebbe Hajime per aiutare
Komaeda?”.»
«Oh.»
«Per quello ho pensato che, forse, stando insieme
avremmo potuto
farci forza l’un l’altro… Il potere
dell’amicizia e tutto il resto, no? Prima ci urliamo contro
sulla
spiaggia, poi ci prendiamo a pugni e alla fine ci abbracciamo sotto la
luce
del tramonto e piangiamo, diventando amici per la pelle. È
così che funziona.»
«… Vivere nella tua testa
dev’essere un’esperienza incredibile,
Nanami.»
«Hm?»
A quanto pareva il detector di sarcasmo della ragazza era
fuori uso.
«Io e te non siamo molto bravi a stare insieme agli
altri.», riprese infatti lei, come se nulla fosse.
«Dovremmo imparare a farlo, invece. Meglio di come lo
facciamo adesso, o finiremo per perderci un sacco di belle
esperienze.»
«Quindi unendo le forze possiamo migliorare…
È questo che intendi?»
«Sì. Io… Voglio completare le
routes di tutti i nostri compagni di
classe. Tu no?»
Il grigio delle iridi di Nagito oscillò, increspandosi prima
di
sfolgorare. Con le tempie che gli pulsavano sempre più
forte, il
ragazzo nascose il viso tra le dita ossute, lasciando uno spiraglio
solo per l’occhio destro, immobile su Chiaki.
«Ma che…» Arrossì,
lasciandosi fuggire un risolino tremulo. «Razza di
sciocchezza.»
E rimasero così, l’uno accanto
all’altra, avvolti da un silenzio che aveva un che di
confortante.
∙◦◌◦∙
Un rumore acuto risvegliò Nagito dal
torpore, facendogli alzare la testa.
Mi sono… Addormentato?
Intontito, si guardò attorno, accorgendosi solo allora
d’essere circondato da una meravigliosa fantasmagoria di luci
ocra, carminio e porpora: il sole aveva cominciato la sua lenta
discesa, trasformando la spiaggia in una distesa di brillanti che
faceva sembrare l’intera isola un luogo di fiaba.
Dopo essersi stiracchiato con un sorriso, il giovane si sporse verso la
figura
raggomitolata al suo fianco, sfiorandola con la spalla; Chiaki non
diede alcun segno d’aver percepito la sua presenza, rapita
com’era dal gioco e, per un folle istante, gli parve quasi sul
punto di non respirare.
«Nanami?»
Nessuna reazione.
Accigliandosi, Nagito diede una sbirciata allo schermo della console
per capire cosa l’avesse assorbita a tal punto, ma
l’immagine che intravide servì solo a confonderlo
ancora di più; quella roba era decisamente troppo da shojo per far parte
di uno sparatutto.
«Hai cambiato
gioco?»
«Mh?» Chiaki inspirò piuttosto
rumorosamente, come se fosse di ritorno da un’apnea.
«… Ah, sì, questo è un
Dating Sim.»
Un flash rosso trapassò d’improvviso le loro
retine, abbagliandoli.
«Ah, non promette bene», commentò
Nagito, «… Cos’è
successo?»
Una musica cupa, incalzante, soffocò la sua domanda e Chiaki
si imbronciò, la scritta: “Che Occhi
Meravigliosi”,
riflessa sulle sue iridi rosate.
«Sono stata uccisa.»
«Oh.» Non sapendo bene quanta importanza dare
all’avvenimento, il ragazzo sollevò le
mani con
fare conciliante. «Accidenti… Mi dispiace,
Nanami.»
Chiaki si volse ad incontrare il suo sguardo,
ma
era piuttosto ovvio che la sua mente fosse altrove,
perché lo fissava come se potesse vedergli
attraverso.
«Non importa… Credo. I Dating Sim sono il mio
tallone
d’Achille.», ammise infine con un piglio
di dolce tristezza. «Sbloccare il vero
finale non è
mai un’impresa facile.»
«Ah…» Incerto su come
proseguire, Nagito si umettò le labbra. Erano ruvide e
screpolate. «Se vuoi, posso provare
a fare io le scelte al
posto
tuo. Con la mia fortuna—»
«Inaccettabile.»
«Oh, ma certo! Che vado a pensare?», si corresse
allora lui,
cordiale. «L’aiuto di uno come me potrebbe solo
peggiorare le cose!»
«No, non è così, Komaeda. Il fatto
è che… Vedi, il diventare capace di superare una
sfida è parte integrante dell’essere un
videogiocatore.», gli spiegò Chiaki,
rianimandosi, «Non sarebbe una mia vittoria, se mi
affidassi
alle scelte di qualcun’altro!»
«Oh.»
«Ma tranquillo, prima o poi, anche i Dating Sim non
avranno più segreti per me!»
Nagito la scrutò con intensità da dietro le
ciocche
ispide della frangia. Gli piaceva l’espressione risoluta che
Nanami gli aveva rivolto: trasmetteva una
determinazione ardente che non voleva assolutamente che perdesse.
«Bene, ti prendo in parola. Ma… Non
possiamo certo far
finire la giornata su una nota dolente, non trovi?», si
ritrovò a dire, alzandosi in piedi. «Che ne
diresti di
fare una passeggiata prima di tornare in albergo? Sono certo che questa
tua
piccola sfortuna ci condurrà a qualcosa di buono!»
«Davvero? Dici che potremmo trovare un tesoro?»
«Wow, che sguardo accecante!», rise lui,
provando tenerezza per l’ingenuità di quella
domanda.
«Be’… Mai dire mai, immagino.»
Il suo ottimismo vagamente posticcio parve contagiarla,
perché Chiaki annuì, tirandosi su.
«… Speriamo di non trovare un Mimic.»,
mormorò, sistemando la sua fida Nantendo nello
zainetto che si era portata dietro prima di gettarselo in
spalla, pronta all’avventura.
Facendo ipotesi su forzieri
sepolti e mappe create da pirati, i due
s’incamminarono assieme
lungo il bagnasciuga, i loro piedi orme evanescenti nella sabbia zuppa
d’acqua.
«Ah! Guarda, Nanami!», esclamò
Nagito d’un tratto, puntando l’indice tra i flutti
sulla
riva.
«Cosa? Cosa?», squittì lei, emozionata,
«Hai trovato un forziere?»
«Non esattamente…» Il giovane fece
qualche passo in avanti e si
chinò, raccogliendo
una graziosa conchiglia a tortiglione: era liscia, lunga quanto il
suo palmo e la sua spira era percorsa da strie perlacee,
rosé e brune. «Sai, dicono che
all’interno di queste conchiglie si possa ascoltare il suono
del
mare.»
Si voltò a guardarla, carico d’aspettazione.
«Ma il mare è proprio qui, davanti a
noi.»
Se fosse stato il protagonista di un videogioco, Nagito era certo che
la barra dei suoi HP avrebbe subito una qualche sorta di danno in quel
momento. Provò a sorridere ma non ottenne che una smorfia di
circostanza, il suo volto incapace ancora una volta di mascherare il
proprio disappunto. Stare con Chiaki sembrava intaccare la sua
abilità nel camuffare le emozioni. Forse stava abbassando un
po’ troppo la guardia.
«Prendi tutto troppo alla lettera, Nanami.»
«Ah, sì?»
«Sarà per questo che non riesci a trovarti un
ragazzo.»
Chiaki batté ciglio una volta, poi due— alla
terza, le
guance presero a gonfiarsi e gonfiarsi con quella che Nagito
immaginò
fosse
aria… E una certa percentuale di sdegno. Se
l’era presa?
Quasi a voler confermare i suoi pensieri, la gamer si
chiuse in
un silenzio meditativo e il braccio le scattò di nuovo alla
volta del cappuccio, prima di bloccarsi a mezz’aria.
«Be’, non posso certo dire che ti
sbagli.», gli
concesse dopo qualche minuto, lasciando ricadere le braccia lungo i
fianchi. Infagottata com’era nella sua felpa, sembrava
proprio
uno dei bimbi sperduti dell’isola che non
c’è.
«L’amore è qualcosa che ancora non
comprendo.»
«Ammettere una cosa del genere con una tale
franchezza…
Sei davvero qualcosa di speciale, Nanami.», si
complimentò il giovane,
avvicinandosi a lei con la conchiglia stretta tra le dita.
«Ma non crucciarti, hai
ancora il
tuo talento e tutto il tempo di questo mondo per scoprire i segreti
dell’amore!»
Quella frase la fece sussultare.
«Tutto… Il tempo…» Gli fece
eco e
qualcosa nei suoi occhi parve spezzarsi. «Sai, Komaeda,
tu…» Esitò, sembrando cambiare idea
più di
una volta su cosa dire. «Non capisci davvero nulla di
ragazze.»
Colpito e affondato.
«Dici? Effettivamente ci sono cose che anch’io ho
difficoltà a capire. Siamo una bella squadra, io e
te.»
Nagito
ridacchiò mentre lo sguardo inizialmente incerto di Chiaki
mutava in divertito, spostandosi dal
suo volto alla conchiglia che ancora stringeva in mano.
«… Oh, vuoi provare a sentire il rumore delle
onde?», domandò
lui con
rinnovato slancio, porgendogliela. «Se la porti con te,
potrai ascoltarlo quante volte vuoi anche in albergo.»
Chiaki si sporse in avanti ad osservarla.
«Stai dicendo che qui dentro c’è davvero il mare?
Tipo, se dovessi rompere la conchiglia nella mia stanza, finirei per
allagare
tutto?» A
dispetto delle implicazioni bislacche e vagamente
inquietanti del suo
ragionamento, la ragazza divenne tutta un fremito e prese a saltellare
da un
piede all’altro, «Ah, però i
livelli con
l’acqua sono sempre i più frustranti da
superare…»
Si afflosciò su sé stessa.
«Eh? No, intendevo solo che— facciamo
così: guarda
quel che faccio io.» Nagito si portò la
conchiglia
all’orecchio. «Facile, no? Se può
riuscirci un
pezzente come me, non vedo perch—»
E la “e” finale
s’acuì nel
più breve gorgheggio power metal della storia, facendo
sobbalzare Chiaki come un gatto a cui era stata pestata la coda.
«Ahia…»
Confusa, la ragazza si portò una mano alle labbra.
«E quello cos’è? ... Un
Nipper?»
Appeso all’orecchio di Nagito, un
granchietto verdognolo stava penzolando con la chela libera schioccante
e pronta all’assalto; la sua indignazione per aver appena
perso il proprio appartamento era piuttosto palese.
«Nah, è troppo piccolo, per esserlo… Ma
in quanto a
collera, non scherza nemmeno lui, te lo posso assicurare.»
Ripresosi immediatamente dallo
spavento, il giovane decise di
non fare nulla per staccare la bestiola, indirizzando le proprie
attenzioni a Chiaki con
un
sorriso
smagliante.
«Su, ora tocca a te.»
In tutta risposta lei sbiancò, gli occhi ridotti a due
fessure cariche di sospetto.
«E se nella conchiglia ci fosse un altro Nipper?»,
gli
domandò, indietreggiando, «E se mi
entrasse
nell’orecchio e diventassi una donna-granchio? E
se—»
«Andrà tutto bene, Nanami. Ne sono
certo.»
Un cavallone gelido s’infranse attorno alle loro caviglie,
facendoli
rabbrividire.
«Gli animali… I pesci non mi piacciono molto
ma… Uffa, e va bene.», borbottò infine
Chiaki.
«Mi fido di te. Penso.»
«Ah, che onore! Sono lusingato!»
Nagito conservò la sua facciata di soave
imperturbabilità mentre la ragazza s’accostava
alla sua
mano estesa, sfiorandone la pelle con le punte arricciate dei capelli.
Facevano il
solletico, ma non si mosse.
«Pronta?»
«… Sì.»
A quel punto, il pazientissimo, serenissimo Ultimate Lucky Student
aveva tutte le ragioni del mondo per presumere che Chiaki
gli avrebbe finalmente preso la conchiglia di mano – invece
la ragazza
ci avvicinò solo e soltanto l’orecchio,
costringendolo a rimanere col braccio
teso in avanti mentre lei si metteva in ascolto. Forse non era stata
del tutto onesta, quando gli aveva detto di fidarsi di lui.
…
Va be’, pazienza.
«Oh! Sento qualcosa!»
Socchiudendo le palpebre, Chiaki sorrise, sistemando meglio il capo
contro l’apertura della conchiglia. La sua guancia era
morbida, ma stranamente fredda.
«Questo suono… Mi ricorda
casa…»
Sussurrò e i raggi del sole le scivolarono sul viso bianco e
tra i
capelli, facendoglieli risplendere
come se fossero intessuti di luce. Era
incredibile quanta speranza potesse racchiudere una così
semplice
immagine, si ritrovò a considerare Nagito, e le
iridi gli s’intorbidirono, svuotandosi
d’ogni emozione.
Poi Chiaki cominciò a russare.
«Ehm…»
Il granchietto perse la presa sul suo orecchio
arrossato, precipitando tra le onde del mare nel silenzio
più assoluto.
«Nanami?»
Nagito scosse il capo, il terrore che gli
aveva ghiacciato le membra un attimo prima dissolto in tiepido
sollievo. Per una volta l’universo aveva bilanciato un
piccolo momento
prezioso della sua vita con qualcosa di ridicolo, invece che di tragico.
Meglio
così…
Batté ciglio, osservando meglio Chiaki. Certo che
era impressionante:
in due secondi contati era riuscita nell’impresa
d’addormentarsi in
piedi, bilanciandosi solo grazie alla
testa, abbandonata senza remore
contro il suo palmo. Forse il
suo talento non era quello di
miglior videogiocatrice, ma di miglior ghiro.
«…
Nanami?»
Sollevando la mano libera, Nagito trapassò con
l’indice la
bolla di muco che le fuoriusciva dal naso ad ogni respiro, facendola
esplodere con un soddisfacente “pop”.
La gamer
spalancò gli occhi.
«Ah…! Scusami, Komaeda, devo essermi
addormentata…
Il suono del mare è così
rilassante.», farfugliò prima di
lasciarsi andare ad un lungo
sbadiglio.
«Anche la
tua mano è comoda.»
«Davvero? Se sei tu a dirlo, lo prendo come un
complimento!»
Ronfando soddisfatta, Chiaki si stiracchiò sotto i
colori caldi
del cielo.
«Sai, non credevo che avrei imparato qualcosa di nuovo
anche oggi,
e invece…», gli confessò con
l’aria di una bambina che era entrata per
la prima volta in una negozio di caramelle.
«Grazie!»
Un sorriso radioso, un po’ impacciato, le salì
agl’occhi, accendendoglieli.
«Per così poco…»,
minimizzò Nagito, grattandosi la tempia. «Non
merito alcun
ringraziamento.»
«E invece sì, per me è
importante!»
«Be’, ad essere onesti, anche tu mi ha
insegnato qualcosa d’importante su me stesso, quindi siamo
pari.»
«Ah, sì? Cosa?»
Mah, non ricordava poi così bene. Qualcosa che aveva a che
fare con il potere
dell’amicizia e tutto il resto.
«… Segreto.»
«Oh.» Chiaki non parve stupita.
«Be’, a me basta festeggiare il nostro doppio level
up!»
«Perché no?», concordò lui
immediatamente.
«E per tenere fede al nostro impegno, propongo di coinvolgere
tutti!»
«Ah, hai ragione!»
Contento di averle fatto dimenticare l’orripilante finale del
Dating Sim,
Nagito ridacchiò assieme a lei, godendosi la carezza del
vento sulla fronte sudata, tra i
capelli, sentendosi leggero come non lo era mai
stato.
«Sai, Komaeda… Se ci pensi, alla fine un piccolo
tesoro lo abbiamo trovato.», gli fece notare Chiaki,
indicando la
conchiglia. «Proprio come avevi previsto!»
«Un bottino misero, ahimé. E poi… Non
è sempre un bene sapere certe cose in
anticipo.» Il ragazzo scrollò le spalle.
«A volte, ci prendo più spesso di quanto
vorrei.»
«Su questo… Non hai torto.»
«Trovi anche tu?»
Con una smorfia, fece per disfarsi della conchiglia (perché,
poi? Il suo corpo non sembrava rispondergli) quando la piccola mano
della gamer
scattò
verso il suo polso, immobilizzandolo.
«Aspetta! Questo tesoro… Lo terrò
con me.
Così non mi dimenticherò di questa
giornata.»
Il cuore di Nagito saltò un battito. No, no, si disse,
calma,
Chiaki stava
semplicemente cercando di essere gentile, la sua non era che comune
cortesia. Non poteva davvero importarle
qualcosa
di lui o di quel pomeriggio passato assieme… Giusto?
Il ragazzo
chinò il capo, osservando da sotto le ciglia chiare
l’acqua mentre saliva e scendeva lungo il
bagnasciuga, perdendosi tra i ghirigori della spuma. Attorno a lui
c’erano
così
tanta luce e aria e blu che per un attimo fu colto dalla vertigine,
ritrovandosi in
bilico tra cielo e terra. Era felice,
oh, era felice
e la cosa lo spaventava
a morte.
«Un momento così bello… Per bilanciare
tutto questo, ho paura che—»
«Eh? “Paura”?»,
ripeté Chiaki dopo qualche istante, «Paura di
cosa?»
«Oh, ho detto una sciocchezza, non farci caso!»,
ridacchiò lui, sollevando le mani a mo’ di
scusa,
«Uno sciagurato come me non dovrebbe passare così
tanto
tempo sotto il sole, o comincia a sragionare!»
«Oh. Effettivamente il tuo naso è piuttosto rosso.
Anche gli occhi. Vuoi tornare in albergo?»
«Io… Sì. Meglio di
sì. Presto farà buio.»
«Ok.», disse Chiaki, infilando la conchiglia nella
scollatura del bikini. «Andiamo.»
Quello… Non era esattamente il luogo più appropriato
in cui
conservare
una cosa del genere, pensò imbarazzato Nagito, ben lungi
però
dal farlo
presente all’incauta donzella. Probabilmente Hajime avrebbe apprezzato.
…
Probabilmente tutti
i ragazzi avrebbero apprezzato. Compreso Hanamura.
Oh, per l’amor
di—
«Nanami?»
«Sì?»
«Perdonami.»
Senza fare complimenti, Nagito pinzò la conchiglia tra
pollice e indice e la conservò nello zainetto di Chiaki.
«Komaeda?»
«Sì?»
«… Pervertito.»
.:~*~:.
Yo~! ∠( ᐛ 」∠)_
Mi ero ripromessa di pubblicare qualcosa prima della fine
dell’anno, ed eccomi qui, nel vuoto cosmico prima di
Capodanno!
Questo, in realtà, è un esperimento. Mi sono
persa dentro i miei stessi pensieri durante la stesura e si vede (e vi
chiedo scusa) ma mi va bene così, perché per mesi
non sono riuscita a mettere niente su carta… Questa storia,
invece, mi ha coinvolta passo passo e mi ha fatta sentire finalmente
soddisfatta di qualcosa che ho creato con le mie stesse manine.
La caratterizzazione dei personaggi
segue quella del videogioco e non dell’anime (lo specifico
perché tra i due medium alcune cose cambiano).
E, soprattutto, tiene conto di tutti eventi personali dei
personaggi e del finale di Island Mode (perché anche
lì si scoprono cose interessanti, soprattutto su Nagito).
L’avviso per gli spoiler
l’ho messo più per le note che altro…
Perché
per spiegare il contesto qualche spoilerino lo devo fare. Pronti?
3!
2!
1!
Dunque, questa one-shot prende luogo nell’AU
di “Danganronpa 2: Goodbye Despair” che viene
raccontata in
“Island Mode”. Per chi non ci abbia mai giocato, in
questa
modalità vengono fatti rivedere i primi istanti di
gioco…
fino allo scontro tra Monokuma e Usami. L’AU inizia nel
momento
in cui è Usami a vincere, invece del nostro orsacchiotto
preferito [?????]. In questo modo, i giovinotti e le giovinotte
dell’Hope’s Peak Academy possono finalmente godersi
una
vera e propria vacanza di due mesi, cazzeggiando sull’isola,
costruendo mecha e flirtando
con Hajime. ♥
In questa AU Nagito è delusino, povera stella,
perché non deve più uccidere gente a caso per far
esplodere la speranza nei cuori dei suoi amici [?????]. Mentre
Chiaki
ha finalmente il tempo per imparare tante cose belle grazie al
pazientissimo protagonist-kun. Con questa
premessa, io li ho presi e buttati in una spiaggia per vedere che
succedeva. Et voilà~! ˙ᘧ ͜ ˙
Eeeeee lo so, i buoni sentimenti™ galoppano selvaggi in
questa
one-shot hah hah hah! XD Ma le atmosfere nell’AU sono molto
più rilassate, per ovvi motivi… Se po
fa’. Tipo Nagito impara solo nell’AU che dentro di
lui
c’è sempre stata la speranza e che non aveva
bisogno di
cercarla negli altri Ultimate. Un po’ triste come cosa, in
realtà, visto
che non è canon, porco @#£$%&!
Comunque! A me
è sempre piaciuta l’amicizia tra Chiaki e Nagito e
mi sono
divertita a mettere qualche riferimento alla loro vera natura tra una
scena e l’altra (consiglio di dare un’occhiata a
tutti i
loro eventi, in caso non si capiscano certe frasi della fic).
Onestamente, mi ha
catturato molto il modo in
cui l’hanno trattata nel videogioco e nel manga…
Nell’anime un po’ meno… Ma
perché Chiaki
l’hanno ridotta ad una semplice waifu-bot senza tutte le
caratteristiche spassose che la rendevano umana
(ironicamente) nel videogioco.
E niente, questo è tutto. Ora vi lascio con qualche mini
nota finale, perché ho evitato di nominare direttamente
tutti i
videogiochi a cui si riferisce Chiaki. In Danganronpa i
nomi sono tutti distorti per evitare il copyright (Nintendo = Nantendo
| Gamer Girl = Game Boy | etc), quindi ho preferito tenere anche io
tutto sul
vago:
- «Ci hai traditi tutti (Salazar)!»,
è
una frase di “Call of Duty: Black Ops 2”, scelta
per ovvi
motivi eh eh eh;
- In realtà in “Yakuza” con
alcuni NPC si
può interagire, ma la stragrande maggioranza di
quelli che
si trovano sparsi per la città sono privi di linee di
dialogo
(ma in compenso fungono da ottimi birilli);
- La frase Che
occhi meravigliosi
che compare quando Chiaki perde al Dating Sim, è un
riferimento
al finale peggiore che si può ottenere con Shuu Iwamine di
“Hatoful Boyfriend” (ebbene sì, la
visual novel con
i piccioni… Sono una donna di classe);
- Il Mimic,
invece, è un riferimento a “Dark Souls”.
I Mimic sono degli obbrobri maledetti @#£$%&!
camuffati da forzieri e, se si tenta di aprirli, si finisce divorati
(se si hanno molti HP però, si sovravvive);
- Il Nipper
di cui parlano Chiaki e Nagito è un boss
di “Banjo-Kazooie”… Una specie
di granchio gigantesco;
- Ormai Nagito nella mia testa ha la voce che gli da NicoB. The power of BS.
Grazie per aver letto~ e buone feste e tutti! (*´▽`*)
See ya,
Shadow
Eyes
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