È
tutta colpa tua
*
* *
La prima volta che Keith lo sentì fu al
Castello.
Non aveva idea di cosa Shiro avesse
mangiato durante gli anni di prigionia, ma era chiaro quanto gli
fosse mancato il buon cibo.
Ancora ostinato a non mangiar tutto ciò
che gli offriva Coran, tirò un sospiro di sollievo quando
Hunk prese
il comando della cucina. Bhé, tutti lo fecero ma Shiro non
perdeva
occasione di dimostrare la sua gratitudine. Rumorosamente.
Che Shiro avesse un debole per il cibo
non era un segreto. Keith lo sapeva. Nonostante ciò, Shiro
non aveva
mai permesso che esso diventasse uno ostacolo nel raggiungimento dei
suoi sogni, continuando a lavorare costantemente sul suo corpo senza
rinunciare allo sfizio di un dolce dopo cena.
Per di più Hunk era davvero bravo.
Riusciva ad inventare nuove ed uniche pietanze, legando il sapore di
quei pochi ingredienti che avevano a disposizione, creando piatti che
avevano qualcosa di magico.
Keith
aveva sentito Shiro fare i complimenti ad Hunk, più volte,
ma non lo
aveva mai sentito emettere quei suoni
prima di allora.
Accadde una notte. Dopo una lunga
missione, durata quasi un'intera giornata, Keith non riusciva a
dormire con ancora l'adrenalina in circolo.
Decise di calmarsi, uscendo dalla sua
camera passeggiando nel Castello. Sembrava un posto totalmente
diverso immerso nel silenzio. Con quella calma, la passeggiata
risultò quasi piacevole.
Perso nei suoi pensieri, Keith, finì in
cucina stupendosi nel vedere di non essere l'unico ancora sveglio.
“Shiro?”
Lo chiamò quando
riconobbe la figura china sul tavolo con, davanti a sé, gli
avanzi
della cena su un piatto.
Shiro, sentendosi chiamare, alzò lo
sguardo verso colui che lo aveva chiamato con la bocca ancora piena,
ingoiando più in fretta che poté per ricambiare
il saluto. “Keith.”
“Non riesci a
dormire?” Chiese
Keith mentre si avvicinò per sedersi di fronte a lui.
“Già.”
Rispose l'altro senza
pensarci, riabbassando lo sguardo sul piatto come alla ricerca delle
parole. Keith aspettò. “Ho avuto un altro
incubo.”
Keith abbassò lo sguardo a sua volta,
imitandolo, lasciando che esso si posasse sul piatto e su quello che
stava mangiando.
“Un ricordo,
immagino.” Continuò
sospirando. “Ma il cibo di Hunk è davvero buono e
mi aiuta a non
pensare. Domani mattina farò degli esercizi in
più, lo prometto.”
Si giustificò sorridendo.
Come se ne avessi bisogno. Pensò
Keith, sentendo le guance scaldarsi al pensiero.
Si schiarì la gola. “Io sono qui se ne
hai bisogno.” Disse invece, sincero ma incerto se fosse la
cosa più
giusta da dire.
I loro sguardi si incrociarono e Keith
riconobbe, in quello di Shiro, la dolcezza che amava
tanto.
“Lo so. Grazie,
lo apprezzo molto.”
Shiro mise in bocca un'altra cucchiaiata
e il suo viso si rilassò, non nascondendo il piacere che le
sue
papille gustative gli stessero facendo provare. “Mmh.”
Keith perse un battito mentre spalancò
gli occhi per lo stupore.
Pensò di averlo solo immaginato finché
Shiro gemette di nuovo e ogni dubbio scomparve. Keith si
portò una
mano al viso nascondendolo il più possibile mentre sentiva
il sangue
lasciare le sue guance per dirigersi più in basso.
“È
così buono!” Ripeté
Shiro, alzando ogni volta il viso dalla tavola ad ogni cucchiaiata
dirigendo gli occhi verso il cielo enfatizzando ciò che le
parole
non erano in grado di esprimere.
Keith si alzò di scatto, quando la sua
mente cominciò a vagare da sola, completamente in imbarazzo
e senza
guardarlo negli occhi si avviò verso il corridoio urlando un
'buonanotte' ignorando la protesta di Shiro, troppo occupato a
nascondere la sua semi erezione.
Da quel giorno in poi iniziò l'incubo di
Keith.
Ogni volta che Shiro mangiava qualcosa
mentre si trovavano nella stessa stanza, il suo corpo reagiva ai
suoni che emetteva l'altro e, per quanto si sforzasse ad ignorarlo,
essi rimanevano impressi nella sua mente tanto da sognarli anche la
notte con sempre Shiro protagonista dei suoi sogni bagnati.
Che fosse attratto da lui, Keith ne era
consapevole. In più la sua cotta, e l'irruento bisogno di
Shiro di
azzerare ogni spazio possibile tra loro che sia con una semplice
pacca sulla spalla o con uno sfiorare, senza volerlo della mano
–
Keith ne era certo - , non lo aiutava per niente.
Ma forse la cosa che lo faceva più
impazzire era che agli altri la cosa non importava minimamente.
Seduti a tavola, tutti insieme, sembrava
l'unico a non riuscire a concentrarsi in una conversazione. Gli occhi
fissi su Shiro, attratti come una calamita, incapace di guardare da
qualsiasi altra parte.
Keith non era a conoscenza di questo lato
di Shiro. Era impossibile, in quanto poche volte avevano mangiato
insieme prima di allora. Keith, solitamente, mangiava alla mensa
della Garrison - e se doveva essere sincero non poteva essere
paragonato alla cucina di Hunk – mentre Shiro,
bhé, probabilmente
mangiava insieme ad Adam, troppo impegnati per vedersi durante il
giorno.
Keith strinse la presa sulla forchetta
mentre il cuore si strinse allo stesso modo, riconoscendo un pizzico
di gelosia farsi spazio su di esso.
Era solo un ragazzino all'epoca ma adesso
l'idea che qualcun altro potesse aver sentito Shiro gemere in quel
modo, da soli, in modo molto più intimo, caldo, con un
significato
totalmente diverso mentre gli accarezzava quel corpo perfetto, gli
faceva male.
Un altro suono uscì dalle labbra di
Shiro e Keith inghiottì rumorosamente, sentendo il suo corpo
scaldarsi all'idea di averlo avvinghiato sotto di sé.
Arrivati solo
a metà cena, non era certo di arrivare a fine serata.
Keith allungò una mano raggiungendo il
bicchiere, nel vano tentativo di dare sollievo alla gola,
improvvisamente, secca.
Il cuore iniziò a battergli forte in
petto quando l'ennesimo gemito raggiunse le sue orecchie, rendendo la
stanza calda. Quasi insopportabile.
Averlo seduto di fronte a sé, inoltre,
non aiutava. Ogni centimetro, ogni espressione e dettaglio del viso
di Shiro veniva scrutato dagli occhi di Keith.
Sotto il suo sguardo attento, la sua
espressione cambiava ogni volta che la forchetta raggiungeva le sue
labbra. Gli occhi di Keith si spostavano dal viso al collo, ogni
volta che lo vedeva ingoiare.
Si morse il labbro inferiore quando sentì
il suo desiderio crescere.
Lasciò andare un sospiro frustrato
mentre una parte remota della sua mente cominciò a
desiderare di
rimanere solo con Shiro. Desiderava toccarlo e scoprire quanto
potessero essere caldi i gemiti provocati dal contatto con un'altra
persona, desiderava lasciare un segno in quel collo tanto invitante e
assaporare quelle labbra.
Shiro era bello come un dio e tentatore
come un demone.
Quando sentì improvvisamente i vestiti
troppo stretti, decise che era meglio ritirarsi in camera sua.
“Non mi sento
molto bene.” Disse
semplicemente alzandosi, tenendo gli occhi bassi.
“Keith, vuoi
che-” Si offrì di
aiutarlo Shiro ma venne interrotto.
“No, voglio
rimanere da solo.”
Keith osservava il piatto che teneva tra
le mani mentre chiamò Shiro, titubante, appena fuori camera
sua.
Una volta ottenuto il permesso, entrò
notando che Shiro era ancora nella stessa posizione in cui lo aveva
lasciato. Con le spalle appoggiate al muro, seduto sul letto, i
capelli gli ricadevano lungo le spalle mentre il ciuffo, ormai lungo,
gli copriva il viso ma non abbastanza da nascondere lo sguardo fisso
su Keith.
Si avvicinò lentamente per poi sedersi
sul bordo del letto, evitando il contatto il più possibile
– non
gli sembrava ancora vero di averlo ritrovato e sentiva una strana
tensione nell'aria. - , mentre gli porgeva il piatto che Shiro
accettò volentieri, accennando un sorriso.
“Grazie,
è da giorni che non metto
qualcosa sotto i denti.”
Un nodo si formò nella gola di Keith nel
sentirlo ma, abbassando lo sguardo, decise di non dire niente.
“Mi è
mancata la cucina di Hunk
anche se, probabilmente, persino quella di Coran mi sembrerebbe
buonissima in questo momento.”
A Keith gelò il sangue quando sentì il
rumore del cucchiaio sbattere sul fondo della ciotola come se si
fosse risvegliato da un sogno e, d'istinto, si alzò.
“Keith?”
Lo chiamò confuso Shiro.
“Sai,
è meglio che ti lasci solo a
mangiare in pace.” Si allontanò verso l'uscita.
“M- ma sei
sicuro? A me piace la tua
compagnia.” Confessò Shiro e Keith non
poté fare a meno di
arrossire, adesso combattuto sul da farsi.
Quella confessione gli aveva fatto molto
piacere e non c'era niente di più al mondo che avrebbe
voluto fare
in quel momento se non soddisfare la sua richiesta o confessargli, a
sua volta, quanto desiderasse stare con lui. Ogni centimetro del suo
corpo gli urlava di restare.
Resta, resta, resta.
“Sì,
sono sicuro.” Disse Keith.
“Prima che possa fare qualcosa di cui possa
pentirmi.” Aggiunse
in un sussurro una volta lasciatosi la porta alle spalle.
Gli mancavano, eccome se gli mancavano ma
Keith era convinto della sua scelta. Sapeva che non poteva tornare
indietro.
Quei ragazzi erano diventati la sua
famiglia, ma non era pentito di essersi unito alla Blade of Marmora.
Allora perché i suoi pensieri
continuavano a tornare a loro? Perché Shiro continuava a
mancargli
così tanto?
Una
videochiamata. Solo una.
Si disse Keith, rimasto ormai solo. Avrebbe comunque dovuto aspettare
per un'altra missione.
Keith osservò lo schermo difronte a sé
mentre il battito del suo cuore andava, ormai, a pari passo con il
suono che lo schermo stava emettendo alla ricerca del segnale.
Quando vide che a prendere la sua
chiamata era stato Shiro, in piedi mentre stuzzicava qualcosa, volle
morire.
“Shiro.”
Lo chiamò di getto.
“Keith!”
Lo salutò Shiro
mostrando un ampio sorriso, chiaramente felice di rivederlo.
Maledizione.
“Scusami, non
volevo disturbare.”
Si scusò Keith, già pronto a terminare la
comunicazione nel
tentativo di salvarsi da quella imbarazzante situazione a lui
conosciuta troppo bene.
“Aspetta!”
Lo fermò Shiro mentre
Keith rimase con l'indice vicino al bottone. “Ne è
passato di
tempo.” Aggiunse arrossendo. “Volevo- Come
stai?” Chiese infine
e Keith non poté fare a meno di sorridere abbassando la mano.
“Sto
bene.”
Passarono la videochiamata a parlare, per
quasi un'intera ora, finché l'incubo di Keith prese di nuovo
vita e
si chiese se la divisa dei Marmora fosse sempre stata così
stretta.
Keith abbassò lo sguardo, sentendo il
sudore sulla pelle e l'eccitazione farsi strada in lui.
Per un secondo, solo uno, si chiese se
Shiro, distratto com'era, si sarebbe accorto se si fosse toccato.
L'idea morì con la stessa velocità con
cui nacque. Sebbene Shiro riusciva a vedere solo il viso di Keith, a
differenza sua che vedeva la figura di Shiro per intero, l'idea lo
spaventava troppo.
Eppure una mano era già scesa,
accarezzandosi pericolosamente una coscia.
Era stato un incidente. Era questo che
Keith si era ripetuto fino allo sfinimento quella sera dopo che la
sua mano aveva sfiorato – involontariamente – la
sua erezione
lasciando che la sua frustrazione, tenuta troppo a lungo, lasciasse
il suo corpo con un sonoro gemito.
“Keith?”
Lo aveva chiamato Shiro
preoccupato, ma tutto ciò che Keith era riuscito a spiegare
fu
solamente che doveva assolutamente andare via. Shiro aveva ipotizzato
a qualche missione o compito affidato a lui ma c'era qualcosa
nell'espressione dell'altro che non lo aveva convinto lasciandolo
confuso con davanti a sé solamente la scritta 'trasmissione
terminata.'
“Mi fa piacere vedere che stai meglio.”
Keith si girò verso Shiro, sdraiato nel
letto d'ospedale accanto a sé. Da quando si era svegliato
Shiro era
sempre venuto a fargli visita, ma oggi era un giorno speciale come
aveva affermato fiero Shiro prima di entrare con uno scatolone di
pizza in mano.
“Come hai fatto
a procurartela?”
Aveva chiesto Keith stupito.
“Ho le mie
fonti.”
“Certo,
Capitano.”
Si sdraiarono e, per un giorno, non
pensarono a niente.
Niente
Atlas,
niente Voltron, niente guerra.
In
quell'istante c'erano solo loro due, come due normali ragazzi.
“Grazie
di averla portata, comunque. Il cibo dell'ospedale fa
schifo.” Lo
ringraziò Keith.
“Oh,
lo so quindi non c'è di che.” Disse Shiro passando
una fetta di
pizza a Keith.
“Finalmente,
non mangio pizza dal giorno in cui ho lasciato la Terra.”
“ – da
quando avevo cinque anni.”
Keith
e Shiro si guardarono mentre calò il silenzio.
“Cosa?”
Chiese Shiro. “Non ci credo.”
“Bhé,
scusa se ho passato il resto della mia adolescenza nel
deserto.”
Shiro
mise il broncio e Keith non riuscì a trattenere una risata
ma
proprio mentre Shiro stava per addentare la sua fetta di pizza
qualcosa si risvegliò in lui.
Oh,
non ci pensare nemmeno.
Keith
afferrò il colletto dell'uniforme di Shiro tirandoselo verso
di sé
così velocemente che i loro denti si scontrarono.
“Ouch.”
Si lamentò Shiro, raddrizzando la schiena per guardare Keith
in
viso.
Keith,
rosso in viso per via del fallimento del suo primo bacio, aveva lo
sguardo deciso nonostante l'imbarazzo e il tessuto dell'uniforme di
Shiro ancora tra le mani.
“Ti
voglio ed è solo colpa tua.” Cercò di
giustificarsi Keith.
Shiro
sorrise, portando la sua mano su quella dell'altro facendogli mollare
la presa mentre si chinava su di lui sussurrandogli a fior di labbra.
“Pensavo non me lo avresti mai detto.”
Quella
notte Keith scoprì che Shiro era rumoroso anche a letto. Lo
scoprì
lui e anche gli altri paladini.
NdA:
Voglio
sottolineare, come sempre, che essa è una Humor e
sinceramente
l'idea mi è piaciuta molto.
L'idea
è nata mesi fa su Twitter. Qualcuno aveva detto che Shiro
era un
buongustaio e la mia mente ha vagato fin troppo lo ammetto, ma sono
felice di aver avuto l'occasione di scriverla.
Per
quanto l'idea possa sembrare stupida mi ha fatto molto ridere e, dato
che il 2019 è già iniziato male per me, ne avevo
bisogno.
Sono
molto emozionata e ansiosa allo stesso tempo per questa fic.
Spero
comunque che vi sia piaciuta, non scrivo quasi mai Humor e
probabilmente ho molto ancora da imparare.
Buon
anno nuovo!
Fatemi
sapere che ne pensate, alla prossima!
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