“Here’s
to you”
Francesco
temeva che Jacopo avrebbe fatto qualcosa dal momento in cui aveva
chiuso dietro di sé il portone del Palazzo, dal momento in
cui aveva
scelto di restare dalla parte di Guglielmo a qualunque costo, -
«Siete
fratelli.» Aveva detto una volta sua madre stringendoli
entrambi a
sé. «Quando il resto del mondo finirà
con il tradirvi voi
resterete leali l’uno all’altro.» e
Francesco vi aveva sempre
continuato a credere. Perché sua madre aveva sempre ragione,
e
Guglielmo era suo fratello. E i fratelli non si tradiscono. -
Dal momento che si era schierato apertamente con i Medici. Al tempo
stesso però sapeva che Jacopo era un uomo cauto, non avrebbe
mai
attaccato apertamente, non durante una cena, non contro i suoi stessi
nipoti. O forse in un impeto di ingenuità Francesco
desiderò
credervi. Nessuna persona sana di mente avrebbe ucciso qualcuno ad
una festa nella casa di una delle famiglie più potenti di
Firenze, –
Solo
in seguito gli tornerà alla mente il giorno in cui i suoi
genitori
morirono e forse era davvero stato troppo ingenuo. -
Jacopo era sempre cauto e Francesco credeva di conoscerlo.
Credeva.
Iniziò
a fine serata, – Perché
pur nella sua follia, Jacopo Pazzi era davvero cauto. -
quando gli ospiti iniziavano a ritornare alle proprie abitazioni,
Guglielmo era in piedi accanto a lui, sorrideva tranquillo, come se
tutte quelle preoccupazioni che affollavano la mente di Francesco non
potessero toccarlo.
«È
andata meglio di quanto tu avessi previsto. - Perché
Francesco lo aveva messo in guardia, ricordando le parole di loro
madre, perché era leale a Guglielmo, specialmente a lui.
Perché
nonostante gli anni passati ancora cercava di proteggerlo.
Perché
erano fratelli, e sarebbe morto pur di salvarlo. -
Non che fosse difficile.» Guglielmo continuava a sorridere,
come se
non avesse preso sul serio le sue parole ad inizio serata, come se
non gli avesse creduto, avrebbe voluto sentirsi ferito, quasi tradito
da quella scarsa fiducia riguardo i suoi sospetti, ma non accadde.
Ciò
che sentì invece fu un senso di calore propagarsi
all’interno del
petto, un calore strano, sbagliato, come se il vino che aveva appena
finito di bere fosse puro fuoco. Annuì piano, il movimento
della
testa fu abbastanza da causargli un capogiro costringendolo ad
aggrapparsi in parte alla manica di Guglielmo per non cadere.
«Devo
aver esagerato con il vino.» Disse riprendendo
l’equilibrio e
lasciando la manica, aveva imparato anche troppo presto a mentire in
modo convincente, e spesso, troppo spesso, era facile farlo con suo
fratello, in quelle cose gli credeva, mentre quando era serio nei
suoi sospetti…
Battendogli
una mano sul braccio lo salutò decidendo che la cosa
migliore fosse
ritirarsi per quella notte e lasciare che la sensazione che nulla
aveva a che vedere con l’ubriachezza se ne andasse, non aveva
nemmeno bevuto così tanto, eppure la sensazione era simile. Eppure
diversa, troppo diversa.
Quando
finalmente giunse nella sua stanza Novella non era ancora tornata,
ricordava, vagamente, di averla vista impegnata in una chiacchierata
con Bianca, il fuoco che lo aveva attraversato fino a poco prima
divenne di colpo ghiaccio, così di colpo da spezzargli il
respiro.
Sembrava avvolgerlo come una gelida mattina d’inverno,
Francesco si
ritrovò ad arrancare verso il letto, allungò una
mano sperando di
trovare un appoggio sulla sua strada ma finì soltanto con il
far
cadere quei pochi oggetti che aveva lasciato sul comodino.
Era
sbagliato, ogni cosa era sbagliata.
«Devi
essere più furbo di lui. Più attento. Non
esiterà a fare qualcosa,
lo so.»
Ricordava di aver messo in guardia Guglielmo e allora perché
proprio
lui non aveva seguito il suo stesso consiglio? Perché non
aveva
fatto attenzione?
Le
gambe furono le prime a cedere, la mano lasciò la presa che
aveva
sul comodino e cadde a terra, - In
un lontano ricordo rivide suo padre arrancare lungo il corridoio del
Palazzo, appoggiarsi al muro, ad un mobile, crollare a terra
ansimando, tirando a terra con sé ogni cosa fosse sul
mobile,
ricordò il suono di vetri infranti nella caduta, i gemiti
dell’uomo,
gli spasmi del suo corpo. Era stato così ingenuo anche
allora. -
avrebbe voluto chiamare qualcuno, chiedere aiuto, non importava a
chi, chiunque fosse passato davanti a quella stanza. Voleva chiamare
Guglielmo, voleva vedere suo fratello ancora una volta, anche se
erano passati pochi minuti da quando lo aveva salutato,
perché
Guglielmo era l’unica persona al mondo che mai avrebbe potuto
tradirlo e aveva bisogno di lui. -
Possibile che servisse trovarsi ad un passo dalla morte per
ammetterlo? -
Il
colpo di tosse lo colse alla sprovvista, avvertì il corpo
sussultare, tremare per un freddo che aveva
dell’inspiegabile, e
quando qualcuno aprì di più la porta che aveva
lasciato socchiuso
faticò a mettere a fuoco la figura. Finché non
parlò.
O
forse doveva dire che urlò. Perché il suono che
uscì dalle labbra
di Novella non poteva essere descritto altrimenti. Francesco non la
vide, la vista ormai troppo offuscata, non notò come si
portò le
mani alla bocca né come sgranò gli occhi. Non
vide il terrore
imprimersi sul suo viso o le lacrime rigarle le guance quando si
gettò al suo fianco e lo prese tra le braccia.
Era
stato così ingenuo, così incauto, aveva accettato
quell’unica
coppa di vino, per brindare a cosa alla fine?
«Alla
tua salute, nipote.»
Aveva detto Jacopo bevendo dalla sua coppa, e Francesco aveva fatto
lo stesso. Così ingenuo, così stupido.
Novella
urlava, chiedeva aiuto tra i singhiozzi, mentre le mani gli
accarezzavano il viso, mentre cercava di tenere il suo corpo, ancora
scosso dagli spasmi, fermo tra le sue braccia, la testa posata sulle
ginocchia, gridava eppure Francesco riusciva a sentire solo alcune
sillabe sconnesse, e il suo nome di tanto in tanto ripetuto.
-
Ricordava
sua madre cadere in ginocchio nel corridoio, stringere il corpo di
suo padre e chiedere aiuto. Ricordava un uomo in fondo a quel
corridoio che la guardava, e poi le dava le spalle. Non avrebbe mai
dovuto vederlo, avrebbe dovuto essere a letto a quell’ora, ma
il
temporale infuriava al punto di spaventarlo quella notte. O forse era
solo la sensazione che qualcosa sarebbe accaduto. Era così
ingenuo
all’epoca. E alla fine lo era rimasto. -
«Francesco!»
La voce di Guglielmo era lontana, Francesco non capiva da dove
arrivasse, sembrava giungere da ogni lato ma non si mosse, non si
voltò per cercarlo. - Perché
poi cercarlo quando non vedeva altro che ombre scure e sfocate? -
L’ultima
cosa che vide, accompagnata dalla voce di sua moglie, furono dei
ricci rossi così vicini al suo viso. Poi ogni cosa
svanì.
Angolino di quella sciagurata
dell'autrice:
Perchè una sola fanfic mi sembrava poca, sapete... E
perchè non c'è abbastanza angst nell'opera
originale. Ho preso la lista tumblr del Whumptober e ho iniziato, in
ordine sparso, seguendo l'ispirazione ballerina, a scriverne alcune.
Questa, come prima, non è la mia migliore, lo so e me lo
ripeto ogni volta che la rileggo, è semplice e veloce, anche
troppo, ma è stato un modo per mettermi in carreggiata a
scrivere.
Come noterete presto (suona come una minaccia, sì.) quel
povero disgraziato di Francesco è il mio preferito e, per
sua immensa sfortuna, anche la mia vittina
preferita. Riguardo alle coppie invece... Ce n'è di tutti i
tipi se devo essere sincera, ero partita che la maggior parte sarebbero
state su Lorenzo e Francesco, poi Giuliano s'è tuffato a
pesce in mezzo e ha preteso attenzioni da me, da Francesco, da tutti.
Spero vi piaceranno e, se vorrete lasciare un commentino sentitevi
liberi (e incoraggiati)
Alla prossima disgrazia
fanfic.
Aki
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