UN SEGRETO TRA SPIE
Un quinjet atterra in un centro dello S.H.I.E.L.D. che dista
pochi chilometri da Washington; dalla scaletta scendono alcuni uomini e
dietro a loro Maria Hill è intenta a rintracciare Nick Fury attraverso il
cellulare auricolare. Il gruppo mette i piedi a terra quando degli
uomini in divisa si presentano davanti a loro con le armi spianate.
«Vice direttore Hill, lei è in arresto per
associazione terroristica avente lo scopo di neutralizzare il
“progetto Insight”. La prego di seguirmi senza
obiezioni».
Maria segue l’uomo per qualche passo poi, repentinamente,
estrae la sua pistola puntandola verso il soldato.
«Conosco tutti gli agenti di questa base e tu non sei uno di
loro».
«La prego di non fare sciocchezze» dice
l’uomo, ma Maria ha le idee ben chiare e inizia a sparare
contro tutti i soldati che la stavano scortando. Il conflitto a fuoco
si estende perché gli uomini che erano con Maria
sull’aereo partecipano alla difesa del loro vice direttore.
La Hill è coperta dall’uomo che la stava
scortando, ma non può immaginare che quella persona
è sacrificabile. Una sventagliata di mitra uccide il soldato
e ferisce a un fianco Maria che, senza lamentarsi del dolore, riesce a
salire su un auto blindata e a fuggire dal centro S.H.I.E.L.D.
«Agente Romanoff, raggiungimi nella “casa
sicura” di Manassas, ma fai molta attenzione, non fidarti di
nessun elemento dello S.H.I.E.L.D.» dice Maria mettendosi in
contatto con Natasha.
La Romanoff ha raggiunto per prima Manassas, ma non è
entrata nella casa rimanendo in attesa dell’arrivo della Hill
e quando vede sopraggiungere la macchina crivellata di colpi, raggiunge
Maria per aprirle la portiera. La Hill, sanguinante, scende
dall’auto e sviene immediatamente tra le braccia della
Romanoff.
Natasha capisce che non c’è tempo da perdere,
porta in casa Maria e la adagia sul divano, la denuda per poterle
tamponarle il sangue che fuoriesce copioso quindi le inietta un
narcotico per operarla in modo più agevole. Con pazienza e
maestria Natasha riesce a estrarre la pallottola dal fianco di Maria in
modo che non avvenga un’infezione, le ricuce la
ferita e, dopo averla fasciata, la solleva di peso per
potarla nella stanza da letto dove la adagia con cura. La Romanoff si
accorge che a Maria sta salendo la febbre così, dopo essersi
completamente spogliata, si sdraia nel letto accanto alla Hill e la
stringe a sé per tenerla più al caldo.
Maria, dopo qualche ora, si risveglia, apre gli occhi e si accorge di
trovarsi a pochi centimetri dalla bocca di Natasha.
«Stai cercando di sedurmi?» chiede Maria con un
filo di voce.
«È quello che pensi?» domanda Natasha.
Le due donne sorridono, ma subito dopo l’espressione facciale
di Maria cambia.
«Qualcuno sta agendo all’interno dello
S.H.I.E.L.D., l’attacco che ho subito è un
ulteriore prova dei timori di Fury. Lui si è messo in
contatto con me, mi ha comunicato la frase in codice
“condizione Ombra Profonda”, che equivale a tenere
segreto ogni nostro movimento prima di elaborare un piano
d’azione, eppure, alla pista di atterraggio,
c’erano delle persone per arrestarmi e nessuno,
oltre a Fury e agli uomini che mi accompagnavano, sapeva che sarei
arrivata a Washington».
«Quindi non sei al corrente di cosa sia successo in pieno
centro città? Ho intercettato delle comunicazioni del centro
di controllo del Triskelion nelle quali si menzionava
l’attacco della polizia cittadina alla jeep di Fury e che
questi falsi poliziotti hanno utilizzato delle armi fornite proprio
dallo S.H.I.E.L.D. Non mi sono sorpresa di sentire la tua voce quando
mi hai chiamata».
«È vivo?» chiede Maria preoccupata.
«Hanno detto che è sicuramente ferito; hanno
rilevato tracce di sangue nell’auto, ma di lui nessuna
traccia perché si è aperto un varco tra la
macchina capottata e il manto stradale».
Natasha rimane un istante in silenzio poi dice:
«Nell’intercettazione hanno comunicato che il
soldato d’inverno è incaricato di scovare
Fury».
Maria è attonita a questa rivelazione ma non dice niente
delle cose che conosce sul soldato d’inverno.
«È un mito, nessuno sa se esiste davvero, forse
hanno usato quel nome come codice per non far capire chi
c’è dietro a tutta questa faccenda».
«Probabile» risponde Natasha senza indagare oltre.
Anche Natasha è una spia e sa che certe cose non si devono
dire a nessuno, neppure alle persone più fidate, infatti,
anche lei non ha parlato della chiavetta USB recuperata sulla nave di
Batroc che ha consegnato direttamente a Fury.
«In questo momento non possiamo fare niente, non sappiamo di
quali persone ci possiamo fidare ed è meglio rimanere qui
fino a quando uno dei nostri contatti, autorizzati da Nick, ci
comunicherà delle informazioni. Cerca di riposare, hai perso
molto sangue ed è inutile pensare al peggio» dice
Natasha, mentre Maria, ancora debilitata e febbricitante, sta
già chiudendo gli occhi. La Romanoff, istintivamente,
accarezza il viso della Hill.
È passata da poco la mezzanotte, Natasha sveglia Maria e le porge un bicchiere d'acqua.
«Bevi questo ricostituente».
Maria osserva il bicchiere senza parlare.
«Se avessi voluto toglierti di mezzo, non staremmo qui a
parlare» dice Natasha sorridendo.
«Lo so, non ti avrei chiamata se non mi fidassi di te. Stavo
pensando che questo è un rifugio segreto, come quello di
Clint, ma se hanno saputo del mio arrivo, potrebbero aver manomesso
l’integrità di questa struttura».
«Mentre riposavi, ho violato il sistema di sicurezza e adesso
le mitragliere del perimetro si attiveranno al passaggio di chiunque; a
parte me e te ovviamente».
«Sei sempre efficiente, ormai ho compreso perché
Fury, nonostante i tuoi trascorsi, ti consideri una delle sue risorse
migliori».
Le due donne sono interrotte dal segnale acustico
dell’allarme. Maria si alza dal letto e, nonostante sia
dolorante, si veste. Natasha osserva la donna, ma non si permette di
darle dei consigli quindi, senza perdersi in chiacchiere, osserva il
monitor per scoprire chi ha attivato l’allarme di sicurezza.
«Nessuno, e questo non va bene» dice Natasha.
«Utilizzeranno qualche sistema di occultamento, ma non
conoscono i codici di sicurezza di questa casa perché sono
attivati solo da agenti qualificati da Fury come
“indispensabili”» dice Maria mentre
controlla che le sue pistole siano cariche.
Un’esplosione abbatte la porta della casa mentre qualcuno
lancia dei fumogeni attraverso le finestre; Maria inizia a sparare
verso l’esterno mentre Natasha si occupa degli aggressori
entrati dall’ingresso in uno scontro “a corpo a
corpo”. Le due donne sono costrette a indietreggiare verso la
stanza da letto, Natasha imbraccia un mitra e inizia a sparare senza
badare a quali bersagli sta colpendo mentre Maria si avvicina al
comodino dove è posta una sveglia.
«Romanoff, vieni dietro di me» urla Maria prima di
premere un pulsante della sveglia elettrica. Natasha raggiunge Maria
mentre, in pochi istanti, il letto si solleva da terra fino a
raggiungere il soffitto e, al suo posto, escono dal pavimento delle
mitragliatrici a ricerca termica. Tutte le mitragliere poste
nell’intero perimetro si attivano all’unisono e le
raffiche si susseguono senza soluzione di
continuità. Il fuoco incrociato è
devastante e tutto ciò che sta di fronte alle due donne,
è completamente raso al suolo. Il fumo bianco e denso dei
fumogeni misto a quello proveniente dalle armi surriscaldate impregna
l’intera casa, così Maria attiva un altro pulsante
posto sul suo orologio da polso e si dirige verso l’armadio a
muro e, aprendo le ante, svela a Natasha l’apertura di un
passaggio segreto. Le donne, prima di muoversi verso la sicurezza dei
sotterranei, attendono che le mitragliatrici cessino di sparare e che
l’allarme di sicurezza si spenga definitivamente.
Il silenzio dopo la tempesta indica che possono nascondersi; Maria
osserva Natasha e si accorge che la Romanoff è ferita.
«Sorreggiti a me» dice Maria mettendo il braccio di
Natasha intorno al suo collo.
«Potevi dirmelo prima di questo passaggio segreto».
«Dovevi tenermi sveglia» replica Maria sorridendo.
Le due donne attraversano l’armadio, Maria chiude le ante e
attiva un raffinato sistema di occultamento mentre Natasha cerca di non
farle fare troppa fatica nel sorreggerla, quindi, insieme, scendono una
rampa di scale raggiungendo una nuova stanza da letto, ma molto
più piccola della precedente. Maria si accorge del sangue che Natasha perde
da una ferita sulla schiena, la aiuta a togliersi il vestito e la
corica sul letto.
«La ferita è profonda, meglio se ti
addormento» dice Maria.
«Fai ciò che devi, sopporterò il
dolore».
«Avengers! Sempre a voler fare gli eroi» esclama
Maria ridacchiando.
«Io so cosa credo dentro e di certo non sono un eroe. Ora
è il mio tempo e farò quello che voglio per
cancellare il mio passato perché, adesso, questa
è la mia vita, sia da Black Widow sia da Avenger».
Maria inizia ad applicare i punti sulla schiena di Natasha che,
stringendo i denti e senza fiatare, permette alla Hill di operare in
pochi minuti senza problemi.
«Come ti senti?» chiede Maria senza ricevere
risposta. La donna si abbassa e guarda il viso di Natasha scoprendo che
la Romanoff è svenuta così, con molta
delicatezza, la fascia per bene e le somministra un sedativo per farla
riposare.
Sono passate due ore dal combattimento, Natasha si risveglia, apre gli
occhi e si accorge di trovarsi a pochi centimetri dalla bocca di
Natasha.
«Stai cercando di sedurmi?» chiede Natasha
accennando un sorriso.
«È quello che pensi?» domanda Maria.
«Difficile a dirsi. Sei una donna molto ermetica, non lasci
mai trasparire emozioni neanche nei momenti di calma, eppure, ti sento
uguale a me, desiderosa di attenzioni, ma intimorita dalle reazioni che
potresti provare».
«Noi siamo delle spie e non possiamo permettere ai
sentimenti di offuscare la nostra concentrazione; l’amore per
noi è un desiderio che si esaudisce solo quando saremo
troppo vecchie per impegnarci a fondo in una relazione stabile. Sempre
che il nostro lavoro ci permetta di vivere tanto a lungo e...»
Natasha non permette a Maria di continuare a parlare perché,
sporgendo in avanti il capo, la bacia e la tira vicino a sé.
Maria è silenziosa ma contraccambia il gesto affettuoso,
lascia che Natasha continui a baciarle le labbra voluttuosamente mentre
le sale sul corpo.
«Devo stare io sopra, ho la schiena ferita» dice
Natasha mentre accarezza i seni di Maria che, tra un gemito di piacere
e un movimento scomposto del corpo, risponde ansimando:
«Ricorda che io sono ferita al fianco».
Le due donne si lasciando andare alla passione, uniscono i loro corpi
senza chiedere amore ma soltanto affetto, si scambiano baci e carezze
come fidanzate, ma nessuna delle due mira ad avere una relazione.
Questo momento è solo una piccola parentesi, un attimo in
cui possono lasciare le armi a terra. Nessuna delle due vuole
rinunciare a questo frammento di pace raggiunto attraverso un rapporto sensuale
senza implicazioni.
Le due donne, affaticate ma visibilmente rilassate, sono distese sul
letto e Maria, osservando Natasha, chiede: «Siamo
così simili ma così diverse, eppure, in un
momento intimo come questo, sono stata attratta da te senza
rimorso».
«È l’effetto glasnost»
risponde Natasha ridendo. «Avevamo entrambe bisogno di
lasciare libera la nostra femminilità».
Maria sorride. «Lo so che è una giustificazione,
ma penso che poteva accadere solo tra noi due perché siamo
delle brave spie e manteniamo i segreti». Le due donne ridono
come mai avevano fatto in vita loro, si alzano dal letto e si rivestono
aiutandoci a vicenda, con la delicatezza di due amanti prima di
allontanarsi per sempre. Maria attiva nuovamente il suo orologio da
polso per monitorare l’esterno di questo del sotterraneo,
Natasha osserva con molta attenzione tutte le attrezzature che sono
presenti anche in questo luogo quando, a entrambe, suonano i
comunicatori.
Maria sposta i cuscini e si side sul letto. «Agente
Carter».
«Vice direttore Hill, abbiamo un grosso problema».
Natasha si siede ai piedi del letto e risponde alla sua chiamata.
«Nat, devi correre subito all’ospedale»
dice preoccupato Captain America.
Maria e Natasha chiudono le comunicazioni nello stesso istante;
ciò che hanno sentito è la stessa cosa riportata
da due persone diverse: Nick , dopo una fuga nei sotterranei di
Washington, si era rifugiato da Steve Rogers, ma il soldato
d’inverno era riuscito a colpirlo ugualmente sparando da un
palazzo posto di fronte alla casa del Capitano e ora Fury è in
fin di vita.
La sconvolgente notizia tramuta Maria Hill e Natasha Romanoff da donne
sensuali e amorevoli a spie determinate a raggiungere
l’ospedale nel più breve tempo possibile; senza
dire una parola, si armano con ogni pezzo di artiglieria a loro
disposizione, attraversano un tortuoso cunicolo arrivando davanti
ad un muro sul quale la Hill attiva uno scanner di riconoscimento
biometrico. La parete si solleva come una saracinesca e dietro
c’è una scala; salgono più velocemente
che possono, non sentono più il dolore delle ferite, non si
preoccupano di chi potranno trovare dall’altra parte, non
pensano ad altro che raggiungere Fury. Alla fine della scala
c’è una botola, Maria la apre e osserva l’intera area con circospezione senza trovare
pericoli nelle vicinanze. Le due donne escono dalla botola trovandosi
al centro del parco che circonda la casa sicura di Manassas.
«Direi che la casa non è più
sicura» dice Maria osservando le pareti bucherellate dai
colpi delle mitragliere.
«Direi che questa non è neanche più una
casa» risponde Natasha senza sorridere.
«Romanoff, io raggiungerò per prima
l’ospedale e nessuno deve vederci arrivare insieme».
«Hill, io andrò nel mio
appartamento, cambio abito e ti raggiungo lì».
Le due donne si stringono la mano, niente altre parole, niente sorrisi:
è ora di tornare in azione!
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