Notte insonne

di elelcomplains
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Non sapeva che ore fossero, ma sicuramente era notte inoltrata. Era agitato, ma non riusciva a capirne il motivo. Da ore provava a prendere sonno, ma ogni volta che chiudeva gli occhi il suo cuore accelera il battito, facendogli riaprire le palpebre. L’ambiente era silenzioso, forse anche troppo: l’unico rumore udibile oltre al cuore che sembrava stesse per uscire dal torace era il lieve russare, che tuttavia non infastidiva il giovane, ma anzi quasi gli teneva compagnia e lo rassicurava, del ragazzo che dormiva sereno sul suo petto. Non sapendo cos’altro fare si mise ad osservarlo, favorito dalle luci dei lampioni che di notte illuminavano Napoli, e la cui luce filtrava debole dalla finestra. Era consapevole di non poter vedere altro che il contorno di quel corpicino esile, a causa del quale il ragazzo faticava a credere di essere un anno più giovane dell’altro, ma gli bastava sentire il suo respiro, il suo battito, gli bastava sapere che era vivo. Quanto aveva temuto di non poterlo mai più rivedere dopo averlo salutato davanti a San Giorgio Maggiore, quante notti insonni come quella aveva passato, perso nei più tragici pensieri, nei peggiori scenari che avrebbe mai potuto immaginare. Quante lacrime di gioia avrebbe voluto versare quando finalmente dopo poche settimane, che a lui erano sembrate un’eternità, l’altro era tornato sano e salvo, e sotto lo sguardo di tutti quest’ultimo lo aveva baciato quasi disperato e gli si era avvinghiato con le lacrime agli occhi, continuando a ripetere quanto gli fosse mancato. Ma anche quante volte era stato terrorizzato dal pensiero di potersi svegliare e trovarsi solo nel letto, e chiedendo agli altri dove fosse Narancia questi gli rispondessero che era morto chissà dove, o peggio ancora svegliarsi in una casa deserta, lui unico superstite della missione grazie solamente alla codardia.
Quasi sussultò quando una mano dell’altro andò a stringere la sua, come fosse la copertina di Linus per un bambino, riscuotendolo dai propri pensieri, e nel sonno mormorò il suo nome contro la stoffa del suo pigiama. Allora il ragazzo non riuscì a non abbozzare un sorriso: pensò che fosse davvero carino quando, seppur inconsciamente, mostrava la parte più dolce e affettuosa di sé, una parte che anni di freddezza e tradimenti subiti avevano portato a celare. Solo con il minore mostrava questo lato, quando lo ascoltava leggere con la nuca sul petto, mentre tentava di seguire con lo sguardo sulle pagine le parole che venivano pronunciate, quando si abbandonava accanto a lui in cerca di calore, nell’intimità delle loro camere o nell’allegro caos del soggiorno. Anche Fugo sapeva bene cosa significasse crescere senza nessun tipo di affetto, per questo cercava di non far mancare all’altro il proprio amore, in ogni modo ritenesse opportuno.
Si completavano, e si amavano in un modo talmente particolare da non poter essere definito. Erano fratello, migliore amico e compagno l’uno dell’altro, si amavano nonostante fossero uno infantile e testardo e l’altro l’esatto contrario. Erano due contrari con un’infanzia infelice come denominatore comune, e che solo insieme avrebbero potuto essere completi: Fugo era tutto per Narancia, e Narancia era tutto per Fugo, e nessuno dei due avrebbe potuto desiderare di meglio. Per questo infatti i litigi e le risse erano cosa da poco, e la rabbia svaniva in fretta: in poco tempo erano ancora più legati di prima, e nessuno riusciva a capire come fosse possibile, nemmeno loro due.
Dopo aver giocato un po’ con le ciocche corvine e perennemente scapigliate, Fugo sfiorò la pelle delle braccia e si rese conto da quante cicatrici quel fragile corpo fosse deturpato, e intuì quante avesse dovuto averne passate. E allora incolpò se stesso, per non aver seguito il resto della squadra, nonostante lui gli ripetesse che non era colpa sua, che il suo stand, troppo distruttivo e quindi pericoloso, non avrebbe potuto fare niente, e che quelle cicatrici non eran nulla, anzi lui ne andava fiero e le mostrava con orgoglio, perché dimostravano come avesse lottato per portare a termine quella missione. Ma nonostante si mostrasse come un eroe che aveva combattuto il nemico senza batter ciglio, Narancia aveva avuto paura, una tremenda paura di morire, lasciando Fugo da solo. Per questo, una volta tornati a casa, aveva espresso il desiderio di voler dormire con lui. Il minore aveva accettato di buon grado la richiesta, convinto dopo quella esperienza del fatto che avrebbe dovuto sfruttare ogni secondo che gli veniva concesso per stare vicino a chi amava.
Non sapeva cosa avesse in serbo il destino per lui, per Narancia, per Bruno o per tutti gli altri. In fondo non gli importava neanche, aveva imparato a vivere alla giornata. Magari sarebbero morti il giorno successivo, ma non quella notte. Quella notte erano insieme, e Fugo me era sicuro: finché erano insieme niente al mondo avrebbe potuto fare loro del male.

 



Angolino dell'autrice

Non riuscivo a prendere sonno, e all'improvviso mi è venuta in mente un'idea per una storiella. Ho deciso di renderla una FugoNara perché c'è davvero troppo poco materiale su questi due ragazzi, ed è un peccato. Spero sia stata di vostro gradimento, vi ringrazio per aver letto, le critiche sono sempre bene accette (magari fatemi notare eventuali sviste o errori) buona notte e ci vediamo alla prossima storia





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