CAPITOLO I: UNA NON BELLA NOTTATA
È appena passata la mezzanotte, nessuno nei paraggi. Siamo a Westopolis,
una giovane città dello stato federale dell’Arizona a confine con il Messico.
Una città molto forte, sempre accesa e in movimento, a suo modo incredibile
visto che non sono passati neanche vent’anni dalla sua fondazione. Ma non è qui
che ci dobbiamo interessare.
Appena fuori all’uscita della città la strada è deserta e buia, eccetto per
una piazzola di sosta con un enorme e acceso cartellone pubblicitario
olografico con su scritto: "Welcome to Westopolis, we haven’t forgotten
Mobius". Nessuna macchina arriva o esce da Westopolis, fatta eccezione per
una Mercedes classe s nera parcheggiata proprio sotto l’enorme cartello. Un
binario ferroviario poco distante che parte dall’interno della città e niente,
nessun altro.. o forse no. In lontananza, dal buio della strada si scorgono due
luci, quelle di una macchina accompagnata da musica ad alto volume, un furgone
grigio. Arriva all’entrata della città e si ferma proprio a fianco alla
Mercedes parcheggiata. I fanali rimangono accesi, quella frastornante e orrenda
musica rap continua e dal furgone escono fuori sei individui, quattro umani e
due mobiani. Hanno tutti tratti del sud, alcuni di loro sono ispanici, gangster
da ghetto e ognuno di loro è armato, da spranghe a piedi di porco, pistole e
uno di loro ha persino un fucile a pompa, probabile il capo della banda.
-È questa la macchina?- domanda uno degli umani, mentre un altro prende il
cellulare -WER 112 Texas, è questa la macchina – conferma lui. -Allora prendete
l’occorrente e smontiamo questa chica.- fa il capo guardandosi attorno -E se
arriva qualcuno jefe?- chiede uno dei due mobiani. Non risponde subito ma
carica fortemente un colpo del fucile -Usa questa idiotà e adesso smantellate
la macchina.-
Dal furgone prendono un cric e lo posizionano sotto la Mercedes, mentre uno
dei cholo con una chiave a croce inizia a forzare i bulloni della ruota mentre
gli altri stanno ad aspettare e a fargli luce con delle torce. Peccato che non
sanno che la macchina che stanno provando a forzare non è da sola.
-Che.. caz-zo..-
Si chiede l’autista della Mercedes che pochi minuti fa stava
tranquillamente dormendo all’interno dell’auto. È stanco dalla sua giornata di
lavoro ma non ci mette molto a capire che stanno provando, di
nuovo, a rubare la sua macchina. Un conto è rubargli i pezzi
dell’auto, ma disturbagli il sonno e tenere a tutto volume quella musica di
merda ha un limite.
Si rialza stordito dai sedili della macchina sui quali dormiva ed esce
dalla portiera posteriore a destra, visto che a sinistra stanno provando a
forzare i bulloni della ruota. La cosa buffa è che stanno facendo così tanto
baccano a forzare solo un cerchione dello pneumatico che neanche si sono
accorti che il porcospino è sceso dall’auto. È un tipo sulla cinquantina
d’anni, un mobiano per l’esattezza. Barba corta grigia ma incolta, per non
parlare dei suoi aculei blu, in certi punti spettinati e le punte molto più
tendenti al grigio che al suo blu naturale. Gli occhi rossicci e stanchi e il
colore verde delle sue pupille ormai sono molto più vitrei che accesi. Le
rughe, le borse sotto agli occhi, si salva forse il suo completo, un elegante
camicia bianca accompagnata da uno smoking nero, un po’ stropicciato per le
pieghe che si sono formate durante il suo sonnellino.
Cammina lento ed esausto tenendosi appoggiato al tetto dell’auto, gira
intorno alla macchina fino a ritrovarsi di fronte a quei cosiddetti gangster,
che ancora non si sono accorti di lui. Molto di loro saranno anche alti un
metro più di lui ma a detta sua sembrano davvero dei coglioni. –R-ragazzi..-
prende la parola tranquillo e proprio quando apre bocca tutti e sette i
malviventi si girano di scatto verso il mobiano. Alcuni perfino si mettono a
ridere di lui, perché a vederlo sembra quasi un barbone qualsiasi.
–Ragazzi è meglio che non lo fate i cerchioni sono rinforzati apposta, al
massimo potete rovinare la croma- e senza che potesse finire di parlare il capo
dei cholo spara un colpo di fucile in pieno petto sul riccio e dopo essersi
fatti tutti una risata tornano a smontare la Mercedes.
Il riccio è accasciato al suolo si, peccato che non è ancora morto.
Tossisce per il forte colpo improvviso, ma ci vuole ben altro a farlo fuori. Si
rialza lentamente, accompagnando la fatica dell’azione con un paio di bestemmie
e si rivolge di nuovo ai suoi aggressori ancor più stordito di prima
–R-ragazzi..- sentendolo di nuovo parlare tutti si girano di nuovo verso di
lui, sbalorditi che sia ancora vivo. –Ragazzi ragazzi, è meglio che ve ne
andiate fidatevi.- dice già sfinito, tenendosi in guardia.
-Ammazzatelo!- urla di nuovo il cholo e tutti e sei armati si avventano
contro il riccio. Uno ad uno vari colpi di spranghe e altri oggetti contundenti
colpiscono sul torace e sul viso del mobiano, incassando i colpi senza riuscire
a difendersi, ma mentre un altro prova d’un tratto a colpirlo con un coltello,
il vecchio riccio blu compie uno scatto improvviso, quasi impossibile da
vedere, bloccando il coltello dal braccio del malvivente. Lo disarma, prende il
coltello e per ripicca gli pianta in un attimo sedici coltellate
sull’avambraccio e senza esitare lo scaraventa addosso a due del gruppo. Uno è
probabilmente andato, ma è già sfinito per lo sforzo e i colpi subiti.
Non lascia il coltello e tiene la lama dal basso per proteggersi, ma per
una distrazione non si accorge che ne manca uno all’appello, infatti uno dei
mobiani lo colpisce con forza con una chiave inglese da dietro la schiena. Il
colpo lo fa traballare ma senza esitare uno prende la pistola e gli spara un
colpo a un fianco, mentre un altro ne approfitta per avventarsi contro di lui e
scaraventarlo al suolo. Il riccio grugnisce e urla di dolore, ma purtroppo per
lui ad uno ad uno tutti e sei iniziano ad attaccarlo e tutto quello che può
fare è mettere le mani davanti al viso per proteggere la testa.
Colpi con spranghe di metallo, calci, imprecazioni da ambo le parti, fino a
che i colpi non fanno girare il malcapitato, sguarnendogli la difesa e
continuandolo a prenderlo a calci. Poi un colpo di piede proprio sotto la nuca
e un fucile puntato sulla testa: è l’ultima goccia.
Il vecchio riccio stringe i denti e parte un urlo di rabbia che gela per un
attimo quasi tutti i criminali, poi il tempo.. si ferma. Anzi, non si ferma: è
lui che va troppo veloce.
Si svincola dai suoi aggressori, si rialza e con una velocità mai vista
taglia di netto il braccio del cholo che gli puntava in testa il fucile.
Peccato però che il colpo era già partito e la caduta del braccio, per sua
sfortuna, colpisce la portiera posteriore della sua Mercedes.
–PEZZO DI MERDA!- urla il riccio, ancor più imbestialito per il colpo partito
alla sua auto. Si avventa su uno degli umani, ma stavolta è molto più scattante
di prima. L’umano lo attacca con il suo piede di porco, ma il vecchio riccio
gli blocca il braccio con il quale tiene l’arma, lo disarma piantandogli una
coltellata e con una agilità ancora più forte gli pianta la lama del coltello
da sotto il mento. Talmente è andata in profondità la lama che la si può vedere
all’interno della bocca dell’ormai morto umano. Rimane fermo due secondi, il
tempo che l’umano muoia e con la sola forza di un braccio scaraventa il corpo
sul terreno e prende con l’altra mano libera il piede di porco. Meno due.
Davanti a lui c’è ne uno della sua stessa specie, ma non fa differenza.
Scatta davanti a lui e con la destra lo pugnala selvaggiamente su tutto il
petto e con la sinistra gli pianta il piede di porco nel cranio. Il colpo è
talmente violento che l’arma rimane incastrata nella scatola cranica
dell’assassino. Meno tre.
Un ennesimo prova ad avventarsi contro di lui dalle spalle, ma il riccio lo
intercetta, colpendolo con il coltello in pieno petto, si gira intorno al
farabutto bloccato dal colpo e lo sgozza senza esitazione. Meno quattro.
Nel frattempo però quello che gli ha sparato prima al fianco parte
all’attacco e cerca di sparargli di nuovo, ma il mobiano ha la meglio ed
evitare tutte le pallottole, fino a quando il caricatore non si svuota del
tutto. Il malvivente trema dalla paura, invece il riccio rimane per un attimo
tranquillo e immobile, ma il tempo di sbattere le palpebre e si trova a un
centimetro e parte un colpo di lama che gli lacera la faccia e lo sbatte al
suolo. E siamo a cinque.
Poi un altro urlo di rabbia rivolto verso gli ultimi due rimasti, che uno
impaurito e l’altro senza un braccio urlano di terrore e si dirigono al loro
furgone per fuggire. Mentre fanno retromarcia per scappare il mobiano gli urla
di nuovo e prendendo da terra una chiave inglese la lancia contro il parabrezza
della loro auto mentre è intenta a fare retromarcia. Dopo pochi secondi non ci
sono più e il riccio è quindi vittorioso, fatta forse eccezione per la sua auto.
Ansima per la fatica, ringhia per il dolore e per poco non sviene per gli
sforzi. Era da tanto tempo che non scattava più così. Ignora totalmente i
cinque cadaveri e il sangue e molla il coltello ancora attaccato alla sua mano.
Zoppicante rimuove il cric ancora appostato alla sua auto ed entra in
macchina. Tossisce e respira a fatica, ma mette in moto la Mercedes e se ne va,
lasciando dietro di se quei cadaveri.
Non torna a Westopolis, ora come ora potrebbe dare troppo nell’occhio,
quindi continua ad andare fuori città per fermarsi a una piccola area di
servizio che conosce.
È tarda notte e per fortuna passano si e no tre o quattro persone.
Parcheggia vicino al bagno pubblico, isolato dalla sosta per la benzina e il
negozio e prende da dietro il bagagliaio un cambio pulito del suo smoking,
perfettamente identico al modello che indossa, in fondo tra un paio di ore
dovrà lavorare.
Arriva ancora zoppicante ed esausto in bagno e per fortuna è da solo. Per
prima cosa si spoglia e butta il completo sporco di sangue in un cestino a
fianco al lavandino. Si toglie la canottiera, ormai anche quella rappresa del suo
sangue e getta anche quella e sul suo petto si possono vedere anche i colpi di
pistola e di fucile conficcati nei suoi pettorali. Con l’aiuto di un specchio
appena davanti al lavello con le dita pian piano si leva quei bossoli di
proiettile. Per lui non è molto doloroso, ma fa comunque fatica: ormai non è
più abituato a combattere.
Rimossi tutti i proiettili e gettati anche quelli nell’immondizia, si
pulisce il petto con un asciugamano e per fortuna le ferite iniziano già a non
perdere più sangue. Si mette i pantaloni, si abbottona la camicia e si rimette
le scarpe e prima di rimettersi la giacca, si sciacqua la faccia, per poi
respirare profondamente e guardare il suo riflesso nello specchio.
–anf anf.. Sonic.. questa... è stata proprio.. una nottata del
cazzo.-
SPAZIO DELL’AUTORE
Ragazzi, spero di essere mancato a qualcuno in questi ultimi.. decenni?
Ci sono molte cose che vorrei dirvi, tanto scuse da darvi, ma.. NO: oggi non lo
farò. Piuttosto per calibrare al meglio la mia imminente dipartita da questo
sito e la riuscita futura di The Darkness, vi propongo quest’altra storia
che STAVOLTA sono sicuro che riuscirò a portare a compimento.
Ho molta ispirazione per questa storia e voglio solo dirvi una cosa: tutto avrà
una spiegazione a tempo debito e soprattutto, non avete visto ancora niente.
Spero solo di essere più fedele nella pubblicazione, intanto fate tutte le
domande che volete farmi.
P.s: avete capito a cosa mi
sono ispirato per questa storia? ;)
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