Corrente
naturale
di ellephedre
Giugno 1997 - A ballare fuori
Makoto camminava per strada, di sera, spalancando le braccia
come per abbracciare il crepuscolo. La vita era bella.
Durante quella giornata il suo negozio aveva registrato un
nuovo
record
di incassi. Le banconote erano letteralmente straripate dalla cassa,
rendendole difficile la chiusura. Trasportava il gruzzoletto
che si era guadagnata nella borsa. Il giorno dopo lo avrebbe depositato
nello sportello automatico della banca. Le veniva la
tentazione di trattenere qualcosa per sé, ma voleva essere
precisa: prima avrebbe ripianato i debiti che aveva contratto per
aprire
la pasticceria, poi avrebbe speso a volontà. In prospettiva,
stava risparmiando per assumere
un aiuto che la affiancasse al bancone. Incredibilmente non
riusciva più a gestire
tutto da sola ad appena due
mesi dall'apertura del locale. Se le cose continuavano così,
avrebbe potuto permettersi solo delle vacanze striminzite in estate.
Non andava bene: nelle ultime settimane aveva visto poco Gen e voleva
passare con lui più giorni possibile in agosto.
Pensando al suo ragazzo, accelerò il passo. Era
possibile che lo trovasse a casa quella sera. Gli aveva dato le chiavi,
per comodità.
Appena giunse davanti al portone del condominio
suonò il citofono, per darsi la gioia di sentire la voce di
lui.
Gen non la deluse. «Sì?»
Il timbro ovattato che uscì dall'interfono le
causò un fremito. «Sono io!»
esultò.
Lui le aprì con una risata.
Makoto percorse i due piani di scale a passi larghi, arrivando
sulla porta con un salto pieno di energia.
Gen la attendeva con l'uscio aperto. «Ehi! Sei
allegra!»
Lei gli gettò le braccia al collo, riempiendogli di
baci il viso. «Tanto!»
Mentre si spogliava delle scarpe e della borsa, gli
raccontò la propria giornata. «Non
ho fatto conti precisi, ma dovrei essere in attivo
sul leasing delle
attrezzature in cucina. Naturalmente ho da ripianare l'acquisto dei
mobili e la
ristrutturazione del locale...»
«Così mi fai sentire in colpa.»
Risero, con lui che la seguiva verso l'armadio incastrato
nella parete.
«Mi hai già fatto pagare
pochissimo e di
questo passo coprirò presto tutti i miei debiti. Non riesco
a
crederci! Vale la pena alzarsi all'alba tutte le mattine.»
Lui la aiutò a togliere l'elastico dai capelli.
«Ti sei scelta un lavoro impegnativo, ma non ti lamenti
mai.»
«Non si può essere infelici quando si fa
qualcosa che si ama.»
Mentre si spogliava, Gen piegò i vestiti
recuperò i
vestiti che stava mettendo da parte, portandoli nella cesta dei panni
sporchi.
«Perché non vai a farti una doccia? Ti
rilassi un
po'. Ti faccio un massaggio se vuoi.»
Era un'offerta così gentile. «Mi
piacerebbe, ma devo preparare qualcosa di veloce
per cena.»
«Ecco... sapendo che non ti aspettavi molto, ci ho
pensato io.»
Lei sgranò gli occhi. Lui guardò
imbarazzato il
soffitto. «Non è niente di che. Hai troppa
fame per preoccuparti del gusto, vero?»
Commossa, lo strinse a sé con entrambe le braccia.
Gen le massaggiò la schiena con fare fin troppo
amichevole
per
lo stato di semi-nudità che la caratterizzava. Doveva avere
proprio
un aspetto esausto, pensò Makoto. Invece di tentare un
approccio, lui la stava accudendo. Gen iniziò un massaggio
che
sciolse i muscoli contratti delle sue spalle, poi passò alle
tempie, disegnando piccoli
cerchi.
Trattenendo gli ansiti di godimento, Makoto si sostenne a lui
per non riversarsi come un budino sul pavimento. «Sei troppo
buono con me. Non riusciamo più a uscire insieme come
prima.»
«Non mi serve uscire. Mi basta vederti
qui.»
La loro vita era molto cambiata rispetto a qualche mese
addietro. Nell'ultimo mese lui aveva deciso di collaborare sempre di
più con l'impresa che voleva assorbire la ditta di suo padre
e di fatto nelle ultime due settimana aveva lavorato solo un paio di
giorni.
«Ora tu esci un sacco senza di me. All'università
vedrai
tante ragazze...»
Il commento gli generò una risata bassa di
divertimento. «Sei gelosa?»
«Non di loro. Solo della possibilità che
hanno di vederti e
di passare del tempo con te nella tua aula, o
all'università durante il giorno...» Era l'unico
motivo per cui le
dispiaceva non essere diventata una studentessa universitaria come
Usagi, Ami e Rei. Loro avevano più tempo da trascorrere con
i fidanzati e le amiche.
Gen intuì la sua tristezza e la sfiorò
con le labbra
sullo zigomo. «Quando sono in classe io penso sempre a quando
tornerò qui a vederti.»
Era una frase così dolce da risultare strana in
bocca a lui. «Ti manco tanto.»
«Hm?»
«Stai dicendo cose tenerissime.»
Lui esibì un sorriso largo. «Quando non
le dico me lo
rinfacci, e quando le dico mi fai notare che non sembro io.»
«Dài, no! Mi piace tanto sentirti parlare
così.» Fece una mezzagiravolta con lui,
prendendogli il volto tra le mani, quasi danzando mentre lo baciava.
«Mi manchi tanto anche tu. E dopo tutte queste coccole e
massaggi,
sono pronta a farmi toccare come ti piace di solito.»
«Secondo me preferisci dormire.»
Affatto. «Voglio fare l'amore, anche se magari
poi crollerò dal sonno.»
Lui la prese in parola e le passò una mano sotto le
ginocchia, sollevandola.
«Proviamo.»
Makoto si svegliò poco dopo il loro amplesso - o
almeno fu la
sensazione che ebbe notando che la luminosità della stanza
non
era cambiata. Gen era seduto a tavola, a mangiare distrattamente
mentre leggeva una rivista. La televisione e la radio erano spente, per
non disturbarla.
«Mi sono addormentata.»
Lui si sorprese di vederla con gli occhi aperti.
«Ehi. Ti è venuta fame?»
Aveva un certo appetito, ma a non farla cadere in un sonno
profondo era
stata la sensazione di incompiutezza del loro momento. Era stato
lui a dedicarsi a lei, estrapolando sensazioni intense dalle sue membra
stanche, con carezze mirate. L'ondata dell'orgasmo era stata
rigenerante e al contempo
contundente per il suo cervello stanco. Non era riuscita a rimanere
sveglia abbastanza da ricambiare.
Scostò da sé la trapunta con cui era
stata coperta. «Cos'hai preparato?»
«La mia specialità. Katsudon.»
Adorava quel piatto: le ricordavano le cene casalinghe di
quando
era stata bambina. Mentre lui si alzava a servirle il cibo, lei
andò rapidamente in bagno a pulirsi, poi tornò a
sedersi
a tavola. Per non restare nuda recuperò una vestaglia,
stringendola sulla vita.
Assaggiò il primo boccone della cena, gradendo il
gusto ricco dell'impanatura che si dissolveva sulla lingua.
Gen la osservava,
appagato. «Ti è bastato un quarto d'ora di sonno
per
sembrare più fresca.»
Lei si toccò il viso. «Avevo occhiaie
così brutte?»
«No. Se non ti avessi conosciuta bene non avrei
saputo che eri spossata.»
Meglio. Al negozio non poteva avere l'aspetto di uno zombie.
Forse doveva comprare del fondotinta, controllandosi allo specchio
durante la giornata.
«Ho avuto un'idea.»
Mentre mangiava assaporando ogni morso, Makoto attese di
sentire cosa gli fosse venuto in mente.
«Come premio per i tuoi
successi di pasticciera e negoziante, ti porterò fuori, per
una cosa che non abbiamo ancora fatto insieme.»
Oh?
«Ballare.»
Lei si accese in ogni terminazione nervosa.
«Sì!» Lo desiderava da tanto e non
aveva avuto ancora
il coraggio di
chiederglielo.
Lui rimuginò. «Magari posso farti
conoscere alcuni dei compagni della palestra che frequento...»
Fu difficile trattenere la smorfia. Sarebbe stata
un'uscita di gruppo?
Gen scosse la testa. «Solo se li troviamo per caso.
Di solito si muovono sempre negli stessi locali.»
Allora sì. «Sono curiosa di conoscerli se
ci saranno,
ma mi piacerebbe che la serata fosse soprattutto per noi.»
«Certo. Mi metterò in tiro, come immagino
non veda l'ora di fare anche tu.»
Al solo pensiero le mancò il fiato. «Ti
ho visto
vestito bene solo a San Valentino. E per il matrimonio di Usagi e
Mamoru!»
Gen non si vergognò del suo essere molto casual.
«Sarò più come a San
Valentino.»
Al solo pensiero lei si eccitò. Decise in quel
momento che
dopo il pasto non le sarebbero mancate le energie per concludere
ciò che avevano interrotto prima.
Gen la guardava con un luccicchio nelle pupille.
«Anche tu metterai qualcosa di speciale?»
Assolutamente sì. Per l'occasione era disposta a
farsi un
regalo. «Questa volta non mi cucirò da sola il
vestito, lo
comprerò. Voglio un bell'abitino da sera stretto, magari un
po' provocante. E dei
tacchi!» Aveva in mente il paio giusto, lo aveva visto in un
negozio sulla strada per il lavoro.
Gen stava cercando di non salivare, fingendo indifferenza.
Lei giocò a stringergli il naso. «Ti
piacerò tanto!»
Felice, lui scostò il viso per sfuggire alla
presa.
«Facciamo una sera del fine settimana? Da giovedì
a
sabato, un
giorno che sei poco stanca. Basta che mi fai sapere verso l'ora di
pranzo.»
Lei aveva già deciso la data. «Facciamo
questo venerdì, il 25!»
La precisione lo stupì.
«Perché quel giorno?»
«Ecco... non ridere, ma mi piace considerarlo il
nostro vero mesiversario.»
Lui ricordava bene di averle fatto un regalo per quella
ricorrenza appena qualche giorno prima. Inoltre aveva in mente alla
larga cos'era successo nel dicembre precedente.
«Ci siamo messi insieme poco dopo il tuo
compleanno. Era passata meno di una settimana.»
Sì. «Era l'11 in realtà.
Ma...» Si vergognò un poco
a parlarne. «Mi piace pensare che la nostra
relazione sia iniziata quando tu... quando ho capito che...»
Lui si ricordò cos'era successo il venticinque
dicembre - un
Natale al contempo tragico e rivelatorio per entrambi.
«Quando
hai capito che ti amavo?»
Makoto si intenerì al ricordo. «Quando ho
capito che
saresti
rimasto con me anche se ti avevo mentito su chi ero. Era una cosa che
non pensavo sarebbe mai successa. Per questo per me la nostra storia
è iniziata idealmente a Natale. È romantico,
no?»
Era dolce, pensò Gen. «Vada per
venerdì
25.» Avrebbe scelto un posto dove il deejay
proponeva spesso
dei lenti per le coppie. Makoto lo avrebbe adorato.
Lei proseguì a mangiare giocando a imboccarlo, poi
si
sbarazzò del piatto prima di aver finito. Spostò
il
tavolino basso di lato mentre scioglieva il nodo della vestaglia,
sedendosi a gambe aperte su di lui. Alla vista del suo corpo da
amazzone,
coi seni turgidi e un sorriso eccitato, Gen smise di connettere le
sinapsi.
«È il mio turno»
mormorò Makoto, poi gli coprì la bocca con la
propria.
In previsione del loro appuntamento speciale, Makoto aveva
comprato
una nuova piccola insegna per il negozio - un cartello da apprendere
dietro la porta che permetteva di indicare una chiusura anticipata.
L'aveva
appeso con tre giorni di anticipo, per far sapere ai nuovi clienti
abituali che quel venerdì non
avrebbero
trovato la pasticceria aperta fino alle
sette e mezza di sera. Alcuni si erano dispiaciuti - uscivano dal
lavoro tardi, non sarebbero arrivati in tempo per comprare qualcosa -
ma
quando Makoto aveva raccontato di voler festeggiare una ricorrenza
importante
col suo ragazzo, erano stati tutti solidali.
«Certo, chiudi prima! Sei giovane,
divertiti!»
«Ti comprerò il doppio di questi dango
oggi,
così ne avrò qualcuno per domani. Scatta una foto
del tuo
ragazzo e appendila sul muro, vogliamo vederlo!»
Era diventata amica di molti dei suoi avventori. Le piaceva
chiacchierare mentre incartava i loro ordini. La gente gradiva: la
trovavano simpatica e calorosa e le raccontavano volentieri delle loro
vite. Makoto ormai conosceva molti dei loro nomi.
Sarebbe stato sfacciato appendere una foto di Gen in
negozio?
Glielo avrebbe chiesto. Magari poteva far incorniciare alcune di quelle
che si era fatta
scattare con lui durante l'inaugurazione.
Rientrando in casa, non ci pensò più.
Doveva
prepararsi. Finalmente poteva indossare il
bellissimo paio di sandali alla schiava che si era regalata. Li
tirò fuori dalla scatola, tenendoli in equilibrio sui palmi.
Erano neri, con un tacco di dieci centimetri e un gioco di lacci in
cuoio che le avvolgeva i piedi, denudandoli e slanciandone la forma.
Senza ancora aver indossato il vestito, si guardò
allo
specchio, a figura intera, con indosso solo la biancheria intima e i
sandali. Girò su se stessa, squadrandosi da dietro,
ammirando
il modo in cui le calzature mature rendevano più
lunghe e sinuose le sue
gambe. Per quanto riguardava il sedere... Per fortuna non aveva perso
tonicità
nonostante il poco esercizio, ma quelle mutandine di cotone non la
valorizzavano.
Frugò nel cassetto e trovò degli slip in
pizzo neri, adatti alla serata. Erano comodi e al contempo
sexy, ma non era riuscita a recuperare il reggiseno coordinato. Andare
in giro con la biancheria spaiata in un'occasione come quella era
triste. Pensando al vestito che aveva comprato, si illuminò.
Andò a prenderlo e lo infilò da sopra la
testa, provando a indossarlo
senza
reggiseno. Il tessuto aderente le premeva contro la pelle.
Accennò un passo di danza e
verificò di
persona che il suo petto non ballonzolava. Le spalline dell'abito
sostenevano il suo davanzale, ma... guardò meglio e
rilasciò una smorfia. In rilievo si vedevano i capezzoli!
Così era indecente.
Le venne in mente il reggiseno senza spalline che aveva
nascosto in
fondo al cassetto. Non era mai riuscita ad utilizzarlo,
perché
da solo non sosteneva nulla, ma con quell'abito si rivelò la
soluzione ideale: le sollevava un po' troppo la scollatura, ma almeno
così non sembrava uscita da un manga erotico. Più
o meno.
Provò a sporgersi in avanti, di fronte allo
specchio, unendo le braccia.
Be', la decenza era questione di punti di vista, ma Gen e le
altre persone che l'avrebbero vista se ne sarebbero fatti una
ragione. Per una volta - una volta nella vita - lei voleva
permettersi di
apparire sexy senza avere paura di essere volgare. Non lo era,
vero? Anche con quei seni troppo grandi e
la gonna corta.
Passò al trucco, scegliendo un rosa delicato per le
labbra e un mascara nero per le ciglia. Il velo di ombretto verde che
applicò sulle palpebre fece risaltare il colore dei suoi
occhi.
Optò per non legare i capelli, lasciandoli ricadere
morbidamente sulle spalle. Stava dando loro un po' di volume quando Gen
suonò al
citofono. Gli aprì il portone cliccando sul pulsante, poi si
dedicò alla ricerca del paio di orecchini a pendente che
aveva
acquistato per l'occasione. Dal bagno lo sentì entrare in
casa.
«Sei pronta?»
«Sì, ho persino messo le scarpe. Guarda
quanto sono alta.»
Gli andò incontro. Sulla porta del bagno si
fermò, rimanendo a bocca aperta. Gen stava
benissimo! Quando si metteva una bella camicia e dei pantaloni
in tessuto non lo batteva nessuno.
Lui era inebetito quanto lei. La squadrò due volte
da capo a piedi, senza
sapere come commentare il suo aspetto.
Makoto gli passò accanto, diretta al
piccolo
specchio dell'ingresso, con in mano gli orecchini. «Sto
bene?» Gli permise di ammirare il movimento del suo
fondoschiena
mentre camminava.
«Uh...»
Col passare dei minuti si era convinta di essere
bellissima, ma
così lui faceva risorgere i suoi dubbi.
«È esagerato? Sembro...
un'accompagnatrice?»
«No! E se qualcuno lo pensa, lo ammazzo.»
Lei rabbrividì per la
carezza che
ricevette lungo la schiena. «Ho letto su una rivista
che
i vestiti neri e corti ora non sono più considerati volgari
se
li si porta bene.»
«Tu non sei volgare, sei... Sembri quell'attrice dai
capelli
rossi, di quel film che ti piace tanto.» Gen rifiutava di
ammettere che ricordava bene il titolo della pellicola.
«Pretty Woman? Julia Roberts?»
Lui rammentò troppo tardi a quale mestiere si era
dedicata la protagonista. «Sì, ma non nel senso
che sembri
una
escort.»
Makoto scoppiò a ridere. «Se parli del
vestito nero che
le comprava Edward, a quel punto ormai
lei era una signora di classe! Davvero le somiglio?»
Coi capelli mossi e il sorriso capace di illuminare un
palazzo, agli occhi di lui Makoto era mille volte più bella.
Col fisico
messo in
risalto da quel vestito era imparagonabile all'attrice di Hollywood,
solo perché era infinitamente più provocante.
Aveva
acquistato un'altra taglia di reggiseno? E i suoi fianchi erano
diventati
più formosi.
Lui stava ancora cercando di non guardarla troppo, per non
farsi
venire un infarto al pensiero di portarla fuori abbigliata in quel modo.
Il suo silenzio stava generando altre incertezze in Makoto.
«Sei perfetta. Andiamo?»
Lei terminò di allacciare un orecchino e prese
in mano una
piccola borsa a tracolla. Vederla avanzare di nuovo permise a
Gen di
focalizzarsi sui suoi piedi fasciati dai tacchi. Per poco non gli
scappò un altro brontolio.
«Che c'è?» gli
domandò lei.
«Niente.» Aveva la tentazione di chiederle
di restare in
casa, non solo per spogliarla pezzo per pezzo, ma soprattutto per non
permettere al resto della popolazione maschile di gettarle
un'occhiata quella sera. L'avrebbero immaginata nuda a ogni passo.
Sulla porta guardò l'espressione speranzosa di lei, che
non
vedeva l'ora di uscire.
«Peccato avere solo il furgone, non è
adatto a portarti in giro stasera. Vuoi che prendiamo un
taxi?»
«Ma no, esagerato!»
Uscirono dall'edificio, continuando a scherzare. Nella propria
testa Gen decise la linea d'azione.
A che serviva apparire palestrato ed essere in grado di
mettere
su un grugno
spaventoso, se non a far pentire gli estranei dei loro pensieri impuri?
Se qualcuno si fosse fatto sfuggire un fischio o un commento che
avesse fatto sentire Makoto a disagio, prima si sarebbe beccato un
pugno sul naso, poi si sarebbe pentito di essere nato.
Per Makoto entrare in un locale per adulti era un'esperienza
nuova.
Fino a quel momento era andata solo al ballo della palestra,
all'università.
Gen le aveva detto di aver scelto un posto non troppo
chiassoso,
dove si riusciva a fare un minimo di conversazione. C'erano anche dei
tavoli comodi a cui sedersi.
Mentre si muovevano nella folla, fu piacevole per lei notare
che il suo
abbigliamento era consono al luogo. C'erano ragazze molto
più
svestite di lei. Avevano meno roba da mostrare, ma a scoraggiare
sguardi troppo lascivi nella sua direzione sarebbe bastato il broncio
assassino adottato da
Gen, nonché la mano che lui aveva posato in pianta stabile
intorno ai suoi
fianchi.
Al bancone lei ordinò un drink analcolico.
Meglio non
iniziare la serata annebbiandosi la testa. Gen, che era più
abituato a bere, ordinò una semplice birra.
Mentre aspettavano, lui le indicò un angolo
nascosto della
sala. «Di là c'è meno gente. Sono
appena le
nove, sicuramente c'è posto.»
Makoto si sentì sciocca. «A causa dei
miei orari siamo
venuti troppo presto, vero? La serata si animerà
più
tardi.»
«Meglio così. Quando questo posto si
riempie non si riesce nemmeno a respirare, si balla tutti
attaccati.»
Oh. «Lo frequentavi di notte?»
Lui non cercò di negare. «All'inizio. Poi
io e i miei
amici abbiamo capito che si riusciva a parlare meglio se si veniva
prima delle dieci. Ci si poteva stravaccare sui divani e stare
comodi.»
Makoto interpretò la frase. «Riuscivate a
rimorchiare più facilmente.»
Gen non la prese come una frecciata, ma scosse la testa.
«Non ti permetterò di immaginarmi con altre donne,
Mako.»
La sua era stata solo curiosità.
Sciolto, lui avvicinò la bocca alla sua, beandosi
del suo
profumo. «L'esperienza guadagnata mi è
servita a
rimorchiare la
ragazza più bella che abbia mai incontrato. Se adesso stessi
con
un'altra donna, la mollerei subito dopo averti vista.»
Lei lasciò che le sue parole la riempissero di
piacere,
permettendogli di scivolare con le labbra lungo la linea della
sua mascella. Quel tocco intimo, in pubblico, la faceva sentire come se
fossero una coppia rodata, ancora più in sintonia.
Ricevettero i loro drink e andarono alla ricerca di un
tavolo. Procedendo verso l'angolo che Gen aveva in mente,
vennero
fermati da una voce maschile tuonante.
«Gen!»
«Yoshi!»
Gen e il ragazzo corpulento, con un fisico da boxeador
massiccio, si scambiarono una gomitata cameratesca.
«Da quanto non ti vedo? Pensavo che-»
Il tipo la notò al fianco di Gen
e si interruppe. «Oh, wow, guarda qui. Non sei venuto da
solo.»
Gen non si fece problemi a massaggiarle la vita con una mano.
«Lei è la mia ragazza, Makoto Kino.»
Makoto chinò la testa.
«Piacere.»
«Piacere mio! Lo hai accalappiato, eh?»
Lei non capì cosa intendeva, ma non ebbe il
tempo di chiedergli nulla: il ragazzo li stava già
sorpassando.
«Corro in bagno. Gen, gli altri sono di
là, al solito tavolo. Torno subito!»
Gen non smetteva di sorridere. «È uno dei
miei
compagni di
palestra. Non ci becchiamo più spesso come una volta, ma se
vuoi
possiamo spostarci da un'altra parte.»
«No, andiamo a salutare i tuoi amici.»
Al tavolo che Gen aveva frequentato c'erano
quattro ragazzi. Quando intravidero Gen si alzarono tutti
insieme, scambiandosi saluti con pugni chiusi e pacche energiche sulla
spalla.
«Allora sei vivo!»
«Hai ripreso ad uscire! Ti sei forse mollato
con-?» Un'occhiata di Gen bastò a far notare la
presenza di Makoto.
Lei era rimasta in disparte ma avanzò di un
passo, tenendo
le spalle serrate, molto più di quanto avesse inteso. Si
sentiva così impacciata.
«Buonasera. Io sono Makoto Kino.»
Uno degli amici di Gen apprezzò parecchio la sua
vista. «Ah, be'! Ah, be'!
Ora capisco perché Gen non esce più con
noi!»
Un altro dei ragazzi le fece posto sul divano. «Non
stare in piedi, mettiti comoda!»
Gen intercettò il movimento, ponendosi tra lei e il
suo
amico. «Fatti in là. Credi davvero che te la
metterei
vicino?»
Ci fu una risata generale.
«Sei geloso! Ma ti capisco!»
A Makoto sembrò una compagnia inoffensiva. Si
stavano
comportando tutti in maniera spavalda, ma nessuno di loro la stava
fissando più di tanto sotto la linea del collo.
Un altro dei ragazzi - il più basso, con uno
sguardo da
cagnolone inoffensivo - si sporse in avanti sul divanetto in pelle.
«Tu sei quella con cui Gen sta insieme da dicembre?»
«Sì» confermò lei.
«Ce lo hai portato via!»
Gen non rimase più in silenzio. «Non
uscivo con voi già da un po'.»
«Perché eri sempre triste per via dei
tuoi problemi,
poi lavoravi troppo. Speravamo che quando ti fossi ripreso saresti
tornato a conquistare ragazze insieme a noi, invece niente! Hai
incontrato lei e zac! Hai perso la testa, sei
capitolato, sei diventato un desaparecido per gli amici!»
Makoto rilasciò una grassa risata.
«Riusciamo a parlargli solo in palestra! E
anche lì ormai viene poco.»
«Hai perso tono» lo redarguì
uno dei suoi compari, tastandogli un braccio.
«Ho cambiato orari. Ora studio e
lavoro meno di prima. Penso di riuscire a
inserire un'altra sessione alla settimana.»
Makoto era troppo curiosa per rimanere zitta. «Si
univa a voi per conquistare ragazze? Quando venivate qui?»
«Oh, sì! Ma adesso che bisogno ha,
giusto? Guardati un po', sei uno schianto!»
Il complimento la fece arrossire. Era strano
sentirsi riempire di lodi da una compagnia di ragazzi.
«Grazie.»
«Macché grazie! Mollalo e mettiti con
me!»
Gen spinse di lato la testa al suo amico, stando attento a
fargli un
po'
male. «Non potrebbe mai stare con un maleducato come te. Non
le
hai nemmeno detto il tuo nome. Lui è Taro Kanata.
Qquest'altro
è Shiro Kurumi...»
Il terzo ragazzo si presentò da solo. «Io
sono Hideaki
Sato e lui è Isamu Kazushita. Adesso dovrebbe tornare un
altro
nostro amico, Yoshi Harada.»
«Lo abbiamo incontrato venendo qui» li
informò
Gen. «Questo è solo un saluto, non posso rimanere
a questo
tavolo con voi che sbavate dietro alla mia ragazza. Su, fate pena,
andate a parlare con qualcuna invece di stare qui tra voi
uomini!»
«Che palle, non possiamo nemmeno farci una
bevuta?»
«Non sei venuto qui di venerdì sera per
l'alcol. Se non mettete qualche donna a questo tavolo, la mia ragazza
rimane tutta sola mentre vi parlo.»
«Ah, è una sfida?» Isamu
Kazushita si
alzò, sistemando la cintura dei pantaloni allentata.
«Adesso vado e torno vincitore con una femmina!»
«Vai!» fu il coro d'incoraggiamento
generale.
Con più posto sul divano circolare, gli altri si
spostarono per offrire loro più spazio.
Makoto disse la sua. «Gen pensa che mi annoi a
parlare con voi, ma non
è vero.»
«No, no, vuole che non ti guardiamo
troppo!»
Una risata
corale si librò in aria mentre Gen scuoteva la
testa.
Shiro-san batté le mani sulla ginocchia.
«Al posto di Gen non starei mica qui. Adesso che ci penso
è per questo che non usciva più di
casa!»
I loro discorsi facevano continuamente riferimento al sesso,
ma in
una maniera cameretesca che Makoto supponeva fosse tutta maschile.
«Gen mi ha aiutato a mettere in piedi il mio negozio. Ci
siamo
conosciuti mentre me lo ristrutturava.»
«Hai capito! Perché non ho fatto il
muratore!?»
Uno dei ragazzi, Hideaki-san, la smise con le battute.
«Hai un negozio tuo? Cosa fai?»
«È una pasticceria. Sono una
cuoca.»
Taro-san si portò una mano al petto, colpito
mortalmente.
«Cucina persino, come la mia mamma! Makoto-san,
sposami!»
Gen allungò una gamba sotto il tavolo, calciandolo
scherzosamente.
Makoto si rannicchiò contro il braccio che lui le
aveva messo
sulle spalle, deliziata: era stranissimo e piacevole vederlo in mezzo
ai suoi amici.
Hideaki-san era interessato a fare conversazione.
«Sembri una sportiva.»
«Sì. Pratico il karate e qualche altra
arte marziale.»
I ragazzi la presero d'improvviso sul serio.
«Uhò! Che cintura sei?»
«Cintura nera» rispose Gen con fierezza.
«Grande, davvero?!»
«Non ho mai incontrato una donna cintura
nera!»
«Sarebbe in grado di farti arrancare»
sottolineò Gen.
«Ora le stai sparando!»
«Per niente.»
Al tavolo tornò Yoshi-san. «Avete
conosciuto la ragazza
di Gen! Sono rimasto indietro!» Spinse di lato uno dei suoi
compari, per sedersi con poca grazia.
Gen aveva una domanda per lui. «Tu non ti stavi
vedendo con una?»
«Sì, cavolo, ma è finita.
Pensi che sarei qui con questi se avessi una donna con cui
uscire?»
«Ti sei fatto mollare?»
«Nahh, la storia non stava andando da nessuna parte.
Eravamo troppo diversi. A lei piacevano le mostre di quadri.»
Un brontolio generale gli fu solidale.
Yoshi-san inquadrò Makoto. «Per certe
cose
voi donne siete più cerebrali.»
Lei non era d'accordo. «Io non ne so niente di arte,
a meno che non
parliamo di cinema o libri.»
«Vedi? Tu però leggi!»
«Anche Gen legge.»
«Voi donne di più!»
Forse perché lei non faceva che divorare romanzi
rosa, ma...
«Devi solo trovare il genere giusto. Prova con gli
horror. O i polizieschi.»
L'amico di Gen scosse la testa. «Io preferisco
guardare la tv. Voglio riposare la testa dopo il lavoro.»
«Anche quella può essere arte. Hai fatto
bene a non stare con una ragazza che ti faceva sentire in colpa per
quello
che ti piace.» Si ricordò di avere un drink e lo
sorseggiò. «Ci sono tante donne che
guarderebbero la tv
con te. Per esempio ho quest'amica che quando sta davanti al
televisore si rilassa e
non pensa ad altro. Guarda di tutto.»
«È single?»
«Hm, è sposata da
poco.»
«Vedi la iella?!»
Makoto si unì alla risata del gruppo.
La conversazione continuò su quel tono per qualche
altro minuto, poi nel locale alzarono il volume della musica. Qualche
coppia iniziò a ballare, facendo fremere Makoto. Nella
penombra del posto i gioielli delle ragazze catturavano la luce mentre
le avventrici si dimenavano assieme ai loro compagni, alcune
persino col drink ancora in mano.
Gen notò la direzione del suo sguardo.
«Andiamo?»
Lei non se lo fece ripetere. «Sì. A dopo,
ragazzi!»
Gli amici di Gen, rimasti soli al tavolo, ebbero la
possibilità di osservarla di spalle mentre andava via. Non
temendo più la decapitazione, parlarono
liberamente tra loro.
«Fiuuu! Una sventola!»
«Sembra a posto.»
«Che bocce!»
«Che culo! In tutti i sensi, anche per
Gen!»
Yoshi Harada rise mentre beveva la propria birra.
«Lui
si meritava un po' di fortuna dopo quello che ha passato.»
«La ruota giro, amico! Un anno si piange, l'altro si
ride!»
L'alcol li aveva resi filosofici. «Vero! Brindiamo
a... a trovarci una ragazza come Makoto-san!»
Gli altri non si unirono al brindisi, scoppiando a ridere.
«Sarò più fortunato se chiedo
un unicorno agli dei!»
«Voi non ci credete abbastanza! Per questo vi
accontentate della prima che passa! Ci vuole sicurezza! È
questo che piace alle donne!»
«Io ho ricevuto tre due di picche in un quarto
d'ora. Va' in pista e dimostraci che basta crederci! Su, alzati e fai
l'uomo!»
Yoshi Harada non se lo fece ripetere, saltando in piedi.
«O donna, o morte!» Si gettò nella
mischia.
Makoto si muoveva al ritmo della musica concitata, felicissima
dal
fatto che Gen fosse capace di starle dietro. «Sai ballare
anche la dance!»
«Te l'avevo detto!»
«Pensavo che al massimo facessi
così.» Si
mosse con fare robotico, spostando il peso da un piede all'altro,
dondolando come una marionetta. Imitava la maggior parte degli uomini
che danzavano nel locale.
Gen era fiero di essere diverso. «Per tirare
di boxe bisogna avere un buon gioco di gambe.» Lui la
catturò per la vita, volteggiando. «Sai che gli
uomini capaci di ballare sono anche bravi a letto? Dovresti sapere che
è vero.»
Makoto scoppiò a ridere contro il suo orecchio. Lui
si stava facendo sfuggire un sacco di frasi fatte quella sera, come se
trovarsi in quel posto lo avesse fatto tornare al passato. Conoscerlo
in quella veste era strano e al contempo elettrizzante: si sentiva come
se lui stesse cercando di conquistarla daccapo, mettendo in atto tutte
le mosse a cui era abituato per conquistare una donna.
Si separarono un poco quando la canzone terminò,
preparandosi al nuovo brano.
La voce calda del deejay dietro la consolle si fece sentire
per la prima volta. «Ora qualche minuto dedicato
alle coppie. Signori,
cercate una dama speciale. Le signore smaniano per queste due
canzoni.»
Appena udì le prime note del nuovo disco, Makoto si
portò una mano al petto. «Ohhh!»
Era il brano del film Labyrinth! Quello
romanticissimo che faceva da sfondo al ballo magico di Sarah col re
degli gnomi!
Gen non riconobbe la canzone, ma Makoto gli si
attaccò al collo. «Per favore, la
balliamo?»
«Sì, sì...»
Divertito, lui dondolò piano stringendola a sé,
aguzzando le orecchie per tentare di capire perché quella
musica fosse tanto speciale.
There's such a sad love
Deep in your eyes A kind of
pale jewel
Open and closed Within your
eyes
I'll place the sky
Within your eyes
Makoto aveva mormorato a memoria ogni parola, sorprendendo Gen.
«Dove l'hai sentita?»
«Viene da un film, te lo farò vedere.
C'è questa ragazza con un vestito bianco meraviglioso, da
favola. Danza con un re malvagio che la desidera tanto ed
è una cosa così romantica...» Fu lei
a prendere in mano le redini del loro ballo, imponendo a lui di
spostarsi lungo una curva aggraziata, come se scivolassero sul
pavimento.
As the pain sweeps through,
Makes no sense for you
Every thrill is gone
Wasn't too much fun at all,
But I'll be there for you
u-u
As the world falls dooown
Gen capì presto la base del movimento, adattandosi
alla musica e improvvisando nel momento in cui ripartì una
strofa simile alla prima. Esaltata, Makoto allungò un
braccio di lato posando l'altro sulla spalla di lui, come se stessero
danzando un valzer. I loro piedi si muovevano senza esitazioni,
conoscevano il percorso. Nell'istante in cui la voce del cantante si
addolcì, Gen la guidò in un volteggio liscio,
elegante, che la fece diventare la principessa di un piccolo sogno.
Between the stars
I'll leave my love
Between the
stars
Riunendosi a lui Makoto gli prese la testa tra le mani,
cercando un bacio sentito. Stretta al suo corpo, proseguì la
danza ad occhi chiusi.
Era una serata magica - una serata perfetta.
Prima di tornare in macchina fecero una passeggiata nel
quartiere,
godendosi la brezza notturna dell'inizio dell'estate.
Makoto si era alzata alle quattro e mezza di mattina quel
giorno, ma non era
stanca. Camminava tenendosi per mano con Gen alla ricerca di qualcosa
che incorniciasse adeguatamente le sue sensazioni. Lo trovò
nelle vicinanze di un minuscolo laghetto artificiale, in un piccolo
parco. Posò la testa sulla spalla di lui, ammirando lo
specchio d'acqua.
«I tuoi amici mi sono piaciuti.»
«Tu sei piaciuta un po' troppo a loro.»
Lei si lasciò sfuggire una risatina.
«È
stato bello capire com'eri prima che ti incontrassi.»
«Ero... diverso. Davo troppe cose per
scontate.»
Come la sua presenza di suo padre e il fatto che lo avrebbe
avuto accanto per decenni a venire.
Makoto strinse un po' più forte il tessuto della
sua camicia. «Non era colpa tua.»
Gen premette le labbra contro la
sua fronte.
Lei chiuse gli occhi, per godersi il contatto.
Riuscì a
reprimere uno sbadiglio. «Usciremo altre volte come
stasera?»
«Hm-mh. Tante.»
Tante, infinite volte.
Il mesiversario si sarebbe trasformato in anniversario, almeno
uno.
Poi... Ma per il momento erano insieme e lei straripava di una
felicità che non voleva contenere. «Ti amo come il
primo
giorno» gli disse.
Lui la trovò una dichiarazione scioccamente tenera.
«Perché questo discorso?»
«Perché è vero.» E
non voleva perdere l'occasione di dirglielo, finché
poteva.
Gen lo accettò. «Sai che potrai dirmelo
anche domani?»
«Sì.»
«E dopodomani.»
«Hai ragione.»
Lui la guardò negli occhi, senza respirare.
«Ricorderò questo - adesso - per sempre, Mako.
Ogni
momento con te è così.»
Nessuna promessa avrebbe potuto darle più pace. Lo
baciò e lo strinse, con un pizzico di disperazione e tutta
la
pienezza della propria anima.
Gen la accarezzava i capelli. «Su, ora andiamo a
casa. Stai morendo di sonno.»
Makoto fece di sì con la testa. Allacciata al suo
corpo si avviò insieme a lui verso il furgone.
Giugno 1997 - A ballare
fuori - FINE
NdA:
Era da una vita che
volevo scrivere questo episodio, ma nella mia testa non aveva
abbastanza corpo e veniva fuori molto più superficiale di
come
in effetti l'ho trasposto ora. Sono soddisfatta <3 (col cuore
perché ci vuole per i sentimenti che mi hanno suscitato
questi
due).
Questo è il video
della canzone che
Makoto e Gen hanno ballato in quel locale. Si tratta di 'As the world
falls down' di David Bowie, colonna sonora del film del 1986, Labyrinth.
Bramo di sentire i vostri commenti su questo capitolo, se
è riuscito ad emozionarvi o a dirvi qualcosa.
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni
e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...