Estremità estrema

di Kastel
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Ha chiuso gli occhi.
Lascia che la vita gli passi accanto, non aggrappandola a sé ma lasciandola scorrere in quel flusso che il mondo chiama vento.
Socchiude gli occhi piano, allungando una mano verso il sole, così lontano, troppo lontano.
Gli lacrimano gli occhi, caccia via le lacrime, inizia a piangere. Urla di dolore, si stringe il petto con la mano destra, la sinistra sulla canna della pistola.
Non riesce a smettere, si punta la pistola contro lo stomaco, spara.

 

Un uomo estremo.
Non ricorda chi, con esattezza, l'ha chiamato così. Estremo nell'arte, nella vita, nel bere e nel sesso. Estremamente bravo a fallire in quei pochi ritagli di vita chiamati “lavorare” ed “entrare nella società”. Particolarmente dotato nell'estremo gesto di non sapere come vivere la propria esistenza. Insomma, l'estremità opposta di suo fratello Theo.

Quando Vincent si fissa con qualcosa è difficile ricordargli che esiste altro al mondo.
Theo l'ha notato, questo dettaglio, e l'ha trovato uno scoglio per il fratello. Un inquietante frammento della mente di Vincent, che vive amando concetti e pensando solo ad essi. Si va al bordello: occasione per creare studi bellissimi di modelle involontarie. Andiamo al bar!, dice qualcuno: il modo per ritrarre uomini che bevono.
Non che con la religione sia stato diverso, ripensa Theo. Salvare gli uomini per non trarre in salvo se stesso, ha considerato più volte Theo. Prima con la fede, poi con l'arte.


Vincent lo sa, che non venderà un quadro. Ne è consapevole. Tutti i grandi pittori incompresi, pensa, hanno ottenuto il titolo di artisti solo dopo morti.
Quindi.
Come poter dimostrare la propria abilità?
Come far vedere al mondo chi è lui?
Come?
Come?
COME?
La risposta è nelle prime righe di questo testo, ma nessuno ci ha fatto caso.
Estremo, signori, estremo.
O forse.
Solo un uomo onesto.





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