CAPITOLO 1.
Oblio -Dimenticanza,
abbandono da parte del pensiero ma anche da parte dei sentimenti e
degli affetti. Annullare il proprio pensiero o la propria
attività in qualcuno o in qualcosa. -
“Potresti poggiare questo vaso sulla mensola infondo,
Tifa?”
“Certo. Da’ qui.”
Tifa, giovane donna sui vent’anni, si trovava in periferia di
Edge city, la città che stava crescendo attorno a Midgar.
Lo scricchiolante legno marcio sotto i suoi piedi rendeva il luogo
ancora più umido di quanto già non fosse.
Poggiò il vaso e anche se fece attenzione, era visibilmente
distratta.
Le capitava spesso quando era da sola.
Un turbine di pensieri affollarono velocemente la sua mente.
Per quanto si fosse sempre data da fare, le circostanze
l’avevano sempre schiacciata, decidendo al suo posto. Pensava
alla cara e vecchia Nibelheim, alla quale erano legati molti dei
momenti più belli della sua vita. Tuttavia vi associava
anche i peggiori come la perdita di entrambi i genitori,
l’inizio di disagi economici e l’avvio del suo
lavoro spesso mortificante presso un bar dei bassifondi di Midgar.
Guardandosi attorno, notava che i suoi problemi, quando finivano,
venivano tempestivamente sostituiti da altri: non appena
trovò sostegno in Barrett e lavoro nella grande Midgar city,
rincontrò Cloud che divenne il centro delle sue
preoccupazioni, pensieri e…sentimenti.
La Shin-Ra, Sephiroth, i SOLDIER, il Mako, il pianeta, il lifestream,
la meteora...la distruzione di Midgar, poi il geostigma…era
tutto accaduto così in fretta.
Non aveva mai avuto il tempo di godere della tranquillità,
ma forse ciò era dovuto anche al suo carattere. Tifa non era
certo la ragazza capace di stare ferma, zitta e sdraiata su un letto
per più di quindici minuti.
La bruna si rivolse alla ragazzina dai capelli castani che la stava
aiutando a rassettare.
“Va bene così, puoi andare.”
La ragazzina annuì e andò via.
Si trovava in una delle zone più malfamate della
città. Del resto, dove abitava Tifa non era di certo un bel
quartiere per via del suo stato altamente decadente.
Quella che un tempo era una delle chiese più belle della
città di Midgar, ora era un rudere dove i ragazzini orfani
andavano a giocare.
Tifa, quando lo venne a sapere, non se la sentì proprio di
far finta di niente e lasciarli soli tra pareti sporche e appuntite,
chiodi, gente ubriaca e malviventi di ogni tipo.
Per questo, almeno tre volte a settimana veniva per accertarsi che
tutto andasse bene, ma ciò era tarabile solo nei limiti del
luogo che era davvero in pessime condizioni giudicando che a starci
c’erano dei ragazzini di dieci, undici anni al massimo.
“Tifa, cosa fai?”
“Uhm? Nulla, nulla. Piuttosto…”
poggiò le mani sulle ginocchia e guardò il
bambino. “Si è fatto tardi per voi, meglio che
vai. Dillo anche agli altri.”
“Sì, ma sono appena arrivati due signori strani
che hanno cominciato a chiederci delle cose…”
“…signori strani?”
Con passo veloce si avvicinò all’entrata, verso
dove, un tempo, dovevano esserci le panchine per ascoltare le omelie.
“Uno è completamente calvo, l’altro
sembra una…”
“RENO!”
Tifa urlò subito quel nome quando vide la figura
inconfondibile del giovane dai capelli rossi e dallo sguardo esuberante.
Il ragazzo si girò levando la sigaretta dalla bocca.
“Oh, ciao, Tifa.”
Tifa non l’ascoltò.
“è già la seconda volta che ti vedo
aggirare da queste parti. Si può sapere che diavolo stai
combinando..?”
Reno fece un tiro e lanciò il fumo.
“Macchè! Tu sei troppo sospettosa. Ti trovo in
forma.”
“Spegnila.”
“…”
Buttò via la sigaretta e la spense schiacciandola col piede.
“Comunque…siamo qui solo per dei sopraluoghi.
Lavoro, insomma.”
“Anche qui venite a scocciare?”
“non usi un tono carino per delle persone che
dopotutto…si stanno dando da fare.”
La ragazza si guardò attorno con fare sarcastico.
“Oh, Certo. Lo vedo! Le zone residenziali sono sempre uno
splendore. Complimenti!” la ragazza ritornò seria
“Piantala! Non credo che ci sia bisogno di dire che questo
quartiere fa schifo ed è a dir poco inabitabile…
come sempre d’altronde! Rimanete sempre gli stessi ipocriti
affaristi di sempre. Vi crogiolate nelle vostre ricchezze facendo finta
che tutto va bene.”
“Ehi, Tifa! stai…”
“…sì che è così.
Credete che in meno di un anno abbiate fatto i miracoli? Forse nei
quartieri alti sì, ma qui è come nei bassifondi!
Non c’è nulla e a tutti voi conviene chiudere gli
occhi e far finta di nulla. Tanto…a cosa importa ai
pashà della Shin-Ra. Tsk, venite qui, i
controlli…ma per piacere! ”
Il rosso rimase in silenzio un po’ risentito, ma era conscio
che, nonostante i toni scortesi, Tifa aveva ragione. Il posto non era
certo affabile e rassicurante.
“…Senti, l’hai detto tu stessa, no? Non
facciamo mica i miracoli. Inoltre non abbiamo fondi, lo sai bene. Non
è facile ristrutturare tutta la città nel giro di
un anno. La gente non ha dimenticato chi eravamo. Non si fida di noi.
Così è tutto più difficile.”
“…e come potrebbe?” lo sguardo di Tifa
si perse nel vuoto.
Già…come si potrebbe mai dimenticare
ciò che la Shinra aveva causato al pianeta. Ciò
che lei stessa aveva subito. No, era imperdonabile.
“Reno, perché lo fate? Sapete benissimo che
è inutile…”
“uh, uh...” Reno si distese un po’
“non è inutile se ci diamo una mano l’un
l’altro”.
Rude fece segno al ragazzo che era tardi, così si
avviò all’uscita. Reno rimase fermo ancora un
po’.
“ehi, Tifa.” Attirò la sua attenzione.
“Dici tante belle parole, però non è
facile concretizzarle, vero?”
Tifa si lasciò incuriosire.
“Cosa intendi dire?”
“Vieni a lavorare da noi! Guadagnerai bene e se tutto va bene
potrai stesso tu darci le dritte per sistemare Edge! Farai diventare
realtà ciò che dici. Del resto ci pensavo, tu
abitavi nei bassifondi…chi meglio di te può
sapere quali sono i veri problemi della popolazione, no?”
La ragazza rimase incredula.
“io…alla Shin-Ra? Stai fuori!”
Reno la corresse.
“No, no, no! Non è la Shin-Ra.
È il ‘Centro di Riabilitazione di Neo
Midgar’!”
La bruna si fece seria.
“sai che non lavorerei mai per la Shin-Ra.”
“Ma non è la Shin…ah, lasciamo
stare..!” prese un foglio accartocciato dalla sua tasca.
“Ecco. Almeno prendi questo. Può darsi che quello
che sta scritto qui è più convincente delle mie
parole.”
Detto questo glielo mise tra le pallide mani.
“Ho detto che non..!”
“Ciao e…pensaci! Se decidi di farci una visitina
non sarebbe male! Potresti farci un’anteprima di
ciò che credi sia opportuno migliorare!”
Ammiccò e andò via prima che lei potesse
nuovamente rispondere.
[…]
Ore 22:35
Seventh Heaven, il bar di Tifa Lockheart.
Stupido ragazzo scimmia!
Così, in nemmeno cinque minuti, mi dice: “ehi,
vieni a lavorare per la Shin-Ra!”
…ma andiamo!
Per chi cazzo mi ha presa? Non sono così stupida e
così influenzabile.
Dio, quando è
cretino…per quei bastardi poi…perché
non abbassano un po’ la testa, piuttosto, e si levano dai
piedi? Mah…
Mentre puliva i bicchieri fino a renderli degli specchi, Tifa si rese
conto che era più di un’ora che stava pensando
alla visita del ragazzo.
Certo che fare i lavori
e dirigerli sarebbe bello…ma sarà possibile? Beh,
se l’ha detto lui evidentemente sì…
Si diede subito uno schiaffo leggero.
Che mi salta in mente??
Per loro?? Mai! Non succederà mai!
Si asciugò la fronte e si accorse di essere accaldata, cosa
strana dato che aveva una maglietta in cotone e una gonna scura davvero
ridotta. Per di più il tempo era più rigido del
solito e le temperature si stavano abbassando di giorno in giorno.
Posò lo straccetto e dalla tasca estrasse il foglio datole
da Reno che cominciò a leggere.
È una
locandina pubblicitaria? Certo che sono caduti in basso…
SBAM!!
“EHILA! Tifa!!” Tifa sbandò quando vide
entrare possentemente Barrett. “Marlene, Denzel, portate i
vostri sederi qui! Ho portato la cena!!”
Tifa si apprestò a nascondere il foglio sotto il bancone.
“Barrett! Quante volte ti ho detto di non entrare sbattendo
la porta! Mi hai fatto paura!”
Incrociò le braccia guardandolo. Barrett scoppiò
a ridere.
“Paura?? Andiamo..!! Piuttosto, metti i piatti che ho
fame!”
“Sì, certo…”
Disse lei leggermente stanca.
A cena erano tutti seduti sul bancone. Tifa e Denzel dietro al bancone,
Marlene e Barrett sugli sgabelli dall’altro lato.
C’era un silenzio che non dava senso di disagio, piuttosto
trasmetteva calore, affetto…
Da sola sapeva cavarsela benissimo ma, ad essere sinceri,
c’era una tranquillità unica quando Barrett
decideva di passare un po’ di tempo in città:
vicino al bar non c’era nessuno, quindi nessuno le dava
fastidio e Marlene rivedeva l’amato papà.
Tuttavia, Barrett non ci impiegò molto nel notare che Tifa
non aveva ancora toccato cibo quando lui aveva già fatto
fuori tre porzioni.
“Tifa, guarda che pensare senza parlare fa venire le
rughe!”
Tifa lo guardò.
“Veramente non mi risulta.”
“Oh, porca..!! Cosa c’è che non va?? Ti
hanno fatto arrabbiare questi due monellacci?!”
Marlene e Denzel alzarono gli occhi infastiditi di essere stati messi
in mezzo. Tifa tranquillizzò Barrett dicendo che loro non
c’entravano.
“Non è da te stare zitta…non stai
nemmeno mangiando! Non ti sarai messa a dieta??”
“no.”
“eppure è il tuo piatto
preferito…”
“Ti ho detto che va tutto okay!!”
Abbassò gli occhi, poi li rialzò.
Toccò i lunghi capelli in quel momento sciolti e
avvertì disagio nell’aver alzato i toni.
“A me va tutto bene…i soldi non sono tanti, ma
sufficienti per tirare avanti.” Con la forchetta
cominciò a giocherellare col cibo. “Il problema
è giù alla chiesa…”
Mentre Tifa rendeva l’aspetto del suo pasto sempre meno
appetitoso, Barrett notò che la ragazza era un po’
giù di corda.
“In che senso? Lo sappiamo che questo posto è una
merda, ma lo è da sempre!”
“sì, ma quei bambini…mi dispiace.
Nessuno qui fa niente, ma io vorrei,
però…”
Barrett la interruppe.
“Tifa, non è colpa tua se il mondo fa
schifo.”
La bruna non lo ascoltò.
“A dire la verità…potrei, ma il mio
orgoglio me lo impedisce.”
Aspettò la reazione di Barrett che non tardò ad
arrivare. Annuì incuriosito poi strappò con i
denti un grosso pezzo di pane che cominciò a masticare con
violenza.
Mentre ingoiava, cominciò a tracannare il vino. Tifa lo
guardò.
“…lì, sai, Reno mi ha detto che sarebbe
possibile farmi fare dei lavori. A me, capisci?
Però…”
“Cioè, tu intendo, nel centro della feccia?? La
causa di tutto questo?? Con tutti quei signorini che credono ancora di
poter ingannare e dominare la gente?!”
Barrett si vece rosso in viso solo nel ricordare la Shin-Ra. La rabbia
gli uscì da tutti i pori, tuttavia riuscì a
contenersi.
Tifa rimase in silenzio. La pensava esattamente come lui.
Non appena si calmò, l’uomo bevve un altro
po’ di vino direttamente dalla bottiglia.
“…e ti avrebbe proposto di aggiustare i bassifondi
con i loro luridi e sporchi soldi?”
“…uhm…sì, ma figurati se me
ne importa.”
“certo che se finanziano loro…”
“Barrett..?”
Tifa si sorprese nel vedere Barrett livido, nervoso e anche leggermente
ubriaco, ma che rifletteva sulla notizia che gli aveva appena detto.
Barrett fece dei colpi di tosse.
“e-ehm!! Penso che siano dei disonesti e dei veri delinquenti
quelli lì! Tuttavia hanno qualcosa che a noi
manca…i Guil con la lettera maiuscola!! Soldi che potrebbero
servire a rendere questa città migliore. Sporchi, ma pur
sempre soldi…”
Tifa lo guardò perplessa.
“Barrett..?”
Barrett rifletté un attimo prima di parlare. Nemmeno a lui
piaceva ciò che stava per dire. Gli stava persino salendo
tutto il cibo dallo stomaco.
“…è allettante, però se
penso che siano venuti a cercati…”
rifletté. “Tu, membro avalanche, che dirigi i loro
progetti e ristrutturi Edge. Non è cosa da
poco…”
“…però sono sempre loro! Anche io ci ho
pensato. Sarebbe bello se potessi davvero far qualcosa, con loro
sarebbe possibile dato che hanno questa nuova
azienda…”
Ci stava riflettendo anche Tifa quando Barrett dubbioso si
alzò e fece per andare nella sua stanza.
“Per me loro saranno sempre loro. Non meritano nulla e loro
non ci servono! Però devo ammettere che è stato
un segnale di debolezza della Shin-Ra se hanno chiesto a te
aiuto…magari potresti cambiare le cose facendo soccombere
definitivamente l’orgoglio di quei ricconi della
Shin-Ra.” Emise un sonoro sbadiglio. “Beh, io vado
a dormire!! Non posso aiutarti Tifa. Devi decidere da sola cosa
fare.”
Tifa lo guardò salire le scale finché la sua
possente figura non svanì definitivamente nella penombra.
Barrett aveva ragione, avrebbe dovuto prendere una
decisione…e da sola. La cosa più intelligente in
quel momento le sembrò dormirci su…la notte porta
consiglio, no?
La ShinRa…o come diavolo si chiamava ora!! Era forse la sua
occasione per davvero?
[…]
All’innalzarsi del sole, la temperatura cominciò a
farsi più arida e umida. Forse perché quel giorno
era già piuttosto caotico per via di
quell’immensità di gente che fin dal mattino era
già in piedi e faceva per cominciare la sua giornata.
Stranamente erano proprio i “bassifondi” ad essere
più animati e quel mattino, in particolare, la zona del
Seventh Heaven.
Tifa era dietro un bancone un po’ arrangiato e stava
organizzando le sue cose mentre i suoi amici l’aiutavano a
tenere in disparte la folla ancora per qualche minuto.
“Ma sei pazza?? Scrivere tutte queste cose…a
penna?!?” quasi le urlò contro Cid.
“Non potevo aspettare…e poi, non riuscendo a
prendere sonno, ho pensato di darmi da fare!” rispose Tifa al
pieno delle sue energie.
L’eccitazione continuava a crescere.
Spesso si trasformava in ansia, ma era convinta che così le
cose sarebbero finalmente andate bene! Ciò le dava forza e
buon umore. Avrebbe preparato il più materiale possibile,
raccogliendo anche le firme del quartiere. Bisognava che qualcuno
prendesse le briglie in mano…e quel qualcuno era proprio
lei! Non poteva che esserne felice.
“Io non dicevo intendendo: ‘Ooooh, poverina! Non
avrà chiuso occhio!!’ ”
spiegò Cid interpretando un tono che avrebbe dovuto essere
quello di una persona preoccupata.
“Ah, no?”
“Certo che NO!!”
Tifa quasi sbandò, ma sapeva che Cid
era…così! Inutile prendersela per i suoi modi un
po’ bruschi, lui lo faceva perché parlava proprio
così.
“Oggigiorno i lavori si presentano a computer! Ma in che
cazzo di mondo vivi? Eppure sei giovane!”
“Beh…io sono ancora per la cara e vecchia penna
biro.”
“Siii…e tu con questi presupposti vuoi presentarti
al centro di ristrutturazione?! Tutti i mestieri vogliono il computer!!
Se lo dici in giro, lì ti mettono a fare le pulizie! Anzi,
ti faranno sturare i cessi, che saranno tutti pieni e strapieni di
….!!”
“Oh, Basta! Che schifo! Ho capito. Rifaccio tutto a computer.
Ne hai uno?”
Cid borbotto fra sé finendo di collegare i pochi fili che
erano rimasti da sistemare al portatile che si era portato da casa.
Tifa alzò le sopracciglia e poi si avvicinò alla
sua sedia facendo la parte della scolara.
“Da dove iniziamo?”
“ ‘da dove iniziamo?’ Qui è
tutto da rifare!” accese la sua ennesima sigaretta.
“Sono solo le 8e30 del mattino e già hai quasi
fatto fuori un pacchetto. Non ti farà male?”
“Se, se, se…vai dagli altri! Mi sembra ti stiano
chiamando.”
Tifa lo guardò incerta, sicura lo avesse detto per fumare in
pace, poi si accorse che la stavano davvero chiamando.
Si guardò intorno e tra la calca di gente che andava
aumentando, distinse dei biondissimi capelli a punta.
“Cloud!”
La ragazza gli corse incontro sorpresa, ma non troppo, di vederlo
lì.
Ultimamente Cloud si faceva vivo piuttosto raramente, forse
perché spesso capitava che i suoi numerosi lavori lo
costringevano a stare fuori città con frequenza, ma di
questo Tifa non ne era mai al corrente…Cloud era sempre il
solito riservato.
Quando la vide, levò via i grandi occhiali scuri e
alzò il cavalletto della moto, così da poterla
raggiungere.
Tifa stava per aprire bocca quando il ragazzo la interruppe.
“Cosa stai combinando? Tutta questa gente e anche
l’aeronave di Cid…”
Sicuramente incuriosito dall’insolito affollamento di quel
mattino, il ragazzo tuttavia mostrava quell’aria di
sufficienza simile a un menefreghismo quasi totale. Come sempre
d’altronde.
Al contrario, chi lo conosceva sapeva che era tutt’altro che
indifferente. Tifa infatti fu contenta di quella domanda.
Allargò le braccia e felice indicò verso il suo
bar.
“Ho deciso di darmi da fare, no? Vorrei anche io contribuire
nel migliorare Edge e…magari renderla una Midgar migliore
della precedente.”
Cloud spense la moto e non proferì parola, al contrario si
diresse al bar come se nulla fosse.
“Uh? Non mi chiedi neanche cosa sto facendo di
preciso?”
Gli si avvicinò e gli mise tra le mani una pila di fogli.
“Uhm…sono delle firme.” Dedusse Cloud.
“Ho deciso di raccogliere delle firme per far approvare i
progetti che ho preparato per la Shin-Ra!” Si
avvicinò alla scrivania dove stava scrivendo Cid e prese dei
progetti. “li ho fatti tutti io! Ehm, almeno in buona parte
perché Cid mi sta aiutando!”
Cloud, nel sentire nominare la Shin-Ra, lesse i fogli con
più attenzione.
“pensa che è solo primo mattino e già
ho raccolto tantissime firme e solo di questo quartiere! Se mi aiuterai
anche tu e gli altri sono sicura che…”
“…è una perdita di tempo.”
“Che?”
Tifa rimase sorpresa dalle parole di Cloud.
Non che si aspettasse un sorriso, un urlo di gioia. Le andava bene un
semplice ‘OKAY’.
Rimase seria e cercò di non prendersela anche se il suo
entusiasmo era stato un po’ smorzato.
“Cloud, perché dici così?”
Il ragazzo posò le carte sul tavolo e guardò in
viso Tifa, cosa piuttosto rara poiché era più
facile che il biondo rivolgesse i suoi occhi al vuoto, in maniera del
tutto naturale.
“Facendola breve, porta pure le firme, i progetti, quello che
vuoi…ma se non vanno nelle mani di Rufus o almeno di
Tseng…dubito che qualsiasi tua proposta possa essere
considerata valida.”
“Cioè?”
“Cioè che potrebbero leggerle quando non avranno
proprio niente da fare.”
“Insomma stai cercando di dirmi che devo starmene qui con le
mani in mano a fare niente..? E magari lasciare che loro continuino a
fare i signori?”
Cloud incrociò le braccia quasi infastidito da Tifa che non
aveva capito cosa lui intendesse dirle.
“Non voglio crearti false illusioni. Siamo sinceri, Tifa. Tu
non sei assolutamente nessuno lì e le tue carte non saranno
da meno e dunque non avranno mai la priorità.”
“Lo immaginavo, però non ti sembra crudele
tagliarmi le ali così?”
“Scusa…” rifletté
un attimo. “Perché così
d’improvviso parli del nuovo centro di ristrutturazione di
Rufus?”
“Reno me ne ha parlato e l’idea non mi è
sembrata male.”
“Ora credo di capire…”
Tifa, un po’ risentita, cercò di essere
più convincente e fargli comprendere che il suo non era
stato un gesto impulsivo.
Cloud le faceva troppo spesso la paternale. Certe volte poteva reggerlo
e pensare che fosse carino preoccuparsi da parte sua…ma alla
lunga stava cominciando a seccarla.
“Barrett mi ha dato il suo appoggio e così anche
gli altri. Perché sei così…”
ebbe un’illuminazione “sei preoccupato
perché sono un ex-membro di AVALANCHE?” lo disse
con orgoglio.
“No, al contrario...”
“Eh?”
“Sono stanco…mi piacerebbe se mi lasciaste
dormire.”
Tifa rimase a guardarlo per diverso tempo prima che sparisse dalla
porta del bar.
Certe volte non riusciva proprio a comprenderlo o, almeno, lo capiva,
ma sembrava che Cloud riflettesse troppo e parlasse poco
e…perché proprio ora doveva notare quanto fosse
bello??
Si riprese e tornò da Cid.
[…]
Uff..! come sono
stanca…
Tifa stava asciugando i lunghi capelli scuri e guardava intensamente la
sua figura riflessa nella specchiera.
Che
palle…però penso ne valga la pena. Sento che
finalmente sto finalizzando qualcosa…sono stufa di sentirmi
inutile ed impotente. Mi piacerebbe riuscire almeno ad aiutare quei
ragazzini!
“Tifa?”
Tifa sbandò quando vide riflesso nella specchiera Cloud, che
stava dietro di lei.
“Ehi, Non si entra così nella camera di una
donna!! Potevo non essere ancora vestita!”
Cloud la guardò con disapprovo.
“…sei qui già da venti minuti, non
penso tu sia tanto lenta.”
La ragazza ridacchiò. Spense l’asciugacapelli e si
alzò dalla sedia.
“volevi qualcosa?”
Cloud incrociò le braccia.
“So che dovrai fare un colloquio per entrare al Centro di
Riabilitazione di Midgar” si fermò un attimo.
“…se tutto va bene sappi dovrai farlo con
Scarlett.”
“Scarlett…che cosa??”
Nel sentire il nome della succinta donna in rosso, Tifa
rabbrividì.
“…forse Reno potrebbe fartelo fare con Tseng. Lui
è decisamente più mite.”
Cosa gli prende
così d’improvviso..? Credevo la ritenesse una
stronzata…
Cloud, che stava già per chiudere la porta della stanza, si
girò.
“Vado. Sarebbe meglio se preparassi un curriculum. Ti hanno
insegnato come si fa, no?”
CLANK
Tifa stette immobile per qualche secondo prima di ragionare sulle
parole dell’amico.
…e cosa
dovrei scriverci io in un curriculum? Sostenere un colloquio?! Oh,
accidenti…
[…]
“Cloud, ma perché vieni anche tu? Sai che so
badare a me stessa!”
Disse Tifa stretta alla schiena di Cloud che la stava accompagnando con
la moto.
Quella mattina era venuto di buon ora e l’aveva svegliata a
suon di clacson. Tifa dovette sistemarsi in gran fretta anche se
avrebbe preferito prendersi più tempo. Si trattava pur
sempre di un lavoro.
“Logico. Sai che li mi conoscono. Se posso farti fare il
colloquio subito è meglio. Poi ho già parlato con
Rufus quindi già ti staranno attendendo. Però
preferisco comunque esserci.”
Senza aver chiesto nulla, Tifa si ritrovò un Cloud intento a
darle spiegazioni e chiarimenti.
“Ma davvero?” disse con sarcasmo.
“…non avevi detto che eravamo meno di niente
lì?”
“….”
...grazie, Cloud.
Arrivati, si presentò davanti a loro un edificio nuovo e
decisamente grande, tuttavia non aveva nulla a che vedere con la
vecchia Shin-Ra.
Era una struttura di circa dieci piani, contornata da un giardino non
particolarmente singolare, ma moderno e ben curato. Oltre il robusto
cancello si diramava sul lato destro un ampio parcheggio già
quasi del tutto occupato dalle auto dei dipendenti.
Cloud prese posto proprio fra due di queste, destreggiandosi con una
manovra veloce.
Tifa scese quasi immediatamente. Non le piacevano molto le moto, o
più che altro, non ci era abituata.
Cloud si incamminò verso l’entrata e la ragazza
dovette accelerare il passo per stargli vicino.
Ad un primo impatto, Tifa non avvertì emozioni di nessun
genere. Fu quando oltrepassò la porta automatica che si rese
conto di dove fosse effettivamente.
Il pavimento di linoleum era lucido e perfettamente pulito. Accanto
all’ingresso era collocata una sala caffé,
anch’essa curata nei minimi dettagli.
Tifa non poté osservare con più attenzione il
luogo perché Cloud si era già avvicinato alla
reception per chiedere del colloquio.
“Uhm…controllo subito.” La ragazza della
reception digitò un numero su un apparecchio simile ad un
telefono.
“Miss Scarlett? La signorina Lockheart è qui per
il colloquio. Bene. La faccio salire” Chiuse
l’apparecchio e fece segno di andare.
Cloud eseguì e Tifa gli fu subito accanto.
“Uhm, con Scarlett quindi?”
“Tseng era occupato. Scusa.”
“Non è colpa tua!”
guardò il suo curriculum. “Solo che comincio a
preoccuparmi…”
“Andrà tutto bene. Tranquilla.”
“Sei carino a rincuorarmi” disse scherzando.
“…ma figurati! Io ci provo. Poi come va,
va…pazienza!”
Presero l’ascensore e si recarono al terzo piano, dove vi era
l’ufficio della donna in rosso.
Mentre Tifa stava per entrare, Cloud rimase immobile.
“E’ stupido che entri anche io. Resterò
qui per un po’…ma ho da fare quindi non aspettarmi
nel caso dopo non mi trovassi.”
“Oh, va bene…dov’è che
vai?”
“….”
“…a stasera, allora.”
Anche se gli atteggiamenti del ragazzo erano sempre gelidi e
distaccati, lei aveva deciso di non smettere mai di sorridergli.
Spesso sperava che si confidasse almeno un po’, ma col tempo
aveva capito che era inutile avere grosse pretese.
Si sforzò di apprezzare che l’avesse accompagnata
senza che lei glie lo avesse chiesto. Sapeva che Cloud stava facendo
degli sforzi per cambiare e lei voleva essergli di sostegno. Sempre.
Entrò.
L’ufficio di Scarlett sembrava più un salotto
pieno di oggetti inutili ed estrosi.
L’ambiente era un po’ in disordine, soprattutto per
la grande quantità di cianfrusaglie che accoglieva, forse
superiore a quante ne potesse effettivamente contenere.
La sua analisi fu subito interrotta dalla voce pungente della donna.
“SIEDITI.”
Perché
urla..? Che fastidiosa…
Entrambe partite col piede sbagliato, chi per un motivo chi per un
altro, probabilmente nessuna delle due aveva voglia di essere
lì in quel momento.
Già sembrava volessero giocare al gatto e al topo, solo che
non si capiva chi fosse il gatto e chi il topo.
Scarlett fece segno a Tifa di consegnarle il curriculum che la ragazza
aveva con sé. Lo sfogliò velocemente,
soffermandosi solo su punti ben precisi.
“Barista dei bassifondi, licenza liceale, nessuna laurea
né specializzazioni o master di qualsiasi
genere…”
Tifa cominciò a risentirsi.
Logico che non ho
continuato l’università. Eravamo troppo impegnati
a lottare contro voi schifosi…
Non era venuta lì per farsi prendere in giro. Non che non se
lo aspettasse. Tuttavia fece ancora finta di nulla.
“ehm, avrei portato dei progetti che volevo fare vedere.
Riguardano la ristrutturazione di Edge e…” si rese
conto di non essere per nulla ascoltata e a quel punto alzò
i toni.
“Insomma! Che razza di colloquio è
questo?”
“Che ti sei messa in testa?” alzò gli
occhi. “Pensi che è così che si ci
presenta in un’azienda? Ma guardati! Maglietta e minigonna e
nessuna qualifica decente?” osservò malignamente
Scarlett.
Tifa stava quasi al limite.
L’aveva già schiaffeggiata una volta, era pronta a
rifarlo. Intanto Scarlett continuava a sbraitarle contro
“Pensi sia un gioco?”
“Allora perché diavolo mi avete fatto entrare se
non sono gradita??”
“Se fosse dipeso da me tu non avresti neppure
potuto varcare…….!!”
La voce di Scarlett , che sembrava potesse rimbombare per tutto il
piano, si era brutalmente smorzata.
Tifa cercò di intendere il motivo, si girò alle
sue spalle e capì.
Rufus Shinra.
Rufus…
Erano anni che non lo vedeva.
Aveva saputo da Cloud che era sopravvissuto all’attacco della
Weapon e l’incidente lo aveva costretto su una sedia a
rotelle. Adesso però sembrava in perfetta forma.
Doveva aver seguito una ferrea terapia o qualcosa del genere.
Lo osservò.
Era un ragazzo alto e longilineo. Molto giovane per essere
ciò che rappresentava ora ad Edge. I leggeri capelli biondi
erano perfettamente in ordine salvo la frangia che gli pendeva sulla
fronte, facendo così del suo look una acconciatura comunque
giovanile.
Gli occhi erano profondi e seducenti, così azzurri da
risplendere in quel ambiente. Il suo sguardo elettrico sembrava emanare
un’energia che, a dir la verità, la intimoriva un
po’.
Le fu difficile distogliere lo sguardo.
Eppure c’era
qualcosa di diverso nei suoi occhi…
Lui camminò con fare elegante verso Tifa e si rivolse a
Scarlett.
“Ho qualche minuto libero.” La guardò
con i suoi occhi glaciali. “La ragazza terrà il
colloquio con me.”
Scarlett prima mostrò disapprovo, poi fece un cenno a Rufus
e si congedò.
Tifa rimase immobile, non capendo cosa stesse succedendo.
Rufus la guardò. “Seguimi. Il mio ufficio
è all’ultimo piano.”
Tifa si riprese e si alzò lentamente per seguirlo, restando
incerta.
Osservandolo camminare silenzioso un po’ più
avanti di lei, si ritrovò la mente annebbiata e anche
leggermente in imbarazzo.
Perché proprio lui le avrebbe fatto il colloquio? Stava
passando dalla padella alla brace?
Una volta arrivato l'ascensore le fece segno di entrare.
L’ascensore saliva lentamente facendo ammirare ai due
presenti il panorama esterno. Tuttavia Tifa non riuscì a
rilassarsi e continuò a stare in quello stato di allerta.
Odiò ammettere che quel silenzio la stava mettendo in un
insopportabile imbarazzo.
Dleeeen…
L’ascensore finalmente si aprì. Erano arrivati.
Rufus si avviò verso il suo ufficio assicurandosi che la
ragazza fosse dietro di lui. Tifa fece appena in tempo ad accorgersi di
essere ai ben curati ultimi piani che già si
ritrovò davanti alla porta con su scritto “
Rufus Shinra”.
Il ragazzo fece entrare Tifa per prima, poi si inoltrò verso
l’interno della stanza per alzare un po’ le
persiane e far entrare luce.
Tifa dedusse che anche lui fosse appena arrivato.
Si sedette sulla poltrona di fronte alla scrivania principale e
cominciò a guardarsi attorno.
A differenza dell’ufficio di Scarlett, quello di Rufus era
moderno, pulito, ordinato e abbastanza spazioso.
Sostanzialmente l’ufficio era composto da due scrivanie in
granito nero di cui la sua personale più grande. Erano
entrambe dotate di computer modernissimi e vari utensili, tipici degli
uffici, dall'aria costosa: tagliacarte, agende in pelle, stampanti,
fax…
Vi erano anche piccoli oggetti di antiquariato per lo più in
argento che impreziosivano l'ambiente.
Una sorta di biblioteca occupava una porzione della parete. Tifa
intuì contenesse per lo più archivi, ma non ne
era certa.
Esaminando il pavimento di linoleum nero, vide una branda rossiccia.
Sembrava la postazione per un animale. Le sembrava che Rufus ne
possedesse uno, ma non se lo ricordava bene. In ogni caso, sembrava che
non ci fosse.
Ritornò a guardare la scrivania principale.
Alle spalle di essa vi era una grande vetrata. Unica fonte di luce del
luogo.
Il tutto era caratterizzato da tinte prevalentemente bianche e nere.
Come lo stesso Rufus, del resto.
Osservò Rufus prendere posto di fronte a lei, al di la della
scrivania.
Compose, noncurante, un numero di telefono e pronunciò poche
parole per poi riagganciare in pochi secondi.
Si sistemò il colletto della camicia e finalmente fu al
servizio di Tifa.
Subito la bruna gli allungò il curriculum.
Non sapeva che dirgli e non si aspettava un comportamento tanto diverso
da Scarlett.
“Uhm…” buttò un occhio sul
curriculum, ma lo lasciò perdere. Al contrario
sembrò scrutare Tifa, la quale non tardò ad
accorgersene.
“Tifa Lockheart, giusto? Non ricordavo di te se non
vagamente.”
“…ah, bene." disse lei con sarcasmo. "Comunque
sono qui per far approvare i miei progetti. Sono stesso in quella
cartellina. Me ne ha parlato Reno e ho pensato che fosse interessante
dopo tutto.”
“uhm…sì.”
Tifa ancora una volta sentì di non avere le attenzioni che
sperava, tuttavia continuò a parlare e ad esternare il
colloquio che aveva programmato di mandare avanti.
Ad un certo punto, Rufus alzò nuovamente la cornetta del
telefono al che Tifa smise di parlare.
Lui si accorse dello sguardo ormai rassegnato della ragazza e,
incastrando il telefono tra la spalla ed il collo, dal cassetto
estrasse dei moduli che le allungò.
“Tieni. Devi solo compilarli e firmarli. Per quanto mi
riguarda, sei assunta.”
“Che cosa..?!”
“Ripresentati tra tre giorni e ti farò trovare un
tuo spazio di lavoro.”
Riprese a parlare a telefono lasciando la ragazza senza parole.
Assunta…?
Così? Ma le avrà almeno lette le carte o sono io
che non me ne sono nemmeno accorta..??
Rimase senza parole, smarrita. Non era nemmeno certa di aver capito
bene, ma lui era stato chiaro: l'aveva assunta.
Gli fece un leggerissimo cenno di saluto e andò via.
Tre
giorni…chissà come sarà? E Cloud? Mi
avrà aspettata?
Nonostante la perplessità, si sforzò di trarre
solo l’esito della vicenda: era stata assunta e
ciò significava che era solo l’inizio. Non vedeva
l’ora di cominciare i lavori alla chiesa.
[…]
La notte trascorse in fretta a differenza dei precedenti due giorni che
sembravano non voler passare.
Si guardò un’ultima volta nello specchietto di
un’auto a caso lì parcheggiata prima di solcare le
porte automatiche dell’azienda.
Inizialmente piena di sé, più avanzava lungo i
corridoi sempre puliti e splendenti, più aumentava dentro di
lei un senso di inadeguatezza.
Era come essere entrata in un mondo tutto nuovo che non
l’apparteneva minimamente.
Il posto era già pieno di dipendenti più o meno
tra i trenta e i quarant’anni, tutta gente che non sapeva di
niente.
Visi inespressivi e volti rivolti volutamente al vuoto. Tifa
trovò assurdo notare a quanto somigliassero a dei robot.
In quel momento, imboccando un’ala diversa,
rifletté che doveva essere proprio lei una delle
più giovani dipendenti presenti su quel piano.
Si voltò verso sinistra e decise di proseguire da quella
parte, poi si accorse di essere già passata per quella
strada.
Girò un angolo e si ritrovò dinanzi
all’ennesimo corridoio.
“…e che cazzo! Dove sono? Possibile che si ci
possa perdere così solo al primo piano?” Si
guardò attorno. “Ma dove devo andare..? Shinra non
me l’ha mica detto.”
Sentendosi stupida nel girare senza meta come una turista,
cercò di girarsi intorno nel tentativo di incrociare lo
sguardo di qualcuno per chiedere informazioni anche se, a dir la
verità, si aspettava che avessero delegato qualcuno ad
accoglierla.
Continuò a camminare sperando di indovinare la strada
giusta.
Si ritrovò così a ciondolare per tutto
l’edificio senza sapere cosa fare sentendosi sempre
più nervosa. Non si ci comportava così!
[…]
Uff…mi da
così fastidio, però non posso fare
diversamente…
Bussò alla porta.
“Ehm, posso?”
Tifa entrò nell’ufficio con su scritto ‘
Scarlett’
prima di ricevere il consenso. Scarlett levò via gli
occhialini e guardò Tifa quasi con ribrezzo, però
non disse nulla.
“Beh, benvenuta Lockheart.”
“La farò breve. Non so dove diavolo devo andare
perché qui nessuno si è preso il fastidio di
dirmelo! Quindi sono venuta qui perché non sapevo
più che fare!”
Scarlett si alzò e si avvicinò a Tifa per aprire
la porta.
“Il tuo ufficio si trova nell’altra ala del terzo
piano. Quindi è qui, ma nell’esatto versante
opposto.”
“Io ho controllato le targhette di tutte le porte! Come
potevo capirlo…che disorganizzazione.”
“Ora lo sai! D’ora in poi ciò che fai
non mi riguarda.”
Quasi cacciata via, Tifa fu subito fuori dall’ufficio di
Scarlett e si sentì più furente di prima, ma
trovò inutile polemizzare ulteriormente con lei dunque
si limitò ad andare nella direzione indicatole.
Bussò, con imbarazzo, a quasi tutte le porte di
quell’ala e, trovando solo una stanza libera, dedusse che
quello fosse il suo ufficio.
Caspita…l’aveva preso addirittura per un
ripostiglio tanto che era buio e disordinato.
Aprì meglio la porta cercando di orientarsi e ciò
che vide fu:
polvere, scatoloni pieni di cianfrusaglie sopra altri scatoloni con
altrettante cianfrusaglie. Scartoffie infilate in quasi tutti gli
angoli della scrivania.
Un nauseante odore di chiuso. Il tutto accompagnato da un buio che dava
un senso di oppressione.
A differenza degli altri che aveva visto, il suo era un vero e proprio
sgabuzzino improvvisato ufficio per lei.
Era sull’orlo dell’esasperazione e ciò
che prima era un senso di smarrimento, ora era diventata rabbia. Che
intenzioni avevano?
Si sedette sulla sedia posta dietro quella che doveva essere una
scrivania ed incrociò le braccia nervosa.
Se pensavano di prenderla in giro ancora per molto, si sbagliavano di
grosso. Sarebbe rimasta lì ferma finché qualcuno
non le avesse dato il dovuto rispetto.
…peccato solo che nessuno fece a caso a lei né
che fosse lì immobile già da tre quarti
d’ora.
“Com’è che nessuno mi cerca? Qual
è il mio lavoro? Nessuno mi aspettava quindi..??”
Si alzò e cominciò a camminare per i corridoi
senza una meta ben precisa.
Sentiva che non era giusto e NON lo era!
Aveva ancora i progetti nella borsa e già aveva capito che
li sarebbero rimasti. Cloud aveva ragione, era stata una perdita di
tempo, ma non l’avrebbero passata liscia così!
Era un membro AVALANCHE, le stavano a cuore le sorti del pianeta, per
questo era lì! E loro l’avevano ridicolizzata
così? Prima illudendola mostrandosi interessati, poi
sistemandola dentro uno sgabuzzino? Si ritrovò nelle
vicinanze dell’ingresso.
Fortuna fu che a solcare le porte fosse proprio Rufus Shinra.
“Tu!”
Rufus si girò ingenuamente. Non si aspettava nemmeno che
quel ‘Tu!’ fosse riferito a lui che era il
presidente.
“Si può sapere cosa frulla nella testa di tutti
quanti?? Vengo senza sapere dove cazzo andare, giro per più
di un’ora per tutto l’edificio e nessuno sembra
importarsene. Trovo l’ufficio quasi per caso che sembra
più un buco abbandonato di un topo! Non solo! Ho perso tutta
la mattinata e non ho fatto NULLA! Non so nemmeno che carica mi hai
dato!! A CHI devo dare questi fogli! Ma perché non
rispondi?!?”
Rufus rimase immobile guardandola con un’espressione
indescrivibile, ma sicuramente perplessa.
A differenza del tono alto e aggressivo di Tifa, lui si
rivelò calmo e pacato.
“Hai parlato solo tu. Ad ogni modo…”
guardò l’orologio “…sono le
undici e tre minuti, dunque non è passata tutta la
mattinata. Solo due ore e ne hai davanti
altre…cinque.”
Tifa si esasperò.
“Porca miseria!! Che c’entra?? Non è
questo il punto!”
“…abbassa la voce. Ti aspettavi che ti avrebbero
accolto con fiori e tappeti rossi? Beh, la realtà
è diversa.”
“Possibile che nessuno capisca?? Non so nemmeno cosa devo
fare!” parlò con un tono più contenuto.
“Almeno dimmelo tu! Che devo fare?”
“Niente.”
Ci fu un attimo di silenzio dopodichè Rufus le diede le
spalle e fece per raggiungere l’ascensore.
“Cosa significa…niente?”
Il biondo si girò.
“Esattamente quello che ho detto. Volevi una risposta?
Eccola. Guadagna fino ad arrivare alla cifra che ti serve, intanto fa
ciò che credi sia più opportuno.”
Chiuse la discussione e se ne andò via definitivamente. Tifa
guardò la sua lunga giacca bianca ondeggiare ad ogni suo
passo, poi recuperò la lucidità per ragionare.
“Ma cosa significa tutto questo..?”
[…]
Io sono venuta qui per
tentare di fare qualcosa…sono venuta per far conoscere i
reali problemi dei bassifondi…
Guardò fuori la finestra con distrazione e ciò
che vedeva non erano altro che le sue incertezze.
Era pomeriggio inoltrato, ma il sole batteva ancora tenue.
Prese i fogli in mano. Oramai erano divenuti parecchi, avrebbe dovuto
comprare una borsa più grande.
Si affacciò nuovamente alla finestra.
…persino Reno
aveva detto che le mie erano ‘belle parole’.
Difficili da realizzare, ma rappresentavano pur sempre un inizio, una
sorta di speranza.
Forse, anche lui credeva
in quelle parole!
“Probabilmente
anche a loro sta a cuore ristrutturare Edge…”
è questo
quello che pensai quel giorno e vuoi per una cosa e vuoi per
un’altra… alla fine mi sono lasciata coinvolgere.
L’idea mi
stava piacendo per davvero!!
Poi… il
giorno del colloquio…
Uhm…capisco
che Shinra mi abbia aiutato…però non mi
farò mettere i piedi in testa! Nemmeno da lui!
Guadagnare…?
Io non sono qui per guadagnare!!
Cosa credono?? Che sono
la povera barista di periferia che ha bisogno dell’elemosina??
Già, deve
essere proprio così!! È questo quello che
credono! Credono di potermi fare l’elemosina!
Tanto per
loro…firmare assegni è cosa da poco.
Non hanno capito che io
cerco cose concrete! Loro mi servono per questo. Non ho bisogno dei
loro soldi. Io ho bisogno di qualcuno che riesca a far diventare
realtà un qualcosa di cui davvero la popolazione ha bisogno!
Loro hanno il potere per
farlo, è questo il loro asso nella manica. Ma non
indugerò.
Si alzò di colpo e cominciò a camminare avanti ed
indietro.
Con il denaro sono
convinti che la gente penda dalle loro labbra e che siano, dunque, solo
delle prede più facili.
Rufus poi…
quello non ha capito proprio niente! Non mi importa! Mi serve per
raggiungere i miei scopi.
In fin dei conti farebbe
comodo anche lui fare qualcosa di buono per Midgar, una buona volta.
“Buonasera, Tifa!”
Tifa non ebbe bisogno di alzare gli occhi e vedere chi fosse. Quella
voce allegra, soave e femminile era distinguibile anche tra mille.
“Ciao, Aerith.”
Aerith le si avvicinò col sorriso sulle labbra e si
poggiò delicatamente al bancone in ciliegio. Era sempre
impeccabile e bella. Certe volte Tifa si chiedeva come facesse a
sembrare sempre così fastidiosamente perfetta ogni giorno e
a tutte le ore.
Gli occhi ridenti, i lunghi e lucenti capelli legati nella sua solita
treccia, il leggero abito rosa…
Aerith era tutto ciò che lei non era.
Inconsciamente cominciò a confrontare le loro figure
così contrastanti.
Tifa leggermente in disordine, vestiti ordinari, solitamente sul bianco
e nero, massimo blu o marrone.
Capelli lisci, non acconciati salvo la frangia pettinata di lato. Il
suo viso era pulito e decisamente più naturale di Aerith che
invece era ben truccata, con un ombretto rosa chiaro, gli occhioni
color acquamarina, il mascara che accentuava le ciglia, un lucido
chiaro molto leggero ma che esaltava perfettamente la forma delle sue
labbra, un tocco di fard sulle gote.
L’abito rigorosamente rosa o comunque un colore vivace.
Piccoli accessori che impreziosivano l’abbigliamento, una
giacca carina e…ecco Aerith pronta per uscire.
Lei non avrebbe potuto mai essere come lei.
Non avrebbe mai dedicato un’ora intera solo al trucco e per
uscire solo con i suoi amici.
Non sceglieva così accuratamente i capi del suo vestiario.
Non usava colori così sgargianti che non potevano di certo
farla passare inosservata.
“Ancora non hai chiuso? Pensavo che adesso avessi un altro
lavoro.”
La bruna rise sarcasticamente.
“Sì, certo..! se QUELLO si può definire
‘lavoro’.”
Aerith la guardò incerta non capendo la posizione di Tifa.
“…ma cosa è successo? Perché
hai quell’espressione triste?”
La ragazza uscì da dietro il bancone e prese a passare la
scopa per il bar, in realtà con una totale noncuranza.
“Niente.”
“…niente?”
“Esatto. Il mio lavoro lì è non fare
niente. Mi hanno dato uno sgabuzzino dove potermi rintanare, giusto per
tenermi da qualche parte…come le scope, sai? Se le cerchi
devi sapere dove andare.” Stava cominciando a sfregare
più forte con la scopa. “…stesso il
grande capo mi ha dato questo incarico. Mi ha assunta di persona, pensa
un po’.” Guardò Aerith che aveva una
espressione molto perplessa. Ridacchiò appena, divertita
dalle sue stesse parole, ma ritornò seria.
“Facendola breve mi stanno facendo
l’elemosina.”
“Tifa…infondo sei entrata lì da
poco.” cercò di rincuorarla, ma Tifa la
fermò subito.
“Sto lì da quattro giorni e non so quanto ancora
reggerò! Giuro che, se non avessi un po’ di
autocontrollo, mi sarei già messa ad urlare!”
Aerith non sapeva che dire e dopo aver balbettato un po’, si
rese conto che in effetti non c’era proprio niente da dire.
Si sentì in imbarazzo. Alzò gli occhi color
smeraldo e vide Tifa che oramai si stava lamentando da sola.
Anche Tifa, ad un certo momento, non trovò più
parole e le due rimasero in silenzio per qualche istante.
Aerith, improvvisamente si illuminò.
“Allora fa del tuo meglio!”
“Che..?”
Tifa la guardò scettica.
“Fa del tuo meglio! Il tuo lavoro è una schifezza,
una vera ingiustizia che quegli stronzi non si dovevano permettere di
darti. È chiaro che si stiano prendendo gioco di te e invece
non si rendono conto che tu potresti essere di aiuto!”
La ragazza non aveva mai visto l’amica parlare con tanta
schiettezza. Aerith le si avvicinò e le afferrò
le mani.
“Fa schifo e sarebbe meglio lasciarlo difendendo la propria
dignità, ma questo è quello che loro si aspettano
da te. Ebbene…l’unica cosa che mi sento di dirti
è di fare al meglio questo lavoro da schifo. Non
so…magari ti rendi utile per qualcuno, sbrighi qualche
faccenda, ma non dargliela vinta! Se vali, qualcuno lo
noterà.”
“Aerith…” Tifa la guardò.
Sentì che era davvero convinta di quello che diceva.
“Uhm…sai che ti dico? Hai ragione. Loro si
aspettano che io rinunci e invece io…resterò! Per
quei bambini.”
“yes! Questo è lo spirito giusto!”
Tifa sorrise e si sentì meglio. Decisamente meglio.
“…ehi, Non ti avevo mai vista parlare
così! Tu non usi mai parole come
‘schifo’ o
‘stronzo’..!”
“Eh, eh..!! Volevo dare questa impressione! Davanti a te e a
Cloud sembro sempre così innocente!”
“ innocente, eh?? Direi solo prima che apri
bocca!” Un altro sguardo e scoppiarono entrambe a
ridere.
“Che razza di discorso è..? Mah.”
Tifa si girò sorpresa di sentire la voce di Cloud.
Stava seduto su uno dei tavoli in legno e le guardava con distrazione.
“Cloud! Da quanto sei qui?”
“Ma come, non l’hai visto? Siamo entrati
insieme!” intervenne Aerith.
“Ah? N-no, non l’avevo visto…”
In verità, ci rimase un po’ male. Non
c’era un motivo particolare, ma immaginare che, per essere
entrati insieme, voleva dire che si erano incontrati prima, la
lasciò…
Lasciamo stare! Non posso innervosirmi con i miei migliori amici per
una stupidaggine simile!
Aerith è stata così carina con me…non
posso mettere il broncio.
Osservò la vivace ragazza allacciarsi al braccio di Cloud.
Tifa non era persona da prendersela per un cosa del genere,
ma….Cloud non dava mai segni di preferenza verso un tipo di
atteggiamento.
Da un lato questo non era un bene, ma meglio che un palese disapprovo.
Lei non avrebbe mai potuto accettare un rifiuto da parte di Cloud.
Tuttavia le diede fastidio vedere che lui non si divincolasse in nessun
modo.
Certo
che…cazzo, Aerith gli si avvicina così e lui?
Niente.
Io rimango qui ad
osservarlo e lui…niente.
Possibile che non sia
mai chiaro?
Mi avvicino io e lui
sembra star bene, ma la stessa cosa accade con lei.
Cosa devo dedurre?
Ci sta provando con
entrambe oppure con nessuna delle due..?
Io non riesco ad essere
come Aerith, non capisci, Cloud? Io ti sto aspettando. Non ti
sto pretendendo, ma aspetto solo un tuo segno.
Non mi piace che riservi
lo stesso comportamento ad entrambe.
Dopotutto, noi ci
conosciamo fin da piccoli, non è giusto nei miei riguardi.
So che non è
così. Me lo hai dimostrato più di una volta.
Tuttavia non riesco ancora a capirti. Cosa sono io per te..? Mi
desideri almeno un po’?
Si ritrovò a ragionare sul fatto che lei e Cloud non
è che si conoscessero proprio dall’infanzia. Erano
cresciuti nello stesso paese, questo sì, ma non era una vera
e propria amicizia. Alla fine tutto era cominciato lì, sul
quel pozzo. Esattamente otto anni prima.
Otto
anni…già…
“Tifa?”
La ragazza, a quel richiamo, annuì e si avvicinò
ai due.
Prima o poi avrebbe trovato il coraggio, ma era giusto dare tempo al
tempo e a Cloud avrebbe donato volentieri tutto il suo!
Così sorrise di nuovo e riprese a pulire il locale
chiacchierando con loro per tutta la serata.
[…]
PS: Perdonate
l’inserimento di Scarlett in questo primo capitolo. Il motivo
della sua presenza è che ci tenevo che Tifa sostenesse il
colloquio con una donna particolarmente irritante e giacché
avrei dovuto inventare un personaggio che le sarebbe andata a
rassomigliare, ho preferito inserire un qualcuno che i fan
già conoscessero e Scarlett mi sembrava perfetta.
Il capitolo è
abbastanza descrittivo poiché era importante per me dare fin
dal primo capitolo un quadro della situazione più completo
possibile. Tifa vuole far qualcosa per migliorare Edge e prende di buon
grado la proposta di Reno. La ragazza però non si sente a
proprio agio in un’azienda simile (come potrebbe?) inoltre
l’accoglienza non è delle migliori dato che
nessuno sembra aver capito perché è lì
e non sembra abbiano voglia di saperlo. Questo non facilita la
situazione già così assurda di suo. Ecco, ci
tenevo a soffermarmi su questi punti e di delinearli da subito in modo
da essere più immediata dopo.
.