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MY WORLD
Bugie e segreti
Il
culmine del piacere giunse proprio in quel momento. Il suo corpo ebbe
un ultimo fremito di diletto prima che il resto del mondo cominciasse a
solleticare i suoi sensi. La realtà tornò lenta e
rumorosa, riportandola con i piedi per terra.
Quando si lasciò cadere sul materasso si accorse che la sua
pelle era bollente, nonostante il freddo invernale di metà
dicembre. In contrasto, la collanina dorata che portava al collo le
diede un fremito quando toccò la cute. Il ciondolo attaccato
alla catenina, una piccola sfera di colore arancione nella quale era
incastonata una stellina rossa, le ricadde tra i seni.
Si voltò al suo fianco, per cercare il suo amante. Anche lui
si era sdraiato sul letto, osservando il soffitto della stanza. Fuori
il cielo si era schiarito dalle nuvole nere che avevano portato la neve
nei giorni precedenti e in quella giornata il sole riusciva timidamente
a risplendere. I suoi raggi entrarono dalla finestra illuminando il
corpo dell'uomo che le stava accanto e Bulma poté notare il
sudore sul petto atletico di lui.
Si avvicinò, appoggiandogli la testa sulla spalla. Lo
costrinse a circondarla con un braccio che lei si sistemò
come se fosse una coperta. Lui non disse nulla, la lasciò
fare senza aprire bocca.
Se avesse potuto esprimere un desiderio avrebbe voluto che quel momento
non finisse mai, ma la magia non esiste e quando la realtà
bussa alla porta non sempre è possibile fingere di non
vedere.
La suoneria del suo cellulare rimbombò rumorosa nella stanza
altrimenti silenziosa. Bulma l'avrebbe volentieri ignorata, se non
avesse riconosciuto la tonalità che aveva impostato per
essere quella esclusiva di sua madre.
I suoi occhi azzurri si fissarono sulla sveglia posta sul comodino dal
lato in cui era sdraiato lui. Si accorse che era tardi e non le parve
una buona idea non rispondere alla chiamata, correndo l'inutile rischio
di farla insospettire.
Bulma balzò giù dal letto alla ricerca della
giacca che faceva parte della sua divisa, consapevole che il telefono
si trovava in una delle tasche. “Ciao mamma”
salutò subito appena riuscì a rinvenirlo.
Ascoltò la risposta “No, sono ancora a
scuola” mentì “Sono rimasta a studiare
con gli altri” aggiunse mentre i suoi occhi cercarono il
motivo delle sue calunnie.
Vegeta si alzò dal letto in silenzio, ignaro che lei non lo
stava perdendo di vista per un secondo. Impegnato nella ricerca di un
paio pulito di boxer non si accorse che Bulma avrebbe voluto fermarlo
per ordinargli di tornare a sdraiarsi sul materasso nudo com'era.
Fu davvero difficile concentrarsi per ascoltare le istruzioni che le
venivano date e per poco si dimenticò che sua madre l'aveva
appena informata che sarebbe tornata a casa entro una mezz'ora.
Recuperati un paio di pantaloni e una maglietta, Vegeta uscì
dalla stanza, percorse il corridoio e raggiunse il bagno senza tuttavia
premurarsi di chiudere nessuna delle porte.
“O... k allora ci vediamo a casa” disse infine
Bulma, quando lui uscì dalla sua visuale. A dire il vero si
stava facendo tardi, e se voleva rendere credibile la sua storia e
fosse davvero
rimasta a scuola con i suoi amici, quella sarebbe stata
l'ora in cui tutti dovevano rincasare. Bulma abitava a poche fermate
d'autobus dalla scuola, ma alcuni degli altri non erano così
fortunati e quando capitava di rimanere nella biblioteca scolastica si
salutavano sempre verso la stessa ora. “Sto andando a
prendere la bici proprio ora” un'altra menzogna. Era
diventata molto brava a raccontare bugie, ultimamente.
Vegeta riapparve, ora vestito, pochi istanti dopo il termine della
telefonata. Anche Bulma aveva cominciato a recuperare i pezzi della sua
divisa scolastica che aveva lasciato in giro per la camera da letto.
Vedendola cercare le parti mancanti, fu lui e raccoglierle la camicia
sulla quale era stampato lo stemma del liceo privato che la ragazza
frequentava. Lo aggiunse con le altre cose sistemate sul letto.
Bulma si voltò a guardarlo infilarsi una felpa. Lo
fissò per un momento, “Stai andando a
lavoro?” gli domandò “Hn”
rispose lui. Vegeta non era una persona di molte parole e Bulma aveva
imparato ad accontentarsi di questi brevi suoni che
sostituivano intere
frasi.
Vegeta la baciò per un istante che le parve eterno e sempre
troppo breve. “Chiudi la porta quando esci” le
disse prima di voltarsi verso l’ingresso. Bulma gli
afferrò l'orlo della felpa, “Promettimi che mi
scriverai quando finisci” lui la guardò
aggrottando le sopracciglia “Chiudiamo tardi, tu dovresti
già essere a letto a quell'ora” le
ricordò. Lei mise il broncio “Non importa! Voglio
la buona notte, Vegeta! Promettimelo!”.
La guardò con un'espressione adirata per un attimo, poi
sbuffò. “Sei una rompiscatole”
brontolò e solo allora Bulma lo lasciò andare,
consapevole che quello era il suo modo di assentire.
***
L'appartamento
di Vegeta era situato sopra il magazzino del locale, doveva solo
scendere una breve rampa di scale per entrare nel cortile circondato da
un cancello, generalmente lasciato aperto per lasciar libero il
passaggio allo scarico merci, e da alcune siepi dietro la quale Bulma
era solita nascondere la propria bicicletta.
Il terreno era ricoperto da uno strato di neve che stava ormai
scomparendo. Il tempo era decisamente migliorato rispetto a pochi
giorni prima e, alzando gli occhi al cielo, le nuvole erano scomparse.
Almeno per il momento non avrebbe più nevicato.
Non si poteva mai essere troppo sicuri tuttavia e Vegeta decise che era
una buona idea spostare la propria moto sotto una tettoia all'interno
del cortile, essendo stato costretto a parcheggiare allo scoperto a
causa di un camion che stava recapitando un ordine e che ora si era
allontanato.
Era una vecchia motocicletta che andava solo quando ne aveva voglia.
Vegeta stava perdendo la pazienza con lei, ma al momento non aveva la
possibilità di comprarne una nuova. Messo al riparo il
motociclo, aprì la porta sul retro del magazzino e si
diresse
verso l'entrata del bar.
Era tardo pomeriggio, un orario in cui i clienti erano pochi,
nonostante ciò il co-proprietario del locale era di servizio
dietro il bancone. “Dove cavolo sei stato, Vegeta?”
brontolò questi quando lo vide arrivare, “Sta
zitto
Nappa” tagliò corto l’altro.
Era inutile discutere con lui, era sparito senza dire una parola ed era
ricomparso allo stesso modo. Quando non aveva voglia di parlare, che
era la maggior parte delle volte, Vegeta era una cassaforte fatta di
segreti.
Tuttavia Nappa si stava innervosendo! Erano un paio di mesi che Vegeta
spariva senza spiegazione alcuna saltando costantemente il turno
pomeridiano al bar. Sarà anche stato l'orario più
tranquillo della giornata, ma c'era sempre molto lavoro da fare dietro le quinte.
Stava cominciando ad insospettirsi, se doveva essere sincero. Vegeta
stava sicuramente nascondendo qualcosa, anche se ancora non sapeva cosa.
***
Aveva
raccontato a sua madre che stava tornando a casa, prima di chiudere la
telefonata. Non che questo fosse troppo distante dalla
realtà,
dopotutto si era precipitata dopo essersi resa presentabile. C'era solo
un unico problema, l'appartamento di Vegeta distava quasi il doppio
rispetto alla scuola, pertanto Bulma avrebbe impiegato altrettanto
tempo a rincasare. Doveva quindi battere la madre sul tempo, e se aveva
fatto i conti correttamente sarebbe riuscita nell'impresa.
Nonostante la sua sicurezza in fatto di tempistiche, tirò
comunque un sospiro di sollievo quando si accorse che la macchina non
era parcheggiata davanti al viale.
Rimediato a quella bugia doveva fare i conti con la seconda, sulla
quale non poteva
permettersi
di transigere. Mentendo a tutti, amici e genitori, aveva raccontato che
avrebbe studiato per tutto il pomeriggio. La realtà era che
non
aveva aperto un singolo libro avendo passato tutto il tempo con un uomo
sette anni più grande di lei senza rivelare a nessuno della
sua
esistenza.
La sua relazione con Vegeta era un segreto.
Arrivata a casa si precipitò in camera per studiare
matematica.
Non poteva prendere un brutto voto al compito in classe di domani, i
suoi risultati scolastici dovevano essere perfetti. E pur di
mantenerli tali avrebbe studiato fino a notte tarda.
“Bulma aiutami a mettere via la spesa” disse la
voce di sua
madre che giunse dalle scale. Costretta ad abbandonare i suoi propositi
di studio, la ragazza dovette uscire dalla propria camera.
Tornò
al piano inferiore per dare una mano portando i sacchetti in cucina e
cominciando a svuotarli.
“Com'è andato lo studio con i tuoi
amici?” le domandò allegra la donna, “Ho appena
incominciato”
pensò tra sé Bulma, “Bene” le
rispose
afferrando un pacchetto di patatine che ripose su uno scaffale in alto
nel mobile contenente snack di ogni sorta “Ma vorrei studiare
un
altro po'” aggiunse frettolosa per giustificare il fatto che
non
avrebbe fatto altro per il resto della giornata.
Panchy estrasse delle verdure fresche e le ripose in frigo,
“Non
esagerare cara, se hai studiato tutto il pomeriggio dovresti rilassarti
un po' prima di andare a dormire” suggerì alla
figlia,
“I tuoi voti sono ottimi” “S...
sì, ma vorrei
ripassare ancora alcune cose” mormorò Bulma
cercando di
restare sul vago.
La sua mano s'infilò in uno dei sacchetti estraendone un
pacchetto di biscotti, una confezione di cereali e un succo di frutta.
Li poggiò sul tavolo uno ad uno, soffermandosi ad osservarli.
Sua madre stava parlando, ma per un istante non le diede molto retta
“Ehi, mamma, questi non sono i cereali che prendiamo di
solito” le indicò. Panchy si voltò
osservando la
scatola senza notare nessuna differenza. “Cosa c'è
che non
va?” le domandò, la figlia le indicò il
disegno sul
cartone “Sono la solita marca, ma questi hanno l'uva
sultanina” le fece notare “Lo sai che non mi
piace”
brontolò come una mocciosa mettendo il broncio. La donna
alzò le spalle “Oh beh”
minimizzò
“Appena posso andrò a comprare quelli che ti
piacciono” le promise.
Un po' contrariata, Bulma mise la confezione insieme alle altre
nell'apposito scomparto del mobile.
“Stavo dicendo, Bulma” riprese Panchy,
“Si hanno
notizie sulla borsa di studio?” le domandò. Dopo
aver
riposto anche l'ultimo oggetto pescato dall'interno della borsa, Bulma
si voltò verso sua madre “Non ancora, mi hanno
detto che
si saprà ad inizio gennaio” le ricordò.
La donna
giunse i palmi della mani “Oh, ci siamo quasi”
cinguettò allegra.
Bulma era un po' nervosa per l'intera faccenda, aveva lavorato sodo
anche solo per poter fare richiesta all'università.
Era una facoltà molto influente ed era difficile entrare.
Ogni
anno selezionavano i più bravi nell'intero paese, alla quale
veniva data una prestigiosa borsa di studio e solo ad essi era concesso
entrare senza il test d'ingresso che si teneva nei mesi estivi. Bulma
voleva ad ogni costo quel privilegio, essendo un ateneo oneroso. Questo
avrebbe permesso ai suoi genitori di non svenarsi economicamente pur di
farle ottenere la laurea dei suoi sogni.
Voleva studiare ingegneria e voleva farlo nell'istituto che aveva
frequentato anche suo padre. Per fare ciò doveva prima
prendere
un buon voto nel compito di matematica di domani e quindi doveva
mettersi a studiare.
CONTINUA…
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