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MY WORLD
Un intelletto senza pari
Il
compito in classe non era stato troppo complicato, anche se non avesse
passato la notte a studiare fino alle tre. Sapeva di aver fatto bene e
si sentì fiduciosa delle sue capacità. Erano
almeno venti minuti che aveva già consegnato al professore
il suo test.
Il suono della campanella decretò la fine della lezione e
l'inizio dell'intervallo. I suoi compagni di classe si affrettarono a
scrivere le ultime note prima che i fogli venissero sottratti sotto i
loro nasi.
Crilin, seduto al banco di fronte a lei, si voltò l'istante
esatto in cui l'insegnante ritirò il suo compito.
“Dimmi che la risposta alla terza equazione era
cinque” la implorò, sapendo che se lì
c'era qualcuno che aveva le risposte esatte a tutti i questi, quella
era Bulma.
“Ti avevo detto che era otto” lo
rimproverò Lazuli seduta con le spalle appoggiate alla
parete dietro il tavolo alla sinistra del suo ragazzo. Crilin la
guardò per un attimo con disappunto. Lei aveva cercato di
suggerirgli le risposte esatte per tutto il tempo, ma in
metà dei casi non era riuscito a sentire, mentre nell'altra
metà avevano rischiato di farsi beccare.
L'amico tornò a guardarla con un'ultima flebile speranza, ma
Bulma alzò le spalle “Mi dispiace, Crilin, ha
ragione lei” confermò. Lui sospirò
rassegnato “Oh” bisbigliò.
“Beh, un altro compito in classe nella quale ho preso un
pessimo voto” s'introdusse Yamcha, che si era fatto largo dai
banchi in prima fila, dov'era stato spostato per punirlo dopo essere
stato scoperto a copiare una volta di troppo. “Dimmi almeno
che ne hai fatta una giusta” si augurò Bulma, per
tutta risposta lui si portò le mani dietro la nuca
“Probabilmente no” dedusse noncurante.
Yamcha lasciò cadere il proprio astuccio sul banco che
occupava di solito, dietro Lazuli e accanto a Bulma, “Non
importa... piuttosto chi viene con me alle macchinette? Io avrei un po'
di fame” suggerì lui. Le due ragazze si
scambiarono uno sguardo. Lazuli si alzò ed
afferrò la mano di Crilin, costringendolo a sollevarsi dalla
sedia “Tanto vale andare tutti” disse cercando
d'incoraggiare il ragazzo ancora sconfortato dall'idea che i suoi voti
in matematica stavano peggiorando.
Anche Bulma decise di alzarsi, “D'accordo” disse
afferrando il cellulare che aveva nascosto nella giacca della divisa.
Non aveva ricevuto alcun messaggio nuovo, appurò dopo aver
verificato.
Vegeta era stato di parole, la notte precedente. Alle quattro in punto
le aveva scritto un breve messaggio alla quale lei aveva replicato
appena si era alzata quella mattina. Di lui non c'era ancora segno
tuttavia.
Non che si aspettasse qualcosa di complicato, Vegeta aveva un modo di
scrivere estremamente sintetico. Si trattava perlopiù di
brevi frasi o di singole parole, ma a lei bastavano. A ben pensarci
però, erano ancora le dieci del mattino, forse lui non si
era ancora svegliato.
Il gruppetto si ritrovò ben presto in fila per arrivare ai
distributori automatici in attesa del loro turno che per fortuna
arrivò presto. Yamcha si voltò verso gli altri,
“Bulma, tu vuoi qualcosa?” le domandò
mostrandole una manciata di monete che teneva in mano. Bulma scosse il
capo dopo aver controllato di nuovo il cellulare, “No grazie,
quella roba fa ingrassare” “Non insistere principe
azzurro, alla principessa non interessi” lo prese in giro una
voce alle loro spalle.
Lapis sorseggiò da una bibita che aveva già
ottenuto dalle macchinette, la mano libera nella tasca, e con sguardo
impassibile fissò gli altri uno ad uno,
“Sopravvissuti all'ora di matematica a quanto vedo”
aggiunse poi.
Contrariamente al resto del gruppo, il gemello di Lazuli frequentava
un'altra sezione evitando quindi il test del giorno.
Alla domanda Crilin sospirò ancora affranto e Lapis gli
poggiò una mano sulla testa rasata.
“Andrà meglio la prossima volta
pelatino” gli disse. Si pentì di averlo fatto
quando incrociò lo sguardo glaciale della sorella che lo
costrinse a fare un passo indietro.
“Ehi, dimentichiamoci di queste cose. Siamo liberi questo
pomeriggio, cosa volete fare?” cambiò argomento
Yamcha.
Nella sua mano il cellulare vibrò per un istante. Bulma si
affrettò a dare un'occhiata, ma ne fu subito delusa... non
era Vegeta. Lesse comunque il messaggio.
“Possiamo andare in centro” suggerì
Crilin, risvegliatosi dal suo torpore si voltò verso Lazuli
“Cosa ne pensi?”. Lei gli regalò un
lieve sorriso, “Se è quello che vuoi”
stabilì. Lapis fece spallucce “Beh immagino che
vada bene” disse senza suonare troppo convincente, mentre
l'altro ragazzo annuì col capo.
In seguito Yamcha si rivolse a Bulma, “Tu?” le
domandò. Lei sollevò il capo dal suo cellulare,
“Cosa? Ah... no mi dispiace io non posso. Mi ha appena
scritto mia sorella e mi ha chiesto se posso passare da lei
oggi” spiegò digitando la risposta sulla tastiera
del telefonino.
***
Sua
sorella maggiore Tights abitava in periferia, dove gli affitti per gli
appartamenti non erano troppo costosi, tanto da permettere ad una
giovane aspirante giornalista di lavorare in un piccolo giornale locale.
Il problema, per Bulma, era che arrivarci in bicicletta era un'immensa
fatica vista la distanza da percorrere. Si vedeva quindi costretta a
lasciare il suo bolide alla fermata dell'autobus per farsi mezz'ora
seduta sui mezzi pubblici. Se non altro aveva la possibilità di
scendere proprio davanti al palazzo della sorella senza quindi fare
molta strada.
Quando citofonò alla porta le aprì un giovane ragazzo
mingherlino con indosso l'uniforme della polizia. Lui la squadrò
dal basso verso l'alto, “Ah... sei tu” brontolò in
una tonalità seccata, “Ciao Jaco” replicò
Bulma.
Jaco era il coinquilino e amico di sua sorella. I due erano stati
compagni di classe al liceo ed avevano finito per trovare un accordo
per aiutarsi sul piano economico.
Dividere i costi dell'appartamento consentiva ad entrambi di mantenere
in vita i reciproci stipendi un po' più a lungo, considerando
che nessuno dei due veniva pagato molto.
“Tights, c'è tua sorella!” gridò Jaco
all'interno della casa. La giovane donna si affacciò da una
delle stanze in fondo al piccolo corridoio, “Vieni pure
Bulma” le disse facendole segno di raggiungerla.
Mentre la ragazza si fece strada, Tights guardò il coinquilino,
“Non dovevi andare a lavoro?” gli domandò “Sto
andando” rispose lui infilandosi il berretto d'ordinanza sul capo
prima di uscire e sbattere la porta. “È di cattivo
umore?” le domandò Bulma una volta entrata nella camera da
letto della sorella. Lei alzò le spalle “Non farci caso,
Jaco è sempre di cattivo umore” scherzò.
Bulma si guardò attorno, la camera era abbastanza minimale,
c'era solo lo spazio sufficiente per il letto, l'armadio e una
scrivania che la sorella aveva tappezzato con vari poster per dare un
po' di personalità all'ambiente.
Dopo essersi seduta sul materasso, Tights le indicò il
portatile, “Eccolo, puoi sistemarlo?” le chiese. Bulma
appoggiò il suo zaino scolastico sul pavimento appena fuori
dalla stanza ed appese la giacca della divisa sullo schienale della
sedia. Poi aprì il laptop e cominciò a digitare sui
tasti, “Mh” farfugliò pensierosa.
Con uno squillo il suo cellulare diede il segnale di aver appena
ricevuto un messaggio. Impiegò meno di un secondo ad estrarlo
dalla tasca per poter leggere la missiva.
Vegeta!
Sulle sue labbra si disegnò subito un piccolo sorriso che
riuscì a nascondere alla sorella alla quale dava le spalle. A
malincuore lo informò che non sarebbe riuscita ad andarlo a
trovare quel giorno, ma che le sarebbe mancato e avrebbe pensato a lui.
Stava per poggiare il telefono sulla superficie del tavolo, quando
decise di aggiungere un cuore a completare così la sua risposta.
“Ehi! Sei qui per aggiustare il mio computer, non per
chiacchierare con i tuoi amici” le ricordò Tights,
avendone bisogno... era il suo strumento di lavoro! “Cosa? Ah
sì” si riscosse l'altra che senza pensare toccò il
pendaglio appeso alla collanina che portava al collo.
Il silenzio scese nella stanza, fatta eccezione per il digitare dei
tasti. “Allora, pensi di poterlo fare?” domandò in
apprensione la maggiore. “Non lo so, è un errore che non
conosco” le spiegò.
Bulma non si arrese e la sua lotta con il portatile durò per
diversi minuti ancora, era diventata una questione di principio. Tights
si alzò dal letto e si avvicinò a lei, chinandosi per
vedere lo schermo, “Pensi che papà potrebbe
riuscirci?” le domandò e per quella domanda si
guadagnò un'occhiata di disapprovazione.
Il padre, Dr. Brief, era una sorta di aggiustatutto specializzato nella
riparazione di elettrodomestici più svariati. Possedeva un
piccolo negozio in centro incentrato sul restauro di oggetti non
funzionanti. Non c'era nulla che non fosse in grado di fare.
Nei suoi diciassette anni di vita, Bulma aveva imparato da lui tutto
quello che sapeva sull'arte della meccanica dietro la moderna
tecnologia. Era un mondo che l'affascinava, per questo aveva sempre
voluto seguire la sua strada.
Tuttavia, seppur il genitore fosse capace di ridare nuova vita anche ai
computer, quello era un territorio nella quale lei era nettamente
superiore. Tights lo sapeva, per questo aveva chiamato la sorella prima
del padre.
“Scusa, non volevo offenderti” le disse in risposta allo
sguardo che aveva ricevuto. Bulma tornò al suo lavoro.
“Dovrò fare qualche ricerca per sapere come
ripararlo” decretò infine, ma quella diagnosi non piacque
alla maggiore. “Ho una consegna per domani” si
lamentò. Bulma ci pensò per alcuni secondi, “Mi
è venuta un'idea, se vuoi posso dire alla mamma di venirmi a
prendere e di portarmi il mio vecchio computer. Ti lascio quello mentre
provo a sistemare questo” concluse. “Non sapevo avessi un
nuovo computer” notò Tights, la sorella alzò le
spalle “L'ho comprato alcuni mesi fa con i soldi del mio lavoro
part-time” le rivelò.
CONTINUA…
Dunque, nota per quanto
riguarda alcuni nomi. Come avrete notato ho usato i nomi
“umani” per C17 e C18 (rispettivamente Lapis e
Lazuli).
Ho fatto questa scelta perché mi suonavano più naturali in confronto ai reciproci numeri.
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