- Starai scherzando spero... – commentò Chuuya, il
tono a morirgli in gola mentre un'espressione esterrefatta ne deformava
i contorni del viso, le labbra strette in una piega insofferente,
- Purtroppo no – ammise Akutagawa, all'apparenza per nulla
turbato dalla questione che tanto allarmava l'altro, ma portandosi una
mano alle labbra per occultare con una serie di colpi di tosse il
proprio disagio.
- E come pensi di risolverla?! – sbottò il rosso
irritato dal suo atteggiamento, troppo mesto per i suoi gusti, al punto
da ricordargli un altro uomo lugubre dal suo stesso sguardo assassino.
- Con un'uccisione..? - propose, gli occhi a vagare in un punto
imprecisato della stanza, ad evitare di incrociare quelli fin troppo
aggressivi dell'altro. Si nascondeva ancora parte del volto con la
mano, nonostante non avesse più una scusa buona per
lasciarla a sostare lì. Cercava di dissimulare un nervosismo
crescente, essendo finito in un guaio da cui non sapeva come uscirne.
- Vuoi ucciderlo? Sul serio?! – non poté evitarsi
di alzare la voce Chuuya, ecco cosa succedeva quando si affidava a
qualcuno come Dazai il compito di addestrare un cucciolo. Il risultato
non poteva essere altro se non un assassino psicopatico. - Senti, forse
non sono la persona più giusta per dirtelo, Akutagawa
– assottigliò lo sguardo chiaro, in un ammonimento
silenzioso che per pesò al punto sulla testa del
più giovane facendogliela incassare nelle spalle. Sembrava
stringere i denti, quasi si aspettasse di ricevere una punizione fisica
per aver dato la risposta errata. – Ma uccidere
(così come cercare di ammazzarsi da solo), non sono buone
soluzione per tutto! – gli assestò il colpo, per
quanto solo verbale, additandolo furente, ben consapevole che la
fissazione che aveva sviluppato per la morte non era colpa di altri se
non di Dazai. – Devi pensare ad un altro sistema per
risolvere il problema – lo invitò incrociando le
braccia al petto, il fare severo nel rizzare la schiena per fingersi
più alto.
- Capisco... – annuì Akutagawa senza
però riuscire a nascondere la confusione che lo colmava,
allontanano infine la mano dal viso. - E se lo ferissi mortalmente? -
optò, ricevendo in cambio un'occhiata tanto terribile che,
se il rosso fosse stato armato, non dubitava gli avrebbe sparato dritto
alla tempia.
- Non limitarti ad usare altre parole per riferirti alla stessa cosa!
Mi credi così scemo? – si infuriò
stringendo i pugni furente, la pelle dei guanti a produrre un sottile
suono nell'accartocciarsi. - Quando fai così me lo ricordi
fin troppo – sbuffò rilassando d'improvviso le
spalle, si stava infervorando fin troppo per una cosa tanto stupida.
Per quanto si trattasse di un problema fastidioso, non era nulla che
non si potesse sistemare. Non avrebbe però immaginato che
qualcuno come Akutagawa, abituato a risolvere con le sue sole forze
situazioni ben più gravi, potesse rivelarsi tanto tedioso
per quella seccatura da nulla. Si era tanto abituato a risolvere ogni
cosa con la violenza da non essere in grado di pensare ad altro?
- Signor Nakahara... – deglutì Ryunosuke a
disagio, il capo chino e lo sguardo basso, appariva più
minuto, per quanto in realtà rimanesse comunque
più alto di lui.
- Cosa? – cominciava a sentirsene seccato Chuuya, ma non
potendo far a meno di ascoltarlo, adorava quando qualcuno gli si
rivolgeva con un rispettoso "signore".
Nonostante fosse uno degli alti capi della PortMafia era considerato
come una persona alla mano, soprattutto a causa della sua giovane
età, al punto che persino i suoi uomini tendevano a
rivolgersi a lui con il nome, per quanto non scordassero il suffisso
onorifico.
Ed essendo un sempliciotto, non poteva ignorare le richieste di chi gli
si rivolgeva con tanto garbo da usare il suo cognome. Aveva un cuore
fin troppo tenero per un mafioso.
- Se non posso ucciderlo - esitò il corvino trovandosi ad
afferrare la manica della giacca del suo superiore, non riuscendo a
nascondere un tono di supplica. - Non vorrebbe adottarlo lei?
– lo pregò forse con un'aria un poco troppo
penosa, che però sembrò avere il giusto effetto
sull'altro.
Chuuya non gli aveva mai visto fare un’espressione simile, il
viso a prendere il medesimo piglio implorante e colmo di aspettativa
della figura che sostava alle sue spalle. Entrambi a fissarlo come a
chiedergli di risolvere la situazione, quasi lo considerassero il solo
in grado di salvarli da quella situazione, per loro insostenibile. O
almeno facendogli credere fosse l’unico a cui potessero
rivolgersi. Per la prima volta da molto tempo, Chuuya Si trovava sotto
un duplice attacco capace di metterlo all’angolo e contro il
quale non sapeva come controbattere.
- Certo che tu li detesti proprio i cani... –
commentò con un sospiro rassegnato, chinandosi per
raccogliere una piccola palla di pelo scura dagli occhi neri che lo
fissavano colmi di meraviglia. Si trattava di uno spitz tedesco nano,
come avrebbe scoperto poi, dopo una rapida ricerca su internet. La
bestiola aveva seguito Akutagawa dal suo ultimo incarico, forse il
precedente padrone, e sembrava divertirsi un mondo a masticare la
giacca del corvino, il quale detestava al punto i cani da provare un
reverenziale quanto segreto timore nei loro confronti. - Va bene me ne
occuperò io - accettò il rosso guardando
l’animaletto con aria divertita, già pensando a
quale nome dargli, e in cuor suo Ryunosuke ringraziò il suo
vecchio maestro per avergli insegnato il metodo, tanto semplice quanto
efficace, per farlo capitolare.
“Fagli pensare che sia una situazione drastica, senza
uscita... Ah! E deve compensare la sua scarsa altezza con
l’ego, quindi fallo sentire importante” gli aveva
rivelato con un sorriso sornione, senza aggiungere altro. Akutagawa non
avrebbe però mai pensato che sarebbe bastato solo un
“signor Nakahara” per concludere il tutto. Per
quanto nei suoi confronti provasse un profondo rispetto, essendo uno
dei vertici della Port Mafia, doveva ammettere che era davvero un
sempliciotto.
Forse per quel motivo Dazai si divertiva tanto a raggirarlo,
pensò Ryunosuke, nell’osservare il rosso che
finiva per farsi imbrattare tutta la faccia da quella piccola
bestiolina pulciosa che qualcuno gli aveva ordinato di consegnare.
Chissà se era quel sorriso felice,
“l’espressione idiota” che il suo
ex-mentore voleva tanto vedere dipinta sul suo volto?
Anche per quell’anno si era trovato a fare da corriere per
l’ennesimo “regalo segreto di San
Valentino”. Primo o poi quei due avrebbero dovuto smettere di
sfruttarlo, non era mica quella tigre decerebrata trovava quella
situazione sempre più frustrante di anno in anno.
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Breve storia senza pretese in vista di San Valentino,
auguri e godetevela!
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