Leonardo
disprezzava la sua bellezza. Era un uomo di poche parole, biondo, con
un portamento fiero e con occhi curiosi che affascinavano tutto il
genere femminile. Se fosse stato donna, forse avrebbe amato quegli
occhi che tanto disconosceva. Eppure sua madre glieli aveva donati.
Eppure vedeva cose che apprezzava molto di più del suo
aspetto fisico. Ma non riusciva proprio ad accettarsi. Quella sua
bellezza forse serafina, forse sensuale, si discostava dal suo essere
pittore. Non voleva fare altro che imbrattarsi le mani nei colori e
creare, progettare, disegnare fin quando nel suo cervello sarebbe
rimasto il vuoto completo. Ma per poterlo fare aveva bisogno di soldi.
E i soldi non si guadagnano solo con miseri autoritratti fatti a
casuali passanti sul ciglio della strada. Così un giorno un
agente pubblicitario notò il suo sguardo stanco, il viso
smagrito. La larga blusa malamente poggiata su delle spalle mingherline
ma forti. Mani sporche di carbone, capelli incolti e biondi. Al
pubblicitario venne un colpo e subito dopo l'illuminazione, quando
riuscì a far spiccicare qualche parola al ragazzo che lo
ritraeva con gesti veloci e curati.
"Sei di queste parti?"
"No, mi sono appena
trasferito. Ho un loft a qualche passo da qui, subito dopo il negozio
di dolci."
"Attualmente lavori?"
"Mai lavorato. Ho
guadagnato da vivere sempre disegnando."
"Mai pensato di
lavorare?"
"E fare cosa?"
"Il modello. Sei il
volto che cercavo."
A quelle parole il volto
di Leonardo si era fatto bianco come un ciencio, sembrava offeso dalla
parola modello. Quindi ripose le sue cose nella valigetta,
ripiegò lo sgabello in legno e se ne andò,
lasciando il pubblicitario lì, in mezzo alla gente,
chiedendosi perchè aveva reagito in quel modo. Non ebbe il
coraggio di seguirlo perchè il suo sguardo l'aveva
letteralmente agghiacciato. Ma gli suggerì ancora l'idea che
aveva per la sua nuova campagna pubblicitaria e non poteva arrendersi.
Aveva trovato il suo modello, doveva solo persuadere il giovane un
altro pò.
Leonardo nel frattempo
era scappato verso il suo loft, chiudendo la porta a chiave, chiudendo
le persiane, e dire che gli aveva detto pure dove abitava! E se lo
avesse inseguito fin sotto casa? Chiuse la porta dall'interno e con due
giri fece scattare la serratura e poi buttò la chiave in un
angolo. Poteva evitare quel tipo in giacca e cravatta per uno o due
giorni, poteva anche non uscire, aveva provviste a sufficienza per due
settimane. Aveva notato che c'era qualcosa di strano in lui, che lo
osservava più del lecito, ma aveva preferito far finta di
nulla e guadagnarsi la sua quota giornaliera.
Era anche un bell'uomo e
a Leonardo venne facile tratteggiare la mascella importante, gli occhi
vispi e le labbra carnose. Calmandosi un pochino, ripescò la
sua cartelletta di ritratti e prese l'ultimo che aveva interrotto.
Basandosi sul poco che aveva osservato, lo completò,
prendendosi il suo tempo e facendo scivolare il corso del tempo sul suo
corpo, senza badando al bisogno di mangiare o di andare in bagno.
Quella era la vita che Leonardo desiderava ardentemente. Perdersi e
immergersi, senza che nessuno potesse disturbarlo.
Il giorno dopo.
I cinguettii degli
uccelli allietavano il riposo dei pochi italiani che avevano deciso di
poltrire ad ora tarda nei loro letti. Nell'aria del quartiere dove Leo
risiedeva, esplodeva una fragranza di cacao e zucchero vanigliato,
facendo venire fame al povero artista. Leonardo si alzò
scattando, lamentando del dolore alla schiena. Non si era accorto che
si era addormentato sul suo cavalletto, sbavando su fogli e carboncini.
Si lamentò, facendo risuonare la sua voce in gola, raspa e
roca, a causa della poca acqua assunta. Quando andò in
bagno, una forma precisa di un naso e di una delicata mascella erano
dipinte sulla sua guancia. Sembrava un tatuaggio.
"Oh..."
Commentò sorpreso. Aveva dormito su una bozza, di nuovo.
Quel viso appena accennato sul suo viso lo tormentava da mesi, forse
qualche anno. Era una splendida donna che chiedeva di essere disegnata.
Leonardo si era sforzato di accennare il suo volto, i suoi occhi, le
sue mani, ma niente di ciò che disegnava era rassomigliante
alla Donna del sogno. Forse non era ancora pronto a riportare dal sogno
alla realtà. Ci doveva lavorare. Si lavò il viso,
i denti e si recò in cucina per fare colazione. Un
caffè e qualche dolce del giorno prima, comprato alla
Patisserie Auditore avrebbe dato sicuramente più sapore alla
giornata.
Aprì la
finestra, per dare aria all'ambiente e si affacciò, giusto
per vedere perchè la signora del palazzo accanto aveva
deciso che doveva sgridare al figlio della Volpe (un signore che
vestiva sempre d'arancio, un nobile che era rinomato a Firenze, ma non
si sapeva il perchè)... E quando il piccolo
salutò Leonardo, lo vide.
L'agente pubblicitario
del giorno prima era lì. Sotto la sua finestra. Lo aveva
cercato. O forse aveva aspettato lì sotto tutta la notte?
Leonardo richiuse la finestra sbattendola. Un gesto rude e brusco,
Leonardo si punì mentalmente per la scortesia mostrata.
"Ma che sto facendo..."
Sconsolato, riaprì la finestra. Ora il pubblicitario aveva
un sorriso a trendadue denti e teneva le mani a mò di
preghiera. Forse stava trovando il coraggio di rivolgere le parole a
Leonardo.
"Buongiorno!"
Salutò con la voce colma d'eccitazione.
"Buon giorno..."
"Ehm, senta... Mi scusi
se ho detto qualcosa di sbagliato ieri... Ma se n'è andato
senza darmi la possibilità di pagarla per il suo lavoro..."
Che scusa. Ma in fondo
aveva ragione. Il ritratto, seppur prima incompleto, ora era appeso
alla bacheca. E l'aspetto di quell'uomo era perfettamente ritratto nel
foglio color giallognolo.
"E' bellissimo!" Disse
l'uomo, appena potè reggere il foglio in mano. Leonardo
sentì il suo orgoglio crescere un pochino. Lo aveva fatto
sedere sul lato pulito del tavolo, offerto un pò del suo
caffè tiepido e aveva insistito nell'offrirgli
metà della suo dolce del giorno prima. Il pubblicitario era
contento e Leonardo sapeva bene il perchè... Ma cosa poteva
farci, ormai?
"Prego, le dò
60 euro. Se ne merita molti di più, ma purtroppo ho solo
questi..." Si frugò nelle tasche in cerca di altre
banconote, ma era evidente che aveva solo quelli.
"Non si preoccupi,
è stato fin troppo generoso... Altre persone pagano con
molto meno."
"Credo che la sua arte
sia fantastica."
"E io credo che la sua
abilità nel scovare la gente sia formidabile."
"Ho solo chiesto
quà e là nel vicinato. Poi il piccolo Petruccio
della Patisserie mi ha indicato il portone giusto... E ho atteso."
"A-Ah..." Disse
Leonardo. Ingenuo Petruccio... Ogni tanto si faceva consegnare dei
dolci o la spesa dal figlio più piccolo degli Auditore...
Qualche giorno doveva fargli assolutamente una lavata di capo per una
leggerezza simile...
"Allora... Mi spiega
perchè se l'è presa tanto quando ho accennato al
lavoro di modello? Non credo di averla offesa o altro..." Il
Pubblicitario voleva arrivare al punto e Leonardo si vide costretto a
rispondere.
"Mi spiace molto. Ma
vede io non sopporto la mia bellezza. A volte mi schifo a guardarmi
allo specchio. Ho provato più volte a cambiare aspetto, ma
attiravo sempre più attenzioni, anche sgradevoli, a volte."
Il pubblicitario
sembrava interessato. Sorseggiò piano dalla sua tazza e
Leonardo continuò a parlare.
"Così un
giorno ho deciso di cambiare città, e di vivere da solo,
solo con le mie attrezzature e il mio aspetto trasandato. Con la barba
e i capelli lunghi, sporchi di qualche giorno, di sicuro la gente
avrebbe smesso di guardarmi in un certo modo. Ma ci è voluto
un pò e adesso sono solo il gentil vicino o l'artista di
strada, niente di più. Qualche ragazza fiorentina si fa
ritrarre solo per guardarmi più vicino, ma mi sta bene
così. Almeno non vengo continuamente inseguito o non mi
viene chiesto se sono una persona apparsa in una pubblicità.
Non riesco a concepire l'interesse che la gente ha di me."
Leonardo
guardò il pubblicitario. Era totalmente interessato, adesso.
Teneva i gomiti poggiati al tavolo, le mani chiuse a pugno vicino alla
bocca. I suoi occhi erano accorti. Lo stava studiando. Ma l'artista si
scusò per il troppo chiacchericcio. Odiava quel tipo di
concentrazione su di sè.
"Non si preoccupi.
Capisco bene cosa significa essere in qualche modo essere ossessionati
dal proprio aspetto, sia in modo negativo che positivo. Sono una
persona che cerca di non insistere, quando l'altra parte non
è interessata. Ma questa volta sento che devo assolutamente
persistere nel mio intento. In lei c'è potenziale. Lei non
è il sogno bagnato di ogni donna, ma dell'intero universo.
Lei oggi ha guadagnato sessanta euro per un ritratto che io trovo
assolutamente favoloso. Lei ha la sua arte e io la mia. E io ho trovato
in lei il ritratto che voglio per l'idea che ho in mente da anni. Un
sogno ricorrente che mi tormenta da quando ho iniziato ad accostare i
colori alle parole."
"La prego Signore..."
Disse Leo, alzandosi dalla sedia. Camminava avanti e indietro nella
piccola cucina. Il sole si era alzato e ora stava illuminando una delle
tele bianche nella stanza accanto. Il riflesso di quel biancore
astratto risplendeva alle spalle dell'artista e il pubblicitario
notò che "l'aura" dietro alla sua schiena lo facevano
apparire sempre più simile al suo sogno. E stava prendendo
forma proprio sotto ai suoi occhi.
"Pensi a quanti altri
sessanta euro potrà fare in una giornata, moltiplicati per
dieci, per mille!, se lei posasse per un photo shoot o per una
qualsiasi inserzione pubblicitaria da far esibire sulle fiancate
dell'autobus!" Il pubblicitario si allentò la cravatta e si
tolse la giacca, ma si alzò e finì il suo
caffè. Si avvicinò a Leonardo in modo convinto e
gli disse solo di pensarci. La sua arte poteva crescere, se solo
alimentava la sua di arte.
"Non sono sicuro di
poterla accontentare, Signore."
"Ci pensi tutto il tempo
che vuole, signor...?"
Leonardo rimase
sconcertato. Non si erano nemmeno presentati...
"Leonardo Da Vinci." E
gli strinse la mano. Il pubblicitario strinse con vigore.
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