Bivio

di Shainareth
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CAPITOLO DICIASSETTESIMO




L’aveva sognata. La cosa avrebbe dovuto stupirlo, al risveglio, e invece Adrien la trovò una piacevole conseguenza di ciò che era accaduto la sera addietro. Aveva quasi ignorato la presenza di Ladybug, come se in quel momento lei fosse stata l’ultimo dei suoi pensieri, e si era invece precipitato da Marinette.
   Alla fine aveva scoperto che non erano la stessa persona e ne era rimasto turbato. Almeno fino a che non si era accertato che la sua amica e compagna di classe stesse bene. Almeno fino a che non l’aveva stretta fra le braccia, inebriandosi del suo profumo, crogiolandosi del suo tepore, perdendosi nei suoi occhi. Adesso lo aveva capito anche lui, gli altri avevano ragione. L’avevano sempre avuta. Amava Marinette e lo scopriva soltanto ora.
   Ne era felice. Si sentiva in pace con se stesso ed il mondo intero, soprattutto al pensiero che lei ricambiava i suoi sentimenti. Non aveva senso rimandare oltre, Adrien doveva dirle ciò che provava per stringere di nuovo fra le braccia la felicità.
   «Hai intenzione di marinare la scuola oppure hai deciso di alzarti?» La voce impertinente di Plagg lo distolse dalla dolcezza di quei pensieri e lui si volse a guardarlo, trovandolo pigramente acciambellato fra le coperte. «Stamattina mi sembri meno lucido del solito.»
   «Al contrario», rispose Adrien con calma. «Mi sento bene e sono sicuramente più lucido di te: oggi è sabato, niente scuola.»
   «E allora a cosa è dovuta quella faccia da ebete?» lo prese in giro il kwami, senza troppi complimenti. «Stai ancora sognando di sbaciucchiare Marinette?»
   «Ne hai ancora per molto?»
   «Sì, perché finora ti eri ostinato a negare l’evidenza.» Adrien si lasciò scappare un leggero sbuffo. «Hai intenzione di dirglielo?»
   «Il prima possibile», stabilì, voltandosi supino e prendendo a fissare il soffitto. Plagg fu orgoglioso della sua risolutezza, ma non parlò. «Devo solo trovare una scusa per vederla anche oggi.»
   «Non hai bisogno di scuse per mandarle un messaggio e chiederle un appuntamento», gli fece però notare. «Marinette non ti direbbe mai di no.»
   Forse aveva ragione lui, rifletté Adrien. Tuttavia temeva di aver fatto il passo più lungo della gamba, la sera prima, arrivando tacitamente a corteggiarla con quel bacio sulla mano. Non era stata una galanteria, quanto un gesto sentito e pieno d’amore. Era stato inequivocabile. E lei? Lei lo aveva accettato e aveva rincarato la dose con un abbraccio lungo e caloroso. Sarebbe stato tutto meraviglioso se in quel momento lui non avesse vestito i panni di Chat Noir. E se ora Marinette, si fosse invaghita del suo alter ego a scapito della sua vera identità?
   Adrien doveva scoprirlo e dichiararle il suo amore prima che qualcun altro – o addirittura lui stesso – finisse per portargliela via da sotto al naso.

Per la prima volta, dopo settimane, Marinette si svegliò con il sorriso sulle labbra. Dopo ciò che era successo la sera precedente, era stata una conseguenza naturale sognare ancora una volta che dietro la maschera di Chat Noir ci fosse Adrien. E che al bacio che lui le aveva dato sulla mano ne fossero seguiti altri, molto più intimi. Adesso quel genere di sogni non la sconvolgeva più, anzi. Avvertiva ancora quelle meravigliose e travolgenti sensazioni; il furioso batticuore, la tenerezza dei gesti di lui, il suo respiro sulla pelle che le aveva regalato brividi caldi, capaci di lasciarla piacevolmente stordita. Si era sentita sciogliere come burro fra le sue braccia e non vedeva l’ora di vivere ogni singolo attimo anche nella realtà.
   Sebbene in un primo momento avesse temuto che il giovane le si fosse fatto più vicino perché convinto che lei fosse Ladybug, adesso che le sue certezze erano crollate e che lui scindeva la sua figura da quella dell’eroina mascherata, Marinette non aveva più dubbi: Chat Noir, e quindi Adrien, era seriamente interessato a lei.
   Avrebbe dovuto parlargli, benché ancora non sapesse da che parte iniziare il discorso. Forse avrebbe dovuto dargli il tempo di far chiarezza con se stesso e con i propri sentimenti, di far propria l’idea che lei e Ladybug erano due persone differenti. Però… non sarebbe stato corretto. Lei sapeva che – molto probabilmente – Adrien era Chat Noir, pertanto sarebbe stato più leale, da parte sua, dirgli la verità.
   Eppure sarebbe rischioso avere una conferma da entrambe le parti. Se la cosa ci sfuggisse in qualche modo, anche solo attraverso un gesto affettuoso, Papillon potrebbe approfittarne.
   Marinette si voltò sul fianco e, nella penombra della stanza, posò lo sguardo su Tikki, che se ne stava rannicchiata fra le coperte, sonnecchiando beata. Era stata lei la prima a dirle che il tempo avrebbe sistemato ogni cosa e, in effetti, così sembrava che stesse accadendo. Sperò in cuor suo che nient’altro giungesse a complicare quella situazione già di per sé delicata, e che anzi lei e Adrien potessero chiarirsi al più presto.
   Doveva parlargli, sì. Ma solo quando lui fosse stato pronto ad affrontare l’argomento. Marinette aveva aspettato mesi che il suo amato si accorgesse di lei, perciò avrebbe aspettato ancora. Per Adrien. Per Chat Noir. Per amore di lui.

Gettò uno sguardo al display del cellulare lasciato sul tavolo, lì accanto alla colazione che stava sbocconcellando senza gustarla davvero. Nella sua mente continuavano a susseguirsi centinaia di parole e decine di frasi con cui avrebbe potuto iniziare il suo messaggio per Marinette. O forse sarebbe stato meglio chiamarla e parlarle a voce? Era una questione delicata e Adrien doveva decidere attentamente cosa fare. Certo, si disse ad un certo punto, sarebbe stato più facile concentrarsi se non ci fosse stata la presenza fissa di Nathalie, sulla soglia della porta, ad osservare ogni suo singolo movimento. Il giovane le era sinceramente affezionato e sapeva che anche lei gli voleva bene e che vegliava su di lui non soltanto per ordine di suo padre. Eppure Adrien non poteva non chiedersi se quella donna non avesse bisogno di una pausa, ogni tanto, o se fosse stakanovista fino a negarsi di respirare pur di non venir meno al proprio lavoro. Forse suo padre la pagava spaventosamente bene.
   Concentrato com’era in questi pensieri che nulla avevano a che fare con la sua Marinette, il ragazzo sobbalzò quando il cellulare prese a vibrare contro la superficie di legno, producendo un rumore cupo e profondo: un messaggio da parte di Nino, che lo invitava a trascorrere la mattina con lui e altri loro amici a casa di Max per provare un nuovo videogioco. Era senza subbio una proposta allettante e Adrien avrebbe accettato ben volentieri se non avesse avuto urgenza di parlare con Marinette. Digitò le prime parole per declinare quell’offerta, ma poi arrestò il movimento delle dita e si ricordò della lunga chiacchierata fatta al riguardo proprio con Nino. Prima di agire in modo avventato, forse era davvero il caso di parlarne di nuovo con lui. Decise di andare.
   «Nathalie», chiamò con voce pensierosa, volgendo la propria attenzione verso l’assistente di suo padre, sempre ritta in piedi accanto alla porta. «Stamattina non ho impegni, vero?»
   «I suoi amici le hanno chiesto di passare del tempo insieme a loro?» capì al volo lei, intuitiva e attenta ai dettagli più di chiunque altro, in quella casa. «Vado subito a chiederlo a suo padre», si propose, senza neanche aspettare un cenno d’assenso da parte del ragazzo.
   Quando lei uscì, Adrien sorrise e rispose al messaggio di Nino, aggiungendo poi una postilla. Ho bisogno di parlarti di Marinette. È importante. Solo in quel momento gli sovvenne che non era improbabile che la stessa Marinette sarebbe stata presente a quell’incontro e per un attimo fu assalito dal panico: era davvero pronto per incontrarla, per di più senza poterle dire cosa celava il suo cuore?
   Nino non tardò a rassicurarlo: Saremo solo noi ragazzi. Se ti va, puoi parlare anche con gli altri dei tuoi dubbi in proposito. Sai… per avere altri pareri oltre al mio. Dopotutto, non sono esattamente un guru dell’amore…
   Abbozzando un sorriso divertito, Adrien lo ringraziò di cuore: forse Nino non aveva molta più esperienza di lui, in amore, ma di sicuro era un ragazzo buono e onesto, capace di far funzionare il cervello e il cuore in modo invidiabile. Se così non fosse stato, di sicuro la sua relazione con Alya non sarebbe durata tanto a lungo.
   Soddisfatto, Adrien si affrettò a finire la colazione e quando Nathalie tornò da lui per comunicargli che suo padre gli aveva dato il permesso di uscire, salì a due a due le scale che portavano al piano di sopra e quando fu in camera sua si lasciò andare ad un’esclamazione liberatoria.

Fece scorrere lo sguardo sui suoi amici: Max, Kim, Nino, Ivan, Nathaniel e persino Wayhem, che era stato inaspettatamente contattato da uno di loro, segno che l’ultima volta si erano divertiti in sua compagnia. A quanto pareva, poi, un altro ragazzo si sarebbe unito al gruppo di lì a poco, così da arrivare al numero minimo necessario per organizzare un torneo come quello dell’ultima volta, e nell’attesa, erano tutti intenti a discutere delle ultime novità in fatto di videogiochi. Adrien aveva passato ore e ore davanti alle console, quando ancora non andava a scuola e non aveva amici, ma non per questo gli era mai venuta a noia. Ciò nonostante, in quel momento, benché si sforzasse di partecipare alla conversazione, si sentiva continuamente richiamato da tutt’altro pensiero.
   «Sei distratto, oggi.» La voce calma e rilassante di Ivan lo indusse a voltarsi nella sua direzione. Il giovane se ne stava paciosamente seduto accanto a lui, sovrastandolo con la sua mole massiccia e in apparenza minacciosa. In realtà, Adrien sapeva bene che Ivan era uno dei ragazzi più tranquilli e sensibili della classe, se non addirittura dell’intera scuola, a meno che non venisse provocato in qualche modo – e Kim ne sapeva qualcosa. «Tutto bene?»
   «Sì», rispose Adrien dopo qualche istante, lasciando intendere, con quella breve pausa, che forse non era del tutto vero. «È solo che…» Fece di nuovo scorrere lo sguardo sul gruppo, indeciso se parlare o meno, specie ora che sembrava aver attirato l’attenzione di tutti. Nino gli aveva consigliato di confrontarsi anche con gli altri e forse sarebbe stato davvero importante stare a sentire ciò che loro avevano da dirgli riguardo all’intera faccenda – specie perché metà dei suoi amici aveva già una relazione.
   Si portò una mano dietro alla nuca, non sapendo se fosse il caso di monopolizzare quell’incontro sulle proprie beghe amorose. «Puoi parlare liberamente, con noi», lo incoraggiò Kim. «Ciò che viene detto tra amici, rimane tra amici. Non uscirà una sola parola da questa stanza.»
   «Non ti fidi di noi?» intervenne Nathaniel, che in verità non aveva mai avuto davvero un rapporto troppo stretto con gli altri ragazzi, ma di certo non li avrebbe mai traditi – e perché mai avrebbe dovuto farlo, dopotutto?
   Adrien sorrise, grato per quella dimostrazione di affetto, e schiuse la bocca per parlare, sia pur con fare incerto. «Si tratta di…» Prese un respiro profondo. «Marinette», soffiò infine, lasciando tutti piacevolmente sorpresi per quella confessione. Confessione che tuttavia fu interrotta dal suono del campanello ad annunciare che infine anche l’ultimo membro del gruppo era arrivato. Nella distrazione generale, Nino si avvicinò al suo migliore amico e, strizzandogli l’occhio, gli diede il gomito. «Quindi è una cosa seria?»
   Pur imbarazzato, l’altro annuì e si umettò le labbra, preparandosi psicologicamente a vuotare il sacco con tutti. Quando però alla sua vista comparve l’ultimo arrivato, qualcosa in lui si bloccò: Luka. A quanto pareva era stato invitato lì da Ivan – dopotutto suonavano nella stessa band – e nessuno aveva avuto nulla in contrario. Adrien lo osservò come se lo vedesse allora per la prima volta: il fratello di Juleka aveva due anni più di loro, era alto e piacente, con un look decisamente accattivante per il sesso femminile. Aveva, inoltre, dei modi di fare molto affabili ed un carattere mite e gentile per natura. Soprattutto, era uscito con Marinette. Quest’ultimo pensiero indusse Adrien a portarsi una mano all’altezza del cuore e a massaggiarsi il petto con fare quasi distratto. Era gelosia, quella? No, figurarsi. Non avrebbe mai potuto essere davvero geloso di Luka, perché era un ragazzo amabile e con lui era sempre stato corretto. Un tipo in gamba, insomma. Ecco perché Marinette aveva accettato di uscire con lui. Che poi, a ben guardare, forse era stata lei ad invitarlo alla pista di pattinaggio, quando lo stesso Adrien aveva deciso di andarci con Kagami – ah, già, Kagami. Col senno di poi, si era reso conto di non essere stato molto carino, a piantarla in asso per correre dietro a Marinette. Due volte. Già all’epoca avrebbe dovuto capire da che parte volgesse il proprio cuore, e invece Adrien si era lasciato sopraffare dall’ingenuità e dalla sua enorme ammirazione per Ladybug. A parte questo, seriamente, che tipo di rapporto avevano, Luka e Marinette? Erano solo buoni amici o c’era qualcos’altro, fra loro? Sì che, se lei aveva pianto fra le braccia di Chat Noir perché era stato Adrien a spezzarle inconsapevolmente il cuore, forse… Cielo, e quanto doveva esserci rimasta male quando lui le aveva detto che gli piaceva Kagami?! Era per questo che poi aveva ripiegato su Luka?! Era dunque tutta colpa sua, che l’aveva spinta verso un altro ragazzo e…?!
   «…così, mentre ti aspettavamo, Adrien ci stava per parlare di qualcosa che lo turba», stava dicendo Ivan, introducendo il giovane nel loro discorso.
   Adrien si riscosse da quei tetri e confusi pensieri, e sentì il panico cominciare ad impadronirsi di lui. «S-Sì, ma…»
   «Avevi fatto il nome di Marinette, mi pare», lo stuzzicò Kim, curioso come una scimmia. Se davvero quello scemo si era infine accorto di come stavano le cose fra loro, bisognava assolutamente festeggiare.
   Luka inarcò le sopracciglia scure, scrutando il biondino con una certa sorpresa, ma non parlò. Bastò quello sguardo per far ammutolire l’altro, che abbassò il proprio e non seppe davvero come continuare il discorso. Non poteva parlarne davanti a lui. Insomma, Nino e Nathaniel avevano superato la loro cotta non corrisposta per Marinette già da tempo, ma Luka? Con lui Marinette ci era uscita, per la miseria, e… e…
   «Vi siete messi insieme, finalmente?» domandò con candore Wayhem, che certo non poteva essere a conoscenza dei turbamenti del proprio idolo. Questi trasalì e arrossì, scuotendo il capo troppo frettolosamente per darla bere agli altri.
   «Avete litigato?» volle sapere Max, che in quel genere di cose era meno perspicace degli altri.
   «Non potrei mai litigare con lei!» si difese subito Adrien, con un impeto tale che fece sorridere i più. «È solo che…» Tentennò ancora, occhieggiando in direzione di Luka, che infine comprese e gli fece dono di un sorriso comprensivo. «Se ti stai preoccupando per me, sta’ tranquillo: Marinette mi ha dato un inequivocabile due di picche, quella volta che uscimmo tutti e quattro insieme», si curò di fargli sapere in tono pacato, mostrando senza troppi problemi di essersi ormai messo il cuore in pace.
   Vide Adrien sgranare gli occhi e spalancare la bocca con fare incredulo. «Sul serio…?»
   Quasi ridacchiò e scrollò le spalle. «Temo tu sia stato l’unico a non esserti accorto di come stavano davvero le cose, quel giorno.» E notando ancora la sua confusione nello sguardo, aggiunse: «La ragazza che stava con te… credo che avesse capito tutto prima di chiunque altro», gli rivelò, dal momento che in effetti Adrien non si era reso conto di nulla. «Sembrava quasi che fosse Marinette, il motivo per cui tu fossi lì», continuò Luka, senza però dare segno di essersi risentito in alcun modo per la faccenda.
   Calò il silenzio. Poi Kim si schiarì la voce e borbottò: «Non so di quale uscita voi stiate parlando, ma questo fa il paio con la faccenda dei pegni d’amore.»
   «N-Non sono pegni d’amore…» farfugliò Adrien, troppo sconvolto dalle parole sincere di Luka per mostrare l’imbarazzo che si sarebbe sicuramente impadronito di lui, se solo fosse stato più lucido.
   «Ah-ah», lo prese in giro l’altro. «E l’abbraccio che vi siete scambiati al parco era pieno d’odio, sicuro.»
   A quel punto il giovane affondò il viso nel palmo della mano, cominciando ad essere assalito davvero dalla vergogna. «Era… un’emergenza…»
   «Peccato non sia capitata a me», mormorò distrattamente Luka, tra il serio ed il faceto.
   «A proposito, perché poi Marinette ha smentito una vostra relazione?» s’incuriosì Nathaniel, che ormai affrontava l’argomento con leggerezza grazie alla pace che era riuscito a trovare insieme ad un’altra persona.
   «Perché non stiamo insieme», rispose con fare quasi meccanico Adrien, ormai spiacevolmente avvezzo a pronunciare quella frase.
   «Ammettilo, ti piacerebbe che le cose stessero in modo diverso», lo punzecchiò ancora Kim, che aveva compreso da un pezzo ogni cosa. L’altro stirò le labbra in un’espressione indefinita ed evitò lo sguardo di tutti, prima di prendere l’ennesimo respiro e annuire con vigore. Quell’ammissione scatenò una serie di esclamazioni di vario genere, tutte più o meno entusiaste, nonché un lungo elenco di insulti in direzione dello stesso Adrien, troppo imbranato per accorgersi di quanto Marinette morisse per lui ormai da tantissimo tempo.
   «Devi dirglielo, maledizione!»
   «Lo so, ho intenzione di farlo… ma…»
   «Niente ma! Non c’è niente che vi impedisca di stare insieme, a parte la vostra dannata timidezza!»
   «Non sono timido come sembra…»
   «Allora sbrigati a buttarg…»
   «Kim!» lo mise a tacere Ivan, molto più incline di lui a capire lo stato d’animo del loro compagno di classe.
   Quella battuta goliardica, tuttavia, se ne trascinò dietro altre e nel giro di poco il povero Adrien si ritrovò rosso fino alla punta delle orecchie, accaldato e bisognoso di una boccata d’aria fresca.
   Riuscì ad ottenerla soltanto dopo un po’, quando nel gruppo tornò la calma e poterono dedicarsi finalmente ai videogiochi. Forse perché si erano resi conto dell’esigenza del giovane di rifletterci su con calma, gli altri ragazzi non tornarono più sull’argomento se non nel momento dei saluti, quando Kim gli diede uno scherzoso pugno sulla spalla e gli strizzò l’occhio con fare complice. «Andrà tutto bene.»
   L’altro lo sperava di cuore. Avrebbe voluto parlarne ancora con Nino, questa volta in privato, ma una telefonata costrinse il suo migliore amico a rientrare subito a casa. Fu così che, anziché da lui, sulla strada del ritorno Adrien si ritrovò affiancato dall’ultima persona che si sarebbe mai aspettato: Luka. Si avviarono in assoluto silenzio, uno con lo sguardo basso, perso fra i propri pensieri e le proprie inutili paturnie, e l’altro con le mani in tasca e la testa alta. Dopo diversi metri, preso coraggio, Adrien occhieggiò in direzione del ragazzo più grande e decise di parlare. «Sul serio lei…?»
   Luka lo fissò con vago stupore. «Credevo fosse chiaro anche a te», ammise in tono neutro. «Quando siamo usciti dalla pista di pattinaggio, mentre tu salutavi la tua amica, ho chiesto a Marinette di tornare a casa insieme.»
   Il cuore di Adrien tremò, mentre nella sua mente cominciava a sgomitare l’allarmante immagine di quei due che si salutavano sotto casa di lei con un bacio appassionato. Il giovane emise un verso sgraziato, si riebbe, si schiarì la gola e domandò: «E… che ti ha detto?»
   «Mi prendi in giro?» volle sapere Luka, arrestando il passo. Era sinceramente confuso da quella domanda, poiché ricordava bene di come Marinette fosse corsa dietro all’auto di Adrien e di come poi loro due si fossero fermati a parlare insieme. «Non mi ha neanche sentito», rispose poi, rassegnato.
   «Ah, no?» si meravigliò l’altro, bloccandosi a sua volta, troppo coinvolto emotivamente per collegare a dovere le sinapsi.
   «Era troppo presa a guardare te.»
   «Oh.»
   «Le ho detto di parlarti.»
   «Non lo ha fatto…» Notò lo sguardo confuso di Luka e la memoria gli tornò. «No, aspetta! In effetti sì… Mi ha raggiunto e poi mi ha invitato di nuovo a pattinare.»
   «E tu che le hai detto?»
   «Le ho chiesto se voleva andarci da sola con me», rispose Adrien, quasi in un mormorio confuso. «Però mi ha detto che voleva tornarci insieme a voi e ad altri nostri amici.» Scosse il capo, come a voler dire che la risposta di Marinette non aveva avuto molto senso. «Se è innamorata di me, perché coinvolgere anche voi?»
   Luka lo osservò in silenzio per qualche istante, indeciso se ripetergli ciò che già gli altri ragazzi gli avevano detto quella mattina, e cioè che era davvero uno sciocco. In lui per fortuna prevalse il buon senso: Juleka gli aveva raccontato di Adrien e della vita da recluso che aveva condotto fino ad una manicata di mesi addietro. Non aveva esperienza nei rapporti in generale, pertanto non era difficile mettersi nei suoi panni, né scorgere l’innocenza nel profondo del suo sguardo. Accennando un sorriso, Luka provò quasi tenerezza per lui. «Credo si tratti solo di timidezza», spiegò con calma. «Parlale a cuore aperto, vedrai che ne sarà felice.»
   Adrien stese le labbra verso l’alto in un’espressione rilassata, finalmente. «Grazie.» L’altro scosse le spalle come a voler minimizzare la questione, ma non riuscì ad aggiungere nulla poiché un’auto di grossa cilindrata accostò velocemente a bordo strada, attirando la loro attenzione. La portiera si spalancò e ne uscì una ragazza che corse nella loro direzione e gettò le braccia al collo di Adrien. «Adrien, caro!»
   Spiazzato, lui arretrò di un passo, rischiando di cadere per l’impeto dell’assalto appena ricevuto. «Chloé…?» balbettò, del tutto impreparato a quell’incontro.
   «Non sai quanta voglia avevo di vederti», cinguettò quella, fissandolo da sottinsù, la presa ancora salda attorno alla sua nuca. «Papà mi ha appena detto che ieri ha firmato l’autorizzazione per un servizio fotografico a Parc des Buttes-Chaumont per domenica prossima. La richiesta è di tuo padre, quindi immagino che tu sarai lì, vero?»
   «Beh… sì», rispose Adrien, afferrandola per le braccia per scollarsela di dosso, sia pure con fare gentile. Sbirciò verso Luka, che li scrutava con fare curioso, e sperò che non si stesse facendo un’idea del tutto sbagliata della situazione.
   «Mamma invece mi ha detto che sarà un servizio fotografico sulla nuova collezione giovanile di tuo padre e ha aggiunto che con te ci sarà anche una modella, è vero?» continuava frattanto Chloé, indomita nella propria curiosità. E quando vide l’amico annuire, trillò di gioia. «In tal caso posso farti da partner senza problemi», aggiunse poi, cercando di darsi un contegno e portandosi una mano al petto con fare lezioso. «Sai, ho un’invidiabile esperienza davanti all’obiettivo.»
   «Ehm…» balbettò Adrien, non sapendo da che parte iniziare a dirle la verità. Optò per quella più indolore: addossare la colpa a qualcun altro. «Mio padre ha già scelto una modella, in accordo con il fotografo, e non credo che cambierà idea.» Insomma, alla fine non era neanche una bugia, anzi.
   Chloé si mise subito in allarme. «Chi?!»
   L’altro si schiarì la gola e si portò una mano dietro la nuca, cercando le parole più adatte per indorarle ancora la pillola, ma non ci riuscì. Si arrese perciò a sospirare un solo nome: «Marinette.»
   Una serie di strepiti, degni di una creatura fantastica uscita da un film su nani, elfi e mezz’uomini, iniziò a levarsi tutt’intorno a loro, perforando i timpani dei passanti e dei due giovani in particolar modo. Chloé pestò i piedi a terra, si sbracciò e si smascellò, manifestando in quel modo tutto il proprio dissenso. Quand’ebbe finito, tutta trafelata, fece una pausa per recuperare il fiato perso, e fu allora che una frase la spiazzò: «Saresti carina, se la smettessi di fare tutte quelle smorfie.»
   Due paia d’occhi si fissarono su Luka, rimasto religiosamente in silenzio fino a quel momento. Si strinse nelle spalle, come a voler giustificare la propria intromissione. «Se ormai è tutto deciso, non credo tu possa farci molto. Perciò… perché arrabbiarsi?»
   La ragazza si portò le mani ai fianchi e lo fissò con fare minaccioso attraverso le palpebre socchiuse. «Tu saresti…?»
   «Luka, il fratello di Juleka», lo presentò allora Adrien, non sapendo esattamente cosa dire o fare per placare gli animi. Che poi, a onor del vero, il giovane musicista sembrava il ritratto della quiete.
   «Ah, sì…» disse Chloé, come se fosse una cosa di poco conto. «Credo che qualcuno mi abbia parlato di te. Sai, per via di quella bagnarola su cui vivete.»
   «Chloé!» la riprese Adrien in tono aspro. «Dovresti scusarti!»
   «No, non importa», commentò Luka, senza curarsene per davvero. «Ma portatela con voi, la prossima volta che proviamo col gruppo», propose, prendendo gli altri due in contropiede.  «Vedendo la nave con i propri occhi, magari cambierà idea.»
   Orbite sgranate e labbra socchiuse, la ragazza lo fissò come se fosse stato qualcosa di spaventoso e sorprendente al contempo: aveva appena ricevuto un invito da parte di quel tipo strambo?! A ben pensarci, tutta la famiglia Couffaine doveva esserlo, concluse fra sé, quando si riebbe. Si umettò le labbra e, braccia conserte, rispose con voce impostata: «Non metterò mai piede in quel posto.»
   «Fammi sapere, se cambi idea», ribatté Luka, serafico come sempre. La vide occhieggiare nella sua direzione, come fosse indecisa: e, in fin dei conti, non le capitava spesso di essere inclusa in un gruppo di amici – benché la situazione stesse in parte cambiando da quando Ladybug aveva deciso di fidarsi di lei e di consegnarle il miraculous dell’Ape. Chloé si interrogò se non fosse il caso di seguire ancora una volta i consigli della sua beniamina e accettare la gentilezza di quel giovane…
   «Torno a casa», disse dopo un po’, troppo orgogliosa per far trapelare ulteriormente i propri dubbi. «Ci vediamo… com’è che ti chiami? Beh, sì, non importa», aggiunse poi, tanto per non smentirsi, mentre agitava una mano in aria come se si trattasse di una cosa di poca importanza. «A lunedì, Adrien caro», concluse con voce melliflua all’indirizzo dell’amico d’infanzia.
   Detto ciò, fece marcia indietro e salì in auto sotto al loro sguardo. «Sei riuscito a zittirla», constatò con ammirazione Adrien, mentre la vettura iniziava ad allontanarsi da lì.
   «Magari ha solo bisogno di qualcuno che le presti attenzione.»
   «Tipo un ragazzo?»
   «Lo hai detto tu, non io», precisò Luka, con aria divertita, tanto per lavarsene le mani. «Ad ogni modo, non farti problemi di alcun genere e parla con Marinette», gli consigliò ancora una volta, tornando al discorso che Chloé aveva interrotto senza neanche poterlo immaginare – e per fortuna.
   Adrien sorrise e annuì. «Grazie per l’incoraggiamento», disse di cuore. «Mi sdebiterò portando con me Chloé, la prossima volta che suoneremo insieme», scherzò per evitare che l’imbarazzo calasse di nuovo fra loro come all’inizio.
   «Mh», borbottò Luka, riprendendo a camminare con cipiglio indecifrabile in volto. «Mi toccherà alzare il volume dell’amplificatore della chitarra, allora.»












Come credo di aver scritto all'inizio della storia, Luka non era previsto. Giuro. Non lo volevo per due motivi: primo, perché quando iniziai a scrivere questa long aveva fatto la sua comparsa relativamente da poco e di lui sapevo troppo poco per poterlo inquadrare a dovere (senza contare che l'episodio in cui spunta neanche mi aveva fatta impazzire, soprattutto per i disegni e l'animazione); secondo, perché non volevo creare le classiche dinamiche da soap opera che tanto odio. Spero che Astruc si mantenga sullo stesso livello che ha mostrato fino ad ora, perché le situazioni da shoujo manga le digerisco davvero, davvero male (ammesso che io riesca a farlo).
Ad ogni modo, se ho cambiato idea circa la presenza del suo personaggio (di Luka, intendo, non di Astruc), è semplicemente perché era propedeutica alla storia e allo sviluppo di Adrien. Proprio come nella serie. E, lo confesso, Luka mi è piaciuto molto nel finale di Frozer, un vero signore.
Ma non aspettatevi Kagami. Le ho già dato un ruolo inoffensivo in Limiti. Un po' per uno, basta così. Soprattutto perché, almeno per quel che mi riguarda e benché in generale mi sia indifferente, lei non è che sprizzi simpatia da tutti i pori, eh.
E comunque questa è una storia diversa, e a questo punto non avrebbe davvero avuto senso inserire anche lei.
C'è Chloé, però. Ecco, con lei non avevo ancora finito. Approfondirò la cosa nel prossimo capitolo. Poi ci sarà quello finale. E infine l'epilogo.
Siamo alla fine.
E con questa piccola constatazione, vi saluto e vi do appuntamento alla prossima settimana. Grazie a tutti per il sostegno!
Shainareth









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