ReggaeFamily
Firenze,
10 novembre 2018
Caro
John,
come
sempre, è stato un piacere ricevere la tua lettera. Sono molto
contenta di sapere che stai bene, che la piccola Emma stia insistendo
tanto per suonare la batteria come fai tu, e che tu e Diana abbiate
trovato un po' di pace da quando la piccola ha accettato la nuova
babysitter.
I
bambini sono strani, non riuscirò mai a capire quali sono le
dinamiche che portano qualcuno a volere dei figli, ma io sono un caso
umano, non far conto a me.
Ti
scrivo per darti una buona notizia: la prossima estate riuscirò
finalmente a volare a Las Vegas! Ebbene sì, ce l'ho fatta
grazie ai voli low cost che ormai stanno spuntando come funghi dalle
compagnie aeree! Ti rendi conto?
Se
solo ricordo quel giorno di un anno e mezzo fa in cui ci siamo
conosciuti e in cui abbiamo fatto amicizia, non riesco a credere che
potremo rivederci!
Vorrei
confessarti una cosa: c'è stato un tempo, come credo sia
normale, in cui ho creduto che tu fossi un essere etereo e che non
avrei mai potuto avvicinarmi a te, né avrei mai sognato di
diventare tua amica. La verità è che per me sei sempre
stato un batterista leggendario, un musicista eccezionale, ma allo
stesso tempo una persona imperscrutabile e quasi incomprensibile,
vista dall'esterno; poi ci siamo conosciuti e tutto è
cambiato, tutto è venuto spontaneo e io non mi sono quasi resa
conto che io e te ci siamo avvicinati tanto.
Ricordo
chiaramente quando abbiamo deciso di comune accordo di non scambiarci
il numero di telefono, perché tu sei un personaggio famoso e
io non avrei mai potuto assicurarti la completa protezione del tuo
contatto personale; al giorno d'oggi non si può mai sapere, su
questo siamo stati concordi fin da subito. Ricordo che ci eravamo
fatti una promessa un po' stupida: avremmo lasciato che fosse il
destino a farci rincontrare.
Ma
nessuno dei due ci ha mai veramente creduto, John, ed è per
questo che decisi di cercare l'indirizzo della tua fumetteria. La
corrispondenza epistolare è roba da vecchi, dicono, ma a me
piace sempre trovare qualche minuto per sedermi e scriverti. Questo
mi fa sentire come se tu facessi davvero parte della mia
quotidianità, e mi fa capire che il nostro legame è
reale.
Mi
piace cercare adesivi stupidi con cui decorare queste pagine, mi
piace pensare a qualche poesia da dedicarti e impegnarmi affinché
il mio inglese migliori giorno dopo giorno, perché la prossima
volta che ci vedremo, voglio riuscire a parlarti e a capire ogni tua
parola, voglio scherzare abilmente con te e non fare la figura
dell'ignorante.
Il
motivo per cui ti ho scritto, in realtà, è un altro. Ci
sto girando attorno, ma c'è qualcosa che devi sapere
assolutamente, prima che ci vediamo di nuovo. Forse questa mia
confessione potrebbe compromettere il nostro rapporto, portandoti a
odiarmi e a non volermi più nella tua vita. Forse potresti
rifiutarti di incontrarmi quando sarò a Las Vegas.
Be',
ci provo, te lo dico, ora o mai più.
Era
il 29 novembre 2016 quando scoprii che i System Of A Down si
sarebbero esibiti al Firenze Rocks, nella mia città. Mancavano
sette mesi e io ero già in fibrillazione, avevo già
deciso che ci sarei andata.
Sai,
come ti ho detto tante volte, è stato il mio primo – e
spero non ultimo – concerto dei System, era il mio sogno da
dieci anni, e finalmente si sarebbe realizzato. Non mi sarei lasciata
sfuggire un'altra volta l'occasione di andarci, non me lo sarei
perdonato.
Così
presi immediatamente il biglietto, non ci pensai su, non lo dissi a
nessuno e non chiesi se qualcuno volesse accompagnarmi. Volevo
vivermi quell'esperienza per conto mio, sapendo che sarebbe stata
mistica e irripetibile. Mi dissi che sarei potuta morire felice dopo
il 25 giugno 2017.
solo
che subito un'idea si fece spazio nella mia mente, un'idea malsana
che, con l'andare dei giorni, divenne sempre più concreta e
palpabile. Mi lasciai ossessionare da quel pensiero, finché
non decisi che l'avrei messo in pratica e mi sarei gettata a
capofitto, con tutti i rischi del caso.
Certo
non avrei mai immaginato che sarei riuscita nel mio intento, era una
cosa quasi da nulla, il sogno di una folle.
Mi
impegnai per cercare il contatto di un organizzatore che potesse
aiutarmi, e dopo vari tentativi qualcuno mi diede corda. Lui si
chiamava Omar Hillroy, qualcosa del genere, e fu gentilissimo con me;
mi disse che voi della band avevate messo in palio dei biglietti a
fini benefici con cui i vostri fan avrebbero potuto incontrarvi, ma
io gli feci notare che per l'Italia non era stata offerta questa
possibilità.
John,
ero disperata, cerca di capirmi. So che mi consideri pazza, e ne hai
tutte le ragioni, credimi, ce le hai sul serio.
Cominciai
a parlare con Omar e a fare pressioni su di lui, finché lui
non cedette e mi disse che avrebbe cercato un modo per farmi passare.
Per il resto, be', puoi immaginare da solo cosa è successo:
Omar mi disse che avrei avuto degli abiti dello staff, che avrei
fatto parte dell'equipe e che non ci sarebbero stati problemi per
incontrarvi, che vi avrei trovato nel backstage.
È
stato molto dolce da parte sua, non gli sarò mai grata
abbastanza per ciò che ha fatto per me, anche se questo
significa che io ti ho ingannato.
Non
ero dello staff, ero solo una fan esaltata che voleva a tutti i costi
incontrarvi, incontrarti.
Perché,
John, io volevo conoscere te, colui che mi ha sempre incantato con la
sua batteria, con il suo sguardo penetrante e impenetrabile e con
quell'atteggiamento umile che lasciava trasparire soltanto un'immensa
dolcezza.
Non
avrei mai voluto mentirti, avrei dovuto dirtelo subito, avrei dovuto
comportarmi da persona adulta, anziché fare questo madornale
errore.
Ma
è andata così. Vedi, sono solo una come tante, anche se
non ti ho mai nascosto la mia ammirazione per te e per i ragazzi
della band.
E
niente, io non so più cosa dire, spero soltanto che tu riesca
a perdonarmi e a capire che tutto ciò che ho fatto è
stato in buona fede.
John,
io ti voglio bene, questo non c'entra niente che il mio comportamento
precedente. Da quando ci siamo incontrati tutto è nato
spontaneamente, non avrei mai potuto forzare le cose. Non ho mai
pensato che saremmo diventati amici, quelle sono cose che succedono
se devono succedere, nessuno può prevederle.
Ciò
che conta è che io ti voglio bene davvero, spero davvero
vorrai vedermi quando sarò a Las Vegas. Passerò da
Torpedo Comics, questo di sicuro, e mi piacerebbe che ci
incontrassimo là.
Non
pretendo che tu mi inviti a casa tua o mi faccia entrare nella tua
vita privata, e ora come ora lo merito anche meno di prima.
Be',
ti lascio, confido in una tua risposta, anche se questa fosse
completamente zeppa di insulti nei miei confronti.
Ti
mando un forte abbraccio,
Tua,
Irene
PS:
Anche stavolta ti lascio una mia piccola poesia:
Luci
lampeggiano allegre,
voci
s'intrecciano e riempiono l'aria;
lieve
il sorriso di un uomo,
enorme
la gioia di una fanciulla,
che
nel suo cuore porta l'amarezza
di
chi sa,
di
chi rimpiange,
di
chi ama,
di
chi mente.
☼
☼ ☼
Ciao
a tutti e buon giovedì ^^
Come
preannunciato, oggi non ci sarà l'aggiornamento di The
Hypnotics, visto che volevo pubblicare questa storia per partecipare
al contest di Gella!
Sono
qui per avvisarvi che la seconda lettera sarà pubblicata
domani, perché voglio che queste due lettere abbiano una certa
continuità, ma desideravo anche lasciarvi con un po' di
suspense :D
Se
vi va, attendo le vostre recensioni e i vostri pareri, con eventuali
ipotesi sulla prossima lettera e su come si svilupperà la
storia ;)
Alla
prossima ♥
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