Umbrella
Shiho rabbrividì, stringendosi addosso il cappotto lungo.
L'aria fresca le smuoveva i capelli e le accarezzava il collo scoperto,
spingendola ad allungare il passo verso casa.
L'unica cosa della quale si sentiva grata era il possesso del suo corpo
da ventenne; ogni cosa aveva assunto nuovamente la giusta prospettiva,
nonostante a volte le mancasse la figura della bambina di otto anni che
lo specchio le restituiva tempo prima.
Un'altra folata di vento freddo la costrinse a rallentare e a sollevare
lo sguardo, verso i nuvoloni neri che non promettevano nulla di buono.
Soltanto quando svoltò per poco non finì addosso
al ragazzo che, come lei, si era bloccato sul posto per non
travolgerla.
"Mi scusi" le disse, e lei riconobbe immediatamente il suono di quella
voce.
Shiho fece un passo indietro istintivamente, sgranando gli occhi verde
mare.
"Sei tu" appurò distaccata, cercando di mantenere il tono di
voce composto.
Il giovane uomo che le stava davanti sorrise, osservandola.
"Vedo che stai tornando dal dottor Agasa"
"E a te che importa?".
Era inutile, non riusciva a fidarsi di quel biondo impertinente. Quel
ragazzo che aveva cercato di ucciderla, prima di sapere che fosse un
infiltrato. Kudo le aveva celato per troppo tempo questa
verità che le avrebbe di certo risparmiato mille
preoccupazioni e, proprio per questo motivo, Shiho non riusciva a
fidarsi di nessuna affermazione che riguardasse quello strano
individuo.
Di certo era libera di riprendere in mano la sua vita, di uscire senza
alcun timore - anche se doveva ancora abituarvisi. Tuttavia, nonostante
il giovane detective le avesse più volte giurato che
l'Organizzazione intera era stata sgominata, il dubbio che qualche
membro potesse essere intorno a lei per tenerla d'occhio era sempre
vivo.
Uno di questi, poteva essere Bourbon. O Amuro. O come diamine si
chiamasse realmente.
L'unica cosa che desiderava era dargli le spalle e scappare lontano,
nonostante le gambe non si muovessero di un millimetro.
Strinse più forte la busta di plastica della spesa con
entrambe le mani e lo guardò ancora una volta, studiandone
l'espressione impassibile.
Fu un tuono improvviso a interrompere quella tensione, facendola
sussultare appena. Le gocce di pioggia iniziarono a scrosciare
bruscamente in quello che sembrava un violento temporale estivo,
creando un rumore ovattato fastidioso.
In meno di un minuto, entrambi erano quasi completamente zuppi.
Shiho si voltò, osservando i dintorni nella speranza di
trovare un riparo senza neanche accorgersi dell'ombrello che il ragazzo
stringeva nella mano destra.
Rei sorrise sornione prima di sollevarlo e aprirlo con uno scatto,
dopodiché rimase a guardarla. I suoi occhi si specchiarono
in quelli di lei come se fosse l'invito inequivocabile ad avvicinarsi.
Shiho non si mosse, stupita e irritata allo stesso tempo,
così lo fece lui.
Lo vide avanzare di un paio di passi, mentre teneva saldamente il
manico accanto al suo viso. Nonostante il primo istinto della ragazza
fu quello di allontanarsi, per qualche strano motivo non riuscì a muoversi.
"Per fortuna ho visto il meteo, stamattina" le disse, intavolando una
conversazione che non sarebbe probabilmente durata un
granché.
"E, dimmi, sei sempre così cauto? Perché se tu non lo fossi,
dubito che a quest'ora saresti qui a parlare con me... ".
"Sei preoccupata?".
Rei la stava osservando con una punta di curiosità, stavolta
perdendo del tutto l'aria maliziosa. Conosceva la sua paura verso di
lui, verso di loro. La sentiva, così, istintivamente.
Shiho si voltò e lui riconobbe qualcun altro in quegli occhi
verde mare. Si trovò a perdersi in quel colore meraviglioso,
finché la sua voce non lo riportò alla
realtà.
"Beh, tu hai quell'odore" gli disse schiettamente, tornando a fissare
l'asfalto, "e hai cercato di uccidermi. Dovrei sentirmi tranquilla?".
"Pensavo che il fatto di averti riparata dalla pioggia valesse per
chiederti scusa... no, eh?".
Shiho gli lanciò un'occhiata eloquente e il biondo non
riuscì a trattenere una risatina.
"Beh, ti fidi di Kudo?" le chiese, tentando un'altra strada.
"No. In realtà ne ho abbastanza di voi detective da
strapazzo".
"Ecco, allora puoi... cosa?".
Rei non l'aveva neanche sentita; stava proseguendo imperterrito il
discorso convinto di una risposta differente e, invece, era riuscita a
spiazzarlo.
"È la verità. Ne ho abbastanza di poliziotti o
investigatori. Kudo è il primo della lista".
La rabbia per tutto ciò che aveva scoperto e che
quest'ultimo le aveva tenuto nascosto era ancora forte, lo sapeva.
Stava parlando con un estraneo del quale non si fidava, ma le frasi le
uscirono di getto dalla bocca. Quasi come se avesse il bisogno di
esprimerle, tenute per troppo tempo nascoste nel buio.
"Bene, quindi se non ti fidi di Kudo puoi sempre fidarti di me".
"Non è così facile".
"Potresti provare".
Shiho sbuffò appena, incrociando le braccia. La pioggia non
cessava ed era quindi costretta sotto quell'ombrello con uno degli
uomini che avevano cercato di ucciderla, in passato. Bene.
Soltanto quando si voltò nuovamente verso di lui si accorse
del taglio fresco che aveva sul dorso della mano, la stessa che teneva
l'ombrello.
"Sei andato a lavorare per qualche missione segreta per la quale ti sei
ferito, prima di venirmi a salvare dalla pioggia?" gli chiese
provocatoria, studiandolo.
Rei assunse un'espressione quasi colpevole, preso del tutto alla
sprovvista.
"No, affatto. Stavo lavorando al Poirot e mi è scappato il
coltello tagliando un tramezzino".
La ramata inarcò un sopracciglio, fissandolo con
superiorità.
"Un agente della polizia segreta che si taglia mentre prepara dei
tramezzini? Credo tu riesca a battere Kudo. Aspetta".
Aprì la tracolla sotto il suo sguardo sbigottito e ne
estrasse un fazzoletto di stoffa, che poggiò sulla ferita
qualche istante dopo.
Rei sussultò appena, sia a causa del lieve bruciore che
dallo stupore per il gesto di lei.
La osservava tamponare e ripulire accuratamente il sangue ormai secco
e, per l'ennesima volta, un altro volto gli tornò alla mente
come un fulmine a ciel sereno.
Due occhi dal colore
verde mare lo scrutavano attenti e, in quel momento, incredibilmente
seri.
"Ti sei fatto male anche
oggi, Rei?" gli chiese poi la giovane donna alla quale appartenevano,
inginocchiandosi alla sua stessa altezza.
"Ecco, io... ".
"Fammi vedere".
Il piccolo Rei le
mostrò il braccio, sul quale vi era un profondo taglio che
lui aveva cercato di tamponare nel tragitto fino alla clinica.
Elena sfiorò
appena la sua pelle, prima di voltarsi per prendere disinfettante e
cerotti.
"Cosa ti avevo detto a
proposito delle prese in giro? Hai fatto ancora a botte?".
Il bambino scosse la
testa di scatto, preoccupato che la donna potesse fraintendere.
"No, stavolta no! Stavo
correndo e mi sono tagliato mentre scivolavo per terra".
All'improvviso, quegli
occhi si addolcirono, cambiando totalmente. Erano ancora più
luminosi e belli, di un colore intenso.
Elena sorrideva con
quelli, prima che con il viso. Uno sguardo, un'espressione, capace di
tramutare la più cupa delle giornate in qualcosa di
magnifico.
Questo era uno dei
motivi che lo spingevano a frequentare la famiglia Miyano; un calore
che non aveva trovato da nessun'altra parte.
"Allora, mi stai ascoltando?".
Rei si riscosse in quel momento, sussultando appena. Non si era accorto
dei movimenti della ragazza che aveva appena terminato di ripulire per
bene la ferita.
"Sì, scusa. Dicevi?".
I suoi movimenti non sfuggirono alla ramata, che gli scoccò
un'occhiata poco convinta.
"Dicevo che ho fatto quello che potevo, ma non avendo cerotti qui con
me dovrai pensarci tu più tardi".
Il ragazzo accennò un sorriso e, nel momento in cui decise
di voltare lo sguardo verso di lei, i loro occhi s'incrociarono
inevitabilmente.
E li rivide, di nuovo in meno di poco tempo. La sfumatura di quel verde
mare, ma non solo. La stessa profondità, la stessa luce di
quelli di Elena. Rimase a osservarli quasi incantato, perso in quella
nostalgia, in quella bellezza straniera.
Neanche Shiho riuscì a scostarsi, troppo concentrata sul
ragazzo che aveva davanti, rapita da quell'espressione dura, seria e,
al tempo stesso, terribilmente affascinante. I tratti fini, segnati da
un'ombra che riusciva a percepire, dentro di lui.
Nessuno dei due si accorse che la pioggia era cessata,
finché Rei non si riscosse.
"Oh... certo, non morirò per questa, non preoccuparti".
"Non era mia intenzione farlo".
"Beh, grazie".
La ragazza non si accorse di arrossire, mentre lo vedeva chiudere
l'ombrello.
"Adesso vado, se sto troppo tempo vicino a te potrei entrare nel mirino
di qualcuno".
"Non ti fidi nemmeno adesso, ho capito".
"Ottima intuizione, detective".
"Agente" la corresse lui, fingendo la compostezza nel tono di voce.
"Sì, come vuoi. Buona giornata".
Shiho gli diede le spalle e avanzò di qualche passo, notando
i deboli raggi del sole che filtravano appena oltre le nuvole scure.
"Ehi, Shiho Miyano" la chiamò Rei, nel tentativo di attirare
la sua attenzione. La ragazza si bloccò sul posto,
voltandosi appena verso il suo interlocutore.
"Mi hai medicato, questo cosa significa?".
La sua voleva essere una provocazione, poiché sapeva per
certo che se lei non si fosse fidata sul serio non si sarebbe neanche
avvicinata. Tuttavia, la sua risposta lo lasciò perplesso.
"Significa che devi imparare a non tagliarti sbucciando le patate,
semplice".
In quel breve istante, entrambi sorrisero senza che nemmeno se ne
accorgessero. Un sorriso spontaneo, naturale come respirare, l'uno
negli occhi dell'altra.
Rei ridacchiò e chiuse l'ombrello, facendo un cenno con la
mano nella sua direzione. Rimase a fissarla anche di schiena, mentre si
allontanava, percependo appena i battiti accelerati del suo cuore.
Era incredibile come quel breve incontro sotto la pioggia gli avesse
fatto realizzare quanto, in realtà, quella ragazza riuscisse
a risvegliare quel qualcosa di assopito in lui, sentimenti forti che
aveva cercato di nascondere in profondità.
Fu sorpreso di sentirsi bene, nonostante tutto.
Soltanto con lei.
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