Capitolo IV
Nei giorni
successivi al suo arrivo
nella capitale inglese, Cecilia non riuscì a riposarsi
nemmeno un secondo.
Oltre alla lunga
lista di luoghi da
visitare che sua madre e Giusy si erano appuntate e che erano decise a
smarcare, la giovane donna doveva aggiungere anche gli appuntamenti con
i
diversi proprietari e inquilini con cui aveva preso impegno per
visitare le
stanze offerte e che purtroppo si trovano in direzione opposta rispetto
al
centro, rendendo le sue giornate un inferno, fatto di continui viaggi
avanti ed
indietro, a bordo della vasta rete metropolitana di London underground.
Su consiglio,
infatti, dell'addetto
alle risorse umane, con cui aveva intrattenuto una fitta corrispondenza
negli
ultimi due mesi, aveva optato per la zona ovest di Londra, che sebbene
non
fosse periferica, distava ad oltre mezz'ora da Piccadilly Circus e
dintorni.
Collegate
facilmente al centro grazie
alle linee Piccadilly e Circle/District, la sua scelta cadde sulle zone
di
Hammersmith e Chiswick, che le erano sembrate ottime
per stabilirsi in modo definitivo e tutte le
sue ricerche difatti si concentrano lì.
Alla fine dopo
una decina di case
viste, si innamorò di una
villetta a schiera a due piani con tanto di giardino sul retro e
spazioso
living room, situata in Worlidge Street, una strada privata a
metà fra la
stazione metropolitana di Hammersmith e il Hammersmith bridge che
collegava il
quartiere con l'area di Chiswick e Putney, rendendola una zona
particolarmente
verde e piacevole d'estate, essendo affacciata sulla riva del Tamigi e
popolata
da diversi pub, dove era possibile godersi il tramonto davanti ad una
birra
fresca.
A convincerla
non fu soltanto la sua
stanza piuttosto grande e luminosa e la zona, ma le due inquiline
Harriet e
Camilla, con cui avrebbe diviso il resto della casa.
Entrambe sulla
trentina e residenti a
Londra da qualche anno: la prima, scozzese di nascita e trasferitasi
nella
capitale inglese per completare il suo percorso universitario, era
rimasta
talmente affascinata dalla vitalità di Londra al punto da
decidere di non fare
più ritorno ad Aberdeen, nonostante i suoi genitori
gestissero una jam factory
piuttosto rinomata a livello locale, mentre la seconda era una ragazza
italiana, di cui, come scoprirà in seguito, Londra
è piena, venuta nel Regno
Unito per amore e rimasta a vivere lì anche dopo la rottura
con il suo
fidanzato, facendo di Londra la sua destinazione finale.
Durante l'ultima
giornata di
permanenza di sua madre e Giusy, le due donne aiutarono la giovane a
sistemarsi
nella nuova casa, concludendo gli ultimi acquisti di utensili per la
cucina e
biancheria per la camera da letto, di cui purtroppo la casa non era
molto
provvista, essendo Harriet e Camilla non esattamente due perfette
casalinghe,
come constaterà Cecilia nel corso della sua convivenza al
41B di Worlidge St.
"Mi raccomando,
cuore. Fai la
brava, ok?" disse sua madre prima di salire sul taxi che avrebbe
riportato
lei e Giusy all'aeroporto di Heathrow.
Le due si
abbracciarono, rendendo
quella separazione, se possibile, ancora più dura.
Non erano
abituate all'idea di non
vedersi per molto tempo, dunque quella situazione era un'assoluta
novità per
entrambe.
Anche Giusy
spupazzò l'amica per
buoni cinque minuti, essendo una piuttosto affettuosa di natura.
“Mi stai
soffocando!” la prese in giro Cecilia ricambiando la stretta.
“Ti do
un lungo abbraccio perché
chissà quando ne riceverai un altro!”
scherzò l’altra sciogliendo l’amica
dalla
presa.
Cecilia
roteò gli occhi e scosse la
testa contrariata. “Non preoccuparti! Mi troverò
degli amici e saranno anche
meglio di te” rispose per le rime facendo la linguaccia.
“Se ti
trovi un ragazzo sarebbe anche
meglio” intervenne sua madre ponendo fine al simpatico
siparietto fra le due
amiche.
La figlia
strinse i pugni mordendosi
la lingua per non rispondere; possibile che sua madre non capisse mai
che con
quelle affermazioni era completamente inopportuna?
Come se lei
già non ci pensasse
abbastanza da sola al fatto che non trovava un uomo da secoli con cui
stabilire
un rapporto serio o semplicemente uscire.
Sua madre stava
per aggiungere altro
quando il tassista, ormai infastidito da quei lunghi saluti,
suonò il clacson
invitando le due donne a salire sul veicolo.
“Ciao,
cuore! A presto” la salutò di
nuovo Giusy aprendo la portiera e infilandosi dentro l’auto
seguita da sua
madre che le diede un veloce bacio sulla fronte, raccomandandole ancora
una
volta di farsi sentire.
***
41 Wolridge St
Casa di Cecilia
02/08/2018
ore 16,25
Cecilia era
sdraiata sul letto e
fissava il soffitto. Era annoiata, tanto annoiata.
Non aveva ancora
iniziato a lavorare,
il suo primo giorno presso gli uffici global Softender era infatti
previsto per
il lunedì successivo, il sei agosto.
Inizialmente le
era sembrata una
buona idea prendersi almeno una decina di giorni prima di riprendere a
lavorare, voleva darsi sufficiente tempo per sistemarsi e
familiarizzare con la
città ma cominciava a pentirsene. Da quando sua madre Anna e
Giusy erano andate
via, lei si sentiva senza uno scopo, avendo praticamente già
girato quasi mezza
città e non avendo ancora stretto amicizia con nessuno.
Aveva pensato di
uscire a prendersi
un caffè ma non aveva nessuno con cui scambiare due
chiacchiere, per cui
rinunciò. Lei non era fatta per uscire da sola, era una da
compagnia.
Aveva mandato un
messaggio alle due
coinquiline chiedendo se volessero fare un giro dopo lavoro ma queste
declinarono l’invito, sottolineando che non sarebbero tornate
fino ad almeno le
19,30 e si sentivano già abbastanza stanche.
“Bene,
forse è il caso di cominciare
ad uscire da soli” si disse guardandosi allo specchio per
convincersi.
Si
truccò leggermente e preparò
velocemente la borsa infilando l’ombrello dentro. Se
c’era una cosa che aveva
imparato subito è che un ombrello non deve mai mancare nella
borsa di un
londinese, anche quando la giornata appare calda e soleggiata.
Non avendo una
destinazione precisa,
decise di camminare senza porsi troppo il problema di capire dove
stesse
andando. S’infilò le sue cuffie a cui era tanto
affezionata e avviò la solita
playlist di Spotify per compagnia senza badare moltissimo al cambiare
delle
diverse canzoni; d’altronde, le conosceva tutte a memoria.
Ogni tanto si
fermava per scattare
una foto, guardandosi intorno per cercare di capire dove si trovasse,
anche se
dentro di sé sapeva di essersi già persa, e dava
un’occhiata al cielo, che
cominciava a riempirsi di nuvole grigie che non potevano promettere
nulla di
buono.
“Non
pioverà” si convinceva
continuando a camminare e ad allontanarsi sempre di più da
casa sua.
Erano circa le
19,40 quando pensò di
ritornare indietro avendo cominciato a sentire una certa fame, non
avendo idea
di dove si trovasse, tirò fuori il suo smartphone dalla
tasca e calcolò il
percorso per casa, usando l’applicazione Google Maps.
“Caspita!
40 minuti di mezzi” si
scioccò osservando il percorso suggerito dall’app. “Sarà
meglio muoversi allora” continuò mentre
si guardava intorno per individuare la fermata K da dove avrebbe preso
l’autobus n° 295 in direzione casa.
Stava impazzendo
per capire la
direzione indicata dal suo GPS quando una goccia spessa
d’acqua cadde sullo
schermo del suo Hauweii. Non fece in tempo ad alzare la testa verso
l’alto che
fu investita da altre gocce d’acqua, sempre più
fitte.
“Porca
tr-“ si lasciò sfuggire in
mezzo alla strada notando tutte le persone correre per cercare riparo
dalla
pioggia che nel giro di pochi secondi si era trasformata in un vero e
proprio
temporale estivo.
Capendo che
ormai sarebbe stato
abbastanza difficile riuscire ad arrivare a casa senza inzupparsi fino
alle
ossa, decise di trovare riparo presso il primo pub che le
capitò davanti.
“Potrei
anche cenare già che ci sono”
pensò mentre spingeva la porta d’ingresso per
entrare nel locale abbastanza
pieno ormai.
Non avendo
nessuno con cui dividere
il tavolo, decise di sedersi direttamente al balcone.
“Hi,
how can I help you?” domandò il
barista mentre spillava una birra per completare un altro ordine.
Cecilia, che
stava ancora consultando
il menù, si sentì colta alla sprovvista, e
finì per ordinare la prima cosa del
menù che le capitò sotto agli occhi.
“Can I have please a burger with fries and
a pint of any lager you have?”
L’altro
annuì e afferrò uno dei tanti
boccali di vetro che popolavano il bancone per cominciare a spillare la
birra,
venendo richiamato da Cecilia che in quel preciso istante
notò la presenza
delle sweet potato fries, diventate un’ossessione per lei da
quando era a
Londra.
“Sorry,
can I have the sweet potato
fries instead? And no onions in the burger, please” aggiunse
facendo il suo
sorriso migliore al barista che annuì posando la sua lager e
sparendo dietro al
bancone subito dopo.
***
24 Percy Street,
London
Sede centrale di
Zenith Media
Stesso giorno
Ore 18,45
Lorenzo De
Tommasi batteva
nervosamente il piede contro il pavimento. Era stanchissimo e dei
commenti del
suo capo Nathan Wilson non ne poteva seriamente più.
Era tutto il
giorno che l'uomo si
lamentava della scarsa considerazione che il loro cliente riservava nei
confronti del loro lavoro e nonostante avesse perfettamente ragione,
Lorenzo ne
aveva abbastanza di ascoltarlo.
"Capo, I hear
you but nothing is
gonna change, at least not today so I'd suggest we have a pint and
forget it
all" sentenziò il ragazzo facendo un sorrisino malandrino.
Sapeva che il
suo capo non avrebbe mai rifiutato una birra, considerando che avevano
fatto
parecchio tardi e che erano ben oltre il loro normale orario lavorativo.
"Yeah, you're
right. Let's
go!" acconsentì alla proposta. "You, Italians are definitely
smarter" affermò con tono quasi stupito, che non
sfuggì a Lorenzo che però
decise di sorvolare.
Ai due si
unì un altro ragazzo del
team, Daniele, anche lui italiano, come Lorenzo.
Dopo una breve
consultazione,
decisero di andare al The Four Thieves, un pub situato nel cuore di
Clapham
Junction. A proporlo fu lo stesso Lorenzo che abitava più o
meno ad una ventina
di minuti a piedi da lì.
Non appena i tre
misero piede nel
pub, si precipitarono al balcone. Il tragitto aveva messo loro una
certa sete e
non vedevano l'ora di buttare giù un paio di birre.
Lorenzo, il
più sboccato e scomposto
dei tre, si allungò lungo il balcone, per riuscire a reggere
la sua testa con
la mano sinistra senza rinunciare a parlare con i suoi amici, finendo
così per
urtare il boccale di birra della persona accanto che vacillò
sul bancone, senza
cadere per fortuna.
"Hey" lo
richiamò una voce
femminile un po' arrabbiata.
Il giovane, che
aveva finto di non
essersi reso conto di aver urtato qualcosa, si voltò al
suono di quella voce e
fissò la sua interlocutrice.
"Would you mind
paying more
attention?" continuò la donna assottigliando gli occhi per
il nervoso.
Lorenzo la
fissò per qualche secondo,
senza proferire parola. Ci stava provando, stava seriamente provando a
non
ridere ma non ci riuscì. Era stato più forte di
lui, le italiane a Londra che
lo sgridavano in inglese con quell'accento chiaramente non british
erano
esilaranti.
"Ma sei
italiana?" le
chiese quando si ricompose.
Dall'altro lato,
alla nostra
interlocutrice la reazione non piacque molto ma chi la ebbe
sì.
Lorenzo non si
accorse della lieve
incrinatura della sua voce alla vista di lui ma se n’era
innamorata
all'istante. Lo trovava perfetto, esattamente come aveva sempre
immaginato il
suo uomo ideale, che non credeva avrebbe mai incontrato.
Dai capelli
color miele, portati
leggermente lunghi e po' spettinati, il viso del giovane era
incorniciato da un
sottile filo di barba non molto curato ma nemmeno lasciato allo
sbaraglio, che
gli donava particolarmente, mentre gli occhi nocciola erano invece
nascosti
dall'ampia montatura spessa nera dei suoi occhiali da vista.
Lorenzo
tossicchiò per richiamare la
sua attenzione e Cecilia riuscì finalmente a reagire.
"Sì,
sono italiana"
confermò. "Sei abituato a ridere in faccia a tutte le
ragazze italiane
dopo aver urtato le loro birre?" chiese acida ricordandosi
improvvisamente
del motivo per cui i due stavano tenendo quella conversazione.
Lorenzo sorrise
sornione, le piacevano
le ragazze dalla lingua tagliente. Una donna doveva essere sempre in
grado di
rispondere per le rime secondo lui.
Fu in quel
momento che Cecilia provò
il secondo tuffo al cuore della serata: quando notò le
fossette che ai lati
della sua bocca.
"No, normalmente
non rido ma il
modo in cui hai detto 'Would you mind' è stato divertente"
ammise facendo
spallucce.
Cecilia
roteò gli occhi e scosse
leggermente la testa. "Vabbè" mormorò
rigirandosi nuovamente
verso la sua birra.
"Sei da sola
oppure in compagnia?"
le domandò lui ruotando interamente il suo busto verso di
lei, voleva
osservarla meglio.
La giovane
annuì confessando di
essere a Londra da pochissimo e di non conoscere ancora molte persone.
Lorenzo stava
per risponderle quando
fu raggiunto da Daniele e Nathan. "Lorenzo, you never miss chance to
speak to beautiful girls" esordì il suo capo piazzandosi fra i
due.
Daniele
scoppiò a ridere lasciandosi
sfuggire un “e ti pareva che non ci provava con
qualcuno!”
Lorenzo
fulminò entrambi con lo sguardo, soprattutto Nathan;
ogni volta che beveva,
i suoi filtri british, che solitamente gli impedivano di abbandonarsi a
commenti poco opportuni, cadevano del tutto rivelando la sua vera
natura.
"I
am not approaching.." iniziò a dire per poi rendersi conto
che non
conosceva il nome della sua interlocutrice. "I guess that I don't
know
your name?" continuò in inglese. Detestava parlare in
italiano in presenza
di stranieri, lo trovava maleducato.
"Cecilia"
rispose lei fra il divertito e l'imbarazzato. Quei tre le piacevano,
erano un
bel trio.
Lorenzo
mosse il mento in segno di approvazione; Cecilia era davvero un bel
nome.
"So
I am not approaching Cecilia, we were just talking"
sottolineò. "I'm
Lorenzo, by the way" si presentò lui allungando la mano che
fu costretta
dalla ragazza. "Sì, lo avevo capito" disse sorridendo.
"Nathan,
nice to meet you" si presentò l'inglese infilandosi
nuovamente fra i due.
"Daniele,
piacere!" disse l'altro scuotendo una mano a mezz'aria.
"An
another Italian girl! Wow, I'm wondering if there's any british girl
left in
London" osservò Nathan
che non smetteva di stupirsi della quantità di italiani che
affollava la sua
città. Non fraintendetelo però: Nathan adorava
gli italiani e iniziava a
preferire la loro compagnia a quella dei suoi amici di sempre.
D'altronde, gli
aveva insegnato cosa significava cucinare bene.
"Are you alone,
Cecilia?"
si rivolse poi a Cecilia mentre si guardava intorno per cercare di
identificare
un'ipotetica compagnia.
La giovane
annuì. "Yes, it was
raining a lot and I was hungry so I decided to get some food"
spiegò lei
facendo spallucce.
"Good choice"
approvò
l'inglese. "Come and join us! We are about to have dinner too" la
invitò l'uomo indicando con un cenno del capo il tavolo su
cui, nel frattempo,
la cameriera aveva posato le loro cene.
Cecilia
accettò ben volentieri
l'offerta e raccolse quello che restava della sua cena per unirsi ai
tre.
Scoprì
con sorpresa che fare amicizia
a Londra era abbastanza facile e che una serata apparentemente noiosa
poteva
cambiare totalmente in pochi minuti.
Parlarono di
tutto: dal lavoro,
stupendosi ancora una volta quando si resero conto di fare lavori molto
simili,
ai loro luoghi preferiti di Londra, passando per musica, cibo e viaggi.
Lorenzo e
Cecilia avevano moltissimo
in comune: anche lui proveniva dalla Regione Lazio e aveva frequentato
lo
stesso corso di laurea di Cecilia all'università La
Sapienza, sebbene in anni
accademici diversi, precisamente due anni prima.
Entrambi
coltivano la stessa passione
per i gialli di Agata Christie e Cara Hunter e avevano più o
meno gli stessi
gusti in fatto di musica. O almeno finché Cecilia non
confessò di ascoltare
canzoni raggaeton ogni tanto, provocando una finta smorfia di disgusto
in
Lorenzo che detestava quel genere musicale.
Si trovavano
così bene a parlare
insieme che decisero di rimanere al pub a chiacchierare, anche dopo che
i
colleghi di Lorenzo furono andati via.
E
chissà quanto altro si sarebbero
detti se non fossero stati interrotti dal cameriere che li
avvertì
dell'imminente chiusura del pub.
Solo una volta
fuori dal locale,
Cecilia controllò l'orario rendendosi conto che era quasi
l'una e mezza.
"Caspita! È tardissimo" sussurrò fissando lo
schermo illuminato del
suo smartphone.
"Come torni?
Anzi, dove
abiti?" le domandò il ragazzo mentre malcelava uno
sbadiglio. Era
stanchissimo e non vedeva l'ora di essere nel suo letto avvolto dalle
sue
sottile lenzuola di cotone.
"Sto a
Hammersmith. Secondo Maps
ci vorrà circa un'ora e mezza per arrivare, devo cambiare 3
mezzi" rispose
trattenendo un'imprecazione.
Non ci voleva
proprio, soprattutto
perché non era a Londra da così tanto tempo da
sentirsi sicura che avrebbe
potuto fare tutta quella strada da sola e di notte, cambiando
addirittura tre
autobus.
"Ma Maps non
è affidabile! Devi
usare City Mapper a Londra" intervenne l'altro mentre apriva la
suddetta
app per ricalcolare il percorso.
"Mmm.. ok! Forse
Maps aveva
ragione" osservò mentre si passava una mano sulla nuca.
"Vuoi vedere
per un Uber?" le domandò poi.
Cecilia
annuì e controllò se c'erano
Uber disponibili nelle vicinanze. "Bene, o mi ci faccio quasi due ore
di
mezzi notturni oppure pago circa 35£ di Uber"
affermò contrariata
lasciandosi sfuggire un c****, che fece ridere il suo accompagnatore.
"Oppure potrei dormire qui" ironizzò indicando la panchina
della
pensilina del 345.
Il giovane
osservò l'espressione
affranta della ragazza che fece un rumoroso sospiro e si
mordicchiò le labbra.
Esisteva una soluzione molto semplice a quella spiacevole situazione
anche se
non n’era estremamente convinto. Dopo quel breve momento di
esitazione ed
essendosi sempre considerato un cavaliere ma soprattutto non vedendo
altre
possibili soluzioni, fece la sua proposta.
"Oppure potresti
dormire su un
comodo divano letto" disse d'un fiato facendo spallucce. Cecilia lo
fissò
perplessa, non capiva a cosa si riferisse.
"Puoi dormire da
me, siamo in
due in casa e non credo che al mio coinquilino causerai alcun disturbo.
Probabilmente sta già dormendo" continuò
sorridente sperando di migliorare
il suo umore.
Cecilia
boccheggiò senza però essere
in grado di rispondere: l'offerta del ragazzo era allettante ma in
totale
sincerità chi lo conosceva?
L'espressione
dubbiosa e leggermente
terrorizzata della giovane risultò evidente a Lorenzo al
punto che decise di
intervenire per non creare ulteriori malintesi.
"Scusami, non
volevo risultare
ambiguo. Non ci sto provando assolutamente" mise le mani avanti senza
aggiungere altro. In fin dei conti, lui le stava offrendo una mano, se
non
voleva accettare erano fatti suoi.
"Non
è per quello" replicò
lei imbarazzata. "Accetto la tua offerta" disse poi senza pensarci
ulteriormente. Non aveva grandi alternative dopotutto se non voleva
pagare un
Uber verso casa.
Lorenzo le fece
l'occhiolino e la
invitò a seguirlo. "Casa mia è a meno di venti
minuti a piedi da qui"
la informò mentre si avviavano.
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Angolo dell'autrice
Finalmente abbiamo conosciuto il nostro protagonista maschile Lorenzo :D il responsibile della totale perdita di controllo della nostra Cecilia dettata dal colpo di fulmine. Perché sì, Cecilia si é completamente fulminata!
Ora si avviano insieme verso casa di lui, voi lo avreste fatto? Io sicuramente no! Però vi posso garantire che Lorenzo è una brava persona, non temete!
Resta sintonizzate e alla prossima :)
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