L’ingrediente Segreto
Le luci riempivano pigramente la stanza.
Fornivano una buona illuminazione per farci qualsiasi cosa: leggere le
ultime notizie, giocare a carte, persino sonnecchiare su un divanetto.
La notte stagliava ombre sempre maggiori fuori dalle ampie vetrate e
nell’aria si respirava il fumo del torpore. Profumava di
camomilla e caffè.
La zona relax era ormai svuotata di
quasi tutti i suoi abituali abitanti. Gironzolavano come bestie
nottambule ancora Sawada - intento nel finire i suoi compiti di
giapponese antico - Wakashimazu, che - come suo solito - era rimasto
per aiutarlo e Wakabayashi, disteso sul divano a leggersi un giornale
sportivo in tedesco. Non c’erano notizie molto interessanti,
ma per Genzo Wakabayashi era particolarmente interessante sentire i
compagni parlare di una materia che, almeno da quel che aveva capito,
era infernale.
I fumi delle tazze si dovettero
assottigliare molto, prima che qualcuno desse segno di scivolare fuori
dalla propria concentrazione. Il primo fu il Super-Great-Goal-Keeper.
Lanciò il giornaletto sul tavolino, si stiracchiò
e constatò che la propria bevanda s’era ormai
raffreddata. Raggiunse i fornelli e se la mise a scaldare, quando
notò un fazzoletto colorato, gonfio come un palloncino,
appoggiato sull’isola che serviva a separare
l’angolo cucina dal resto dell’ampia stanza.
“C’è una
torta qui.”
“Uhm.”
mugolò Takeshi. Voltò faticosamente il macigno,
che ormai aveva rimpiazzato la sua testa, dal libro di testo.
“L’ho cucinata prima.”
“Posso?”
La mano di Takeshi continuò a
sostenere pigramente la testa, anche mentre annuiva debolmente. E
restò impalato lì, con lo sguardo rivolto verso
l’altro portiere - o meglio, rivolto al primo punto fisso che
l’avrebbe fatto addormentare. Wakashimazu se ne accorse e
sospirò. Chiuse i libri di testo e si passò una
mano sulla faccia; era stremato anche lui. Si portò la tazza
alle labbra — sussultò.
“È buona!”
L’esclamazione di Wakabayashi
gli aveva quasi fatto versare addosso il caffè.
Respirò a fondo. Si trattenne dal girarsi a lanciargli uno
sguardo di fuoco. Nel mentre, un sonnecchiante Takeshi aveva ripreso
un po’ di
lucidità.
“Sì? Vuoi sapere qual è
l’ingrediente segreto?”
Era una domanda retorica, ovviamente.
Takeshi adorava farla a tutti e poi non rivelare mai quale fosse il
fantomatico ingrediente.
Genzo lo guardò con cipiglio.
“Sono troppo eterosessuale per
sentirmi dire che è l’amore, Sawada.”
Poté vedere le spalle di
Wakashimazu sussultare. Probabilmente la sua battuta gli aveva fatto
andare di traverso la bevanda. E poi sorrise. Quanto lo divertiva
vedere Wakashimazu mentre si voltava incazzato. Aveva quest’aria perentoria e
si muoveva non con la lentezza di una persona assonata, ma con quella
di chi cercava di trattenere una bestemmia. La calma prima della tempesta fatta a persona. Gli si poteva leggere in
faccia quello che pensava.
E i suoi occhi lampanti facevano
trasparire un messaggio molto chiaro: “Ma che cazzo di
risposta è, Wakabayashi?!”
“E-Era il sale,
Wakabayashi!” rivelò di colpo Takeshi. Gli si
erano imporporate le guance.
Genzo cercò di trattenere una
risata.
“Ah.”
“Venti grammi, precisi
precisi.”
“Va bene.”
“Non è
assolutamente l’amore!” ribadì,
infastidito.
“Ho capito! - e
scoppiò a ridere, alzando le mani. Sentì il
giovane numero quindici sbuffare, quando realizzò una cosa.
“Aspetta... ma il sale non è un ingriedente
segreto. Va in tipo qualsiasi cosa!”
“Esatto. Mia nonna diceva
servisse a dare più sapore alla vita...”
“Lo dicono un po’
tutte le nonne.”
“Sì, ma lei
sosteneva che essere dolci non ti porta a nulla...”
“Avevi una nonna molto
saggia.” Genzo appoggiò una mano sulla spalla di
Takeshi. Era un gesto genuino: lui non aveva molti modi per passare
tempo in famiglia, tant’è che i suoi famigliari
gli erano praticamente sconosciuti. Un po’ lo invidiava.
“Tira fuori un po’ di quella cattiveria nelle
partite successive, ok?”
Sul volto di Takeshi si
stampò un grosso sorriso.
“Ok!” Poi diede
un’occhiata all’orologio.
23.30. Decise che era meglio
coricarsi. “Wakashimazu, io andrei a dormire!”
“Va bene.
Buonanotte.” Era un saluto freddo e sbrigativo, ma il giovane
non ci diede molto peso. Sapeva che il portiere era un tipo di poche
parole.
“Buonanotte! E grazie ancora per oggi!”
E corse via.
Calò il silenzio.
“Come fa ad avere ancora forze
a quest’ora... Che c’è?”
Ken stava fissando Genzo con uno sguardo
che definirlo indignato era riduttivo. Gli tremavano le mani. Lo voleva
picchiare, perché gli aveva instillato l’atroce dubbio che sua
nonna non gli voleva poi così tanto bene. Faceva parte del
percorso di ogni karateka
mettersi in discussione, ma non gli era capitato mai un quesito così profondo.
“Non riuscirò mai
più a guardare le torte di mia nonna con gli stessi occhi...”
esordì tragico. “E tutto per colpa tua,
Wakabayashi.” Detto questo, prese e se ne andò
anche lui.
E Wakabayashi resto lì. Da
solo, abbonato al fiume di risate che non poteva riversare addosso al
povero compagno di squadra.
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N.A.: Yo! Questa breve shot era stata pianificata per il Keep the
Secret di fanwriter.it sul prompt # 23. "La
vecchia ricetta della nonna con uno speciale ingrediente segreto". La posto
lo stesso, perché mi sembrava divertente. Molto nonsense, ma
divertente e un po' cazzara. Ci si rivede quando mi riprendo
dall'influenza!
P.S.: Pray for Ken, pora stella XD
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