Broken
Kagura
alzò la
bottiglia di saké, bevendone le ultime gocce rimaste sul
fondo.
“L'hai
finito?”
La
voce un po'
roca ed instabile a causa dell'alcol di Kohaku arrivò alle
sue
orecchie con una cadenza stanca e rassegnata.
“No”
mentì
lei, e se ne pentì immediatamente, ma l'altro appariva come se non l' avesse sentita affatto .
“Da'
qua.”
Il
ragazzo afferrò
il collo della bottiglia e, senza considerare di avere già
bevuto
abbastanza, provò invano di cavarne ancora qualcosa. Quando
poi si
rese conto di averla finita, cercò di poggiarla
maldestramente a
terra appena vicino allo scalino della porta di casa fallendo
nell'impresa.
La
bottiglia cadde
con un tonfo sordo senza rompersi, e rotolò via per un po'
di metri
prima di incastrarsi nel terriccio un po' smosso fra le radici di un
albero.
Kagura
si strinse
nella giacca senza avere realmente freddo, e alzando il viso verso il
cielo terso della notte trapunto di stelle appena visibili, si rese
conto che una delle tante primavere della sua giovane vita era ormai
alle porte ma che per lei non ce ne sarebbe mai stata nessuna.
Sentì
il tepore
del liquore riscaldarle le guance e diventare sempre più
caldo,
mentre con un dito alzato in aria cercava invano di unire i puntini
luminosi del cielo per ricavare una immagine. Ma quella specie di
gioco non durò a lungo.
Fu
distratta da un
lamento da parte del ragazzo, e non appena si voltò per
vedere cosa
gli stesse succedendo, Kohaku scoppiò a piangere.
Era
lì per
parlare del più e del meno, ed avevano finito con il
rifugiarsi in
una non tanto amichevole bottiglia di alcol.
“Cos'hai,
adesso?” chiese mestamente, come se fosse realmente
preoccupata -
davvero lo era? - per quel tipo non proprio in linea con le sue
amicizie ideali ma che in fondo con lei aveva tantissimo in comune.
La
ragazza lanciò
una esclamazione infastidita decisamente sonora a quella
considerazione così intima - quasi si trattasse di sua
sorella Kanna
- ma quel che disse Kohaku la irritò oltre ogni misura.
“Ci
pensi,
Kagura? L'uomo che ami adesso starà facendo allegramente
sesso con
Rin e noi siamo qui ad ubriacarci come spugne.”
“Chiudi
il
becco, idiota.”
Se
c'era una cosa
che proprio detestava di Kohaku era quell'atteggiamento da ragazzina
isterica che aveva perso il suo giocattolo preferito e che non
avrebbe mai più potuto recuperare.
Kagura
distolse
immediatamente lo sguardo da lui, emettendo una breve esclamazione di
sufficienza. Avrebbe voluto dargli del patetico, che al mondo c'erano
problemi ben peggiori di una delusione amorosa, che lui, Kohaku, era
soltanto un idiota sedicenne con gli ormoni alle stelle a causa di un
paio di occhi da gatta ed un sorriso gentile.
Certo,
anche lui
aveva avuto una vita difficile, rimasto orfano con una sorella
sposatasi giovanissima e nessuno ad accoglierlo a casa; ma
sicuramente non aveva mai subito alcun tipo di violenza sessuale come
invece disgraziatamente era successo a lei.
Aveva
finito con
il detestare chiunque, ma quando aveva conosciuto Sesshomaru le sue
considerazioni sul sesso maschile si erano radicalmente
ridimensionate. Dall'ammirazione era inevitabilmente passata
all'infatuazione, e chissà in che modo l'aveva reso
dannatamente
evidente, proprio lei che aveva cercato per tutta la sua vita di
mascherare sentimenti positivi verso qualcuno.
Egli
era finito
con il diventare l'uomo che voleva per lei, l'unico che avrebbe
curato le sue ferite leccandole con l'umidità bollente della
sua
lingua.
Ma
chi era lei per
rovinare la vita dell'uomo che amava semplicemente per salvarla da se
stessa?
Come
poteva lei,
una donna senza futuro e con un passato che avrebbe volentieri
dimenticato, attivarsi per dividerlo da quella dolce e tenera ragazza
che sembrava amarlo in modo decisamente più disinteressato
del suo?
Sentì
che le
veniva da piangere, ma dopo qualche secondo riacquistò la
sua
precaria lucidità ed afferrò Kohaku per il
colletto. Solo in quel
momento si rese conto che stava ancora frignando della grossa.
“Vieni,
ti porto
a letto” bofonchiò lei con la bocca impastata, e
dopo aver aperto
la porta con le chiavi trovate nella tasca di Kohaku lo
gettò con
poca grazia sul letto della sua stanza.
Guardò
l'orologio
che segnavano le quattro del mattino, e si rese conto che aveva solo
qualche ora prima di tornare a lavoro.
Chiuse
la porta di
Kohaku, e con essa sigillò per sempre i suoi sogni infranti.
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