Anche fragile
[Non
ti fidare
Sai
quando ti dico che va tutto bene così
E
perdonami, sono forte, sì
Ma
poi sono anche fragile]
Elisa
Il buio
della sera cala all'improvviso quasi in punta di piedi, con una
tranquillità quasi inaspettata.
La bambina
dai capelli ramati si guarda intorno spaesata quando se ne rende conto;
d'altronde, l'oscurità fa sempre un po' paura, soprattutto
quando si cerca di fuggirne da sempre.
I suoi
occhi non smettono un istante di abbassare la guardia, anche se
vorrebbe farlo, almeno una volta.
Conan la
osserva, spiandola di nascosto attraverso occhiate curiose e tese,
sperando che lei non ricaschi nel miscuglio di emozioni capaci di
terrorizzarla, spogliandola di ogni sorta di autocontrollo e fiducia, e
di lasciarla sola con la propria fragilità. In quei momenti,
il detective percepisce la sicurezza che lo contraddistingue svanire di
colpo, lasciando il posto a un amaro senso di colpa mai sperimentato
prima. Quando succede, si chiede se sia corretto poter giudicare ed
entrare negli angusti anfratti della sua paura, controllare gli
avvenimenti a suo piacere, a detta della razionalità pura,
anche se ciò possa significare farla soffrire.
Conan
capisce che non ha più voglia di provarlo, di sperimentarlo.
L'unica volta in cui si è permesso di usarla come esca
è stato anche il giorno in cui ha rischiato di non vederla
più.
Da quel
momento, ha promesso a se stesso di non esporla ad altri pericoli, non
ancora.
Anche se la
vede negare e mentire. Anche se la vede trattenere un segreto enorme,
forse di più. Non le chiede niente, perché in
fondo sa di essere uguale a lei. E lo capisce ancora guardandola negli
occhi.
Mentono
entrambi per lo stesso, identico, motivo.
Il silenzio
è assordante dal momento in cui sono rimasti soli; persino
il rumore del vento tra le fronde degli alberi riesce a rassicurarli,
in confronto.
"Sai, Kudo,
forse... forse dovrei soltanto andare via. Vi eviterei altri problemi".
La sua voce
sottile s'incrina appena, tradendo la solita compostezza. Si fermano
sul marciapiede e, adesso, in quegli occhi verde smeraldo si nota
chiaramente il barlume delle lacrime nascoste.
Conan la
guarda lievemente impacciato; i movimenti dell'amica non gli sfuggono
per niente. Rimane in attesa di una conclusione per quel discorso che
ormai ha sentito tante volte, ma che è sempre riuscito a
deviare, in un modo o nell'altro.
Tuttavia,
Ai non risponde e il detective decide di prendere la parola al suo
posto. La conosce da due anni, ormai, ma vederla fragile -
così fragile - gli fa ancora un effetto strano e
incomprensibile: percepisce la solita fitta al petto mentre osserva di
sottecchi quello sguardo basso, che riesce a distinguere chiaramente
nonostante l'oscurità.
L'avrebbe
sempre aiutata a lasciarla indietro, quella maledetta
oscurità.
Anche se lei non ci crede.
"Smettila
di dire certe cose. Con noi sei al sicuro... e poi, ti ho fatto una
promessa, no?".
Ai solleva
lo sguardo di scatto, mentre l'ennesima folata di vento gelido fa
rabbrividire i loro corpi minuti.
Le sue
braccia si stringono istintivamente intorno alle spalle, nel vano
tentativo di trattenere i movimenti quasi impercettibili causati dal
freddo.
Conan le si
avvicina dopo qualche attimo, togliendosi la giacca blu e bianca che ha
addosso da quel pomeriggio. La sua preferita, rispetto al resto
dell'abbigliamento adatto a un bambino di otto anni.
Lei lo
segue con il viso senza fiatare, incerta, come se farlo equivalesse a
spezzare quell'armonia, quella dimensione piacevole che si sta creando;
trattiene il respiro e sgrana gli occhi quando percepisce la stoffa
pesante sulle spalle.
"Ma
questa... ".
"Tienila,
se ti ammali chi lo sente il dottor Agasa? Me la restituirai domani".
La tipica
espressione superficiale di Conan incrocia quella di Ai, totalmente
stupefatta.
Qust'ultima
non insiste nel ridargliela come farebbe normalmente, né
ribatte. La accetta volentieri, chiudendo la cerniera con calma.
"D'accordo, allora vorrà dire che domani questo
sarà il mio primo pensiero" gli risponde, senza comunque
accennare
un sorriso.
Non può mostrarglielo, nonostante il suo cuore stia
già scalpitando da un po'.
Lui alza appena gli occhi al cielo, divertito e rassegnato.
"Va bene".
Trascorrono altri istanti di puro silenzio nel quale entrambi sono
persi nelle loro dimensioni invisibili ma stabili. Così
dannatamente palpabili. "Riguardo il tuo
discorso di prima, intendi dire che mi proteggerai?".
L'amico
rimane in silenzio un istante, prima di annuire con decisione.
"Beh... ne
dubiteresti?".
Quando le
loro strade si dividono e ognuno imbocca la propria, entrambi
percepiscono il cuore più leggero.
Ai
preme freneticamente le dita sulla tastiera del computer, l'attenzione
rivolta verso il monitor. L'unica fonte di luce proviene proprio dallo
schermo; il buio che ha intorno adesso non fa paura.
Si ferma un
istante e afferra la tazza di caffè caldo con la mano
destra. Quando inizia a sorseggiarlo, una piacevole sensazione di
tranquillità la riempie del tutto.
Si stringe
automaticamente nella giacca di Conan; un calore che ha già
percepito in precedenza, una sicurezza che vorrebbe tenere sempre per
sé.
Quella
stoffa calda è la stessa che lui le ha posato sulle spalle
anche tempo fa, dopo averla soccorsa dagli uomini in nero la prima
volta. Se lo ricorda molto bene, così come il dolore delle
pallottole nella pelle e il bruciore delle ferite aperte. Non
è mai riuscita a dimenticarsi il sollievo e la gratitudine
provate subito dopo, il profumo della salvezza, del ragazzo che la
protegge da sempre.
È
la stessa giacca che si è sgualcita e sporcata nel momento
in cui il detective, istintivo come al solito, si è buttato
dal finestrino di un autobus pieno di bombe solo per salvarle la vita.
Ai chiude
gli occhi, cullandosi in quelle sensazioni meravigliose. Adesso
sorride, il sorriso più bello e vero del mondo. Quello
forte, che ha voglia di mettersi in gioco e amare, ma anche fragile.
Così fragile che soltanto Conan saprebbe come maneggiarlo
senza rischiare di rompere irrimediabilmente quel cristallo perfetto,
lo sa.
Probabilmente
la terrò io. Capito, Kudo?
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Note dell'autrice
Questa breve oneshot
è stata ispirata dal contest al quale partecipo, appunto, ed
ecco qui il risultato! Riguardo la citazione iniziale e il titolo ho
preso spunto dalla bellissima canzone di Elisa "Anche fragile".
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