hitman ave maria

di devil_may_cry_wrath_92m
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Roma, oggi, parcheggio sotterraneo ore 20:45 “Devo stare calmo. Lui non può essere già qui!” Si disse Marco Colonna mentre saliva in fretta e furia sulla sua limousine, stava ripetendoselo già da almeno venti minuti ma la verità è che sapeva che lui era già qui. Colonna aveva trentacinque anni, giovane per il mondo dell’alta finanza ma questo non lo aveva mai fermato, quello che voleva lui se lo prendeva con le buone o con le cattive che fossero cose o persone ma adesso lui aveva paura per colpa di una leggenda metropolitana. Era solo una voce, ma sembrava che ci fosse qualcuno che da tempo uccideva vari personaggi nell’ambiente della politica e della finanza, questo particolare assassino colpiva sempre in modo diverso le sue vittime. Alcuni erano stati avvelenati, altri fatti saltare con una bomba, altri ancora uccisi con un colpo alla testa sparato da un fucile da cecchino e a volte l’omicidio era stato fatto passare per un banale incidente. Sembrava impossibile ma tutti questi delitti erano stati commessi da un singolo uomo, nessuno conosceva il volto, o l’aspetto del sicario, nessuno lo aveva mai visto, l’unica cosa che si sapeva di lui era il nome con cui era conosciuto: 47. Colonna, sentendo tutto questo si era fatto due risate gabellando tutto come una leggenda metropolitana ma poi erano cominciati i problemi: uno dei suoi client trovato impiccato nella sua casa, un’ hacker che lavorava per lui fatto saltare per aria mentre tornava a casa con la sua macchina e infine il furto di una statuina di giada che si trovava nel suo attico che, stando a quanto gli aveva detto chi lo aveva progettato era il posto più sicuro sul pianeta, per Colonna quest’ultimo era stato il colpo peggiore: nel basamento della statuina c’era una cosa importantissima se non l’avesse ritrovata sarebbe stato meglio se si fosse sparato. Aveva appena pensato a questo quando un proiettile aveva incrinato il vetro blindato dell’attico; senza neanche pensarci si era diretto all’ascensore che portava direttamente ala garage e lì era salito sulla sua limousine . “Parti, maledizione, parti!” aveva urlato Colonna all’autista colpendo, al tempo stesso il vetro che separava il posto di guida dal resto del veicolo, con il palmo della mano. Tutto durò una frazione di secondo: il vetro che si abbassava, la pistola silenziata impugnata dall’autista che puntava sulla testa di colonna e i due successivi proiettili che venivano sparati da essa. Marco Colonna si accasciò sul sedile in maniera scomposta mentre un rivolo di sangue scendeva dai due fori che aveva in fronte. La limousine uscì dal parcheggio sotterraneo del palazzo e dopo tre isolati venne abbandonata dall’autista che sceso in strada si infilò in un vicolo e sparì. Al suo posto, uscì un uomo tra i trenta e i quarant’anni, alto, con la testa rasata, con indosso un completo nero, una camicia bianca e una cravatta rosso cremisi; si infilò in mezzo a un gruppo di turisti che si stavano dirigendo verso piazza di Spagna e dopo alcuni metri si staccò da loro confondendosi in mezzo ad altre persone, un tipo qualunque in mezzo ad altri tizi qualunque.




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