– No,
Morgan… Risparmiatelo! –
L’urlo
di mia nipote arriva al mio orecchio.
Come?
Non
è possibile!
Lei
ha chiesto a Morgan di risparmiare me?
Non
ho il tempo di farmi alcuna domanda.
La
spada di Morgan oltrepassa la mia difesa e trafigge il mio petto.
Il
dolore è lancinante e il sangue bagna la mia casacca.
Ne
sento il calore lungo tutto il torace e sulle mie cosce…
La
mia mano, ormai troppo debole, lascia cadere il ferro, che si
infrange con un secco tonfo sul pavimento.
Tutto
davanti a me si dissolve.
Non
riesco a credere a quello che è successo…
Per
cosa ho lottato?
Non
mi sono aspettato nessuna pietà da lei e dai suoi sostenitori.
Eppure,
malgrado tutto, lei ha mostrato magnanimità verso di me.
Mi
allontano. Certo, ormai non vedo quasi niente, ma tutto questo mi
sembra così surreale…
Forse,
è un bene che la mia vita sia finita così.
Ormai
privo di forze, crollo sul pavimento. Non voglio sentire niente!
La
mia coscienza, troppo a lungo repressa, torna a rimproverarmi.
Volevo
uccidere quella ragazza, perché in lei vedevo l’erede
del Corsaro Nero, che, ventidue anni prima, ha ucciso mio padre.
La
figlia, innocente, doveva pagare le colpe del suo genitore.
Per
tanti, troppi anni io ho creduto questo.
Cieco
di collera, non ho ascoltato le esortazioni della mia augusta madre,
che mi invitava a vedere l’autentica natura del duca Adrian Wan
Guld.
Quell’uomo,
da come così adorato, era incapace di vedere oltre il suo
meschino interesse personale e, pur di compiacere se stesso, non ha
esitato a vendere se stesso.
Come
ho potuto essere tanto cieco?
Io,
Miguel Ramon Miranda, conte di Medina e Torres ho consacrato la mia
vita ad una illusione insensata.
Basta…
Vorrei che questa agonia terminasse!
Ma
il Fato ha decretato altro.
Vuole
farmi sentire il peso della mia infamia, anche mentre la vita si
allontana dal mio corpo.
Sento
le dita di Iolanda stringersi attorno alle mie mani ormai gelide.
Non
capisco cosa vuole…
Perché…
Perché non pone fine a questa inutile farsa?
–
Signor
conte… Perdonatemi, non volevo la vostra morte… –
Cosa?
Iolanda
di Ventimiglia, figlia del Corsaro Nero, ha chiesto a me perdono?
Ma
non ha senso!
Io
non ho nulla da perdonarle…
Anzi,
dovrei chiedere a lei scusa per l’ingiusta persecuzione che, a
causa mia, ha dovuto sopportare.
Ho
scaricato su di lei le sofferenze di una infanzia e di una giovinezza
non riscaldate dall’affetto di una figura paterna saggia e
autorevole.
Certo,
mia madre, la marchesa Leonor Isabel di Miranda, ha cercato, per
quanto possibile, di supplire a questa mancanza, ma la sua natura,
troppo dolce e accomodante, non poteva offrirmi un punto di
riferimento saldo e sicuro.
Avevo
bisogno dell’affetto di un padre, ma il cuore di Adrian Wan
Guld si volgeva solo verso Honorata, la figlia della sua consorte
legittima.
Per
lui, io ero solo un bastardo, frutto di una passione momentanea,
priva di importanza.
Solo
ora, mentre la mia vita si sta spegnendo, capisco la verità.
Solo
ora vedo gli eventi nella loro interezza.
Adrian
Wan Guld non meritava alcuna vendetta, perché lui stesso aveva
attirato su di sé la rabbia e l’ira dei fratelli di
Ventimiglia.
Sento
sotto di la mia testa le salde mani di Henry Morgan che mi sollevano
il capo.
Ne
sono sorpreso.
Perché
tanta premura è in quel gesto?
No,
non capisco…
Lui,
il protettore di mia nipote, sembra turbato dalla mia agonia?
Tutto,
in questo momento, mi sembra così irreale…
Io
odiavo i filibustieri della Tortue e li ritenevo individui depravati
e crudeli, ma il loro capo è ben più onesto di quel
padre che per tanto, troppo tempo ho onorato.
Muovo
le labbra, ma, per alcuni istanti, non riesco a dire nulla. Ma non mi
arrendo.
Ho
il dovere di chiedere perdono a questa ragazza che ho perseguitato,
senza vedere la verità nella sua interezza.
Fisso
i miei occhi, ormai annebbiati, nelle sue grandi iridi nere, umide di
lacrime.
Riderei,
se non sentissi la Nera Signora sfiorare il mio collo col suo respiro
gelido.
Lei,
che ha sopportato tante disgrazie a causa mia, sta soffrendo per me e
si colpevolizza per quello che mi sta accadendo.
No,
Iolanda, non disperarti per me.
Non
merito il tuo perdono, anche se lo desidero.
Ora
la mia sorte è nelle tue mani.
–
Sono
stato cattivo… Perdonatemi Iolanda… Ditemelo… –
Vorrei
dire tante altre parole, ma il sangue mi monta su per la gola e mi
rende difficile respirare.
Sto
malissimo, ma non importa.
Il
mio cuore, prima turbato dalla coscienza delle mie colpe, ha
recuperato una lieve serenità.
Per
la prima, unica volta sono riuscito ad essere limpido nella mia
esistenza.
–
Vi
perdono, signor Conte… –
Se
fossi in forze, sussulterei di stupore e di gioia.
Sono
sorpreso.
Non
mi aspettavo che lei mi perdonasse.
Le
sue parole risuonano di dolore e pena.
Certo,
sono il fratellastro di sua madre, ma questo non basta a creare un
legame familiare.
L’odio
e la brama di vendetta mi hanno impedito di vedere la gentilezza del
suo cuore e hanno frapposto tra di noi un odio assai tenace.
Il
risentimento e la rabbia si sono dissolti dal mio cuore.
Ma
cosa posso fare per lei, in questi ultimi istanti?
Con
fatica, giro la testa verso Morgan, che osserva tutto senza parlare.
Tuttavia,
i suoi occhi scuri esprimono un’adorazione discreta, ma
sincera, per mia nipote.
E’
strano questo sentimento in un filibustiere, ma non mi importa.
–
L’amate,
è vero? – chiedo.
Chissà,
se si è sentita la mia domanda…
Lui
annuisce, con un lieve cenno della testa.
Va
bene così.
Provo
a parlare, ma non riesco a dire nulla.
Allungo
il braccio verso di lui e cerco di stringergli la mano.
Sento
le sue dita stringersi attorno alle mie e mi sento sereno.
Mia
nipote, dopo tutte le traversie subite a causa mia, ha bisogno di un
sostegno morale ed affettivo.
E
lui glielo darà.
Le
forze mi abbandonano e l’implacabile morte cala su di me.
Addio,
nipote mia...
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