Prologo
Canto
d'Oriente.
Prologo:
Alba
Quando
Eros scocca una freccia dal proprio arco, la vittima del suo diletto
s'innamora inevitabilmente della prima creatura scorta dai suoi occhi,
trasformando l'interesse in un morboso, malsano sentimento.
Se sia vero o no, ancora non l'ho ben compreso, visto che simili
pulsioni sono lontane dalla mia natura.
Però,
da questa storia, ho capito che l'amore può sgrezzare
persino
l'animo di un guerriero millenario, abituato al massacro e al
piacere più volgare, innalzandolo oltre la pura
carnalità.
E
tutto grazie ad un uomo folle, che è riuscito a vedere il
mondo
con occhi diversi da quelli di un qualsiasi altro mortale o divino.
[Follia
capace di attrarre e di sedurre]
Figlio
del Sole, Figlio del Sole,
Così
ti chiamava la tua gente durante i riti propiziatori prima delle
grandi battaglie: si prostravano, ti offrivano doni, ti veneravano al
pari di una divinità e tu, empio,
ti atteggiavi come tale, seppur la tua natura fosse ben diversa.
Amavi
quelle solenni celebrazioni, amavi studiare il comportamento umano:
seduto sul tuo trono lontano dalla masnada osservavi quel mondo
adulto di cui facevi anche tu parte, seppur fossi soltanto un
bambino; i tuoi occhi smeraldini si posavano ora sui fiumi d'alcol
versato nei calici, ora sulle orge, su quei corpi sudati, affaticati
dallo sforzo, eppure così appagati.
Ciondolando
sul tuo scranno, ti sentivi davvero speciale, visto che tu eri un
dono, tu eri il figlio
di Helios: la tua presenza portava non solo prosperità
all'interno
del villaggio, ma anche la vittoria assicurata sul campo di
battaglia. Era irrilevante la giovane età, bastava solamente
che
aprissi il palmo della mano per generare
un sacro fuoco inestinguibile, capace di portare distruzione tra le
fila nemiche.
Tutti
ti amavano e ti veneravano per questo.
E
tu eri felice.
[Perché
così è l'amore: Arcano e Folle]
Giovane
Figlio del Sole,
Crescendo,
crebbe la tua innata curiosità, il tuo innato bisogno di
imparare.
I
tuoi poteri ormai non avevano più alcun segreto,
così ti
concentrasti sulla medicina, sugli studi matematici, sulle
discussioni filosofiche. A volte ti assistevo nei vaneggiamenti,
mostrandomi a te come una vecchia, come una giovane, a volte come una
bambina tua coetanea: ti insegnai parte della mia conoscenza,
spronandoti sempre a nuovi pensieri, nuovi ragionamenti, nuove
invenzioni.
Tu
dopotutto eri il “Mago”, nessuno
osava mettere freno al
tuo istinto, anche se la tua mente diveniva in tal modo sempre
più
raffinata, sempre più pericolosa, soprattutto per gli altri
dei che
ti osservavano dai loro reali scranni.
Ma
tu eri solo un ragazzino e riuscivi ancora a vivere con
spensieratezza.
[Come
quel giovane che
riuscì
ad avvelenarti il cuore]
Presuntuoso
Figlio del Sole,
Crescendo,
fiorì anche la tua bellezza, tanto da diventare mito, ed
insieme ad
essa, maturò anche la tua consapevolezza di essere una
creatura
speciale, preziosa, essenziale.
Cominciasti
ad agghindarti, a truccarti, a vestirti in modo eccentrico, alle
volte persino come una donna, tutto pur di testare le norme morali
della comunità, ma, come avevi previsto, nessuno si oppose a
questo
tuo capriccio: certo, per i primi tempi ci furono per te solo sguardi
dubbiosi, poi il tuo essere un elemento di disturbo diventò
comune
quotidianità.
I
tuoi capelli raggiunsero le caviglie, il tuo fisico grazie agli
allenamenti giornalieri diventò statuario, i tuoi occhi
smeraldini iniziarono a mietere vittime su vittime, umane e divine.
[E
a rivoluzionare la tua eterna esistenza]
Superbo
Figlio del Sole,
Raggiunto
il pieno della tua giovinezza, iniziasti a sederti sul trono con una
postura fiera, celestiale, esternando quello che eri: una creatura
dal sangue antico, diversa da uomini e dèi.
Amavi
contemplare l'ignoranza di quella stessa gente che ti aveva
cresciuto, che ti osannava e ti pregava porgendoti doni per la tua
benevolenza, anche se tu, in verità, non ordinavi nulla, non
potevi
opporti al ciclo delle stagioni, alle piogge torrenziali o alla
siccità; per questo motivo, non riuscisti a rimediare alla
carestia
che per volere divino s'abbatté sul villaggio.
E
il Terrore e la Paura ebbero il sopravvento sulle povere menti.
Così,
quella stessa ignoranza che tu tanto avevi amato, alla fine ti
travolse: il popolo che un tempo ti aveva venerato come un dio aveva
deciso di sacrificarti alle divinità più
importanti di te.
Ti
legarono caviglie e polsi con strette corde, ti costrinsero a
chinarti sull'altare, ti puntarono alla gola un sacro pugnale come
una qualsiasi altra bestia.
Vidi
però nelle tue iridi la totale serenità della
morte, l'accettazione
di quella condanna: dopotutto, seppur giovane, dalla tua posizione
privilegiata eri riuscito a vivere senza alcun rimpianto e
ciò ti
spinse a non abbandonare la superbia neppure davanti a Thanatos.
Ma
fu proprio la tua fortuna a condannarti: la fortuna di essere nato
con una bellezza invidiabile, raggiante,
così da attirare le
attenzioni di Zeus, che ti strappò dal tuo nero destino.
[Senza
chiedere il permesso,
lui
ti cambiò la vita]
Schiavo
delle Divinità,
Vivevi
incatenato in una gabbia, al centro della grande sala principale
sull'Olimpo, privato di quella volontà di vivere che ti
aveva sempre
contraddistinto: amavi la vita, ma la monotonia delle lunghe giornate
sempre uguali, l'assoluta noia ti spinse ad
adeguarti alla
schiavitù. E per qualche bizzarro scherzo della sorte,
grazie alla
tua totale sottomissione, diventasti il giocattolo preferito del Re
degli Dèi.
Ti
ordinava di danzare, tu danzavi.
Ti
ordinava di cantare, tu cantavi.
Ti
ordinava di amarlo, tu lo amavi.
Ma
ad ogni tramontar del Sole, comprendevi sempre meglio che quella vita
ti stava solo prosciugando, senza donarti qualcosa di interessante
che potesse risvegliarti dal torpore.
Persino
l'incontro con tuo padre, Helios, generò dentro di te
solamente
delusione: era orgoglioso del figlio che, finalmente, aveva compreso
il suo posto nel mondo. E dal tuo sguardo perplesso, capii che non
condividevi i suoi stessi, nobili principi.
«
Non voglio che ti accada la stessa sorte di Phaethon.»
allungò una
mano oltre le sbarre, quasi a carezzarti il viso, ma non
riuscì a
raggiungerti visto che indugiasti al centro della voliera «
Continua
ad onorare gli dèi, figlio mio.»
Sorridesti.
[Ares]
Creatura
incatenata,
«
Padre, permettetemi di studiarlo: è un Titano purosangue, una rarità ai giorni nostri.»
Ti
squadrai per un lungo istante, poi volsi lo sguardo a mio padre,
Zeus. Ero la sua prediletta, la bambina nata dalla sua stessa mente,
per cui speravo di poter
mettere le mani su quel suo divertimento tanto prezioso.
Tu
infatti fingevi di essere debole, indifeso, malato;
ma i tuoi brillanti ed inquietanti occhi smeraldini tradivano la tua
falsa fragilità, mostrando stralci di una creatura ben
più
pericolosa.
«
No, Athena. Lui è un semplice servitore degli dèi
che ha
finalmente
capito il suo ruolo.» tuttavia, la risposta autoritaria di
Zeus
non
ammetteva alcuna protesta « Ha già causato molti
problemi
nel mondo umano: sono dovuti intervenire Phobos e Deimos per
riportare la ragione in quella comunità.»
Provai
ugualmente a ribattere, a spiegare le mie nobili ragioni, ma un'altra
divinità ben più odiosa si era avvicinata a noi,
interrompendo la
nostra discussione con un'osservazione altrettanto detestabile.
«
Non ci credo: nostro padre nega qualcosa alla sua prediletta? Questo
mondo ha ripreso a girare nel verso giusto.»
Era
rozzo e indecente, eppure, incredibilmente,
catturò la tua attenzione non appena alzasti lo sguardo
dalla tua
coppa di vino, unico tuo conforto in quella vita. Ovviamente notai la
tua particolare ed improvvisa assenza di movimento, il tuo
interesse per il nuovo arrivato.
Forse
sarà che Ares è sempre stato diverso da tutti
noi: lui è un dio,
certo, ma è un'entità che porta il caos, la
distruzione sul campo
di battaglia.
E
il tuo animo era naturalmente orientato al Chaos.
Questo
lo compresi troppo tardi.
«
Silenzio.» disse Zeus, sfatando l'inizio di un litigio
« La
discussione è chiusa, Halaktrya non si muoverà da
qui: è un
soggetto altamente instabile.»
«
È solo una puttana agghindata da puttana. Sul campo di
battaglia,
uomini simili sono cibo per vermi.» Ares dovette comunque
dire la
sua dopo averti dato una breve occhiata.
Vidi
il tuo sorriso appena accennato e solo per un attimo ebbi un dubbio:
forse, neppure le sbarre forgiate col potere divino sarebbero
riuscite a fermarti, ora che avevi trovato una nuova ragione di vita.
[Perché...
lui era l'esatta metà della tua anima]
Folle
Figlio del Sole,
Quella
stessa notte, decidesti di forgiare il tuo destino: le catene
si spezzarono, la gabbia si ruppe e tu in poco tempo passeggiavi
tranquillamente sul candido marmo dell'Olimpo. Le guardie che
attratte dal rumore provarono a fermarti finirono a terra,
agonizzanti, imprigionate nelle fiamme create dalle
tue stesse
mani.
Avanzasti
in cerca di una via d'uscita, tra corridoi infiniti di infiniti
soldati, tramutando il biancore del palazzo in una sorgente di
cremisi; ti fermasti solo quando i tuoi occhi smeraldini mi notarono
e ciò che mi sconcertò fu la tua assoluta
sanità mentale.
Non
eri impazzito: da cosciente avevi deciso di opporti alle
divinità, a
Zeus, per seguire il tuo istinto.
Strinsi
il mio sacro scudo, pronta ad affrontarti.
Ma
ti trasformasti improvvisamente in fuoco e fuggisti alla mia
vista. Dopo qualche istante, riuscii a notare nella notte un bagliore
lontano, che precipitava nell'oscurità delle nubi.
Fui sopraffatta da un dolore al cuore che mi
fece cadere in ginocchio, con calde lacrime che iniziarono a rigarmi
il volto. Era tutto totalmente irrazionale, ma la consapevolezza che,
dopo tanti anni a vegliare sulla tua esistenza, ti avrei perso per
quel fratello tanto abominevole, mi rendeva incapace di agire.
Per
un primo momento.
Poi
provai solo ira. E vendetta.
[Ma
io,
illuminata
dal sorgere della nuova alba,
mi
armai,
intenzionata
a porre fine a quell'irrazionale follia]
Fine
Prologo!
Angolo
dell'Autrice:
…
…
…
*prende
un respiro*
Ho
sinceramente ansia.
E
non sto scherzando: questa fanfiction mi ha accompagnato per un lungo
periodo difficile della mia vita in cui ci sono stati gravi
cambiamenti. Vederla completa è quasi... catartico?
Comunque,
ai pochi (o tanti, ma non voglio portarmi sfiga da sola)
avventori, eccomi qui con questa breve fanfiction. Se vorrete
continuare a leggere alcune curiosità sulla nascita di
questa idea,
sarò ovviamente felice; altrimenti vi ringrazio per aver
recensito o
per aver soltanto letto quel che ho scritto.
Spero
che continuerete a seguire i miei deliri.
Il
“progetto”
(o parto gemellare, fa lo stesso) è nato da una sfida con me
stessa:
scrivere qualcosa sulle origini di un personaggio che, durante
questi anni, ha fatto breccia nel mio interesse. Inizialmente
“Halaktrya”
è stato ideato come aiutante di un altro mio personaggio
secondario
(una sorta di personaggio secondario alla seconda), ma già
al tempo
cercava di prendersi più spazio del dovuto all'interno della
vicenda
generale; così alla fine mi sono decisa a buttare
giù qualche
riga su di lui e...
Niente,
ho iniziato ad odiarlo.
Non
sapevo davvero come “ruolarlo”:
avrò riscritto e scartato decine di incipit,
perché non mi
convincevano fino in fondo (dico
solo che in uno di questi, lui si travestiva da ballerina e dazava per
gli dèi. Il fatto del travestimento l'ho comunque tenuto,
citandolo in una frase in questo capitolo).
L'errore
che più detestavo nella rilettura era proprio quello a
livello
caratteriale, visto che da protagonista perdeva alcune di quelle
caratteristiche che lo rendevano particolare. Inoltre non sapevo
nemmeno come far iniziare la sua relazione con “SPOILER”
(anche
se è abbastanza
intuibile):
inizialmente doveva essere un rapimento (che
comunque in fondo è rimasto, vero Zeus?),
poi un colpo di fulmine, poi un'intesa reciproca, poi...
Ho
abbandonato il progetto per dedicarmi a qualcosa di più
leggero,
come quello dell'AU scolastica, potendo così provare diversi
stili, tra
cui anche la seconda persona singolare.
E
mi si è accesa una lampadina.
Diciamo
che la stesura del capitolo è stata molto fluida proprio
grazie a
questa sorta di “dialogo”
tra personaggi. Non ho inventato nulla di nuovo, però sono
riuscita
finalmente a vomitare addosso ad “Halaktrya”
tutte quelle caratteristiche che in terza persona non riuscivo a far
emergere allo stesso modo (infatti sembrava
sempre una dannata Mary
Sue... cioè, anche adesso lo è secondo gli
standard dei miei
protagonisti, però per ogni suo pregio ci sono almeno tre
difetti,
quindi mi sento più soddisfatta).
E
così eccoci qui al primo capitolo. O prologo. O... beh,
introduzione.
Comunque,
come sempre, di nuovo un ringraziamento speciale a tutti quelli che
daranno una speranza a questa storia.
Un
bacio da _Lakshmi_!
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