-I
personaggi sono di proprietà dell'autrice Kerstin
Gier e l'opera, di mia invenzione, è stata scritta
senza scopo di lucro
Finalmente
soli
-
“Carissima mon ami Amelie,
quanto ci sei mancata, ieri, al ballo in maschera a
Versailles!
Il nostro sovrano è stato incantevole e
quando ha aperto le danze ballando
la gavotta, io mi sono addirittura commossa.
Le maschere, che da voci di servitù
sembra fossero più di tremila,
erano di una bellezza inaudita e il ballo veramente ben riuscito.
…ti scrivo anche per narrarti di un
fatto così bizzarro a cui abbiamo
assistito io e Monsier Pontcarrè mentre eravamo in giardino
ad assistere ai
fuochi …”
29
settembre 2018
Gideon
era pensieroso. Lo era da
giorni.
“Potremmo
programmare tre ore
sulla luna per il prossimo salto, cosa dici?” quando Gideon
annuì alla mia
proposta, capii che non mi stava ascoltando. Cosa stava succedendo?
Xemerius
ridacchiò mentre dondolava
sul lampadario. Non alzai neanche lo sguardo e lui si offese.
“Pensa a
un’altra. Lo so.” Gli lanciai
un’occhiataccia e il doccione rise svolazzando
sulla libreria. “Sapevo che mi avresti guardato! Lo
sapevo!” non potei fare a
meno di sorridere e tornai a guardare Gideon, seduto sul divano.
“Tesoro…”
iniziai sedendomi
accanto a lui. “Mi sembri un po’…
pensieroso” gli accarezzai i capelli e cercai
di metterlo a suo agio. Gideon
si sporse
verso di me e mi prese il viso fra le mani. Quando mi baciò
non opposi
resistenza, ma non riuscii a lasciarmi andare. “Ti va di
raccontarmi ciò che ti
preoccupa?” lui sospirò e si passò una
mano fra i capelli, scompigliandoli.
Sentii Xemerius sbuffare rumorosamente e abbandonare la stanza
attraverso il
muro, lasciando una macchia d’umidità
sull’intonaco.
“Prometti
che non ti
arrabbierai?” mmm, se iniziavamo così…
Annuii più per curiosità che per
rassicurarlo. “I Guardiani…”
iniziò. Doppio mmm.
I
Guardiani, ossia quella
congregazione segreta che da quasi mille anni monitorava i viaggi nel
tempo e i
portatori del gene che permetteva di trasmigrare nel passato, erano per
me
l’equivalente di una setta satanica.
Quando
si scoprì che fossi io l’ultima
viaggiatrice e non mia cugina Charlotte, i Guardiani avevano iniziato a
parlare
di segreti, cronografi rubati, potere superiore e talmente tante altre
cose che
il mio primo mese da viaggiatrice nel tempo fu veramente stressante.
Quando poi
abbiamo smascherato il Conte di Saint Germain che era
tutt’altro che il nobile
uomo che proferivano i Guardiani, loro si sono sentiti un po’
spaesati. Effettivamente,
dover rendersi conto che ciò che voleva il Conte non fosse
il bene bel mondo,
ma solo il proprio, li aveva messi in crisi.
Il
Conte aveva tentato di
uccidere me e Gideon, era subdolo, cattivo e altamente misogino, ma
aveva una
gran mente ed era sempre un passo avanti a noi, nonostante vivesse nel
diciottesimo secolo, così quando morì qualche
sospiro di sollievo l’avevo
tirato anch’io.
Solo
che da quel momento,
decaduta la loro priorità, ossia salvare il mondo, i
Guardiani si ritrovarono
senza nulla da fare e iniziarono a starci addosso ancor di
più. Se prima
dovevamo render loro conto di tutto ciò che facevamo, dopo
divenne peggio. Non
poteva succederci più niente, con il Conte fuori dai giochi,
ma due adepti ci
seguivano dappertutto ed erano costantemente fuori dalla porta di casa
mia, dall’appartamento
di Gideon, dall’università e dallo studio dove lui
faceva praticantato. Anche
in quel momento c’erano due adepti poco lontano da noi, non
eravamo mai soli.
Io li odiavo più di prima. Non potevamo fare niente.
Gideon
continuò “Sono venuti a
conoscenza di una lettera in cui si parla della nostra presenza a
Versailles,
quindi vogliono che andiamo là per...” in Francia?
Ma se non potevamo mai andare
da nessuna parte! Non ci muovevamo mai da Londra, non potevamo essere
noi.
Probabilmente qualcuno doveva aver visto Gideon quando…
“Forse la lettera si
riferisce a quando sei andato da Madame d’Urfé per
prelevare il suo sangue, per
via del secondo cronografo…” ma lui scosse la
testa.
“No,
è stato prima. Nella lettera
si parla del 1669” La geneportatrice
francese
doveva esser nata dopo quella data, ma non ne ero sicura,
così non dissi niente.
“Mmm, prima della rivoluzione francese, giusto?”
Dopo aver studiato a scuola
con il professor Whitman, alias il Conte di Saint Germain, storia non
era proprio
il mio argomento preferito, anche se avrebbe dovuto essere proprio il
contrario.
Gideon
annuì “Sì. Il regno di
Luigi XIV, il Re Sole”
per fortuna, lui,
come mia cugina d’altronde, era cresciuto fra lezioni di
cultura, storia,
scherma, portamento, balletto e tutte quelle cose lì che
dovevano servire a non
smascherarli. Annuii anch’io. Non che conoscessi il Re Sole
bene quanto lui.
“Quindi
dobbiamo andare in
Francia?” mi stavo già elettrizzando
all’idea di quel viaggio fuori programma,
quando mi ricordai come avesse introdotto l’argomento.
“Perché
dovrei arrabbiarmi?”
chiesi quindi sospettosa. Gideon si morse il labbro inferiore. Lo
faceva sempre
quando era nervoso “Perché è Charlotte
che ci ha contattato dicendo che ha
trovato la lettera. Vuole che andiamo
là…”
Charlotte!
Mi innervosii e mi
alzai di scatto dal divano. Charlotte, la mia carissima cugina, quella
bella,
colta, che sapeva parlare otto lingue, campionessa di arti marziali e,
nondimeno, innamoratissima di Gideon, voleva che andassimo in Francia
dove lei
viveva da cinque anni? Mai!
Ma
se lei aveva capito così bene
di non farsi più vedere, perché avremmo dovuto
andare noi da lei? Però la
Francia… Non ero mai stata fuori dall’Inghilterra
e la storia dei salti nel
tempo erano una scocciatura per organizzare una vacanza. Sarebbe stata
un’occasione d’oro. Però vedere
Charlotte…
“E
tu come lo sai che è stata lei
a trovare questa lettera?” ero convinta che fosse un modo per
farci perdere
tempo e cercare di rivedere Gideon. Nessuno sapeva quanto Charlotte
fosse
insulsa, a parte me. Loro avevano sempre visto il suo lato
‘carino’ e non la
conoscevano veramente.
“Mi
ha scritto una mail” confessò
Gideon. Continuava a guardarmi senza abbassare lo sguardo.
C’è da dire che l’educazione
da principino superiore che aveva ricevuto aveva il suo fascino. Non
riuscivo
mai a dirgli di no. Ma non mi aveva detto che Charlotte gli aveva
scritto! “Una
mail?” chiesi quindi, alzando un sopracciglio.
Lo
sguardo di Gideon traballò e lui
non fu così sicuro. “Diciamo più di
una” oh, più di una? Alzai ancora un
sopracciglio. Lui scattò in piedi. “Le ho detto di
no, all’inizio. Che non
avremmo preso in considerazione la cosa, ma poi…”
oddio, poi cosa? “Poi?”
chiesi quindi “Lei… È stata insistente.
Ha detto che avrebbe convinto i
Guardiani e…” cioè? Lo aveva ricattato?
“Quindi hai ceduto?” lui alzò le
spalle.
“Hai
sempre detto di voler andare
in Francia” si difese lui. Ma mica da Charlotte!
Però non potevo dirlo ad alta
voce, sarei sembrata un’immatura. E poi, era vero: volevo
andare in Francia.
“Non può spedirci la lettera?”
così giusto per essere sicuri che non fosse una
trappola. Stavolta alzò lui un sopracciglio. Oh, cavolo!
“Se
parliamo noi con i Guardiani,
possiamo organizzare il viaggio. Potremmo fare i turisti. DA SOLI. Se
invece ci
costringono, bisognerà fare come vogliono loro”
Sì, Gideon aveva perfettamente
ragione. Purtroppo succedeva spesso. Non volevo cedere, ma
l’idea di passare un
po’ di tempo da soli, mi piaceva.
“Ci
penserò” dissi alla fine.
Mancava una settimana al mio compleanno, ma non volevo passarlo con
Charlotte!
Che poi era anche il suo di compleanno e io non volevo farmi, di nuovo,
mettere
in ombra dalla ‘perfetta’ Charlotte.
***
Il
giorno dopo ricevetti una mail
da Charlotte. C’era da dire che era tenace. Lessi le poche
righe che mi
scriveva dove mi chiedeva di non opporre resistenza al viaggio e si
dimostrava
persino felice di incontrarmi. Felice! Non ci sarei cascata.
I
Guardiani erano tutti convinti
del fatto che fosse una cosa di elevato interesse e continuavano ad
insistere
sull’importanza di questo salto temporale proprio adesso.
Parlavano di Continuum e di quanto
fosse importante
non interferire con il passato. Anche mia mamma, secondo me convinta da
zio Falk, cercò di
convincermi a partire
e alla fine, ebbi tutti contro: anche i miei fratelli e Leslie mi
chiesero di assecondare
i Guardiani per non sentire più nominare la Francia.
***
Quando
partimmo, dopo un’organizzazione
degna di una operazione a cuore aperto, io ero ancora arrabbiata con
Gideon. Mi
sentivo ingannata ed ero altamente infastidita da tutti. Neanche
l’improvvisa
gaiezza di Madame Rossini, riuscì a smuovermi dalla mia
posizione. Neanche
quell’abito fantastico che mi faceva sentire una
principessa… Ma in fin dei conti
stavo andando in Francia e lì i reali non è che
avessero fatto una bella fine…
“Gwenny!”
Charlotte alzò una mano
per salutarci quando la limousine si fermò davanti ad una
villetta alla
periferia di Versailles. Era casa di Charlotte? Cioè,
eravamo a casa sua?
“Perché siamo qui?” chiesi a Gideon che
si mordeva ancora il labbro e ai due
adepti che pensarono bene di guardare per terra. Oh, stupendo.
Scendemmo
tutti e Charlotte, con
la sua chioma rossa di capelli che svolazzava neanche fosse la
pubblicità del
balsamo, ci venne incontro sorridendo. Ero già pronta a
fulminarla con lo
sguardo se si fosse avvicinata troppo a Gideon, quando dietro di lei mi
apparve
Mr. Marley, l’adepto che avevo conosciuto e mi aveva scortato
per Temple quando
avevo iniziato a viaggiare nel tempo.
“Marley?”
quasi gridai. Ero
contenta di vederlo. Aveva lasciato i Guardiani e io non lo vedevo da
tantissimo tempo. Lui mi sorrise, di un sorriso molto più
rilassato di otto
anni prima e mi porse la mano. “Come stai,
Gwendolyn?” subito dopo averlo
salutato anche Charlotte mi raggiunse per salutarmi. Feci buon viso a
cattivo
gioco ma effettivamente non ce ne fu bisogno, in quanto mia cugina mi
sorrise
di un sorriso che non le avevo mai visto e mi abbracciò
affettuosa. Ci rimasi
quasi male. Chi era questa qui? E che fine aveva fatto la vera
Charlotte? Il mio
sguardo doveva essere trasparente perché Marley mi disse
sottovoce “Da quando
non vive più con Mrs Glenda, Charlotte sembra
un’altra persona.” Cavolo, bastava
allontanarla dalla madre per far sì che fosse una persona
normale?
Venni
così informata che avremmo
soggiornato a casa di Charlotte e Gyles, ossia Mr Marley, e che loro
stavano
insieme da due anni. Sorrisi. Era fantastico. Charlotte stava con un
altro. Non
voleva provarci con Gideon. Non ci avrebbe provato con lui. Ma il mio
sorriso
sparì quando ci dissero che avremmo fatto il salto temporale
quella sera, ossia
il giorno del mio compleanno. Sbuffai. Perché doveva essere
proprio il giorno
del mio compleanno? Perché subito? Nessuno mi diede risposta
se non ‘è giusto
così’. Era sempre così. Pensavano che
bastasse informare Gideon e tutto era a
posto. Come quando avevo sedici anni.
***
“Poi
dovrete spiegarmi come
riuscite ad accedere anche a posti impossibili come questo”
dissi al Guardiano
Maggiore che ci accompagnava, attraversando un salone dentro la Reggia
di
Versailles. Gli adepti ci seguivano con il cronografo. “Chi
avete corrotto
stavolta?” nessuno mi diede risposta anche perché,
me ne accorsi da sola, ero
piuttosto infantile.
Il
mio vestito, come già sapevo,
era fantastico, aveva tantissime sfumature di azzurro e si intonava con
i miei
occhi. Quando mi ero guardata allo specchio, nel camerino improvvisato
di
Madame Rossini, non ero riuscita a non esaltarmi. Mi stava davvero
bene. E immagino
che anche Gideon stesse benissimo. Anche il suo costume doveva essere
intonato
all’azzurro, ma aveva ancora il mantello con il cappuccio,
che si sarebbe tolto
poco prima di saltare.
Io
dovevo essere la solita
sorella putativa di Gideon, visto che chiamarla ‘parente
povera’ era troppo
gravoso per l’epoca, così nessuno si sarebbe
sorpreso a vederci insieme per
tutta la sera. L’etichetta era una cosa che ancora non mi
entrava in testa,
così avevo annuito e non avevo fatto domande.
Sarei
stata chiunque volessero
loro. L’importante è che fossi riuscita a vedere
Parigi il giorno dopo, da
sola, con Gideon. Avevo una gran voglia di fare la turista. Potevo
accettare di
essere Miss Germary o Mademoiselle Germary, per tre ore,
sorridere alle matrone e anche ballare il minuetto. Si ballava il
minuetto in
Francia? Speravo di sì. Era l’unico ballo che
avessi imparato.
Quando
Gideon mi prese la mano e
mi guardò negli occhi, mi scordai di essere arrabbiata con
lui. Ok, avrebbe
potuto essere una bella serata. Era il mio compleanno, dopotutto. Il
mio umore
svanì quando vidi entrare nel salone anche Charlotte e lei,
dopo averlo cercato
con lo sguardo, si diresse verso di noi e Gideon si
allontanò da me per avvicinarsi
a lei. Li osservai scambiarsi qualche frase sottovoce e poi vidi Gideon
annuire
e sorridere. La gelosia si impossessò di me. Mi diressi
velocemente verso il
cronografo e pigiai il mio dito nell’incavo giusto e sentii
l’ago bucarmi la
pelle. Quando la stanza si illuminò di rosso, vidi Gideon
voltarsi sorpreso
verso di me prima di sparire nel 1669.
Mi
ritrovai nello stesso salone
da dove ero partita. Solo che alle pareti c’erano lampade con
candele vere e
sui muri dei veri affreschi. Mi avvicinai per guardarne uno. Sbuffai
quando quel
maledetto vestito mi impedì i movimenti. Passavo i pomeriggi
trasmigrando a casa di Lucy e Paul,
i
miei veri genitori, e non c’era mai bisogno di indossare
vestiti d’epoca, così
era passato un bel po’ di tempo da quando avevo avuto a che
fare con corsetti e
ampie gonne e non mi sentivo proprio a mio agio.
Dopo
neanche due minuti, Gideon
comparve dietro di me. Aveva un vestito stranissimo:
una specie di calzamaglia con un gonnellino
azzurro e un sacco di pizzi intorno, anche la sua blusa era piena di
pizzo.
Oddio, dovetti trattenere una risatina, perché era davvero
buffo. Per non
parlare delle scarpe! Avevano un tacco più alto di quelle
che portavo io tutti
i giorni! E poi la sua parrucca! Oh, mamma mia, era un ricettacolo di
boccoli
stretti stretti che gli cadevano sulle spalle ma, dannazione, stava
bene anche
così!
“Dovevi
aspettarmi. Devo saltare
prima io per assicurarmi che la strada sia libera”
dichiarò un po’ nervoso. “Ce
l’abbiamo fatta lo stesso, no? Sei carino addobbato
così, penso che mia sorella
Caroline avesse una bambola con un vestito come il tuo, da
piccola” ridacchiai
guardandolo mentre lo indicavo con il dito e lui sbuffò. So
che odiava i
vestiti d’epoca ed effettivamente, stavolta, non potevo
dargli torto. Ma questa
volta era colpa sua. Mi guardò senza dire niente e insieme
ci incamminammo
verso il corridoio.
Prima
di seguire la musica e il
baccano della festa, Gideon tirò fuori due maschere e mi
aiutò ad indossare la
mia. Lo sentii sospirare mentre legava il nastrino dietro la mia testa,
dove
Madame Rossini aveva insistito per mettere del pizzo, e io sorrisi
perché
sapevo cosa stava pensando della scollatura del mio vestito.
Già, questa volta
ero stata più fortunata io con
l’autenticità dei costumi: scollature generose
con corsetti che mi avrebbero ucciso se non fossero stati fabbricati
con
materiali del XXI secolo, mentre lui sembrava una ballerina con tutti i
pizzi e
le trine che aveva addosso.
Quando
entrammo nel salone della
festa rimasi senza parole. Il locale era grandissimo, ma nonostante
ciò,
gremito di gente, gente mascherata. La musica, suonata da una vera
orchestra,
era deliziosa e vidi anche il re, dopo che Gideon me lo ebbe indicato,
aprire
le danze ballando con una dama che non ero sicura fosse la sua
consorte.
Il
Re Sole era un gran ballerino:
eseguì delle coreografie da far invidia a molta gente del
nostro tempo e quando
finì il ballo dovetti trattenermi dal battere le mani, da
tanto ero colpita.
Scendemmo
in pista anche noi e
ballammo un minuetto insieme ad altri ballerini e io constatai con
sollievo non
solo di ricordarmi i passi ma di saperlo ballare anche molto bene. Non
sbagliai
niente, anche quando ci scambiammo di posto, e nel minuetto succede
più volte,
non mi misi mai in ridicolo. Alla fine del ballo ero accaldata, ma
contenta.
Quando
Gideon andò a prendere da
bere, lasciandomi sul bordo della pista, mi scontrai con una dama con
una
maschera rosa. “Oh, mi perdoni, sono piuttosto
sbadata.” Non ero sicura di poter
parlare con qualcuno che non mi fosse stato presentato, ma essendo una
festa in
maschera, pensai che l’etichetta fosse meno rigida del solito
e scambiai
qualche battuta con quella giovane donna che mi sembrava
così simpatica.
Gideon
ci trovò a chiacchierare
come vecchie comari e la salutai nel migliore dei modi, chiamandola
‘mademoiselle’, lei rise e si presentò
come ‘Madame Pontcarrè’ e mi
indicò
addirittura il marito.
Non
volendo sembrare maleducata
dissi “Noi veniamo dall’Inghilterra, sono Miss
Ger…” mi scordai il nome che
dovevo dire e quando mi passò davanti una donna che
assomigliava tantissimo a
lady Gaga, mi sfuggì un ‘Miss
Germanotta’
senza volere. Lei mi guardò in maniera curiosa, giustamente,
e poi guardò
Gideon.
“Lui
invece è un mio vecchio amico
d’infanzia, Mr… “ guardai Gideon che mi
guardava stranito scuotendo la testa.
Quasi mi arrabbiai. Non avrei detto di nuovo di essere la parente
povera, avevo
cambiato idea, non avremmo rivisto quella donna, potevamo essere chi
volevamo.
Così dissi il nome con cui lo chiamava Caroline.
“Lui è Mr Gollum”
vidi lo sforzo che fece lui per restare serio.
“Scusate,
raggiungo mio marito in
giardino, sono accaldata.” Madame Pontcarrè ci
scaricò con nonchalance, sventolandosi
il viso arrossato.
Gideon
rideva ancora quando mi
porse il bicchiere. “Andiamo in giardino anche noi? Fra poco
ci saranno i
fuochi…” i fuochi? Cioè, era il 1669 e
facevano i fuochi artificiali? Il Re Sole
era un grande.
“Sei
ancora arrabbiata?” scossi
la testa. Era vero. La serata era piacevole e io mi stavo divertendo. E
poi
eravamo da soli dopo tanto tempo.
“Allora
pensavo… Visto che è il
tuo ventiquattresimo compleanno e che finalmente siamo
soli…” fuori in
giardino, quando i primi fuochi esplosero in cielo, Gideon si
inginocchiò
davanti a me e mi mostrò l’anello più
bello che avessi mai visto.
“… avresti dovuto vedere,
Amelie, come Mademoiselle Germanotta pianse e
abbracciò Monsier Gollum dicendo di sì.
Chissà come devono essere affollate le
feste in Inghilterra per considerarsi
‘finalmente soli’ ad un ballo del nostro
sovrano!”
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*** Fanfiction scritta
per un contest riguardante un ballo in maschera del Re Sole. Spero vi
piaccia :-)
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