Premessa questa storia avrebbe dovuto
essere una flashfic, ma avevo quest'idea in testa che mi è
esplosa quando ho avuto la possibilità di parlare di una
brotp tra Naruto e Kiba, quindi non me la sono proprio sentita di
tagliare parti per me essenziali XD Spero che gradirete lo stesso!
Auguri di Buona Pasqua!
Consiglio spassionato:
leggete queste righe ascoltando la canzone omonima da cui è
ispirato il titolo I'm
shipping up to Boston dei Dropkick Murphys. E... occhio che
quando finirete avrete voglia di andare al pub a fare casino!
Per
Ale, le tue risate, la tua energia, la tua sensibilità
dietro il fare scherzoso. Tanti auguri, al Naruto migliore che potessi
incontrare <3
Nel
pub c’era odore di sigaretta, di legna bruciata nel camino,
del sudore degli avventori che chiacchieravano tra una bevuta e
l’altra; si percepiva il profumo della birra dal colorito
ambrato e un retrogusto speziato, con la schiuma che scivolava lungo il
boccale e poi giù, lungo le mani rese ispessite dal lavoro
per poi gocciolare sul bancone di legno scuro, scheggiato e consumato
fino ad avere i bordi lisci, lucidi come lacrime sulla pelle di una
nobildonna.
Kiba, garzone
che aveva viaggiato dall’Oriente fino alle coste di Boston,
fumava ridacchiando di tanto in tanto mentre attendeva
l’arrivo del festeggiato.
Beh, sempre
che un matrimonio fosse un’occasione da festeggiare: per come
andavano i tempi, Kiba non ne era poi tanto sicuro. Scrollò
la cenere, bevve una boccata di birra e fece in tempo a poggiare il
bicchiere, asciugandosi i residui di schiuma col dorso della mano, che
sentì un vociare più rumoroso degli altri.
Sollevò
un sopracciglio, scuotendo la testa divertito mentre annunciava al
gruppo di amici: “Scommetto ogni dannatissimo centesimo della
mia paga che questo è Naruto!”
“Beh,
allora non è che tu abbia molto da scommettere!”
Kiba si
voltò e vide Naruto che lo guardava con la sua faccia da
schiaffi, una bretella saltata e le maniche della camicia arrotolate.
“Fottiti,
idiota!” replicò l’altro, sollevando il
dito medio, per poi andare ad abbracciarlo; o meglio, stritolarlo, in
quel modo tutto Inuzuka che aveva di comprimere le vertebre alle
persone – per ucciderle o dimostrare affetto, a seconda dei
casi – offrendogli poi una birra, come principio di quella
serata speciale dedicata al suo migliore amico, in una città
di immigrati, mercanti e università.
“Ragazzi
– dichiarò Naruto tirando poi su col naso,
commosso anche se aveva un sorriso che andava da una parte
all’altra del volto – sono davvero, davvero troppo
felice che siate tutti qui, per me, a festeggiare. Stasera tiriamo
giù Boston!”
Urlò
esaltato, seguito a ruota dal gruppetto. Kiba lo prese in giro,
ribadendo che prima di tutto lui era lì per la birra, poi
veniva il resto, ma fece un brindisi e, trascinato, infiammò
la già calorosa euforia generale.
Si divertirono
coinvolgendo parte degli avventori, tra canti marinareschi imparati
nelle traversate commerciali e balli folk insegnati dagli irlandesi,
approdati sulle coste americane dopo la carestia nel loro paese, in
un’ondata di capelli rossi e cattolicesimo.
Tutto
andò per il meglio finché qualcuno
batté una pacca sulla spalla di Naruto che, spensierato, si
voltò pronto a condividere un bicchiere; ma il sorriso si
spense come una fiamma senza ossigeno: vedere infatti il volto arcigno
di un marinaio grande e grosso, intento a squadrarlo
dall’alto in basso con le braccia incrociate e
l’aria di chi cercava guai, non lo fece propendere a ridere
ancora. E la frase che lo sconosciuto gli rivolse lo portò a
ridere ancora meno:
“Tu
e i tuoi amici fate troppo casino. Levatevi dal cazzo e –
lanciò un’occhiata ai suoi compari con un sorriso
d’intesa – nessuno si farà
male.”
Qualcuno dei
tizi accanto a lui rise, già convinto della
superiorità del proprio gruppo.
Naruto
però si guardò attorno, scrollando le spalle:
“Sai, ho provato a cercarlo, ma... non lo vedo
mica!”
“Cos’è
che non vedi, sottoprodotto della merda?” fece
l’altro, sollevando un labbro con una smorfia irritata.
Il ragazzo
biondo sgranò gli occhi, sorpreso, con l’aria di
chi stesse parlando a un minorato:
“Ma
come? Un cartello con scritto che in un pub non si può bere
e fare festa: non lo vedo! Anche se tanto, ah, mica l’avresti
letto, coglione!”
Non che lui
sapesse proprio leggere benissimo, ma... ehi, Naruto era un tipo che
quando cercavano di impedirgli di fare qualcosa agiva di petto,
smettendo del tutto di pensare razionalmente, insulti
sull’analfabetismo compresi. Sorrise, euforico, anche nel
vedere che la provocazione era andata a buon fine: il marinaio infatti
ringhiò e i suoi compagni si scaldarono le nocche, pronti a
fare qualcosa di peggio rispetto a lanciare minacce da fighetta
borghese.
Ancora su di
giri dopo aver baciato Jenny, la più bella del suo
quartiere, sporco di rossetto Kiba si avvicinò al migliore
amico: “Ehi, che succed...”
Ma non
finì di parlare che Naruto gridò, spingendogli la
testa per farlo abbassare a forza: “Kiba!
Giù!”
Senza molta
possibilità di scelta il ragazzo lo ascoltò,
chinandosi giusto in tempo: sentì infatti passare sopra di
sé un pugno scagliato a tutta velocità e diretto
contro Naruto. Questi, occupato a difenderlo, oltre ad avere in corpo
più birra che sangue, non riuscì
granché bene a schivare il colpo lanciato
dall’omone con cui, evidentemente senza molto successo, aveva
appena finito di scambiare insulti.
Quando
però vide Naruto portarsi una mano sulla bocca con un labbro
sanguinante, Kiba nemmeno si chiese le ragioni di
quell’attacco o altro; semplicemente, strinse i denti e
rilasciò poi un urlo di rabbia, rialzandosi con uno scatto
feroce: primo, nessuno attaccava il suo migliore amico e pensava di
andare in giro a raccontarlo il giorno dopo; secondo, poi chi la
sentiva la sposa di quell’idiota se glielo avessero portato
saccagnato di botte?
“Hai
colpito la persona sbagliata, amico!” gridò
Inuzuka con un sorriso ferino, gli occhi scintillanti per
l’adrenalina che già sentiva cominciare a
scorrergli in corpo.
Dopo aver
sputato a terra un grumo di sangue e saliva, Naruto lo
spalleggiò mettendosi accanto:
“Puoi
dirlo forte; impara, stronzo!”
Si lanciarono
una veloce occhiata carica di complicità, per poi tornare a
guardare davanti a loro: schivarono con uno scatto laterale i pugni
lanciati dall’omone e da uno dei suoi soci che, incattiviti,
non aspettavano altra occasione per riscattarsi; senza nemmeno dirsi
altro, i due ragazzi contrattaccarono colpendoli ai fianchi, mentre
altra gente e gli amici, chi urlando, chi ridendo, prendevano parte
alla rissa scoppiata. Abituati alle impennate di violenza della
clientela, un violinista e un compare con il tamburello si misero in un
angolo a suonare e, al ritmo di musica folk, con il barista che dietro
il bancone cercava di salvare alcool e bicchieri, il pub si
trasformò in un ammasso di avventori dalla testa calda
intenti a darsele di santa ragione.
Schiena contro
schiena, sudati, con qualche livido e il sorriso che tutto sommato non
se ne voleva andare, Kiba esclamò:
“Auguri,
bro! Da sposato le risse non potrai più farle, quindi domani
porta con onore il tuo labbro pestato!”
Dopo aver
fatto crollare a terra un tizio, Naruto finì in un sorso la
sua birra; spaccò il bicchiere con troppa potenza contro il
bancone quando credeva di averlo appoggiato, con schegge di vetro e
legno che volarono dappertutto, mentre il violino continuava ad andare
al ritmo incalzante del tamburo:
“Chi
te lo dice che non le farò più, bro? E comunque
– rise, adrenalinico – questo è
l’addio al celibato più figo che potessi ricevere!
Sei il migliore!”
Un
po’ emozionato, forse per l’alcool, Kiba
finì per scoppiare a ridere. Poi si abbassarono in
contemporanea, quando un altro degli avventori buttati a caso nella
mischia lanciò loro addosso una sedia che si
schiantò contro il bancone. I due migliori amici si
guardarono un istante poi, con un cenno, ripartirono alla carica, tra
altra gente che si picchiava, il ritmo folkeggiante che riecheggiava
nella sala accaldata e qualcuno che in lontananza assisteva facendo
scommesse, senza mancare di bere un sorso spillato da dei barili
salvati, nel mezzo di urla, tonfi, risate e le note acute del violino,
con in lontananza il mare e le navi intente ad approdare a Boston, nel
freddo serale di una folle notte d’autunno.
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