Violenti
lampi illuminavano di bagliori grigi il cielo di Nizza, ingombro di
nubi, e la pioggia, con fragorosi scrosci, si abbatte sulla città,
immersa nel silenzio.
Il
vento spazzava l’ampio giardino della tenuta dei Girodel,
sollevando mucchi di foglie secche e scuotendo i rami delle
gigantesche querce, che sembravano prossimi a spezzarsi.
Victor,
seduto presso una finestra, stringeva tra le mani tremanti una
lettera. Quando aveva letto quella missiva, un’orribile
oppressione aveva stretto il suo petto.
Gli
era parso che il mondo sprofondasse in un abisso cupo.
Con
un moto di rabbia, strinse la mano attorno al foglio e lo
stropicciò. Perché la sorte si era accanita con
tanto odio su di lei?
Oscar
Francois de Jarjayes era morta.
Il
suo senso di giustizia l’aveva uccisa.
Si
irrigidì e frenò a stento le lacrime, che minacciavano
di rigargli le guance. Con l’invasione della Francia da parte
delle truppe di Hitler, la gloriosa repubblica era stata divisa in
due zone, una dominata direttamente dai nazisti, l’altra sotto
il comando del maresciallo Philippe Petain.
Rise,
amaro. La situazione non cambiava.
Il
maresciallo Petain, che pure si era coperto di gloria durante il
conflitto di trent’anni prima a Verdun, aveva deciso di vendere
la dignità della Repubblica Francese.
Aveva
consegnato la loro gloriosa nazione ai tedeschi.
E
lui, fedele alle tradizioni della sua famiglia, malgrado la
situazione, aveva deciso di continuare a servire l’esercito,
pur non vedendo di buon occhio i tedeschi.
– Ma
tu non hai accettato questa situazione… – sussurrò.
Aveva voglia di lasciarsi andare alle lacrime, ma gli sembrava un
lusso indegno.
Oscar,
sesta figlia del generale Francois Augustin de Jarjayes, non aveva
accettato la situazione e, sostenuta dal suo amico d’infanzia,
André Grandier, ardente sostenitore del Partito Comunista
Francese, aveva deciso di entrare nella resistenza.
Per
lei, i nazisti dovevano essere distrutti, in quanto contrastavano con
i principi di libertà e democrazia, da lei sostenuti con
ardore.
E
questa sua sete di giustizia l’aveva condannata a morte.
Sospirando,
si alzò dalla sedia, si avviò verso la scrivania e aprì
un cassetto.
All’interno
di questo, era posato un piccolo Revolver St. Etienne 1892.
Prese
l’arma e le sue dita, delicate, ne sfiorarono il metallo. In
quel momento, gli sembrava un’amica, capace di porre termine
alla sua pena.
Si
terse, con un gesto nervoso, le lacrime, che, di nuovo, avevano
annebbiato i suoi occhi. Con la morte di Oscar, il mondo era
crollato, come un castello di sabbia.
L’amore,
da lui nutrito per tanto, troppo tempo verso Oscar era rimasto
rinchiuso nel suo cuore, privo di qualsiasi possibilità di
espressione.
Cosa
era rimasto di lui?
Lui
e Oscar Francoise de Jarjayes avevano un forte legame d’amicizia,
risalente ai tempi dell’infanzia, ma le loro scelte si erano
rivelate inconciliabili.
– Avete
almeno mantenuto la stima di me, Oscar? – mormorò il
giovane, il tono triste. Non si era mai reso colpevole di atti
disonorevoli, ma, agli occhi di Oscar, questo non era sufficiente.
Forse,
lei, così limpida, vedeva in lui un traditore della patria.
Ho
sbagliato tutto...,pensò, amareggiato. Solo con la fine
della guerra, si era reso conto del suo enorme errore.
Accecato
dalle stupide regole della sua famiglia, non aveva saputo vedere la
realtà e aveva seguito un ordine mostruoso, che aveva condotto
alla morte decine di innocenti.
Questa
sua cecità aveva allontanato lui e Oscar, perché lei
non sopportava la prevaricazione di quei barbari, che pensavano di
essere i detentori di ogni privilegio.
Con
la guerra, aveva perduto quanto di più bello avesse acquisito.
E
non poteva più riconquistarlo.
– Che
cosa devo fare? – si domandò, lo sguardo fisso sulla
rivoltella. Tutto, in quel momento, gli appariva privo di senso.
Con
Oscar, aveva perduto il suo cuore.
Ne
era sicuro, la sua morte l’aveva tramutato in un fantoccio
privo di volontà.
Continuò
a sfiorare il metallo della rivoltella. Pur essendo un freddo
oggetto, gli appariva un’amica preziosa, che nulla chiedeva e
tanto dava.
Con
un solo, preciso colpo le sue sofferenze sarebbero terminate.
Eppure,
non sapeva perché, esitava.
Desiderava
porre fine alla sua esistenza, ma, allo stesso tempo, gli sembrava di
compiere un atto indegno.
I
suoi occhi vedevano due strade, nette, limpide, chiare, che però
si escludevano a vicenda.
Doveva
seguire il suo cuore o lasciarsi guidare dalla sua mente?
Cosa
poteva perdere?
– Sono
stato assolto dalla giustizia degli uomini… Ma la storia non
mi assolverà… No, ho scelto la parte sbagliata. –
mormorò, il tono apatico. Con la liberazione, erano stati
istituiti dei processi ai danni dei collaborazionisti e lui stesso
non era sfuggito a questa sorte.
Non
se ne era stupito, in quanto era stato un militare fedele a quel
regime, che tanto aveva mortificato la Repubblica Francese, e, per
questo, aveva affrontato questa prova con molta calma.
Certo,
il suo processo si era concluso con l’assoluzione, ma tale
verdetto non modificava la realtà della sua esistenza.
Non
avrebbe mai potuto riscattarsi ai suoi splendidi occhi.
Il
disprezzo di lei lo avrebbe accompagnato.
Non
poteva godere di un mondo libero, che si apriva alla possibilità
della libertà, quando a lei tale possibilità era stata
negata.
No,
non era giusto.
Si
appoggiò la pistola sulla testa e, con un gesto risoluto,
premette il grilletto.
Un
colpo di pistola esplose.
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