Col fiatone, Kara si accorse di
essere arrivata e la cercò assottigliando gli occhi. Oh no,
era
forse troppo tardi? Deglutì e, a bocca aperta, tremando, si
avvicinò
alla bara aperta. La sua pelle perlacea e liscia; i capelli corvini e
sciolti le ricadevano sulle spalle, tenuti indietro da un delicato
nastrino rosso.
«È
morta», sibilò qualcuno
alle sue spalle.
Infami!
Kara digrignò i denti e si voltò di scatto,
tirando indietro i
capelli, osservandoli uno per uno. «Voi avreste dovuto
proteggerla!
Avevate giurato di farlo e ora-», non riuscì a
terminare la frase,
profondamente scossa. Strinse un pugno di rabbia e dolore mentre,
intorno alla scena, regnava il silenzio più profondo e
oscuro. «Io
mi fidavo di voi… Lei
si fidava di voi», si corresse e i sette volti non riuscirono
a
sostenere il suo sguardo, abbassando i cappelli in resa. Udì
un
tossire lontano ma non ci badò e, dall'alto, una luce
più accecante
colpì la bara di vetro e Kara, con passi calcolati,
cercò di farsi
forza, riavvicinandosi. Era così bella la sua Lena, con quel
vestito
blu. Le sue labbra rosse e piene, oh… sembrava che la
chiamassero.
Avrebbe dovuto baciarla, lo sapeva. Un altro colpo di tosse e Kara
deglutì, alzando lo sguardo da Lena e cercando di vedere
distante.
Tutti aspettavano quel momento, o forse non proprio tutti.
«Devi
baciarla», sussurrò uno
dei sette nani, alle sue spalle.
Lo sapeva, accidenti, c'era
davvero bisogno di ricordarglielo? E voleva baciarla, era
così
sensuale per essere una morta. Se non ci fosse stata sua madre,
là
nel pubblico, che le guardava. O forse avrebbe dovuto farlo proprio
perché c'era sua madre là nel pubblico che le
guardava. Si era
sudata quella parte della Princess
Charming, soffiandolo ai maschietti di turno come quel James Olsen
lì, che per dirla tutta non era convincente neppure come
Eolo. Tsk,
non vedeva l'ora di appiccicare le sue labbra su Lena, quello
lì.
Sbuffò. No, cosa stava pensando, non doveva. In
realtà lei e James
erano amici, anche se era vero che il ragazzo avrebbe voluto la parte
e aveva cercato di corrompere la loro insegnante parlando di ruoli
tradizionali. Ruoli tradizionali? Faceva sul serio? Stupido
patriarcato. Oh, stava di nuovo viaggiando lontano con i film
mentali. Dov'era? Ah, sì. Riabbassò lo sguardo e
trattenne il
fiato, struggendosi. «Biancaneve»,
scandì per il pubblico in sala,
«Sono qui, mia amata. È tardi ma… vi
amerò per sempre». Aprì
la bara di vetro con decisione; lo aveva fatto mille volte durante le
prove e dopo un po' era riuscita a non romperne più, quindi
fu
facile, aveva una certa manualità da sfoggiare, ormai, come
apritrice di tombe di
vetro. «Un ultimo
bacio, Biancaneve. Il mio addio». Si avvicinò e il
respiro lento di
Lena le fece il solletico sul mento. C'era quasi. Oh, un dolore
lacerante al polpaccio. Non un crampo adesso che era inchinata e
doveva mantenere quella posizione, accidenti! Non adesso. Trattenne
il fiato e Kara poggiò le labbra sulle sue, schiudendole.
Rossetto
alla ciliegia: era seria? Voleva farla impazzire? Oh, erano
così
buone… Kara la lasciò e si raddrizzò
con la schiena, stirando un
piede indietro per tendere il polpaccio sinistro. Oh, che dolore.
Perché queste cose dovevano capitare sempre nei momenti meno
opportuni?
«Mi fai il
piedino?», udì alle
sue spalle, in un brusio.
Oh, Mammolo. Come siamo
spiritosi.
Si allontanò dalla bara di vetro abbassando il suo sguardo,
distrutta dalla morte prematura della sua amata. Era così
giovane,
così bella, che non poteva credere di averla perduta. Almeno
finché
non scorse, con la coda dell'occhio, che Lena si metteva seduta. Si
voltò col cuore in panne, spalancando la bocca.
«Mia amata!
Biancaneve», le corse incontro e si gettò a
capofitto sulla bara di
vetro, con i nani intorno a loro, estasiati, rimettendo i cappelli
sulle teste cespugliose. «Siete tornata da me?»,
sorrise e Lena la
fissò, abbozzando un sorriso e alzando una mano con l'unico
desiderio di cingerle il volto stremato.
«Non mi avete
abbandonata»,
disse alzando la voce. Kara aveva un accenno di ombretto azzurro
sugli occhi che non le aveva notato prima di entrare in scena. Le
stava bene, avrebbe dovuto dirglielo. Le passò il pollice
sulle
labbra morbide e rosa consapevole che non si sarebbe notato dagli
spalti, e Kara la guardò a sua volta. Amava quando la
guardava in
quel modo così rapito. Alcuni dei nani le notarono, ma a chi
importava, fintanto che la scena riusciva?
«Mai»,
esclamò Kara, «Mai. Io
tornerei sempre per voi, Lena».
«Biancaneve,
e-emh», mascherò con un tono di voce Eolo, James,
mentre Lena si
morse il labbro inferiore, trattenendo una risata.
«Biancaneve»,
si corresse
velocemente Kara, diventando rossa, «Biancaneve, certo.
Nessuno come
voi». Le mostrò il palmo della mano destra e
aiutò Lena a scendere
dalla bara di vetro. Inciampò sul vestito, ma lei la tenne
e,
vicine, per poco non facevano un inchino a Cucciolo. Lena
arrossì e
Kara sorrise, rialzandola fra le sue braccia, mantenendola
abbracciata alla sua scintillante armatura di cartone.
«È il nostro
lieto fine».
«No, Princess
Charming», scosse
la testa Lena, stringendola meglio verso sé,
«Questo è il nostro
lieto inizio».
Si avvicinò e, carezzandole una guancia, la baciò
di nuovo e calò
il sipario, intanto che le luci sul palco cambiavano e si
riaccendevano quelle in sala.
Gli applausi scrosciarono
rumorosi, festosi, dei fischi lontani e qualche grida. Nonostante gli
errori e gli imprevisti, sembrava che lo spettacolo basato su una
rivisitazione di Biancaneve avesse funzionato. Orgogliosa,
l'insegnante raggiunse gli studenti per congratularsi, intanto che
tutti si sistemavano sul palco in un unica fila per salutare il
pubblico, o meglio ancora le loro famiglie venute a vedere lo
spettacolo realizzato per la fine dell'anno scolastico.
«Alla
ciliegia?», le sussurrò
Kara contro un orecchio, sentendola sogghignare.
Il sipario si riaprì
e tutti,
mano nella mano, fecero l'inchino, godendosi gli applausi.
Più tardi, mentre i
familiari
parlavano con gli insegnanti in sala mangiando stuzzichini, dietro le
quinte, ognuno di loro si liberava del costume. Kara chiese l'aiuto
di Winn Schott per togliersi il busto, agganciato dietro con due
elastici, una spilla da balia, nastro adesivo e tanta fortuna. Oh,
finalmente poteva massaggiarsi il seno destro: quel cartone le stava
perforando la sua tetta preferita. Smise quando scorse Lena che,
ancora indosso il vestito blu e appoggiata a una parete, la stava
guardando. E certo, perché non arrivare in un momento
più
imbarazzante? Arrossì e si schiarì la gola,
avvicinandosi.
«Sei stava
brava», Lena accennò
un sorriso.
«Io? Pff,
hai fatto quasi tutto tu. A parte quando eri morta nella bara,
o-ovviamente», scrollò gli occhi.
«Che non hai
rotto», la indicò.
«Che non ho
rotto», annuì con
fierezza. «Emh. Tu eri bellissima, a proposito, con quelle
luci che-
No, voglio dire, sei bellissima di continuo», rise goffa,
«Solo che
le luci, emh, e quel vestito. Po-Posso aiutarti a toglierlo, se
serve», arrossì, «a-a slacciarlo da
dietro, a slacciarlo da…
dove… da dove fa». Per poco non si
mangiò le parole e Lena
arricciò il naso, guardando altrove solo un attimo e di
nuovo i suoi
occhi.
«Va bene, Danvers. E
io posso
aiutarti… beh», morse il labbro inferiore mentre
la squadrava dal
basso verso l'alto con un sorriso, «a massaggiarti dove
serve.
Entrambe, sai, per non-», sorrise, vedendola diventare
paonazza,
«lasciare che si ingelosiscano tra loro».
«La gelosia tra
tette», rise con
imbarazzo, «è una cosa brutta».
«Oh, proprio brutta.
Per fortuna
so come rimediare».
Si sorrisero e Lena la prese
per
mano, così si rifugiarono in bagno, chiudendo a chiave. Kara
la
appoggiò al muro e le toccò i fianchi,
avvicinandosi e appoggiando
le proprie labbra sulle sue, riassaporando quel gusto alla ciliegia
che le inebriava i sensi.
«Lo hai
fatto… apposta»,
barbugliò quasi senza staccarsi dal suo viso, occhi
semichiusi e
respiro accelerato.
«Sapevo avresti
gradito»,
sorrise Lena, baciandola di sfuggita e accostandosi sotto al suo
orecchio destro, posando le bollenti labbra sulla sua pelle,
sentendola gemere piano. «Shh,
Princess Charming. Un po' di autocontrollo».
«Con te?»,
domandò quasi senza
voce.
Lena le tolse le spalline di
cartone, scese e staccò la cintura di plastica e la spada,
gettandola in un angolo del bagno, tastando in basso per toccarle e
poi stringerle le natiche sode.
Nervosa, Kara si
distanziò in
fretta, specchiandosi nei suoi occhi chiari. «Pensavo a tua
madre,
prima».
«Pensavi a mia madre
quando
dovevi baciarmi alla tomba di vetro o dopo, quando ci siamo baciate
alla fine dello spettacolo?», inarcò un
sopracciglio e Kara rise,
agitandosi.
«Ma no! O
sì, quando dovevo
baciarti alla tomba di vetro, ma è perché ho
sentito qualcuno
tossire e me la sono immaginata lì che mi fissava; non mi
era
d'aiuto».
«Kara. Rilassati,
nessuno sa di
noi».
A quel punto
s'imbronciò. «Sì,
ma devi andartene. Devi partire, adesso, e-»,
sospirò, fermandosi
per guardarla. Avrebbe voluto imprimersi nella mente la sua immagine,
in quel momento: appoggiata al muro color mandarino, con le braccia
dietro la schiena, il vestito blu merlettato, i capelli lisci che le
ricadevano sulle spalle, il collo lievemente inclinato, gli occhi
chiari e sicuri, le labbra rosse che le accennavano appena un
sorriso. Non voleva perderla. Perché non poteva restare?
«Lo sapevi che sarei
partita
all'estero per continuare gli studi, lo sapevi, Kara».
«Perché
tua madre ha deciso
così».
«Non mia madre, io ho
deciso
così», la corresse e la vide accigliarsi.
«È importante per il
mio futuro».
«E-»,
aprì la bocca ma si zittì
di colpo, annuendo. «Io voglio che pensi al tuo futuro,
è giusto
che tu vada, ma-».
«Abbiamo diciassette
anni, Kara»,
sorrise di nuovo ma sapeva che, la tristezza che provava, lei sarebbe
stata in grado di percepirla anche se cercava di nasconderla.
«Avremo
tempo per-».
«Cosa? Trovare
qualcun altro?».
Oh, non avrebbe voluto dirlo.
«È
diverso a quest'età». Lena le strinse una mano,
delineando un
sorriso, spento a breve. «La viviamo con
intensità, ma crescendo…
crescendo, potremmo renderci conto che era stata solo
una…».
«Una?».
«Leggerezza».
Kara scosse le spalle.
«E c'è
qualcosa di male, in questa leggerezza?
Io mi sento leggera,
quando sono con te. È indescrivibile e voglio essere
così sempre».
La fissò. «E-E non dimenticare i
sondaggi».
«Quali
sondaggi?».
«Quelli che ho letto
ieri notte
nel tentativo di non farmi salire il panico all'idea di perderti dopo
questo spettacolo», disse con sincerità.
«I sondaggi dicono che
circa l'ottanta percento dei clienti ha trovato la propria anima
gemella al liceo. Si sono sposati. Lo dicono i sondaggi».
Lena trattenne una risata,
notando
quanto fosse seria. «I clienti di cosa?».
«Beh…
della rivista che ha
pubblicato i sondaggi». Scorgendo la sua aria divertita, Kara
portò
le braccia a conserte, accigliandosi di nuovo. «È
molto venduta».
Lena abbassò gli
occhi e pensò
di prenderle entrambe le mani, sciogliendo la sua posa dura.
«Adesso
non pensiamoci, d'accordo? Prima di partire, domani, verrò a
salutarti», si accostò a lei e, in punta di piedi,
le regalò un
lento bacio, chiudendo gli occhi. Kara stava per ricambiare che
bussarono alla porta e le due sussultarono.
«C-Chi
è?», domandò Kara e si
portò due dita sul naso, ricordandosi che non aveva gli
occhiali. Le
mancavano anche solo per rimetterli a posto sul naso in situazioni
di disagio come quelle.
«James. Hai visto
Lena?».
«Ja-ames»,
ridacchiò. «È
James»,
sussurrò dopo
per Lena, che le fece la linguaccia. La sentì stringerla e
alzarle
la maglia grigia per toccarle i seni: le sue mani erano talmente
fredde che Kara emise un mezzo grido di sorpresa, spalancando gli
occhi. «NO.
Voglio dire, no. N-No. PeRCHé?»,
si ritrovò ad alzare di nuovo la voce, quando Lena scese a
leccarle
l'ombelico.
«Sua madre qui fuori
la cerca per
tornare a casa. Anche tua sorella è vicino, Kara»,
fece sapere
James dietro la porta.
«Va BenE.
GraziE».
La guardò riducendo gli occhi in due fessure con rimprovero
quando
Lena le rimise giù la maglia sfoggiando un sorriso
divertito.
«Dovevi per forza farlo quando c'è James
lì dietro? Sei
incredibile», diceva intanto che Lena si rimetteva sulle
punte dei
piedi per baciarle il naso. Stava per rimbeccare qualcosa che
bussarono ancora.
«Kara. Dimmi la
verità, Lena è
con te?».
«No»,
rispose mentre l'altra
rideva, «No. Perché me lo chiedi? D-Di quale Lena
parliamo?».
«Kara».
«Forse?».
«Oh, lo sapevo io che
c'era
qualcosa sotto… Sbrigatevi, voi due. Sua madre mette i
brividi,
dice che è urgente».
Questa volta si assicurarono di
sentire i suoi passi allontanarsi prima di parlare. «Devi
tornare
subito a casa?».
Lena piegò le labbra
in una
smorfia e l'abbracciò prima che potesse scorgerle gli occhi
lucidi,
passandoci le dita per trattenersi. «Devi promettermi una
cosa».
«Va bene»,
disse, «Qualunque
cosa».
«Non ti dimenticare
di me».
«Dimenticarmi
di te?», Kara strabuzzò gli occhi e si
grattò il naso come avesse
avuto gli occhiali, intanto che si separavano. «Come potrei
farlo?
Significa che non mi scriverai?».
«Sì che lo
farò, ma…».
«Oh, ancora con
quella storia
dell'età e della leggerezza. Tu ripensa ai sondaggi,
okay?».
«Okay»,
sussurrò con un sorriso
amareggiato. «Devo darti una cosa». La scorse
incuriosirsi mentre
si piegava per togliere qualcosa che aveva arrotolato e annodato in
un laccio del vestito. Le prese una mano, gliela aprì con il
palmo
in alto e le poggiò sopra un anello con un piccolo fiore blu
colorato sopra. «So che… che non è
niente di che, ma… è
qualcosa per-». Non riuscì a finire che Kara la
baciò, colta di
sorpresa.
Quando uscirono dal bagno, la
severa Lillian Luthor prese per un polso sua figlia e la
trascinò
via dai suoi compagni, dalla sua scuola, dalla sua vita con Kara. Si
guardarono a lungo e Kara indossò l'anello. Sempre
più lontane.
Lena le aveva mentito: non passò l'indomani a salutarla
perché era
già partita. Partì la stessa sera dello
spettacolo. Era il loro
addio poiché anche se iniziarono a scriversi, il tempo le
allontanò
più della distanza e una lettera al giorno
diventò una lettera alla
settimana, poi al mese, fino a quando non si dimenticarono di farlo,
prese dalla vita che le stava intorno mentre crescevano e diventavano
delle adulte. Forse Lena aveva avuto ragione, quella volta dopo lo
spettacolo: era qualcosa di leggero vissuto con leggerezza, un amore
destinato a restare lì, chiuso nei ricordi, puramente
adolescenziale.
Kara amava ricordare quei
momenti
con la sua Biancaneve e, colta da quella nostalgia, provò a
scriverle di nuovo, dopo anni, ma la lettera le fu rispedita
indietro, scoprendo con il cuore spezzato che Lena si era trasferita
e che non avrebbe più saputo come rintracciarla. Forse Lena
aveva
avuto ragione, ma… non si era mai tolta quell'anello dal
dito. Lo
indossò ogni giorno e, se si fermava a guardarlo, non
riusciva a non
pensare che avesse torto, perché lei amava ancora Lena.
Anche se non
la conosceva più.
«Vuoi andare alla
prima di
Biancaneve?».
Sua sorella le
arrivò alle spalle
di scatto e Kara si tolse le cuffiette dalle orecchie, togliendo gli
occhi dallo schermo del computer. «Cosa?».
«A teatro. Oggi.
Biancaneve.
Muoviti».
Kara scosse la testa cercando
di
scorgere il monitor, finché Alex Danvers non le prese il
viso con
mani piene e glielo girò verso di lei. «Non posso,
ho molto da
fare. Devo-».
«Venire con me alla
prima di
Biancaneve», continuò, alzando le sopracciglia.
«Stai sempre
lavorando, non voglio sentire storie! E magari»,
adocchiò l'anello
con il piccolo fiore blu sulla scrivania, «non portare quello
con
te».
«Cos'hai contro il
mio anello?»,
si accigliò.
«Oh, Kara»,
sospirò,
appoggiandosi di peso contro la scrivania. «A parte che te lo
ha
regalato la tua fidanzatina del liceo con cui non hai più
contatti
da anni, dici? Ti fa sembrare impegnata infilandolo in quel dito e
nessuno ci proverà con te».
«Non mi serve che
qualcuno ci
provi con me», fece una smorfia.
«È
datato», la guardò con
commiserazione, «Si sta sbiadendo».
«Perché lo
uso», scrollò le
spalle, ingigantendo gli occhi.
«Va bene»,
Alex si arrese,
sorridendo. «Allora facciamo così: promettimi che
dopo aver visto
lo spettacolo a teatro, lo metterai via».
«Perché
dovrei farlo? E non ti
ho già detto che ho da fare?», le urlò
contro mentre si
allontanava, alla sua risposta di muoversi.
Fu costretta. Decisamente
costretta. O non sarebbe andata a teatro nemmeno Alex e le sarebbe
rimasta col fiato sul collo a disturbarla e a impedirle di lavorare.
Non le lasciò neppure vedere la locandina che la
trascinò dentro.
Solo una volta lì, tra gli spalti, le luci soffuse e gli
elementi
scenici, capì perché e, per un attimo, si
ritrovò diciassettenne,
con il cuore in gola per dover baciare la sua ragazza di allora,
Lena, in pubblico. E perché il discorso dell'anello. Sapeva
dove
voleva arrivare: erano passati anni, avevano entrambe voltato pagina,
o almeno in parte, doveva quindi lasciare l'anello nel suo passato e
andare avanti. Ma lei era andata avanti, che Alex lo capisse o meno,
con l'unica differenza che, togliere quell'anello, le sembrava come
voler dire di essersi dimenticata di lei e le aveva promesso che non
lo avrebbe fatto. Forse era ancora presto.
«Ti
piacerà», le sussurrò
all'orecchio destro appena i primi personaggi iniziarono a mostrarsi.
Anche questa, proprio come
allora,
era una rivisitazione di quella vecchia fiaba. Aveva già il
sorriso
sulle labbra ma, quando apparve Biancaneve, le si spense lentamente,
il suo cuore accelerava i battiti, il fiato le si faceva corto e la
gola si seccava. Deglutì a fatica e cercò di
vedere Alex nel buio,
poi di nuovo Biancaneve.
«Shh.
Questa non te l'aspettavi, eh?», le bisbigliò a un
orecchio.
Lena. Lena era su quel palco e
interpretava Biancaneve in uno spettacolo teatrale. La sua Lena. La
Lena del suo anello, la Lena che conosceva e amava. Ma…
Deglutì ancora e si irrigidì al pensiero che Alex
stesse cercando
di dirle di lasciare il suo anello a casa perché Lena, al
suo
contrario, forse non si ricordava di lei ed era davvero andata
avanti. Ci avrebbe fatto una figuraccia se fosse andata a cercarla
con quello al dito, come se, tutto sommato, fosse ancora importante.
Quando il Prince Charming
baciò
Biancaneve, lo spettacolo finì. Gli attori fecero l'inchino
per gli
applausi e le sembrò quasi di svenire nel vederla guardare
al
pubblico e sorridere. Ebbe quasi paura di essere vista e
applaudì il
meno possibile, strisciando il sedere sulla sedia per non farsi
notare.
«Allora, andiamo a
cercarla?».
«Tu»,
le pizzicò un braccio tanto forte che Alex emise un verso di
dolore.
«Sapevi che Lena Luthor era qui e non mi hai detto
niente».
«Scusa se ho cercato
di fare il
tuo interesse», si massaggiò il punto dolorante,
stringendo i
denti. «Sei attaccata al suo ricordo e pensavo che vederla ti
avrebbe aiutata ad andare avanti. Andiamo a parlarci, la saluti e
torniamo a casa. Niente di impegnativo», guardò
poi verso il palco,
allungando il collo. «Uscirà tra poco.
Sarà felice di vederti, no?
È diventata un'attrice di teatro, l'ho scoperto ieri
informandomi
sullo spettacolo».
«Non ci voglio
andare»,
borbottò.
«Cos'hai
detto?».
«Non ci voglio
andare!», gridò.
Molta gente si voltò nella loro direzione e Kara
sbiancò, cercando
di coprirsi con il colletto del cappotto. «Andiamo via,
adesso».
Alex sbuffò subito,
scuotendo la
testa. «Non capisco, hai la possibilità di
rivederla, che cosa ti
costa?».
«Cosa?»,
gonfiò gli occhi.
«F-Finché ho questo ricordo, posso continuare a
sperarci, Alex, ma
se le vado a parlare e scopro che era tutto finto… I-Io non
lo so
che cosa farei, okay? Dovessi scoprire che era solo un amore
passeggero, un… una leggerezza adolescenziale»,
digrignò i denti.
«Non saresti la prima
né
l'ultima a scoprire una cosa del genere, sorellina».
«Va bene, ma io non
voglio».
Alex sorrise.
«Testarda come al
solito. Vuoi che ce ne diamo? Andiamo! Te ne pentirai». Le
portò
una mano dietro la schiena per tirarla via ma Kara, riflettendoci, si
fermò e si tolse l'anello dal dito, lanciandolo verso il
palco.
Colpì qualcuno, probabilmente, perché lo
sentirono lamentarsi, così
Alex la vide stringere i denti e coprirsi meglio col colletto.
«Andiamocene. Era
questo che
volevi, no? Che mi togliessi l'anello».
Ma Alex restò ferma,
strabuzzando
gli occhi. «Vuoi davvero perdere quell'anello?».
«No». Kara
piegò le labbra e
infine scattò indietro, in preda al panico. «No!
Il mio anello»,
corse a cercarlo e fece un tratto di moquette a gattoni, lasciando
che una vecchina le schiacciasse le mani due volte coi tacchi delle
sue scarpe, che le sbattessero addosso, che la vecchina- no, di nuovo
lei. «Ci prende gusto? Scusi». Si rialzò
e la signora la guardò
male, allontanandosi. Aveva perso l'anello? Abbassò lo
sguardo,
sentendosi perduta proprio come quando scoprì che Lena le
aveva
mentito e se n'era andata senza avvertirla. Aveva diciassette anni
allora, ma non le aveva fatto meno male. Una leggerezza che le aveva
spezzato il cuore. Non si sarebbe arresa: strinse i pugni e
ritornò
alla ricerca di quell'anello perché non se ne sarebbe andata
senza.
Anche a costo di incrociare Lena e scoprire che per lei non era stato
lo stesso. Doveva rischiare per quel regalo, quel ricordo. Si
avvicinò di più al palco e si scontrò
contro un gruppo di persone
che andava nella direzione opposta. Fece una smorfia
perché un
gomito l'aveva colpita nel petto, così si fermò,
iniziando a
massaggiarsi un seno. Tirò in su gli occhiali con
disapprovazione e
si voltò, spalancando gli occhi. Di
nuovo. A pochi metri,
davanti alle scale per il palco. Si sforzò per deglutire,
mancandole
il fiato. Lena era lì e la guardava. Il suo anello tra le
dita.
«Signorina?»,
si avvicinò
cautamente, sfoggiando un sorriso. «Credo che questo sia
suo».
«Ah».
«Ah?»,
inarcò un
sopracciglio, diventando rossa. «Non è
suo?».
«S-Sì.
È mio. Lo stavo
cercando, era- mh»,
deglutì ancora, «caduto. Da lontano. Dalla mia
mano. Proprio…
scivolato», sorrise e Lena
di rimando, aprendole una mano e poggiandoglielo sul palmo. Kara
chiuse la mano, prese un
bel respiro e, di fretta, tornò indietro. Voleva davvero
lasciarla
così? Senza dirle niente? Lena si ricordava di lei?
Perché non le
aveva anche lei regalato un anello, al tempo?
«Signorina?».
Kara si fermò con il
cuore in
gola, voltandosi subito.
«Le è
piaciuto lo spettacolo?».
Il sorriso di Kara
scemò. «Sì»,
annuì, «Bello. Lei è stata brava. Molto
brava, veramente». Stava
per voltarsi ancora, ma:
«E adesso ha da fare?
Intendo
proprio adesso, in questo momento. Vuole unirsi a me per un
caffè?».
Kara restò a bocca
aperta e vide
Lena avvicinarsi. I suoi occhi le sfuggivano, si mordeva il labbro
inferiore, sorrideva a tratti, come fosse nervosa. «Un
caffè?»,
domandò, «Va bene, devo solo dire a mia
sorella-».
Lena la vide voltarsi, poi le
scorse di nuovo l'anello e sorrise. «Non vedo nessuno che la
cerca».
«Già»,
fece una smorfia
contrariata. Doveva essersene andata, non poteva crederci.
«Lei mi ricorda
qualcuno».
«Come?»,
si rivoltò a lei, scoprendo che la fissava, arrossata sulle
gote.
«Mi ricorda qualcuno,
dicevo.
Qualcuno che…», si leccò le labbra, portando
lo sguardo verso l'anello
che stringeva tra le dita, «non immaginavo lo portasse con
sé dopo
tutto questo tempo». Alla sua espressione incantata, Lena
sorrise.
«L'anello, Kara», glielo indicò,
«Lo hai tenuto».
Lei parve come illuminarsi
e sorrise d'istinto, accaldandosi. «Sì.
Vo-Voglio dire, so che è strano. È
strano?», le chiese,
sorridendo, «Ma mi piaceva e- Ho fatto una promessa!
Tu… Tu
non
ti sei dimenticata di me», biascicò. «P-Per
un attimo ho pensato-
Ma non
ti sei dimenticata di me e
va bene perché
io
non mi sono dimenticata di
te», alzò il piccolo anello, imbarazzata. La
ricordava. La sua
Biancaneve si ricordava di lei e arrossì, lasciando che
glielo
sfilasse dal palmo della mano e che glielo infilasse al dito.
«Scusa se
è passato tanto tempo,
non sapevo come cercarti o
se mi avessi risposto o», sospirò, «se
ti ricordassi davvero.
Speravo di
vederti qui, oggi»,
confessò, accarezzandole la mano con un gesto dolce,
delicato,
rialzando gli occhi verdi sui suoi azzurri. Era diventata un'adulta,
ma era sempre lei. Era la fidanzatina del liceo che aveva lasciato
senza salutarla un'ultima volta per paura di non riuscire a farlo. Di
non riuscire a separarsene. Toccando la sua pelle era come scattato
qualcosa in lei, come se il suo cuore avesse potuto riconoscerla e
ricominciare a battere più forte. «Non ho fatto
altro che pensare a
quanto avessi ragione quel
giorno, Kara. E ai
sondaggi, di sicuro. E io mi sento così leggera,
in questo momento». Abbozzò una genuina risata e
Kara le passò le
dita sul viso in fretta, avvicinandosi altrettanto in fretta,
baciandola ancora più in fretta e allontanandosi di getto,
con la
paura di aver fatto davvero ciò che aveva appena fatto,
lasciandola
di stucco.
Aprì la bocca per
dire qualcosa e
scusarsi che Lena si avvicinò e poggiò le labbra
sulle sue, per poi
aprire piano la bocca e parlarle col fiato sul suo. «Ti ho
ritrovata, Princess Charming?».
«Mia
Biancaneve», sorrise, «Tu…
Credo proprio che tu non mi abbia mai perso».
Si baciarono di nuovo, intanto
che
Alex, fuori da teatro, guardava le persone uscire mentre si stringeva
le braccia per il freddo. «Eddai, Kara. Devo davvero venire a
cercarti mentre cerchi quell'anello?», sospirò a
denti stretti. «Si
gela, qui, accidenti».
Sono ancora sotto con la mia
lunghissima long su questo fandom (Our home), ma rieccomi con una
piccola distrazione, ogni tanto ci vuole! Anche questa un AU, dove
troviamo le supercorp in due tempi diversi :>
In realtà, nella mia
idea di
partenza c'era solo la parte del liceo e della recita, e non doveva
concludersi con la partenza di Lena, ma come al solito le cose non
vanno mai come devono XD Difatti, questo finale neanche mi soddisfa
troppo :/
Anyway, come da introduzione,
la
fan fiction partecipa all'iniziativa Flower Power Femslash
del
gruppo FB LongLiveToTheFemslash con il
prompt Fiordaliso:
leggerezza.
Spero vi sia piaciuta, alla
prossima!
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