Watson in pillole

di K_MiCeTTa_K
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[ W: 500 | C: John Watson ; Harriet Watson | Tag: preS1 ]

 

Ritorno a casa

 

«Maman, sommes nous?» Watson non è sicuro d’aver capito, non rispolvera il proprio francese da un po’. Inoltre il vagone è pieno, e lo schiamazzo generale ha in parte coperto la vocina di quel bimbo che gli siede di fronte.

«Siamo vicino la cattedrale di Saint Paul.» risponde la donna accanto, in un inglese perfetto.

Alla prossima stazione, realizza, dovrà scendere anche lui.

Una bambina arriva d’improvviso e salta in grembo alla donna, le sfila il cappello di paglia chiara da testa e prova ad indossarlo sulla propria, sparendo completamente dietro le falde larghe. Il bambino ride di gusto e richiama l’attenzione della piccola tirandola per il vestitino. L’uomo li osserva.

La femminuccia quindi scende dalle gambe di quella che è sicuramente sua madre e cerca di risalire sul sedile col maschietto, andando a condividere lo spazio a sedere. La biondina è tanto piccola che si dà lo slancio posando le scarpette contro il borsone già impolverato di John.

«Tiens-toi bien, Henriette.» la rimprovera pacatamente la mamma. «Mi scusi.» aggiunge con un sorriso rivolgendosi a Watson, il quale ricambia il cenno cercando di comunicare che non c’è problema.

Intanto i due piccoli hanno preso a giocare tranquilli tra di loro. Il fratello è sicuramente più grande di un paio d’anni della femminuccia. Battono ritmicamente le manine sottili in un gioco. Anche John giocava spesso con Harry. Un angolo delle labbra dell’uomo si alza per l’ironia della somiglianza dei nomi tra sua sorella e quella bambina, l’ha notato solo ora. Oh quanto vorrebbe tornare a quando erano così piccoli. Cosa diavolo è successo? Da quanto non ha sue notizie? Devono essere passati mesi dall’ultima volta che l’ha cercata. Lei, dal canto suo, gli ha inviato un paio di lettere.

Come starà? Prima di partire non ha avuto nemmeno il coraggio di salutarla, è scappato mettendo tra di loro quanti più chilometri fosse possibile. Certo che per essere un soldato pronto a sacrificare la propria vita, è davvero un codardo.

Quella piccola, dalla faccina sorridente col naso all’insù, avvolta in un vestitino giallo dai fiorellini lilla, in questo momento tira le orecchie del bambino accanto, che di rimando le pigia un dito sul naso imitando il verso di un maialino. Scherzano e si intrattengono a vicenda.

Com’è successo che John ha rinunciato ad avere tutto questo con la sorella, non riesce a spiegarselo. Avverte un senso di vuoto allo stomaco e la consapevolezza di essere stato un vero stronzo a lasciarla sola ad affogare nei problemi.

La voce registrata lo avverte dell’arrivo imminente alla prossima fermata.

Si alza, cerca di non dar fastidio con il suo borsone ingombrante.

«Au revoir.» lo saluta inaspettatamente quella Henriette facendo anche destra-sinistra con la manina.

«Au revoir» risponde a sua volta John, cercando di pronunciare al meglio le parole.

Mentre si allontana zoppicando, pensa che potrebbe avere una nuova occasione ora che è tornato a Londra. Il treno rallenta, le porte si aprono. Non rimanderà, in giornata sentirà di nuovo la voce di sua sorella.





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