Il
Sole di Solheja
I tetti gravidi e
rotondeggianti
del palazzo si illuminarono all'avvento del Sole sulla
città, che
venne dipinta di rosso fuoco, il fuoco delle dune del deserto: la
luce del mattino, come una rondine danzante, si espanse sulle
superfici, a tratti scabre, a tratti lisce, delle cupole e,
rimbalzando più volte sulle arcate, scese lungo il palazzo.
La sabbia d'oro
brillò al suo
riflesso e dipinse le alte pareti del palazzo del sultano di Solheja
di un caldo color aranciato e le migliaia di pietre preziose ne
esaltarono assieme la superficie, scavando le rifiniture e
scriminature delle colonne. Il palazzo del sultano, l'antica gemma di
Solheja, accolse su di sé la sinfonia benevola del dio Sole
e
divenne ancora la ricca e splendente pietra di luce, che emerge dal
deserto dell'Est e funge da centro del Mondo Antico per le migliaia
di viaggiatori giunti dal mondo intero per ammirare la bellezza delle
sue gemme scaturite dalle stelle del cielo.
Sulle lunghe colonne
che si
stagliavano verso il cielo, le numerose pietre colorate catturarono i
dardi del Sole tra le loro sfaccettature, ma non tutti vennero presi,
perché una nuvola plumbea e nera come ossidiana ne
bloccò il
passaggio, assorbendo su di sé il calore della stella.
Dall'alto della
nuvola, comparve
d'improvviso un demone, nato dalla folgore e dal fumo delle nubi, che
con occhi carichi di pioggia scura osservò l'antica dimora
del
sultano. Riscaldò le lunghe ali d'aria al bagliore del Sole
e cercò
tra i diamanti e le gemme del palazzo un'intercapedine per insinuarsi
all'interno della struttura, eludendo lo sguardo attento delle
guardie. Lasciò che ancora una volta la luce del dio che
sorge gli
sfiorasse le membra diafane e che facesse vibrare il suo cuore
stanco, fino a quando altri due demoni del vento gli si posero a
fianco, in attesa di agire. Il demone alzò lo sguardo e
lasciò che
i suoi occhi di vento lo portassero lontano, oltre il palazzo e al di
là del deserto, in un mondo costruito dal sangue e dalle
spade e
spazzato via da una maledizione che solo la più pura delle
gemme
avrebbe spezzato, lasciando che il suo aspetto immortale diventasse
sabbia eterna sciolta dal Sole. Il suo mondo era racchiuso nello
sguardo di una gemma e per mano di una gemma di sarebbe spento. Per
secoli aveva cercato le gemme in lungo e in largo e, ora, avrebbe
potuto impossessarsene per sempre.
Il demone delle nuvole
scese,
così, più in basso, saltando su nubi d'avorio che
filtravano dal
caldo roseo del Sole, strisciò le unghie sulle colonne
bianche e si
arrampicò verso l'intercapedine nascosta dalla pietra,
sfuggendo
all'interno del palazzo di gemme. Gli altri due demoni scesero con
lui, si nascosero tra i leggeri vapori dei nembi che scendevano
dall'atmosfera e si posero alle spalle delle guardie, cogliendole di
sorpresa: una guardia venne divelta dalla sua postazione e
precipitò
dal palazzo e, nello stesso istante una seconda morì
trafitta dalla
sua stessa lancia, che gli venne conficcata nel cuore. Le guardie
reali suonarono allora i corni d'allerta e tutte le sentinelle
vennero chiamate a corte; i demoni del vento, invece, entrarono lesti
nell'edificio.
Una calma irreale
aleggiava tra
le arcate del palazzo, mentre l'eco dei passi dei soldati si alzava
fino a raggiungere le antiche iscrizioni dedicate al dio del Sole,
tracciate sulle arcate nel tempo da profeti e seguaci del suo nome,
che avevano decorato gli alti soffitti in un complicato mosaico. Un
singulto strozzato s'insinuò nella calma del palazzo, quando
le
sentinelle vennero trapassate con ferocia dalle spade dei demoni e il
loro sangue si riversò sul pavimento di marmo, tingendosi
del rosso
del Sole. I soldati caddero come foglie sotto le armi dei due demoni
del vento, che lesti ed incuranti della loro morte, seguirono gli
ordini del loro principe, uccidendo chiunque li separasse dalle
gemme.
Gli uomini si
spegnevano a terra
come le ceneri di un fuoco vengono cancellate dall'acqua del mare;
presto altri soldati si affrettarono a rinforzare le fila della
guardia reale, osteggiando la forza divina degli spiriti del vento,
ma senza riuscire ad arginarla.
Il principe con gli
occhi scuri,
intanto, lontano dalla battaglia, superò i corridoi della
coorte e
s'imbatté, finalmente, nelle porte d'argento che chiudevano
i tesori
della famiglia reale: le porte erano state chiuse dai sigilli
forgiati nelle cantine dei monaci delle grandi montagne del Sud e,
solo con l'ausilio di almeno cinque uomini, si sarebbero aperte,
rivelando il loro contenuto. Con la potenza di mille venti, il demone
dalle ali di aria fece spalancare le porte, che vennero divelte,
spaccando i cardini, e si trascinarono con un rumore graffiante sul
marmo: venne accolto da un'ampia sala, costellata da maestosi
lampadari con fiamme di cera che pendevano dagli archi del soffitto
e, in fondo, nella penombra dell'ultima arcata, vide i piedistalli
con le gemme.
D'improvviso, nel
tempo di un
respiro, mille trappole si attivarono davanti agli occhi scuri del
principe, pronte ad affondare aghi di fuoco in qualunque carne
mortale avesse osato mettere piede nella stanza sacra. L'aria si
tinse presto del Sole del deserto, perché le mille frecce
vennero
scoccate dalle trappole che ricoprivano le mura di marmo e il loro
fuoco andò a bruciare l'olio contenuto in grandi cisterne ai
lati
del portone. L'olio, incandescente, si riversò come una
cascata di
lava sul pavimento e il suo calore iniziò a soffocare
l'aria.
Il demone con gli
occhi di
pioggia nera osservò il fuoco che si dipanò nella
stanza sacra e
che lo separava dalle sue gemme. Con un profondo respiro,
dispiegò
le sue lunghe ali e chiamò a sé la forza delle
tempeste,
cancellando presto la distanza che lo divideva dai piedistalli i
quali, a differenza del resto della sala, stavano poggiati su una
sopraelevata, per evitare che l'olio bollente li raggiungesse.
Attraversò il fiume di fuoco non temendo dove poggiare il
passo e
respirando il vapore che si sollevava dal suo lento incedere e che
accerchiava la sua figura, facendola somigliare ad un cavaliere della
legione del Fuoco, come lo era stato, millenni prima, al servizio del
suo sultano, prima di cadere nella maledizione.
Raggiunse i
piedistalli delle
gemme e i suoi occhi si posarono lievi su ciascuna di esse,
ammirandone i colori e i riflessi rosacei che produceva su di loro il
fitto calore alle sue spalle: le sue dita diafane afferrarono la
pietra del potere, rapito per qualche istante, dalla sua lucentezza e
dal miraggio di tutti i preziosi tesori a cui la pietra lo avrebbe
condotto, se l'avesse posseduta. Quando era ancora umano aveva
sentito sussurrare tra le schiere dei soldati che la pietra del
potere, tinta del rosso porpora dei mantelli dei generali di guerra,
aveva condotto alla vittoria mille e mille regnanti, concedendo loro
tutti i troni e le dominazioni sul mondo antico. Ma le sue dita non
furono avide di ricchezze e lasciarono la pietra al suo posto, e si
avvicinò agli altri piedistalli.
I suoi arti
trasparenti e avvolti
dal vento sfiorarono la pietra dell'amore, che avrebbe promesso amore
eterno al suo padrone, e la pietra dell'eterna vita, che invece
guardò con distacco e rancore, voltando lo sguardo lontano
dai suoi
argentei bagliori.
Finalmente,
arrivò al
piedistallo centrale e il tempo gli parve fermarsi, anche se aveva
vissuto lungo secoli eterni e il tempo per lui non era che uno
scherzo degli dei. Si avvicinò, lento, in attesa del
momento: la sua
rigida compostezza si sciolse sotto il peso delle innumerevoli
passioni che travolsero il suo cuore quando prese in mano la gemma
blu, la gemma della vita, la gemma che aveva cercato per tanto tempo.
Le sue mani, però, come scottate dal fuoco che lo
circondava,
mollarono subito la presa, facendo finire a terra la gemma, che
tintinnò con un suono leggero: con gli occhi sgranati
s'accorse che
la gemma non era altro che un semplice lapislazzulo, una volgare
pietra umana, figlia della terra, e non la gemma della vita, nata
dalle stelle.
Si guardò
attorno, colto da un
tremore di puro terrore, mentre gli aliti di vento del suo corpo
scomposero la sua figura in mille sfumature di grigio, come un cielo
prima di una cupa bufera. Osservò gli altri piedistalli, ma
non vide
su nessuno la gemma della vita, e in un moto di soffocante ira li
riversò a terra e le gemme rotolarono sul pavimento.
Si accasciò
sul marmo, gridando
di rabbia, come se mille aghi gli avessero perforato il corpo, mentre
le sue ali d'aria spensero in un sol colpo il fiume d'olio bollente
che lo accerchiava, calando la stanza nel buio.
D'improvviso, quando i
fischi del
vento calarono d'intensità e i candelabri della stanza
ripresero il
loro lento moto circolare sospesi nell'aria, i suoi occhi di pioggia
scorsero, lontano, oltre le strade che portano fuori la
città e
conducono nel deserto, una ragazza dagli occhi blu e dallo spirito di
vita che, nel mezzo della battaglia contro i demoni, era riuscita ad
entrare nella stanza e a rubare la gemma della vita, sostituendola
con una volgare pietra, e a fuggire fuori dalla città
scordata da un
manipolo di soldati, per trovare rifugio tra le dune del deserto.
A quella rivelazione,
le ali del
demone delle nuvole vibrarono con forza, facendo tremare le colonne
della stanza sacra e, colmo di rabbia, il principe raggiunse gli
altri demoni a cui impartì di terminare la battaglia e di
seguirlo
fuori le mura. I demoni del vento abbandonarono le guardie a morire
nel loro sangue e lasciarono il palazzo librandosi nell'aere e,
attraverso le finestre della grande cupola, si addentrarono tra le
nuvole per dirigersi verso il grande deserto di Solheja.
La carovana sfrecciava
veloce,
trascinando le impronte dei cavalli tra la sabbia, e le guardie
incalzavano i destrieri perché non si cedesse il passo alle
nuvole
che, dall'orizzonte, si stavano raggruppando e stavano allungavano i
loro lembi, oltre la città, verso le dune.
Il piccolo drappello
di soldati
era guidato da una ragazza dai capelli di cielo che, coprendosi la
bocca per non respirare la sabbia del deserto, stringeva al petto la
gemma, e incitava il suo destriero perché andasse
più del vento,
sperando che i demoni delle mille tempeste non la raggiungessero, non
prima di nascondersi nel deserto. Il capitano delle guardie
intimò
ai soldati di sbrigarsi e di spingere i cavalli, che correvano
dipingendo nuvole di fine sabbia, al limite, ma le sue parole gli
morirono in gola, appena un demone balzò sul suo destriero e
lo
spinse a terra, tagliandogli brutalmente la testa.
Il secondo demone
sbarrò la
strada agli altri soldati, cogliendoli di sorpresa e facendo
impennare i loro cavalli: una guardia rovinò a terra e venne
trafitta dalla spada del guerriero del cielo; la seconda guardia
riuscì a reggersi alle redini, domando il suo cavallo, e
attaccò il
demone, trafiggendo il suo petto con la lancia. Il guerriero del
vento sogghignò e afferrò la lancia, estraendola
lentamente dal
petto, e, sotto lo sguardo terrorizzato del soldato, gli
trapassò la
spalla, strappandogli delle urla di dolore. Gettò il soldato
a terra
con un calcio, schiacciandogli la faccia contro la sabbia e lesto gli
spezzò il collo. Si ricongiunse con il secondo demone, che
aveva
appena ucciso il drappello di soldati rimanenti, e volse lo sguardo
verso il principe che, con le ali spiegate, stava raggiungendo la
ragazza della gemma.
La ragazza dagli occhi
blu,
appena vista la morte dei soldati, spinse disperatamente il suo
purosangue oltre il vento, cercando di distanziarsi il più
possibile
dai demoni che, dietro di lei, strisciavano le lunghe ali tra la rena
e cercavano di tagliare l'aria per superarla e fermare la sua corsa.
Con il cuore in gola e stringendo la pietra al petto, volse
l'incedere del cavallo verso Est, nella direzione del Sole, che
ancora non temeva le nuvole e che stava volgendo al Mezzogiorno,
quando la figura nera del principe apparve davanti ai suoi occhi e
fece imbizzarrire il suo cavallo. La ragazza scivolò a
terra, mentre
l'animale continuò la sua fuga verso il Sole, e dolorante
per la
caduta riuscì a malapena ad afferrare la spada dal fodero
posto alla
cinta della tunica.
Mentre le nuvole si
trascinavano
nel loro costante moto, sfiorando i punti estremi del cielo, il
principe delle nuvole e la fanciulla dai capelli di cielo si
guardarono negli occhi e il Sole giunse al Mezzogiorno, iniziando a
bruciare lentamente l'aria del deserto.
Il demone fece cenno
agli altri
due di lasciarlo solo e li lasciò andare a recuperare le
altre gemme
al palazzo: infatti, conosceva la cupidigia che domina i demoni del
vento, il desiderio che non avrebbe fatto mancare loro alcuna
ricchezza e che li avrebbe condotti anche alla perdizione pur di
avere dell'oro tra le mani; una perdizione che aveva saggiato secoli
prima e che ora, sotto le spoglie di demone immortale, rinnegava con
odio.
Quando furono soli,
l'ombra di un
sorriso comparve lungo i lineamenti tetri e spigolosi del principe,
che si beò del sussurro del vento e, chiudendo gli occhi,
lasciò
che i vapori di nuvola che lo attraversavano. quietassero il loro
incessante moto, per tramutarsi in una delicata sinfonia. La ragazza
dagli occhi del cielo, ferma e fiera davanti a lui, brillava come un
frammento di Sole in mezzo al secco deserto, poiché le sue
lunghe e
brillanti vesti erano bianche, come quelle di una principessa. Il
demone s'avvide che non s'era confuso quando aveva visto la sua
figura cavalcare a capo della carovana: dagli ornamenti argentati che
scendevano dalla fronte e dai pendagli di cristallo lungo il velo e
le braccia delicate, la ragazza era adornata tale e quale alla figlia
del sultano e alla legittima discendente al trono di Solheja. Al
centro del petto, infine, sopra i morbidi seni e appena celata dai
leggeri tessuti di lino bianco, scendeva, legata ad una catena, la
gemma della vita ricca di colori e splendente ai raggi del Sole,
ormai alto nel cielo.
La principessa strinse
con più
coraggio l'elsa della sua spada e, trattenendo il fiato, si
precipitò
contro il demone cercando di ferirlo, ma quello all'ultimo si
scostò
e la giovane affondò il colpo nel vento. Il manto leggero
dello
spirito nascondeva i suoi veri lineamenti, che come nuvola diafana,
non lasciava intravedere la sua reale consistenza.
La tenacia della
principessa
l'aiutò a padroneggiare con maestranza e con vigore la
spada, ma i
secoli di vita del demone e suoi lunghi anni dedicati alle battaglie,
avevano formato il suo avversario come più bravo dei
guerrieri, in
grado di sfuggire anche alla più sottile delle insidie.
Sebbene,
infatti, i suoi colpi fossero precisi, taglienti e forti, il demone
evitava la lama d'acciaio e alla ragazza parve come dover impugnare
tra le mani un nembo di vento; il principe delle nuvole, infatti,
s'insinuava con grazia tra i colpi di spada e fletteva le lunghe ali
ai lati trascinando con sé sottili strati di sabbia che,
attorno a
lui, come in una danza, si alzavano verso il cielo per unirsi alle
nuvole.
Con un colpo secco,
infine, levò
la spada alla principessa, strattonandola a terra e le
strappò dal
collo la collana con la gemma. Aprì le mani lentamente, come
si
scopre uno scrigno con un tesoro segreto, e ammirò
finalmente il suo
azzurro acqua, azzurro vita, che per tanti secoli l'aveva fatto
dannare e sperare. Chiuse, così, gli occhi, chiamando a
sé la forza
e la maestosità delle nuvole, e sollevò la gemma
verso il Sole
perché si compisse ciò che aveva anelato per
secoli. La gemma però,
assorbì i forti raggi del Sole, ma spense il suo potere tra
le mani
del demone, che si ritrovò ancora con il cimelio tra le mani
e ad un
passo dallo sciogliere la maledizione.
Turbato,
osservò poi la ragazza
che, china al suolo, aveva il viso affondato nella terra e spegneva
le sue lacrime tra la rena, i capelli azzurri riversati a terra, come
una cascata d'acqua nel deserto. Le si avvicinò lesto e le
sollevò
il viso, specchiando così i suoi occhi di pioggia negli
occhi color
dell'acqua della principessa e realizzando improvvisamente di star
osservando gli occhi della gemma della vita. Capì
così il perché
il suo mondo fosse stato racchiuso nello sguardo della gemma e il
perché per mano della gemma si sarebbe spento: la ragazza
con gli
occhi dell'oceano era la vera gemma della vita e solo lei poteva
spezzare la maledizione.
I suoi occhi di vento
lo
portarono, ancora una volta lontano, al di là del deserto,
nel suo
antico mondo costruito dal sangue e dalle spade e spazzato via da una
maledizione che solo la più pura delle gemme, adesso,
avrebbe potuto
spezzare. Guardò un'ultima volta il suo cielo e le tante
nuvole che
nei secoli aveva visitato, portando alla memoria lo spirito e le
immagini di ogni luogo in cui lo avevano portato, dai lontani oceani
profondi che attraversano le terre incontaminate, alle grandi
montagne del Sud, dove aveva trovato pace quando il suo essere si era
tramutato in vento implacabile e si era scinto il suo corpo mortale.
Alzò la
ragazza da terra,
aiutandola docilmente ad alzarsi in piedi, le allacciò la
gemma
della vita al collo, consegnandole la sua spada e si chinò a
terra.
La ragazza non capì il perché del suo gesto e si
meravigliò
dell'azione pacata e inaspettata del demone: lesse, poi, gli occhi di
pioggia scura del principe e vide d'improvviso un mondo lontano, al
di là del deserto, un antico mondo costruito dal sangue e
dalle
spade e spazzato via da una maledizione, che solo la più
pura delle
gemme avrebbe potuto spezzare.
I suoi occhi scuri le
parlarono,
così, della sofferenza del vedere il proprio mondo
distruggersi
sotto il peso del tempo e della condanna ad abbandonare la vita per
nascondersi tra le stelle per sempre. Ascoltò, infine, il
suo
desiderio e l'eco delle sue sofferenze risuonò dentro di lei
come un
grido d'aiuto, come una richiesta ineluttabile.
Afferrò la
spada, con mani
insicure e con cuore agitato, e la portò in alto,
sollevandola con
le braccia sopra la testa del demone che, con il capo chino, aveva
chiuso gli occhi, in attesa. In un grido di orrore, trapassò
il
corpo del demone che, grazie all'improvvisa luce della gemma, divenne
nuovamente di carne: il principe si afflosciò,
così, a terra,
mentre la ragazza lo accompagnò delicatamente al suolo. In
un
singulto strozzato, il principe fissò gli occhi chiari della
gemma e
questa vide che i suoi occhi erano divenuti ormai occhi umani, color
terra, occhi che aveva visto molto in passato e che ora si potevano
spegnere.
Il principe chiuse
così gli
occhi, ammirando le nuvole sopra di sé e immergendosi nella
loro
grandezza e infinità, e, infine, si sciolse, trasformandosi
in
sabbia del deserto. La principessa che aveva accompagnato il
misterioso principe fino alla fine venne poi ritrovata dalle guardie
del palazzo, che riferirono che i anche gli altri due demoni, che
stavano attaccando il palazzo, si erano improvvisamente sciolti in
sabbia.
Grazie alla gemma
della vita e
alla coraggiosa principessa, si sciolse la maledizione dei demoni
delle nuvole, che scomparvero per sempre da Solheja.
Fine
Angolo
dell'autrice
Beh, che dire?
Diciamo che, sono
tornata. Alle
volte torno. E questa volta con questa cosina qui, spero vi sia
piaciuta, sono un po' fuori forma nella scrittura, quindi mi
perdonerete alcuni errorini o sviste.
Spero che la storia vi
sia
piaciuta e se per caso pensate che mi sia ispirata agli Avengers per
le gemme, la risposta è no, perché avevo in mente
questa storia
molto prima di vedere i film. Quindi caso mai loro hanno copiato da
me, ovviamente. Poi, volevo sistemare l'interlinea ma il pc non
collabora e quindi fa un poco schifo.
Grazie a tutti i
coloro che si
fermeranno a leggere e se mi volete anche lasciare un commentino, non
è che mi lamento!
E colgo l'occasione
per augurare
in bocca al lupo a tutti i partecipanti al contest. Io arrivo sempre
in ritardo, ma oh, dai, basta lamentarsi.
Alla prossima!
Magari con qualcosa di
più
allegro.
Zappa
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