Forza,
concentrati… Conosci questo kanji.
Fissando l’haiku(*1)
di fronte a sé Taruto si diede più volte dello stupido.
Per quanto ci
pensasse non riusciva a decifrare quel carattere, e più ci pensava più nella
sua testa si formava solo una gran confusione.
Sbirciò con la coda
dell’occhio alla sua sinistra incrociando per un istante gli occhi azzurri che
lo fissavano sereni.
« C’è qualcosa che
non riesci a capire Taruto-kun? » sorrise la verde.
Il brunetto indicò
goffamente il kanji che gli aveva causato quei cinque minuti di mutismo.
« Rifletti, nella
prima parte assomiglia a Sole, ed è seguito da ki – iniziò a
spiegare – Lo abbiamo incontrato anche l’altro giorno. »
« Danki…? » rispose
non nascondendo il proprio tono dubbioso.
« Esatto. – gli
applaudì appena – Prova di nuovo. »
« Zabuzabu to danki
ame… »
Danki, calore, non si era mai
soffermato su quella parola così comune, ma in quel momento gli rimbombò nel
cervello.
Il suo primo anno di
medie non stava andando per niente bene e i suoi voti erano i più bassi della
classe, così i suoi genitori, temendo per il futuro accademico del loro
terzogenito, avevano chiesto a Retasu-san di aiutarlo a recuperare durante la
pausa estiva.
Gli piaceva la
ragazza di Pai, era gentile e sempre sorridente, e con lei era bello studiare,
anche per chi, come lui, avrebbe di gran lunga preferito bighellonare assieme
ai suoi amici piuttosto che passare l’estate sui libri. In quelle settimane di
paziente insegnamento la verde era riuscita a colmargli le tante, troppe lacune
che aveva in Giapponese e nelle altre materie, e ad instillargli un po’ del
proprio appassionato interesse per la letteratura. I suoi modi garbati lo
facevano sempre sentire a proprio agio, per questo odiava quel senso di
tensione che lo tormentava negli ultimi giorni in sua presenza.
Tutto era iniziato il
venerdì precedente: Taruto si era sistemato con la sua mole di compiti al basso
tavolino in soggiorno quando la ragazza era arrivata a casa loro, accolta da
sua madre, che la accompagnò chiacchierando allegra in salotto.
« Come sei graziosa
oggi. »
« Grazie – aveva
sorriso imbarazzata aggiustandosi gli occhiali sul naso – Ho sempre il timore
che questo vestito sia un po’ troppo corto. » concluse aggiustandosi le pieghe
della gonna quasi volesse allungare un po’ la stoffa.
« Sei giovane, puoi
permettertelo – ammiccò la donna in risposta – Poi in questi giorni fa così
caldo che è piacevole vestirsi leggeri. »
Il brunetto alzò gli
occhi dal libro aperto di fronte a sé per salutare e rimase senza parole:
Retasu indossava un leggero vestito azzurro, le spalle appena coperte dalle
rouches delle bretelline che sostenevano la scollatura a cuore, la gonna corta
che le scopriva buona parte della pelle sopra al ginocchio; Taruto si sentì
avvampare all’istante, la bocca diventò secca.
« Buon pomeriggio
Taruto-kun. » gli sorrise la verde.
Non seppe come riuscì
a borbottarle un saluto in risposta, ma per l’intera ora successiva non riuscì
quasi a parlare se non quando interpellato. Quel giorno fece una gran
confusione di numeri sui suoi compiti di Matematica, troppo attento a tenere
gli occhi bassi sul foglio per non correre il rischio di incontrare le iridi
azzurre o ancora peggio indugiare sulla carnagione appena arrossata dal sole, e
a mantenere una rigida seiza(*2) per non rischiare
nemmeno di sfiorare le cosce scoperte.
I giorni successivi
non erano andati meglio, non riusciva a ritrovare la concentrazione perduta
quel pomeriggio e non ne capiva il motivo; il profumo di shampoo che percepiva
quando la ragazza si avvicinava a lui per indicargli qualcosa, il contatto
involontario delle loro gambe seduti vicini, gli occhi che pericolosamente si
soffermavano su particolari che sapeva di non dover guardare, tutto questo gli
offuscava qualunque pensiero iniziando a rendere quasi inutili i progressi
fatti.
Forse trovava
Retasu-san ...bella?
Il solo pensiero gli
sembrava ridicolo, a lui non interessavano ancora le ragazze. Per quanto suo
fratello si divertisse a rompergli le scatole sull’amicizia con Purin Fon non
aveva mai pensato a nessuna, né guardato nessuna. Eppure non riusciva a
togliersi dalla testa la verde e ad arrossire fino alle orecchie ogni volta.
La voce di Retasu lo
riscosse dai suoi pensieri, si era di nuovo fermato nella lettura senza nemmeno
rendersene conto. Avvampò al pensiero della brutta figura fatta.
« Facciamo così: la
leggo una volta io e poi la ripetiamo, ok?
Zabuzabu to danki ame
furu nowaki kana. » scandì leggendo.
Il brunetto capì solo
di non aver capito quasi niente, rapito dalle note dolci della voce della
ragazza, e un senso di calore gli salì dal ventre.
« Devi prestare
soprattutto attenzione a questi due kanji. »
La verde continuò la propria spiegazione tranquilla e si chinò appena per
indicargli i due caratteri: gli occhi di Taruto involontariamente scesero sulla
scollatura della camicetta scoprendo tra la morbidezza della pelle candida il
pizzo del reggiseno. Il senso di calore, strano ma piacevole, che prima lo
aveva cullato gli si attorcigliò attorno allo stomaco, divenne scarlatto e con
uno scatto si scostò dalla ragazza; lo sguardo colpevole fisso sul legno del
tavolo di fronte a sé.
« Taruto-kun, tutto
bene? » chiese preoccupata.
I brunetto non
rispose, confuso e reo delle proprie sensazioni.
« Sei così rosso –
constatò la ragazza – non ti senti bene? » chiese allungando una mano verso la
fronte coperta dalla frangetta bruna.
Il ragazzino scacciò
la mano e si tirò di scatto in piedi.
« S-sì sto bene! – mugugnò – Io… Il calore! Vado a sciacquarmi
la faccia! »
Riuscì in qualche
modo a completare un concetto che perfino alle sue orecchie suonava senza senso
e corse via, lasciando la verde confusa seduta al tavolino.
« Sono un po’
preoccupata per Taruto-kun. »
« Perché? » domandò
Pai alzando lo sguardo dallo schermo del telefono.
« In quest’ultima
settimana ha perso la concentrazione ed è sempre così nervoso. » spiegò la
verde giocherellando con la cannuccia del suo tè freddo.
« Lascia perdere. »
tagliò corto con uno sbuffo il moro.
« Se sai qualcosa
devi dirmelo…! – esclamò appena – Cosa gli ho fatto? Mi sono resa antipatica in
qualche modo? » chiese agitandosi su una sedia della cucina di casa Ikisatashi
e sistemandosi gli occhiali.
« Lascia perdere, sul
serio. »
« Pai per favore
dimmelo. Non voglio che perda interesse nello studio per colpa mia. »
« Non devi
preoccuparti per il nostro fratellino Lattughina… – la voce di Kisshu li
raggiunse dal salotto – Non è colpa tua, o meglio, non come lo intendi tu. »
ghignò non distogliendo lo sguardo dal suo videogame.
« In che senso? » « Kisshu… »
La coppia parlò in
contemporanea ma con intenti del tutto opposti.
Il verde ridacchiò
della situazione, mise in pausa il gioco e si affacciò oltre lo schienale del
divano con tutta calma.
« Quello che il tuo adorabile
ragazzo non vuole dirti è che se andrai avanti a vestirti leggera per il caldo
farai scoppiare il cuore al nostro Taruto entro la fine dell’estate. O se non
altro, almeno i suoi pantaloni. ».
Il colore che assunse
la verde dietro gli occhiali e lo sguardo truce che gli gettò Pai fecero
prorompere Kisshu in una sonora risata; in cuor suo il bruno che aveva
origliato tutta la conversazione dalla cima delle scale non seppe se morire di
vergogna o ringraziare il proprio fratello maggiore.
(*1) Haiku: componimento poetico
nato in Giappone nel XVII secolo. Generalmente composto da tre versi per
complessive diciassette morae (unità di suono usata in fonologia per
determinare la quantità di una sillaba e conseguentemente l’accento)
(*2) Seiza: termine per indicare
la posizione seduta tradizionale: inginocchiati a terra con i glutei appoggiati
sui talloni.
Piccola nota aggiuntiva: il comparto di scrittura del
giapponese moderno si compone di due sillabari (hiragana e katakana),
di logogrammi (kanji) e dell’alfabeto latino (romanji).
I kanji sono più di 50.000 ciascuno con due o più pronunce
differenti, il ministero dell’istruzione giapponese ne ha elencati 2136 di uso
comune (jōyō kanji)
che vanno imparati durante il periodo di formazione (1006 alle scuole
elementari, 1130 alle medie) a cui si aggiungono gli 861 kanji consentiti per
la scrittura dei nomi propri (jinmeiyō kanji) che fanno parte del
programma delle scuole superiori.
Per questo motivo Taruto, ancora al primo anno di medie, non
riesce a riconoscere certi caratteri e fatica a individuarne la pronuncia
corretta.
A chi interessasse l’haiku citato nella fic è il seguente ^^
ざぶざぶと暖き雨ふる野分哉
splish,
splash…
scende una calda pioggia:
tempesta d’autunno.
Kobayashi
Issa (1763-1828)
Storia
dopo storia credo che stiate capendo due cose su di me: difficilmente scriverò
qualcosa a più capitoli (la mia mole di lavoro e impegni mi impedisce di
dedicarmi così tanto alla scrittura come mi farebbe piacere fare), e, più
importante, da me ci si possono solamente aspettare cose strane ;)
Purtroppo
non amo la routine nelle storie e vi posso assicurare che nella mia to do
list fanfiction con tratti tradizionali (siano essi elementi di trama,
situazioni o abbinamenti di personaggi) in pratica non ce ne sono u.u
A proposito di quanto avete appena letto, invece, spero che questo Taruto
all’alba della sua fase puberale travolto innocentemente dalla bella Retasu vi
abbia strappato un sorriso, a me ne ha certamente causato più di uno mentre
scrivevo ;)
Che
dire, al solito se la fanfiction vi è piaciuta lasciatemi una recensione, se al
contrario non ha incontrato i vostri gusti ditemi il perché…
Alla
prossima!
♚