CAPITOLO 6
Cina. Goro-Oh. 10 Marzo 1979.
A Goro-Oh, quel giorno di tre
anni prima, la pioggia sferzava imperterrita. Eppure, nonostante questo Dohko era ancora lì, seduto sullo scoglio a strapiombo
sulla cascata. Era stato lì che quella lontana notte aveva sentito il pianto di
un bambino; una bambina, aveva scoperto in un secondo momento.
Neonata in fasce, per lei aveva fatto lo strappo di
alzarsi e raggiungerla, l'aveva presa e portata nella capanna dove un tempo
aveva abitato, ma che da secoli occupava a malapena. Lì l'aveva posta su un
giaciglio improvvisato, aveva scaldato il latte e l'aveva fatta bere. La
piccola, che doveva avere poco più di due anno, si era aggrappata a lui,
mangiando avidamente.
Dohko, anziano e
incartapecorito, non aveva fatto cenno di essere turbato da tutto quello. E
aveva deciso di tenere la bambina fino a quando qualcuno non sarebbe tornato a
riprendersela, e se così non fosse stato Goro-Oh era
comunque abbastanza grande per entrambi.
Lo aveva deciso perché, ad essere onesti, lui si sentiva
solo. Incredibilmente solo, adesso che non aveva neanche più Shion con cui parlare.
Negli anni la mancanza dell'amico si era fatta sentire,
pesante come macigni, e se possibile aveva fatto sì che le sue spalle si
incurvassero ancora di più.
Si rendeva conto, quindi, di non essere fisicamente
adatto a crescere una bambina. Poteva insegnarle tanto, ma non starle dietro
con facilità, e il Mesopethamenos non lo aiutava di
certo in agilità, nonostante fosse un sopravvissuto dell'ultima Guerra Santa.
Per questo motivo aveva chiamato Mu,
quella volta.
"Vieni qui. Ho
bisogno di te, amico mio," gli aveva detto solo questo, con tono
pacato.
Mu, però, che in quegli anni
aveva visto l'anziano maestro solo per allenarsi e che mai era stato contattato
direttamente da quest'ultimo, era arrivato un istante dopo, teletrasportandosi
alle pendici della cascata.
Dohko aveva riso della sua
espressione, del modo in cui si era guardato intorno; sicuramente aveva creduto
fosse successo qualcosa di terribile, mostruoso.
E invece si era ritrovato in braccio una bambina.
"Ma...maestro..."
"Sono troppo
vecchio per queste cose! Ti andrebbe di darmi una mano? In cambio, se vorrai,
continuerò ad insegnarti tutto quello che so!"
Mu aveva sorriso, sentendosi un
po' preso in giro. In quegli anni era venuto lì dallo Jamir
ogni giorno, per diventare più forte, e credeva di esserci riuscito. Adesso si
era ripromesso di concentrarsi sulla riparazione delle armature, per non
esserne da meno: Dohko però lo sapeva bene, che non
gli avrebbe mai detto di no, anche senza nulla in cambio.
Ed infatti, quando Mu aveva
accettato, si era fatto una sana risata, tornando poi alla cascata.
Ma non era stato Mu a crescere
la bambina, in quegli anni. Lo aveva aiutato nei primi tempi, quello sì, ma
adesso si presentava solo di tanto in tanto, con qualcosa da mangiare o dei
vestiti per lei, poiché Dohko non poteva lasciare
quel posto e non poteva occuparsene. Shunrei -così Dohko aveva deciso di chiamarla-, però, si era abituata
molto in fretta a stare lì con lui, pur essendo molto piccola.
Con gli anni, Mu aveva
insegnato a Shunrei a preparare il tè e il riso,
senza spingersi troppo oltre visto che era troppo piccola per occuparsi di
altro. Così, la bambina ne preparava sempre al vecchio, poi si sedeva accanto a
lui sulla roccia, quando c’era bel tempo. Con gli anni Mu
si era presentato sempre meno e Shunrei aveva
dimostrato di sapersela comunque cavare, per l’orgoglio di Dohko
che, messa da parte quella missione centenaria solo per qualche ora al giorno,
le stava anche insegnando a leggere.
Era stato lì che l'aveva conosciuta Aiolia,
quando era passato a Goro-Oh, di strada per una
missione affidatagli dal Gran Sacerdote. Dal Falso Patriarca. Seduta accanto a Dohko con un quadernino
regalatole da Mu aperto sulle ginocchia, e un
carboncino in mano.
La bambina aveva appena alzato gli occhi, gli aveva
regalato un enorme sorriso e salutato con la mano, poi si era alzata, ad un
cenno di Dohko, ed era sparita nella capannina dove
viveva, lasciandoli soli. Mezzo minuto dopo era sbucato da lì anche Mu, che gli aveva fatto cenno di raggiungerlo dentro,
accompagnata dalla lieve e singhiozzante risata di Dohko.
E nonostante la serietà di Mu
nell'esplicitare le sue perplessità, anche Aiolia si
era messo a ridere, quando gli aveva raccontato la storia, seduti davanti a due
tazze di tè che Aiolia non avrebbe mai assaggiato -lo
disgustava il modo in cui lo bevevano gli orientali, sapeva solo di acqua
sporca- e la bambina che adesso dormiva al fianco di Mu.
"Non c'è nulla da ridere, Aiolia."
"Hai ragione, scusami, è che...dovresti vedere la
tua faccia in questo momento, Mu, davvero! E'
esilarante!"
"Sono felice che tu ti diverta," storse il naso
Mu, "Io non posso dire altrettanto."
"Ci credo...beh, almeno ti tieni impegnato invece di
startene solo in eremitaggio!"
"Avevo da tenermi impegnato anche dov'ero."
Aiolia ridacchiò, "Sono
certo che il Roshi lo abbia fatto anche per te. Insomma…stare da solo sempre e comunque non è sempre una
buona idea. Credimi. Lo so bene."
Mu annuì, senza ribattere.
Ovviamente, ci avrebbe guadagnato anche lui, visto che allenarsi con Roshi non poteva che
portare buoni risultati, ma non era esattamente a quello che puntava quando
aveva abbandonato il Santuario.
Anche se, doveva ammetterlo, la solitudine dello Jamir
iniziava a dargli malinconia.
Ripensava costantemente al tempo che aveva passato lì con
Shion, ad allenarsi, a riparare armature. O anche quotidianamente.
Il modo in cui, d'inverno, lo avvolgeva stretto stretto
nelle coperte e gli dava un bacio sul capo, la notte. O quando, d'estate, lo
portava a fare un giro al villaggio, tenendolo per mano e sorridendo a quelli
che li additavano affermando che dovesse essere davvero un bravo papà. Mu era felice, quando lo dicevano, e si sentiva speciale.
Le cose più semplici da fare, come prepararsi la cena, in
quella pagoda diventavano strazianti.
La prima volta che aveva ripreso in mano lo scalpello dorato,
aveva pianto. Si era accasciato a terra e aveva pianto come un infante, la
soffocante consapevolezza che la voce di Shion nella
sua testa si era spezzata.
Sparita.
Non la ricordava più. Per quanto si sforzasse di
rimembrare quello che gli diceva nel momento di usare gli attrezzi, non
riusciva. Vedeva le parole, ma non sentiva il suono.
Shion non aveva più suono,
ormai, neanche nei suoi ricordi più belli. Non ricordava più la sua voce.
L'aveva scordata.
"Mu?"
Sobbalzò, sentendosi sfiorare dalla mano ruvida di Aiolia; così giovane eppure già ricoperta di calli e
ferite.
Leo aveva abbozzato un sorriso mesto, vedendo la reazione
dell'altro, "Sai? Credo ti faccia bene stare qui un po' ogni tanto. Sono
certo che Roshi lo abbia proprio fatto apposto, a
chiederti di venire ad aiutarlo con la bimba di tanto in tanto. Dimmi, quanto
tempo era che non avevi rapporti con nessuno, quando ti ha chiamato?"
"Otto mesi," ammise Mu.
Erano otto mesi che aveva smesso di venire a Goro-Oh,
e da un anno abbondante che non vi si
recava comunque ogni giorno.
"Un sacco di tempo," sentenziò il Leone.
Mu sorrise, "Non so. Ma
non posso restare comunque a lungo, ogni volta."
"Metto la mano sul fuoco che non è quello che Roshi si aspetta! Il fatto che vieni di tanto in tanto ti
impedisce di impazzire, lì da solo. E Roshi lo sa."
"Forse. Ad ogni modo, Aiolia,
come mai sei passato di qui?"
"Volevo aggiornare il Roshi,
e chiedergli un po' di cose, in verità. Anche se credo che lui sappia cosa
succede al Santuario, chissà come."
"Parlane anche a me! Come sta Aldebaran?
Gli hai parlato, alla fine?"
"Sta benone, credimi, è ancora più grosso
adesso!" rise Aiolia, "E sì, in effetti sì.
Fin da quando sono tornato, a dire il vero."
"E...ti ha creduto?"
"Beh, sono vivo. Non mi ha denunciato. Non si è
espresso, ma mi è ancora amico. Per me vuol dire tanto. Con Milo e Camus non ho avuto il piacere di interloquire,
invece."
"Secondo Shaka sarebbe da
lasciarli fuori. Non sono pronti, e forse ha ragione. Conoscendo Camus, non si metterebbe in mezzo."
Aiolia quasi sobbalzò,
"Scusa? Shaka?"
"Sì. Mi sento regolarmente con lui. Sa tutto
e..."
"Ma l'ho visto, l'altro giorno, e non mi ha detto
nulla!"
"Preferisce non intervenire. Ma non ci è contro, Aiolia. Penso che per lui sia già tanto."
"Avrei preferito mi concedesse una chiacchierata
amichevole," sbuffò.
Fu il turno di Mu di ridere,
"Shaka è fatto così. Tendenzialmente credo sia
dalla nostra parte, anche se...secondo lui, l'impostore è una persona dal cuore
puro."
"Sì, certo. E io sono Zeus. Che gli salta di dire?
Ha ammazzato mio fratello!"
"Non ha saputo spiegarmi il perché preciso delle sue
convinzioni. Sesto senso, presumo, non ne è certo neanche lui."
"Stiamo messi bene," berciò il Leone, alzando
gli occhi al cielo.
Ci mancava solo l'indecisione della reincarnazione del
Buddha. Lui, se si fossero ritrovati a combattere, sarebbe stato capacissimo di
difendere l'impostore solo perché lo credeva "puro".
Come poteva essere puro uno così?
A furia di tenere gli occhi chiusi e vivere al buio
doveva aver iniziato a vedere cose che non c'erano, non aveva altre spiegazioni.
"Non essere così duro, Aiolia.
Ad ogni modo, concorda anche lui che per ora non si può far altro che
aspettare."
Aiolia, per risposta, strinse i
pugni, "Noi siamo già quasi sei anni che aspettiamo, e intanto quello là,
chiunque sia, non se ne sta con le mani in mano! Ha detto che Athena è di nuovo
al Santuario, sana e salva, e anche se so che è una bugia tiene di nuovo tutti
in pugno! Senza contare, poi, che ha libero accetto allo Star Hill e a tutte le
carte che avevano Shion e i suoi predecessori. Ha una
conoscenza illimitata, adesso, forse Athena l'ha già trovata e starà
progettando di ucciderla!"
"In quel caso interverremmo!"
"Sempre che qualcuno di noi rimanga sano di
mente!"
"Che intendi dire?"
Aiolia scrollò le spalle,
"Shura. Si sta comportando in modo strano, da
qualche giorno. Guarda caso, due settimane fa ha visto il Gran Sacerdote e
quando è uscito sembrava un altro."
E gli scocciava parecchio ammetterlo, ma persino lui
aveva notato la differenza. Perché era tanta.
Troppa, avrebbe osato dire. Erano gli occhi di un'altra
persone, anche se tutto il resto pareva lo stesso.
Persino lui se ne era accorto.
"Ho sentito parlare di un colpo simile, una
volta," ammise Mu, pensieroso, rigirandosi la
tazza ormai vuota fra le mani, "Un colpo in grado di controllare la mente
dell'avversario e costringerlo a fare quello che si vuole."
"Terribile..." e quindi, doveva forse pensare
che Shura ne era stato oggetto? E per quale motivo
farlo?
Shura aveva già obbedito
all'ordine peggiore di tutti, ammazzare la persona che più si fidava di lui, e
l'aveva fatto senza remore, Excalibur non aveva tentennato.
Quindi, dopo anni di servizio, dopo l'omicidio del
proclamato traditore, perché mai azzerare la sua volontà?
"Forse anche Shura
sospettava," azzardò Mu, leggendo
tranquillamente nell'espressione corrucciata di Aiolia
quello a cui stava pensando.
Il diretto interessato per poco non sputò a terra,
"Quello lì? Non farmi ridere, Mu! Quello non ha
dubbi, è un cagnolino obbediente! Niente più di questo: non farebbe mai il
contrario di quello che gli viene ordinato!"
"Ma, Aiolia, quella notte Shura non ha neanche avuto il tempo di pensare lucidamente!
Gli era stato detto che se non avesse agito la Dea sarebbe morta!"
"Non difenderlo, Mu! Forse
il bastardo che ha ammazzato il Sommo ha ordito il piano, ma la mano che ha
stroncato la vita di mio fratello è quella di Shura! Niente
lo giustificherà mai!"
Mu tacque, perché a continuare
quel discorso avrebbero davvero finito per litigare seriamente, e non ne aveva
voglia né intenzione.
Eppure, in quello che aveva raccontato Aiolia c'era qualcosa che non gli andava a genio. C'era
aria di tempesta, al Santuario. La nube nera che li aveva fino a quel momento
oscurati si era fatta più densa, più fitta.
A sei anni dalla Notte degli Inganni il traditore stava
cercando un altro modo per dividerli.
"Stai attento, Aiolia: ho
una brutta sensazione. Se ha usato quel colpo su Capricorn
deve essere molto potente, e sa che tu gli sei contro."
"Non mi importa, non ho paura. Cha faccia pure, sono
pronto!"
Mu sospirò, "C'è anche
un'altra cosa che temo, Leo. Se ha trovato una scusa per far stare Saga così
tanto tempo lontano dal Santuario, forse potrebbe farlo anche con gli altri.
Potrebbe isolarti di nuovo, mandando via Al e anche gli altri."
"Hai ragione. Saga non è ancora tornato. Ma era già
via, quando è successo."
"Però c'è sicuramente un motivo diverso, se non è
tornato."
"Forse," ammise Leo, "Ad ogni modo non mi
interessa. Se per non farsi scoprire vuole mandarli tutti via, va bene lo
stesso. Sono pronto anche a stare da solo. Gli strapperò via quella maschera e
mostrerò a tutti quanti chi c'è sotto, prima o poi. E' una promessa che faccio
a mio fratello!"
Mu non gli aveva detto altro,
dopo quella dichiarazione d'intenti. Era preoccupato, quello sì, ma non poteva
farci niente; Aiolia non era più un bambino, stava
diventando un uomo come lo stava diventando lui, poteva benissimo cavarsela da
solo. Era, anzi, bene che imparasse a controllarsi senza che fossero lui o Aldebaran a fermarlo prima che fosse tardi.
Anche se Mu voleva credere
ancora che Aiolia fosse abbastanza accorto da evitare
di finire volontariamente nei guai, considerando che aveva incontrato il Sommo
due giorno prima, quando gli aveva affidato la missione, ed era riuscito a
venire lì a raccontarglielo.
Coprì Shunrei con la copertina
rosa con cui, a quanto ne sapeva, era stata trovata, poi uscì dalla capannetta per raggiungere l'anziano maestro alla cascata.
Di norma, si sedeva accanto a lui e meditavano insieme, ed era quello che aveva
intenzione di fare anche quel giorno; gli si mise affianco, gambe incrociate e
mani sulle ginocchia, ma fu Dohko ad interromperlo
prima ancora che iniziasse, voltandosi verso di lui.
"Il giovane Leone è partito?"
"Sì maestro," rispose subito Mu, "In missione per conto dell'impostore. Gli ho
detto di venirvi a parlare, ma..."
Dohko rise appena, mesto eppure
sinceramente divertito, "Non ti preoccupare, il giovane Leone ha la testa
fra le nuvole, ultimamente. E' comprensibile."
Mu annuì per poi tacere,
aspettando che fosse Dohko stesso a parlare, visto
che lo aveva interpellato.
Ma l'anziano maestro era tornato a voltarsi verso la
cascata, assente, in contemplazione.
Sembrava stranamente assorto, più del solito, quasi
melanconico, avrebbe detto. Non sapeva se fosse stata la presenza di Aiolia lì a Goro-Oh a
rattristarlo, se avesse percepito qualcosa che a lui era sfuggito o se,
semplicemente, fossero i pensieri di un uomo anziano e nostalgico, ma la
sensazione che trasmetteva era di profonda amarezza .
Si alzò e tornò alla casa, mettendo a fare dell'altro tè.
Quello di prima era ormai freddo, la tazza di Aiolia
era ancora piena, per altro, ma non poteva certo dargli quello.
Quando fu certo che fosse pronto tornò da lui e gli
poggiò la tazza accanto, sempre in silenzio.
Dohko a quel gesto si riscosse,
"Molto gentile."
"Va tutto bene, maestro?"
"Va tutto bene, mio giovane amico," soffiò sul
liquido ancora bollente, tenendo saldamente in mano la tazza, "La presenza
di soppiatto del giovane Leone qui a casa mia mi ha ricordato i vecchi tempi, e
mi sono un po' distratto," ammise.
Mu annuì, "E'
comprensibile."
"Tu non lo sai, ragazzo, ma Shion
veniva spesso a trovarmi! Anche se, a conti fatti, non avrebbe dovuto farlo
affatto," rise l'anziano, "Usciva di nascosto dalla tredicesima e
veniva qui, portandomi sempre un po' di sakè da bere in compagnia!"
"Davvero? Il mio maestro?"
"Oh, sì! Eccome se lo faceva!"
Non era previsto che il Gran Sacerdote lasciasse il
tredicesimo tempio senza permesso o senza un reale motivo, e Shion era sempre stato molto ligio ai suoi doveri. Ma non
riusciva proprio a negarsi costantemente all'amico di vecchia data.
I primi tempi, duecento anni addietro, le scappate erano
rarissime: Shion era giovane e inesperto e aveva il
terrore, anche se non l'avrebbe mai ammesso, che la sua assenza potesse creare
problemi. Perché non aveva nessuno sopra di lui che potesse sgridarlo, era
vero, ma che cosa sarebbe successo se in due ore fossero stati attaccati? O
fosse pervenuto qualche altro guaio?
Qualche volta aveva chiesto a Teneo
di gestire il Santuario al posto suo, e il giovane Toro si era sempre
dimostrato all'altezza del suo compianto maestro, ma era anche un ragazzino, e Shion si sentiva in colpa ad affidargli compiti gravosi.
Così, fino alla fine della ristrutturazione totale del Santuario, non si erano
più visti, e a volte mancava anche il tempo per una sana conversazione.
Ma poi le cose si erano stabilizzava, altri cavalieri,
d'argento e di bronzo, erano giunti a reclamare le loro armature, e anche se
con la morte di Teneo i Gold
erano venuti definitivamente a mancare per un secolo e mezzo, Shion ormai sentiva la sicurezza di sapere quello che stava
facendo.
E allora, di tanto in tanto ma non troppo spesso, nessuno
gli impediva di lasciare il Santuario per due ore, bottiglia di sakè e casacca
scura alla mano. Si teletrasportava lì a Goro-Oh e
silenzioso gli si sedeva accanto, versando a Dohko
una cospicua dose di alcolico.
Dohko lo accoglieva sempre con
una risata, ricordandogli che non avrebbe dovuto essere lì, ma Shion rispondeva con una scrollata di spalle, "A volte la cosa più saggia da fare è
sedersi a parlare con un vecchio amico, non trovi anche tu?" era la
sua giustificazione. Dohko rideva e lo ascoltava
parlare, gli raccontava come andavano le cose, gli descriveva i giovani allievi
che aveva trovato o che erano giunti a lui, gli chiedeva consigli.
Spesso due ore diventavano l'alba, e Shion
allora si rialzava stanco ma felice, e sereno, lo salutava con un cenno della
mano e la promessa che non avrebbe fatto passare troppo tempo per il prossimo
incontro. Poi lo lasciava, di nuovo da solo. Grato di avere un amico così caro.
L'ultima volta si erano visti un mese prima del suo
assassinio, e a posteri Dohko era ormai certo che Shion conoscesse già il suo destino, o lo intuisse. Eppure,
non gli aveva mai detto nulla. Non aveva mai fatto cenno alla follia di Saga,
neanche una volta.
"E' un ragazzo
strano," diceva col sorriso,
"In lui c'è una luce accecante, sai? Ma ho timore che la luce nasconda
anche ombre, e adesso che Athena è rinata su questa terra bisogna fare attenzione."
"Non ti fidi
del ragazzo?"
"Saga è un
cavaliere retto e giusto, ma puntargli contro altra luce potrebbe creare
problemi. Temo per la sua stabilità emotiva."
"Non hai
risposto alla mia domanda."
"Hai ragione, Dohko, perdonami. La vecchiaia si
fa sentire anche per me, cosa credi?" la risata di Shion
Dohko la ricordava ancora, non più cristallina come
in giovane età ma ancora tiepida e calda.
Gli mancava. Ah, se gli mancava.
"Mi fido di
tutti i cavalieri che sono giunti a noi in questi anni, ma memore di Deuteros e Aspros non posso
ignorare la stella oscura che avvolge la costellazione dei gemelli."
"L'hai notata
anche in lui?"
Shion aveva scosso il capo, "No. Ma il suo gemello, Kanon, che Saga crede di avermi tenuto nascosto a Rodorio, sì. Quel ragazzo è come Aspros.
Saga è puro e giusto, ma non voglio dare al giovane Kanon
motivi e strumenti, capisci?"
"Capisco.
Quindi sceglierai Sagitter!"
"Sì. Credo sia
la scelta migliore per tutti."
"Come la
prenderà il ragazzo?"
"E'
intelligente. Capirà."
"Bene. Allora,
raggiunta la pensione mi auguro che verrai a tenermi compagnia più spesso,
vecchio mio!"
"Pensione? Un
Saint di Athena non va certo in pensione, Dohko,
inizi a dare i numeri? Ti prometto che verrò di più, però, questo posso farlo.
Magari al tuo compleanno, che ne dici? Sono duecentoquarantotto quest'anno, mi
sbaglio?"
"Ho smesso di
contare l'età da molto, molto tempo."
Shion gli aveva risposto con un
sorriso, un altro bicchiere di sakè e una pacca sulla spalla, prima di
andarsene.
Era l'ultimo ricordo che Dohko
aveva di lui, l'ultimo sorriso del suo migliore amico.
Non era venuto il venti ottobre, quell'anno, e poco dopo Dohko aveva dovuto dirgli addio.
"Era un grande eroe, il tuo maestro. E un prezioso
amico."
E Saga glielo aveva portato via, e adesso stava creando
scompiglio in tutto il Santuario, anche se in apparenza non sembrava. Ma era
ovvio che le cose sarebbero peggiorate. Avere lì tutti quanti i Gold era pericoloso, per lui. Chi aveva dubbi rischiava di
schierarsi contro di lui, e non poteva permetterlo.
Ma Saga era anche un tipo ragionevole, se qualcosa di lui
era rimasta, quindi non temeva per la vita degli altri. Non dei Gold, almeno.
"Roshi, posso farle una
domanda?"
Dohko si girò verso di lui, la
lunga barba bianca a coprire le labbra sottili e screpolate piegate in un
sorriso paterno, "Naturalmente, ragazzo."
Mu tacque per un lungo istante,
lo sguardo serio, determinato. Lo stava sondando, e Dohko
per un solo istante rivide Shion in quel ragazzo, lo Shion diciassettenne che aveva conosciuto al Santuario
quando era diventato Saint, anche se Mu era più
giovane. Ma gli occhi erano quelli, la compostezza era quella.
Solo per un attimo, però. Poi lo sguardo tornò dolce,
melanconico.
Mu era diverso da Shion, molto. Ma a volte Dohko
non poteva che notare le poche somiglianze, nella postura, nello sguardo, nel
modo di porsi al prossimo.
"Lei lo sa, vero? Chi è l'impostore. Chi ha ucciso
il mio maestro."
Dohko non perse il sorriso, ma
si volò di nuovo. Ah, perspicace proprio come lo era stato Shion.
Di certo gli aveva insegnato bene, anche se aveva avuto poco tempo.
"Chi lo sa, giovanotto? E' davvero importante?"
"Lo sarebbe, se fosse uno di noi. L'altra volta ad Aiolia ha detto che è molto più forte, e noi eravamo molto
giovani, lo siamo ancora ma...Anche Aiolia ha detto
una cosa giusta: noi siamo Gold Saint! E anche il
maestro lo era! Quindi chi? Chi ha avuto questo potere?"
Dohko sospirò, "Shion era vecchio, Mu. E stanco.
Molto stanco. Il fatto di essere un ex Gold Saint non
ha influito, poiché non si è difeso."
"Quindi si è arreso. Mi ha abbandonato così, ha
abbandonato tutti noi..."
"Non lo ha fatto. Shion ha
preso una decisione che in quel momento era quella che riteneva più giusta. Non
giustifico il suo assassino, ma ricorda, Mu, che a
volte le cose vanno ben oltre quello che vediamo e percepiamo."
"Che vuol dire...?"
"Che forse, tutto sommato, il tuo amico Virgo non ha tutti i torti."
"Come...come fa a sapere di Shaka?"
borbottò, stupito. Per quanto tempo avesse passato a Goro-Oh,
Mu era certo di non aver mai nominato gli altri,
escluso Aiolia, né si era mai permesso di giudicare o
discutere del loro pensiero.
Dohko rispose con una risata di
gola, "Ah, Mu. Ci sono molte cose che ancora non
capisci!"
"Ad esempio? Sta davvero dicendo che anche lei pensa
ci sia del buono in quell'uomo?"
"Shion lo pensava,"
rivelò, serio, "Anzi, ne era certo. Gli dava la sua piena fiducia."
"Ed è stato tradito! Eppure lei parla ancora
così!"
"Mi fido di Shion."
"Ma è morto, Roshi! Ed è
stato quell'uomo ad ucciderlo!" si alzò di scatto, davanti al ritrovato
silenzio dell'anziano maestro, irritato come poche volte lo era stato in vita
sua.
E ancora non aveva un nome.
Eppure, aveva scoperto che era una persona degna della
fiducia di Shion, forse in parte del suo affetto, ma
che lo aveva tradito e pugnalato alle spalle. Letteralmente. E non erano molte
le persone con tale privilegio al di fuori del Gold
Saint. E lui le conosceva. Tutte.
Quindi chi? Chi era stato?
Oppure...non era al di fuori della casta Dorata. Dohko non si era espresso su quello.
Ma chi? Per quanto vagliasse tutti i suoi compagni, da Aldebaran ad Aphrodite, non c'era
nessuno che avrebbe potuto.
Una persona, però, mancava dal Santuario da anni, come
aveva fatto notare Aiolia poco prima.
Saga.
Saga che non si vedeva dalla mattina precedente a quella
dannata notte.
Saga che aveva meritato l'affetto e la stima di Shion, per quanto non era stato lui la scelta di Shion come successore.
Saga, lo stesso Saga così amato dal popolo, dai bambini.
Quello che li aveva cresciuti insieme ad Aiolos.
Il Saga che gli aveva insegnato le basi del
combattimento, prima che l'addestramento li dividesse. Il paziente Saga che
aveva insegnato il greco persino a uno come Deathmask.
Sorridente e buono. Ma anche severo all'occorrenza.
Saga la fiducia di Shion ce
l'aveva eccome, ma allora perché? Smania di potere? Solo questo?
No. C'era qualcosa, qualcosa che non aveva mai notato nel
Saint di Gemini.
Qualcosa che avrebbe potuto giustificare il cosmo percepito quella notte. Un
Cosmo strano, sconosciuto e familiare al tempo stesso.
Scosse il capo con forza e i capelli biondi, ancora
corti, gli frustarono il volto.
No. Stava sbagliando.
C'era sicuramente una motivazione logica all'assenza di
Saga al Santuario dopo anni dall'incidente. Doveva esserci.
"Quando torni, potresti portare qualcosa per la
bambina? Dal villaggio mi viene consegnato solo cibo, acqua e latte," gli
disse d'un tratto Dohko, un istante prima che si
teletrasportasse in Jamir. Come se lo sapesse già.
Ma doveva essere così, in effetti. Doveva aver intuito il
suo bisogno di restare solo.
ANGOLINO-INO AUTRICE:
La storia di Shion che va a
trovare Dohko l’ha detto Kurumada
in un’intervista. Quando l’ho letto ho amato la scena, non ci posso fare niente
**
Come vedete, è arrivata Shunrei! E questo significa
che presto arriveranno anche i nostri baldi Bronzini! E che la storia è quasi
terminata =)
Quale sarà la prossima mossa di Saga?
Un bacione care!
Asu