-YOUR
NAME-
La
prima volta che lo chiama col suo vero nome sono vicini. Troppo
vicini.
Il
Fato è lì ad attenderla alla fine di quella
corsa, sotto le spoglie del Leader
Supremo Snoke. In realtà, sa che attende entrambi
perché ora è consapevole che
i loro destini sono ineluttabilmente intrecciati. Ne ha avuto la
conferma quando
le loro mani si sono sfiorate, anche se all’inizio ha provato
a negare con
forza l’evidenza di quel legame, soprattutto a se stessa:
come poteva il suo
futuro essere legato all’uomo più temuto ed odiato
della galassia. Era
incredibile, assurdo, privo di senso. Non che la sua vita abbia avuto
molto senso
da quando BB-8 e Finn sono piombati nella sua vita, scaraventandola in
una
realtà che per lei è sempre stata solo un mucchio
di storie e leggende, passate
di bocca in bocca tra i mercanti di Niima. Ma quella situazione
sfiorava il
ridicolo: lei, una mercante di rottami, al fianco di Kylo Ren. Pura
follia.
Nondimeno
qualcosa dentro di lei le ha sussurrato di seguire lo svolgersi degli
avvenimenti con fiducia. Ed eccola lì, ammanettata e in
compagnia di quello
stesso uomo.
Lui
è un passo indietro, riesce a percepire il suo disagio,
è lo stesso che prova
anche lei, e lo spazio angusto dell’ascensore non fa altro
che aumentarlo. Nessuno
dei due è abituato a stare così vicino ad
un'altra persona, lei sta imparando
pian piano, ma lui sembra esserne incapace o comunque poco interessato
alle
regole base della convivenza sociale. Sembra quasi di essere in
compagnia del
Maestro Skywalker. La sua faccia è spoglia, il suo elmo
ormai abbandonato e lei
riesce quasi a leggere le emozioni che si dibattono su quel volto
spigoloso.
“Ben.”
Quando lo chiama lo vede sussultare. E in quel momento si sente
così sicura nel
pronunciare quel nome. Dal momento in cui le loro dita si sono sfiorate
ha
sentito di conoscerlo da sempre. E
Ben
si volta a guardarla.
Ben
Solo, non Kylo Ren. Riesce a vederlo nei suoi occhi: senza maschera il
suo
conflitto interiore è chiaro come i cieli di Jakku. La
guarda come si guarda
una cosa pericolosa, i suoi occhi osservano ogni suo minimo
particolare,
corrono sul suo corpo, piantandosi nei suoi. Il suo sguardo
è curioso ma
esitante. Ma è solo un momento
fugace.
Il secondo dopo, quando le parla, è tornato ad essere di
nuovo l’arma più
potente del Primo Ordine.
*
La
seconda volta accade poco tempo dopo. Il corpo di Snoke giace immobile
ai piedi
del trono e loro stanno combattendo per salvarsi la vita. Lo scontro la
eccita:
grida la sua rabbia e roteando la spada la pianta nel petto di una
delle
guardie. Non riesce ancora a credere a ciò che è
appena accaduto: lui ha ucciso
il suo maestro per salvarla e ora combattono schiena a schiena, come
dovrebbe
essere. E poi all’improvviso sono in trappola, con lame
puntate alle loro gole,
quasi sconfitti. L’adrenalina prende il sopravvento e lascia
cadere la spada
per riprenderla un istante dopo con un gesto veloce e il suo opponente
è
sconfitto, la gola squarciata. Otto corpi e mezzo giacciono sul
pavimento della
sala del trono e Ben sta ancora lottando. Ogni secondo che passa la
lama è
sempre più vicina alla sua gola. È pietrificata.
Il panico le corre su per le
gambe, fila su per la spina dorsale le attraversa le membra e, con un
gesto
quasi istintivo, gli lancia la sua spada.
“Ben!”
Lui
la accende ed è tutto finito.
È
salvo. Leggermente ferito ma vivo. Il suo sguardo si posa insistente su
di lei,
ha il respiro affannato, le labbra gli tremano e lei sente le gambe
cederle: non
dovrebbe guardarla così. Quelli non sono gli occhi di un
assassino ma di un
uomo pronto a prendersi quello che sta ammirando. Lei distoglie lo
sguardo, la
mente corre alla Resistenza e alla salvezza di quel che ne rimane, ma
lui non
risponde alle sue suppliche.
Quando
si volta a cercare i suoi occhi è esitante, la speranza la
sta abbandonando
pian piano, sfuggendole tra le dita come sabbia, e quando lui si gira
non è più
Ben. Il signore della guerra, Kylo Ren, è tornato.
“Non
farlo, Ben.”
Questa
è la terza volta che lo chiama così e il suo nome
comincia ad avere un sapore
amaro sulle sue labbra. Lui la guarda ancora come una cosa preziosa,
una cosa
da non farsi scappare, da tenere stretta nella sua presa di ferro e lei
sente
il respiro mancarle sotto quello sguardo d’ossidiana. Un peso
le grava sul
petto e le sue parole non fanno altro che aumentare quella sensazione.
“Tu
vieni dal niente. Sei
niente.”
Si
sente una sciocca. Luke l’aveva avvertita che non sarebbe
andata come sperava.
Tuttavia,
quando più tardi quello stesso giorno gli chiude le porte
del Falcon in faccia,
giura a se stessa che aspetterà che lui torni a casa.
*
Quando
il suo nome le attraversa di nuovo le labbra è passato un
anno e lei è di nuovo
coperta di sudore e polvere, con i piedi piantati nella sabbia di un
pianeta
fin troppo familiare. All’apparenza potrebbe sembrare la
stessa ragazza che ha
lasciato Jakku, ma non lo è. Lei lo sa. Lui
lo sa.
Può
sentire la sua sorpresa attraverso il loro legame. Non sono apparsi
più l’uno
all’altra dopo la battaglia di Crait, ma quello strano
vincolo che li tiene
legati non ha mai cessato di esistere.
Snoke
ha mentito.
“Ben.”
Lo saluta e la sua voce sembra non appartenerle. Ora è
più matura, più
equilibrata, non ha più paura dell’uomo che ha
davanti, le sue gambe non
tremano più alla sua vista. Invece, il suo sguardo le fa
ancora vacillare il
cuore.
Sporco
traditore, pensa. Ma non
si riferisce a Ben quanto
all’infido muscolo nel suo petto.
Una
grave minaccia incombe sulla galassia e loro si sono dati appuntamento
lontano
da tutto e tutti per decidere sul da farsi. “Basta
rincorrersi. È giunto il
tempo di unire le forze.”
E
lei non riesce a non essere d’accordo con lui,
perché lo sente nella Forza che
questa sarà la resa dei conti. Da soli verranno sconfitti ma
insieme hanno una
piccola possibilità di successo. Sa che il destino
è in continuo mutamento ma
lei crede ancora alla visione del loro futuro che ha avuto su Ahch-To.
Ci spera
con tutta se stessa. Quello che le sta davanti è
l’ormai Leader Supremo del
Primo Ordine, un uomo spietato, che si è macchiato delle
peggiori nefandezze, e
si sente sporca e debole al pensiero di quanto quello stesso uomo le
sia
mancato. Quello che ha davanti è però anche Ben,
che nel suo momento più buio
le ha sussurrato parole di conforto, assicurandole di non essere sola.
Non
sa ancora se sia pronta a fidarsi di lui, ma gli darà il
beneficio del dubbio.
“Devi
prima guadagnarti la mia fiducia.”
C’è
l’accenno di un sorriso sul suo volto.
*
Quello
che una volta era il cannone centrale della Morte Nera ora è
un enorme cratere.
Una mezzaluna di metallo frastagliato, corroso
dal vento e dal mare da almeno trent’anni. Se
fosse ancora l’orfana venduta
dai genitori per i soldi di una bevuta, griderebbe di gioia alla vista
di
quella carcassa di nave spaziale: quanti pezzi potrebbe recuperare e
vendere?
Avrebbe porzioni a disposizione per una vita! Potrebbe ritirarsi nel
suo sgangherato
AT-AT e vivere i giorni che le restano in santa pace senza sottostare
alle
angherie di Unkar Platt.
Ma
il suo vecchio padrone è lontano e il pianeta che aveva
imparato a chiamare
casa ancora di più. Le sembra quasi di scorgerlo nel cielo:
un piccolo puntino
arancione che ancora la chiama. Non può far altro che
osservare il cielo nella
posizione in cui si trova. È sdraiata sulla schiena, con le
braccia spalancate
e una gamba piegata in modo innaturale. Attorno solo silenzio,
intramezzato
dallo scrosciare delle onde in lontananza. È così
stanca, vorrebbe chiudere gli
occhi e lasciare che la Forza la prenda, sollevandola dal quel corpo
mortale,
lasciando indietro ogni dolore. Prova a muovere un braccio e sente
gridare:
solo quando riprende fiato si rende conto di essere stata lei. E tutto
quello
che è appena accaduto le inonda la mente.
L’imperatore.
La
sua risata.
La
mano di Ben che cerca la sua.
Lei
che lo vede lanciarsi contro quel mostro riemerso dal passato.
Un’esplosione.
Ben.
Dov’è Ben? Perché non riesce a sentirlo.
Ben,
lo chiama attraverso il loro legame, Ben.
È
il silenzio a risponderle.
Prova
ad alzarsi ed ogni movimento è un atroce supplizio, ogni
muscolo, ogni
articolazione, ogni centimetro di pelle va a fuoco. Le gambe non
collaborano.
Si lascia sfuggire un lamento lungo e acuto, come un animale morente.
Quando
finalmente riesce a voltarsi su un fianco lo vede. Ben è
lontano, disteso di lato,
la schiena voltata verso di lei e il volto nascosto.
“Ben.”
Gracchia con voce debole. Lo ripete, ancora e ancora ma lui rimane
immobile. Si
trascina con forza sui gomiti, attraverso vetro e metallo, respirando a
denti
stretti. Il dolore è quasi insopportabile.
“Ben!”grida.
Il suo corpo
è un peso morto quando lo
tira a sé. C’è del sangue che le
imbratta le mani e una ferita che, sembra
essere stata fonte di un’indicibile agonia, gli affonda nel
ventre. Il suo
braccio sinistro è stato reciso di netto al di sotto del
gomito. Lo scuote,
prima piano poi con più forza. Ma i suoi occhi rimangono
chiusi. “No, no. Ti
prego…Ben.”
Il
sangue che le cola sugli occhi, da un taglio sulla fronte, si mischia
alle
lacrime. Su Jakku ha imparato a non farlo, piangere era vano e un
dispendio
inutile di liquidi, e le volte in cui l’ha fatto si contavano
sulle dita di una
mano. Le ricorda tutte: ha pianto per i morsi della fame, per il dolore
delle
ossa rotte cadendo da uno dei relitti, per la rabbia che nutriva contro
Unkar
Platt e per la morte di Selina, l’unico essere umano di Niima
che le avesse mai
dimostrato affetto. Ma da quando si è unita alla Resistenza
ha pianto più di
quanto abbia mai fatto per una vita intera. Ha dovuto dire addio troppo
presto a
persone divenute, in così poco tempo, così
importanti per lei. Ha aspettato per
quindici anni una famiglia che non sarebbe mai tornata indietro a
riprenderla e
senza volerlo ne ha trovata un’altra. Certo, si tratta forse
della famiglia più
disfunzionale della galassia, ma è pur sempre una famiglia.
E
ora si ritrova il corpo di Ben tra le braccia, dell’unico la
cui fine non aveva
previsto. Non era una possibilità così remota, ma
non ha mai pensato ad un dopo
senza di lui. Avrebbero dovuto vincere insieme. O perdere assieme.
Nessuno dei
due sarebbe dovuto rimanere senza l’altro.
Il
dolore delle membra indolenzite e delle ossa rotte è solo un
rumore di fondo,
un dolore ancor più grande le dilaga dentro, fagocitando
ogni emozione. Non
riesce più a piangere o ad urlare di rabbia, anche respirare
le sembra
difficile, quasi inutile ora. Non è pronta alla morte di
Ben. E si ritrova a pensare
che se questo è il prezzo per la sua redenzione, allora
è un costo troppo alto
da pagare. Preferirebbe combattere ancora mille anni contro Kylo Ren
che vedere
Ben così inerme, senza possibilità di ritorno.
Poggia
il capo sul suo petto e aspetta, non sa bene cosa.
Quella
che le era sembrata una parvenza di famiglia, una sorta di appartenenza
che
aveva atteso per una vita, ora le viene strappata con
brutalità dalle mani. Il futuro
che ha visto si sgretola, incompiuto.
Quella
rivelazione le toglie il respiro. La Forza l’ha tradita.
Un
urlo viscerale le sale in gola e, in uno sfogo alla sua sofferenza,
colpisce il
petto di Ben con un pugno. Una potente onda d’urto si
sprigiona da quel
contatto e la scaraventa lontano da lui.
Quando
si rialza avverte un’oscillazione nella Forza, un risveglio,
un’impronta che
riconoscerebbe tra milioni vibra vitale all’altro capo del
loro legame. E
quando incontra il suo sguardo, è sopraffatta dalla gioia.
*
Il
processo dura poco, quasi un battito di ciglia per essere una
discussione su
una decisone così importante. Ma la guerra è
finita e la galassia è pronta a
ricostruire, non c’è tempo da perdere per decidere
della punizione per il
Leader caduto. Morte o esilio. Non c’è molto da
pensarci. La maggior parte
vorrebbe vederlo morto, fargliela pagare per tutto il male causato.
Hanno
invitato anche lei nel consiglio per la decisione, ma la sua scelta
è così
ovvia che non le chiedono neanche di esprimerla. Poe l’ha
vista lasciare la
cella dove lo tengono rinchiuso e Rose l’ha sentita piangere
nel suo letto. Lei
è stata la prima ad accorgersene e quando lei non ha negato,
tutto è diventato
reale. Finn ha riso, pensando si trattasse di uno scherzo ma quando ha
guardato
la sua espressione seria, si è rabbuiato. “Come
puoi difenderlo dopo tutto
quello che ha fatto?”
“Perché
lei lo ama.” L’ha difesa Rose, lanciandole uno
sguardo comprensivo.
“Ho
seguito Leia come un fedele soldato e l’ho amata come una
madre. Ha creduto
fino alla fine che suo figlio potesse redimersi. Non sarò
certo io ad ucciderlo.”
Le ha detto Poe prima di entrare e contro le aspettative di tutti ha
votato per
l’esilio.
Hanno
scelto un pianeta semi-disabitato dell’Orlo Esterno come sua
ultima
destinazione. Rimarrà lì a vita.
Lei,
Chewie e Finn lo accompagneranno, e Poe li scorterà con un
intero squadrone di
X-wing, anche se Ben ha dato la sua parola che non proverà a
scappare. Ha
accettato passivamente le disposizioni del consiglio.
Le
fa rabbia vederlo incatenato e a testa bassa, sa chi era ma sa anche
che non lo
è più: ha salvato la galassia dalla minaccia
più grande che ci sia mai stata,
merita che gli sia riconosciuto!
C’è
molta gente il giorno della partenza, due ali di folla si aprono al
loro
passaggio: c’è un’aria pesante, un
silenzio surreale, quasi fosse una processione
a lutto, poi qualcuno sputa ai piedi di Ben e un altro grida assassino. Il malcontento si risveglia e
fanno appena in tempo a salire a bordo del Falcon, prima che cominci la
rivolta.
Quando
arrivano alla meta non riesce a credere ai suoi occhi, nemmeno Ahch-To
potrebbe
competere con una tale quantità d’acqua. Omereth
è al novantotto per cento mari
e oceani e le sue infinite distese si estendono a perdita
d’occhio. Qui e lì
alcuni isolotti sparsi affiorano dalle acque placide.
“Il
pianeta verrà cancellato dai sistemi di navigazione e
nessuno potrà arrivarci,
se non qualcuno che ci sia già stato.” Spiega Poe
una volta atterrati. Il
messaggio è chiaro: Ben non avrà via di scampo.
L’isola
è grande, ricca di vegetazione e una fonte d’acqua
potabile, ma disabitata ad
esclusione di alcuni uccelli variopinti. Potrebbe sembrare un idillio
ed invece
è una prigione.
Quando
gli altri fanno per tornare sul mercantile corelliano lei rimane
immobile, i
piedi piantati in terra e gli occhi saldamente ancorati in quelli di
Ben. La
voce di Finn che chiama il suo nome le arriva ovattata, riesce solo a
sentire
il cuore martellarle nelle orecchie. Sa di dover andar via ma non
riesce a farlo.
Come può finire così?
pensa, C’è un futuro da
adempiere!
Lui
riesce a leggerle dentro, perché le dice: “Non so
cosa ti abbia mostrato la
Forza quel giorno ma è giusto che le cose vadano
così, sarebbe da egoisti sperare
diversamente. Non puoi restare qui, la galassia ha bisogno del suo
baluardo di
Luce.”
“Nessuno
mi ha mai chiesto se volessi esserlo. E in realtà non sono
mai stata io. Sei
stato tu per tutto il tempo. L’eroe nascosto. Il figlio
redento della Luce. Hai
ucciso Snoke e mi hai aiutata a sconfiggere Palpatine, sei un eroe
tanto quanto
me. Perché non riesci a vederlo?”
“Credi
davvero che mi crederebbero se dicessi d’aver ucciso Snoke?
Non essere ingenua.
Non mi prenderanno a bordo come se non fosse mai successo nulla, non
dopo tutto
quello che ho fatto. I miei peccati non possono essere cancellati. E tu
lo sai,
Rey. Non illuderti, ai loro occhi sarò sempre Kylo
Ren.”
Lo
sa bene, ma non sa davvero cosa fare.
Torna
a casa. La sua voce
è un mormorio roco nella sua mente.
Non
senza di te, ribatte dove
solo lui può
ascoltare.
I
suoi occhi tradiscono l’angoscia del momento. È
troppo tardi, quello che hai visto erano solo proiezioni dei tuoi
desideri, niente di più. Non c’è nessun
futuro per noi.
Quelle
parole la colpiscono come un pugno allo stomaco. Quello è il
suo modo di
fronteggiare le avversità, barricarsi
nell’autocommiserazione dietro parole
amare. Ma non è una tecnica efficace per far si che lei lo
abbandoni su quel
pianeta dimenticato dalla Forza. Conosce i meccanismi della sua mente
meglio di
quanto lui sia disposto ad ammettere.
Ed
è anche un pessimo bugiardo. Non era così sicuro
di sé quando hanno avuto il
loro vero addio, quello in cui non avevano spettatori, nella sua cella
nella
base della Resistenza. Sente ancora la sua voce sussurrarle
nell’oscurità che,
non importa cosa accadrà, loro si appartengono. Sembra abbia
già dimenticato le
sue stesse parole.
Ma
lei conosce anche il suo cuore.
Finn
torna indietro e la tira per un braccio. “Andiamo.”
Lei
non oppone resistenza perché in quel momento ogni suo
pensiero è concentrato su
Ben e su quell’addio che non dovrebbe essere tale. Quella non
è una resa, è
solo una tregua. Per ora hanno il loro legame ma lei troverà
un modo per stare
insieme. Non lascerà che gli altri decidano per lei, per poi
lasciarla a
gestire le conseguenze da sola. Può scegliere da
sé ora.
“Ben.”
Lo chiama. Lui continua a fissarla senza
muoversi.“Tornerò a prenderti.”
*
Quando
accade per la prima volta sono su Jakku. È bastato uno
sguardo alla parete con
incise le piccole tacche ordinate perché lei tornasse a
sentirsi la mercante di
rottami abbandonata dai propri genitori. Ma Ben è
lì con lei, l’attrae a sé e
la stringe fra le sue braccia, senza che lei dica niente. Come lei, sa
cosa
vuol dire aspettare, contare giorni che sembrano non finire mai
all’ombra della
solitudine. Ma ora non è più sola. Seguirlo nel
suo esilio è stata la scelta
migliore che abbia mai fatto: convincere Poe è stato
difficile e far ragionare
Finn ancora di più. Ha rischiato che il suo amico la legasse
pur di non
lasciarla andare. Quella che doveva essere la sua ultima destinazione
è
diventata solo il punto di partenza di un confino itinerante.
“Sarò
io la sua prigione.” Ha argomentato davanti agli insistenti
rifiuti del
consiglio “Sono la sola che può tenergli testa. Se
non acconsentirete
abbandonerò la Resistenza e nulla potrà
convincermi a tornare.” Per la prima
volta ha fatto valere la sua posizione e anche se avrebbe potuto usare
un
semplice trucco jedi per convincere tutti, ha preferito non farlo, non
le è
sembrato giusto.
Jakku
è la loro seconda tappa, c’era qualcosa da
recuperare nel suo vecchio AT-AT ma
ora non ricorda cosa. Le labbra di Ben sulle sue sono
un’imprevedibile, ma
benvenuta, distrazione. Non è il loro primo bacio ma
c’è qualcosa di nuovo nel
modo in cui la stringe a sé, nell’insistenza del
suo abbraccio, nel tocco
sicuro delle sue mani che di solito si muovono con
un’intossicante devozione ma
che ora sembrano avere vita propria e scivolano lente sul suo corpo.
C’è
qualcosa di diverso anche nelle sue intenzioni e la veemenza nel suo
sguardo è
solo un’altra conferma che qualcosa sta per cambiare.
L’intimità
è qualcosa che la spaventa e non avere il controllo del
proprio corpo ancora di
più. Si lascia andare con timore a quelle attenzioni e Ben
sembra percepirlo
perché un attimo dopo un senso di calma la inonda e le sue
mani si fermano sui
suoi fianchi. Non sa se sia l’aria torrida di Jakku o la foga
delle sue azioni
a farle mancare il respiro, ma quando lui fa un passo indietro e la
guarda con
apprensione, lei riprende a respirare e
sente di poter scegliere liberamente, senza aver timore
che la eco del
disappunto di Ben la raggiunga. Non ve n’è traccia
nei suoi occhi scuri come le
immensità siderali.
La
decisione è presa ancor prima che possa pensarci su due
volte. Gli afferra la
mano e lo tira verso quello che era il suo vecchio letto improvvisato e
lui
oppone resistenza, ancora incerto. Lei lo rassicura alzandosi in punta
di piedi
a sfiorargli le labbra.
La
Forza vibra energica attorno a loro, un brusio che cresce
d’intensità ad ogni
secondo fino a diventare assordante.
Non
c’è frenesia nei loro gesti, né la
fretta di mettere a nudo l’altro. È un
processo di svelamento reciproco, e con ogni indumento che cade
abbandonato, si
spogliano anche delle loro paure, delle loro insicurezze. Non
c’è imbarazzo,
solo accettazione.
E
come un fedele che si inginocchia ad un altare, così lui si
piega sul suo corpo
e lo venera con le sue labbra e le sue mani, implorando per entrare nel
suo
luogo più sacro. La sua bocca parla una lingua sconosciuta a
cui lei non sa
rispondere e lascia che lui gliela insegni. Ti
serve un maestro. Le parole che le ha urlato tanto tempo
addietro le
sembrano più che mai profetiche.
Non
le interessa sapere dove e quando abbia imparato a farlo, se quando era
ancora
un apprendista jedi o quando è diventato l’erede
del lato oscuro, anche se il
pensiero di lui con altre donne rimane lì fermo da qualche
parte nella sua
mente, mentre lui continua a guidarla verso quella che ad ogni istante
che
passa le sembra sempre più la sua rovina. Quella connessione
che ha permesso ad
entrambi di apparire l’uno all’altra ad una
galassia di distanza ora acuisce i
loro sensi, rendendoli un unico essere. Non c’è
confine tra i loro pensieri,
nessun muro o difesa innalzata per impedire ad uno di leggere
l’inconscio
dell’altro. Le loro menti sono nude e vulnerabili, esposte
alle impetuose
tempeste dei loro sentimenti.
Un
pensiero passa nella mente di Ben e a lei viene quasi da ridere:
l’ha imparato
da alcuni testi antichi recuperati su un pianeta lontano e questa
confessione
sembra rassicurarla e divertirla allo stesso tempo. Un lampo
d’imbarazzo
balugina veloce nei suoi occhi quando si alza a guardarla. Poi, con
quello che
le sembra un sorriso di sfida, torna di nuovo ai suoi gesti dissoluti
ed
osceni, affondando il viso tra le sue gambe.
“Ben!”
all’apice dell’estasi non può far altro
che urlare il suo nome, che risuona
come un grido disperato nel silenzio del deserto,
nell’immobilità di
quell’AT-AT, reliquia di quel male che entrambi hanno
contribuito a
distruggere. Restano solo le macerie di quell’ombra scura che
avviluppava la
galassia.
E
macerie tremanti rimangono di lei dopo gli ultimi bagliori di quel
piacere,
ormai non più sconosciuto.
*
Dopo
aver a lungo vagato per la galassia, hanno deciso di fermarsi e hanno
scelto
una piccola luna boscosa di un piante gassoso, che orbita attorno a un
sistema
binario, come loro casa provvisoria. Addosso portano ancora le
cicatrici di
quel passato dal quale non possono scappare ma che sembrano appartenere
ad
un’altra vita. Sono lontani dal rumore mondano dei Sistemi
Centrali, lontani
dalla politica e dalle sue implicazioni. Nessuno lì conosce
le loro identità.
Questo
posto li ha chiamati: la Forza scorre potente in ogni cosa.
Ed
è proprio un cambiamento nella Forza che disturba la sua
meditazione. Ormai
serve una minima oscillazione per mandarlo in allarme. Sonda
l’altro lato del
loro legame, per scoprire se anche lei se ne sia accorta e lo
percepisce.
C’è
qualcosa di diverso, la sua luce è quasi accecante, un
bellissimo sole che
brilla solo per lui. Sente il suo cuore impazzito martellargli nelle
orecchie,
sembra che le voglia schizzare via dal petto. È un ritmo
innaturale, quasi come
due cuori che battono all’unisono. Capisce che non
è lei la fonte di quella nuova
luce che avverte, ma qualcosa dentro di lei che scintilla come una
stella
distante.
Spinto
dalla curiosità pungola quel piccolo punto di luce e trova
un essere senziente.
Quando
elabora quell’informazione rimane senza parole, il fiato
bloccato in gola e il
cuore che batte alla velocità della luce. Corre prima che se
ne renda conto, un
piede dopo l’altro, quasi inciampando nei suoi stessi passi
frenetici. Avverte
la sua gioia, la sua paura. Sta piangendo. È paralizzata dai
dubbi: si chiede se
sia il momento giusto, se siano pronti.
Sì,
sì.
Ripete
nella sua mente, sperando che lei lo ascolti.
Quando
arriva nella radura dove hanno sistemato il Falcon, è senza
fiato. Lei è in
piedi, vicino alla cassetta degli attrezzi che usa per tenere insieme
quel
pezzo di ferraglia. In una mano stringe un cacciavite e
l’altra è ferma
sull’addome. Sul suo viso c’è
un’espressione di stupore. È sporca di grasso e
il sole brilla sulla sua fronte imperlata di sudore, e ai suoi occhi
non è mai
stata più bella.
“Rey!”
NdA:
è da una vita che non scrivo e non
pubblico una ff e questa e la prima dopo la bellezza di tre anni,
quindi siate
clementi. È la prima volta che scrivo su questa ship, anche
se ho altri due o
tre wip parcheggiati sul pc che non si sa se vedranno mai la luce del
fandom.
Ho riletto più volte possibile per limitare la presenza di
errori e spero di
esserci riuscita; ho cercato anche di contenere l’uso delle
virgole… quando mi
parte la virgola molesta non mi ferma più nessuno e i miei
testi si leggono con
le pause respiro di un asmatico, quindi per il bene del lettore medio e
della
lingua italiana, mi sono trattenuta. So che non è il massimo
dell’originalità
ma a me andava di scriverla e così ho fatto. Diciamo che
è stata più un fan
service personale e poi dovevo sbloccare questo blocco dello scrittore
che mi
ha tenuta ferma per così tanto tempo, quindi ho pensato bene
di scrivere una
cosa che mi piacesse, ovviamente. Non mi convince totalmente, ma sono
abbastanza contenta del risultato. Spero sia piaciuta un po’
anche a voi e se
sì, fatemelo sapere nei commenti
:)
|