Intrecci del destino

di lmpaoli94
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< Azzurra, svegliati. Oggi è un giorno molto speciale per te. Il tuo primo giorno di scuola > fece Emanuele facendo il solletico a sua figlia.
< Papà, smettila. Così mi fai male > si lamentava la piccola.
< Ma se ti ho appena toccato. >
< No, non è vero… E poi voglio rimanere ancora a dormire. >
< Stasera andrai a letto presto, ma questa mattina devi prepararti. Vuoi fare tardi? >
< Io… >
< Avanti, conoscerai un sacco di nuovi amici. Vedrai che sarà divertente. >
< E magari avrò come insegnante delle maestre severe come all’asilo. A scuola non ci voglio andare! > gridò la bambina mettendo la testa sotto il cuscino.
< Azzurra, ne abbiamo parlato ieri. Avevi detto che non vedevi l’ora che arrivasse questo momento e finalmente è giunto. >
< Ma ho sonno. Posso entrare a scuola quando voglio? >
< No, carina. Non è così che funziona il tuo “lavoro”. >
< Lavoro? Ma ho appena sei anni! >
< Lo so bene… Infatti il tuo periodo scolastico è il tuo primo lavoro. >
< Scusa papà, ma come faccio a guadagnare qualcosa? Gli alunni non vengono pagati. >
< Tra qualche anno capirai che la scuola serve per imparare cosa nuove, non per pensare solo ai soldi. >
< Capisco… >
< Allora, ti decidi ad alzarti? >
< Uffa! >
Spazientita dall’insistenza di suo padre, Azzurra andò dritta in bagno a lavarsi i denti e il viso.
< Ma non fai colazione? >
< Non ho fame. Mangerò qualcosa più tardi. >
< Non se ne parla nemmeno > rispose Emanuele contrariato < La colazione è il pasto più importante della giornata e non hai nessun diritto di saltarlo. >
< Perché devi darmi noia così di prima mattina, papà? >
< Perché sono tuo padre e sei sotto la mia responsabilità. >
< Ma io… >
< Non discutere e vieni a fare colazione insieme a me. >
Sbuffando contrariata, Azzurra fece un gesto di stizza correndo verso la cucina.
< Non scendere mai più le scale in quella maniera, signorinella. Rischi di cadere. >
< Papà, non ho più quattro anni. Non sono una poppante. >
< Questo è tutto da vedere… >
< Cos’hai detto? >
< Niente, lascia perdere. Ecco il latte con i tuoi biscotti preferiti. Li ho presi ieri al supermercato. >
Azzurra non riusciva a rendersi conto quanto era amorevole e premuroso suo padre.
Se era per lei, avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni a disegnare, a leggere, a mangiare e a dormire, senza pensare ad una vita sociale fuori da casa sua.
< Mangia piano. Rischi che ti rimanga sullo stomaco. >
< Papà, puoi mangiare per favore in silenzio? >
< Non finché non ti comporterai come si deve. >
< Ma cosa ho fatto? >
< Niente. Finisci la colazione e vai a prepararti. >
 
 
Azzurra era pronta per uscire di casa e farsi accompagnare da suo padre con il suo grembiule rosa e bianco che risaltavano i suoi occhi e i suoi capelli.
< Sembri quasi un confetto, sai? > fece suo padre prendendola in giro.
< Ed io dovrei mostrarmi ai miei nuovi compagni vestita così? Non mi piace, papà. >
< Suvvia, anche gli altri bambini saranno vestiti con il grembiule. >
< Ma se poi non piaccio agli altri miei compagni? >
< Perché non dovresti piacergli? >
< Non lo so… >
< Tu cerca di stare tranquilla e sii te stessa. >
< Ok > rispose la bambina imbronciata.
 
 
Durante il tragitto in macchina per arrivare a scuola, Azzurra non aveva spiccicato parola, limitandosi a guardare fuori dal finestrino.
< Azzurra, a cosa stai pensando? > domandò suo padre ridestandola dai suoi pensieri.
< A niente, papà. Sono solo molto nervosa. >
< E’ normale. È il tuo primo giorno di scuola. >
< Ma tra quanto arriviamo? >
< Perché? Non stai più nella pelle? >
< No. È solo che voglio togliermi da dosso questo nervosismo. Odio stare così. >
< Vedrai che andrà tutto bene… Adesso devo solo trovare parcheggio per la macchina. C’è un mucchio di gente. >
Dopo aver sistemato l’auto fuori dal perimetro della scuola, Emanuele prese la mano di Azzurra fissando continuamente il suo sguardo imbronciato.
< Potresti farmi un sorrisino? Non mi piace vederti così triste. >
< Papà, posso farti una domanda sulla mamma? >
< Che cosa vuoi sapere? > domandò l’uomo mantenendo il sorriso.
< Secondo te che cosa poteva pensare in questo momento se mi vedeva entrare a scuola? >
< Sarebbe molto fiera della sua piccola… Se vuoi dopo la scuola possiamo passarla a trovare. >
< Non vorrei farti intristire… Lo so che quando pensi a lei… >
< Piango in ogni istante quando penso a lei > rispose Emanuele commosso < Ma oggi non ci sarà niente che potrà intristirmi. >
< Davvero? >
< Quando uscirai da scuola potremmo fare tutto quello che vuoi. Anche andare a trovare la mamma. >
< D’accordo. Ci sto. >
< Però mi prometti che mi fai un sorrisino e mi dai un bacio? >
< Certo > replicò la bambina acconsentendo alla richiesta del padre.
< Ecco, adesso ti riconoscono. Fai vedere a tutti che non sei una persona timida. >
< Ok… Però mi potresti accompagnare fino alla porta di classe? Ho paura di perdermi. >
< Ahahah va bene. >
Zizzagando tra i numerosi bambini e la moltitudine di genitori che stavano affollando l’edificio, Emanuele provò a farsi dare informazioni dal bidello in che sezione sarebbe stata sua figlia.
< Questo deve sentire la signorina che sta di fronte a quella classe. Sono sicuro che lei lo sai sicuramente. >
< Ok, grazie. >
< Papà? >
< Che cosa c’è, Azzurra? >
< Vedo che non sei molto pratico in edifici scolastici. >
< Non entro dentro una scuola da quando mi sono diplomato in quinta superiore. >
< E ti fa uno strano effetto? >
< In verità sì. >
< Spero che almeno quella signorina sia come me l’aspetti: brava e gentile. >
< Non ti preoccupare: severa come la maestra d’asilo sarà molto difficile. >
< Ti prego, non farmici pensare. >
< No no. >
Appena Emanuele alzò lo sguardo per rivolgersi alla giovane donna che stava parlando con alcuni genitori, l’uomo si bloccò all’istante.
< Papà, che cosa ti succede? >
< No. Non è possibile… >
Emanuele fissava la giovane donna con sguardo allibito e scioccato.
< Grazie a voi e buona giornata > fece la giovane maestra salutando i genitori di un alunno < Allora, chi è il prossimo? Buongiorno piccolina, come ti chiami? >
< Azzurra Lenci, signorina. È questa la mia classe? >
< Vediamo un po’… Sì, esatto. Puoi accomodarti nel tavolino in prima fila accanto a Roberto. È l’unico posto disponibile, però sono convinta che andrai molto d’accordo. >
< Va bene. Grazie > rispose Azzurra felice.
< Prego. >
Appena lo sguardo della maestra andò ad incontrare quello di Emanuele, inizialmente non fu molto sicura che si erano già incontrati, ma poi…
< Buongiorno > fece la maestra con tono cordiale < Sua figlia Azzurra è molto carina e solare da quello che ho capito a primo impatto. Lei deve essere il padre, giusto? Signor… >
< Elisa, non mi riconosci più? >
< Che cosa? >
< Sono Emanuele. Ti ricordi quando abbiamo lavorato insieme dieci anni fa’ al ristorante di Gianni? >
Ripensando a quel ricordo, Elisa fu molto sorpresa di aver ritrovato un suo ex collega.
< Emanuele, sei davvero tu? Accidenti! Credevo di non rivederti più! Come stai? > rispose la donna baciando sulla guancia il giovane padre.
< Tutto bene, tu? Alla fine ci sei riuscita a coronare il tuo sogno di diventare un insegnante. >
< Sì, puoi ben dirlo… Infatti da quando sono riuscita a vincere il concorso d’insegnante, sono diventata la persona più felice del mondo. >
< Sono molto felice per te. Allora non sei più la ragazza introversa e annoiata che eri un tempo, vero? >
< Assolutamente no. Adesso do tutta me stessa nel mio lavoro… E tu lavori sempre nel ristorante da Gianni? >
< Sì, esatto. >
< Grande. Potresti salutarmelo quando lo vedi? >
< Certo, nessun problema. >
Mentre i due continuavano a parlarsi, Emanuele non riusciva a distogliere lo sguardo da lei.
< Devo andare al lavoro altrimenti chi lo sente Gianni. >
< Ahahah eh sì. Mi ricordo che è molto puntiglioso sulla questione della puntualità… Io intanto vado dai miei bambini che mi stanno aspettando. Ci vediamo più tardi all’uscita? Oppure viene sua madre o qualcun altro a prendere Azzurra? >
Sentendo parlare di sua moglie, Emanuele si rabbuiò all’istante.
< Viene sua zia. Magari ci potremmo vedere domani. Devo vedere come sono messo al lavoro. >
< Ok, capito. Sono molto contenta di averti rivisto. Non sai quante volte ho voluto chiamarti ma ho sempre pensato che ti avrei disturbato e alla fine il tempo passava e ho lasciato perdere… Spero che tu non ci sia rimato male per questo. >
< No, tranquilla > rispose l’uomo smorzando un sorriso < E’ proprio vero che il destino opera in maniera incredibile. >
< Sì, è vero… Adesso però devo proprio andare. A presto, Ema > disse infine Elisa abbracciando il giovane ragazzo prima di entrare dentro l’aula.




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