Buondì!
Voglio premettere dicendo che questa "cosa", perché non so definirla altrimenti, è semplicemente frutto di un'ispirazione-lampo. Pretendeva di essere messa su carta... E così ho fatto.
Sembra incompleta, è semplicemente un piccolo spezzone di un'idea iniziale molto più grande, che non so se mai realizzerò davvero. Ma il risultato finale mi piaceva, quindi ho deciso di condividerla, magari più in là la ampierò con maggiori spiegazioni e una storia molto più ampia di quelli che sono i protagonisti.
L'unica cosa che ci tengo a specificare è che ci troviamo in un mondo distopico, senza alcun riferimento specifico ad alcunché se non qualche accenno a quella che sarebbe l'ambientazione.
Detto questo, I hope you'll enjoy! ^^
abc
Prometti?
Era una vista magnifica, guardata da sopra di quell’enorme
palazzo inabitato: una distesa di luci colorate, puntini azzurri,
gialli, rossi, che si allungava dai loro piedi fino
all’orizzonte, dove il riflesso della luna sul mare, lontano,
scurito dalla notte, l’inghiottiva. C’era silenzio,
solo un debole vento mormorava alle loro orecchie mentre si beavano di
tutto ciò che non era stato detto tra di loro.
Forse non stavano in un mondo che permetteva loro di amarsi alla luce
del giorno, ma la luna era capace di mantenere il segreto e ne
approfittavano ogni volta che potevano: temevano che presto avrebbero
preso pure loro, in fondo non erano sicuramente due stinchi di santi e
il fatto che erano ricercati ne era la prova, anche se avrebbero avuto
molto da ridire sul motivo. Avevano già visto sparire alcuni
tra gli amici più fidati e presto o tardi sarebbe arrivato
anche il loro turno, perché nessuno sfuggiva al controllo
dei Grandi.
Qualcuno era riuscito a tornare, ma non era più lo stesso di
prima; spesso ci pensavano, a cosa poteva succedere. A cosa veniva
realmente fatto a tutti coloro che sparivano senza spiegazione, a quale
fosse la reale motivazione, al motivo per il quale avessero
così tanta paura di loro, piccole e apparentemente inutili
formiche al confronto con i Grandi che detenevano il potere e
l’ordine pubblico. Restavano sempre fermi ad un vicolo cieco
con le risposte, e se anche provavano a rispondere… Le
risposte risultavano davvero ridicole ogni volta che sembravano
arrivare ad un punto.
Proprio di questo stavano parlando prima che calasse il silenzio: Erika
si era chiesta a voce alta che fine avrebbe fatto, perché
sapeva che erano vicini a catturare pure lei, avevano fin troppi
indizi. E poi una strana sensazione poco più sopra dello
stomaco glielo assicurava, che non avrebbe potuto continuare a scappare
a lungo, raramente le sue sensazioni si sbagliavano. E Paul con voce
dolce aveva ribattuto che no, mai l’avrebbero presa, lui
sicuramente non lo permetterebbe mai: che passassero prima sul suo
cadavere, se dovessero trovarli davvero! Ma in ogni caso, aveva
aggiunto, lei aveva le palle per affrontarli tutti e vincere pure.
“Invece io voglio che, quando ci troveranno, tu vada via e ti
salvi. Devi portare avanti i nostri ideali, quel che
succederà a me si vedrà.” Sorrise lei.
Era un sorriso triste, forse aveva pure gli occhi lucidi, ma Paul non
riusciva ad esserne sicuro: il buio mascherava abbastanza bene le loro
espressioni, e in ogni caso lei non si sarebbe mai concessa a gesti di
sentimentalismo, non in un periodo in cui non potevano permettersi
nemmeno di mostrare ciò che provavano davvero.
“Ma se il colpo di stato riuscisse…”
“Non riuscirà mai, sii realista Paul. Siamo pochi,
stiamo sparendo tutti uno ad uno e i Grandi prenderanno possesso di
tutto ciò che potranno prendere. Sono tempi bui, il massimo
che possiamo sperare è di sopravvivere fino a domani
sera.”
Erika era la più pessimista tra i due, aveva perso le
speranze nel momento in cui il loro paese aveva iniziato a cambiare,
nel momento in cui avevano iniziato a perdere, pian piano, ogni
diritto. Paul aveva visto il luccichio dei suoi occhi affievolirsi
lentamente, mentre la delusione cresceva sempre di più e si
faceva strada nei loro cuori l’idea di ribellione. Ma non
erano i soli: avevano trovato tante altre persone con cui condividere
quest’idea, che con il tempo è diventato un vero e
proprio ideale, un movimento che cresceva inesorabilmente di giorno in
giorno.
“Io voglio credere che sopravvivremo almeno
un’altra settimana!” Rise lui, per smorzare un
po’ la tensione che si stava creando.
“Te lo concedo, dai, stasera voglio essere
generosa!” Si lasciò andare pure lei ad una risata
e lo guardò per un secondo negli occhi per la prima volta,
quella sera: non aveva smesso per un attimo di ammirare la bellezza
della luna, prima, con quella luce particolare che quella sera emanava.
Poi i lineamenti del suo viso si indurirono, abbassò gli
occhi.
“Chissà che fine hanno fatto,
però… L’altro giorno ho visto Helena,
non mi sembra più la stessa da quando l’hanno
presa. È cambiata, sembra quasi…
pazza.” Esitò sulla parola
“pazza”, non era ciò che realmente
voleva dire ma non riusciva a trovare un’altra parola
più adeguata.
L’espressione di Paul si fece più cupa, a sentire
quelle parole: sapeva a cosa stava alludendo, lui aveva preferito non
parlarne in realtà, ma non poteva comunque ignorare che il
discorso sarebbe uscito in ogni caso, in un modo o in un altro.
“L’ho vista pure io. Dice che l’hanno
liberata la scorsa settimana, che i Grandi sono grandi davvero. E non
sembra più ricordare nulla degli ideali di cui prima andava
fiera.” Abbassò lo sguardo mentre diceva questo,
era immensamente dispiaciuto per entrambe perché sapeva che
tipo di legame le aveva unite prima e quanto importanti fossero state
l’una per l’altra.
Poi il silenzio, di nuovo: Erika era stata presa a sorpresa da un
magone alla gola di dimensioni colossali tanto che, se avesse aperto la
bocca, sarebbe uscito solo il nulla assieme alle lacrime che
minacciavano di sopraffarla. Di tutte quelle parole che avrebbe voluto
dire, non riusciva a pronunciarne nemmeno una. Non era capace di fare
nulla se non tormentarsi le mani attorcigliandole l’una
all’altra nel tentativo di distrarre la mente.
Alle sue si aggiunse un’altra mano: era quella di Paul, che
lentamente si era avvicinata per appoggiarsi su quelle di Erika. Quindi
lei le sciolse, per permettere alla nuova arrivata di inserirsi tra di
loro, e stettero così per dei minuti buoni che si
allungavano smisuratamente, nel buio della notte.
“Una cosa me la prometti? Te ne chiedo una sola.”
Erika teneva le gambe penzoloni, mentre disse questo, e le guardava
come fossero la cosa più importante al mondo in
quell’istante.
“Sì.” Rispose lui, prima ancora di
sapere la sua richiesta. Le avrebbe donato pure il sole, se ne avesse
avuto bisogno.
“Promettimi solo che, nel momento in cui mi prenderanno e
impazzirò, perché so che succederà,
verrai tu a liberarmi da loro. Voglio che sia tu a salvarmi.”
Lui fece cenno di sì con la testa, senza parlare. E di nuovo
silenzio, aspettando di essere inghiottiti entrambi dal buio,
trascinati dal vento, di sparire da lì
all’improvviso e arrivare in un posto in cui sarebbero stati
liberi di vivere.
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