Joice si guardava intorno, come se avesse già visto quel
posto, come se avesse già assistito a quella scena. Non
riusciva a rendersi conto di trovarsi immersa in un sonno profondo,
tanto da non riuscire a svegliarsi. Il prato era stranamente di un
colore simile al giallo ed il cielo era di un arancio che piano cadeva
immerso in un azzurro. Erano colori che non si accostavano alla
realtà che conosceva; sembrava caduta in un quadro di un
espressionista. Camminava spaesata, senza sapere il motivo di quel
moto, ne dove il suo vagare involontario la stesse portando, sapeva
solo di non potersi fermare. I suoi occhi erano vuoti, i movimenti
lenti ed indecisi, la sua mente priva di ogni pensiero: era incapace di
riflettere, ricordare, immagazzinare. Tutt' intorno a dov'era c'erano
solo campi, prati, alberi e strani piccoli sentieri che congiungevano
altri campi, come se si passasse da una città all' altra ma
senza alcuna abitazione, senza incontare anima viva. Imperterrita
continuava il suo cammino senza interruzione, monotono, lento...
In lontananza il paesaggio cambiava: il celo tendeva a mischiare vari
colori scuri, che venivano assorbiti da un enorme macchia nera ed
alcune luci, simili ad enormi finestre, cominciavano ad illuminare il
paesaggio. Un uomo apparve in lontananza: la sagoma nera, simile ad un
ombra, sembrava portare i lineamenti di un alto cavaliere che posava i
suoi passi pesanti e stanchi sul terreno. Da come oziava i suoi occhi
in destra e poi in sinistra si intuiva cercasse qualcuno, e che aveva
passato forse il resto della giornata a cercarlo. Nello scontrarsi con
quest'uomo Joice non interruppe il suo passo monotono ne
girò i suoi occhi per sforzarsi di parlare; era imprigionata
all'interno del suo inconscio, dal quale non riusciva a fare ritorno.
Il cavaliere intanto aveva affondato i suoi piedi fissi in una zona del
sentiero e sembrava non voler riprendere il cammino. Guardava fisso
quella donna, come se fosse il centro di ogni suo desiderio. Senza
spiccare un passo e muovendo i soli muscoli delle braccia
afferrò Joice per un arto e questa arrestò il suo
passo, come se avesse trovato dinnanzi ai suoi piedi un ostacolo
insommortabile. Gli occhi del giovane cambiarono emozioni: divenero di
un blu intenso e misterioso e non portavano più i segni di
fatica. Avrebbero spento una fiamma se l'avessero trovata sul loro
cammino; avrebbero incantato una fata se questa li avesse guardati a
fondo. Joice non ebbe reazione a questo sguardo, ed intanto il cielo
divenne nero, e nulla fu più riconoscibile. In quegli attimi
di puro silenzio, quelle che erano le due figure divenenro dell sagome
immerse nell'oscurità. Per il cavaliere, tutto perse
significato nell' istante nel quale Joice si fece specchio con i suoi
occhi. Da quell' immenso blu si passò rapidamente ad un
grigiastro che non trasmetteva più neanche un grido di
aiuto. Il cavaliere sciolse Joice dalla sua presa e cadde in terra come
sprofondato in un sonno profondo. Solo qualche istante dopo, Joice,
riprese il suo monotono cammino.
Non riusciva più a veder nulla, eppure non temeva di muovere
un piede dopo l'altro sul fresco terreno, nè risentiva della
fatica posta sulle sue spalle del giorno appena morto. Cominciava a
nascere dentro la prigione della mente una certa anzia proveniente
dalla sua anima seduta in un angolo impotente. Voleva fermamente
riprendere i sensi; avrebbe voluto chiamare aiuto, ma anima viva non
girava di sera in quello strano paesaggio, nè
potè chiedere aiuto al cavaliere incontrato qualche ora
prima; era stato anch'esso vittima del suo inconscio. Il fruscio delle
foglie appuntite annunciava la fresca breccia che popolava i villaggi
di sera, e man mano che la notte si faceva avanti
più le foglie solcavano la sua pelle. Joice non cennava a
spostarsi, ma lasciava che quelle punte lasciassero spazio al suo
sangue di gocciolare. Distrutta arrivò alla fine del
sentiero alberato e la scia di sangue avrebbe portato una qualsiasi
belva feroce da lei, se in quel bosco ce ne fosse stata almeno una. La
quantità di liquido rosso persa era troppa, e finalmente
interruppe il suo moto cadendo in terra. La notte trascorse in modo
veloce, senza alcun movimento da parte di Joice. Il vento asciugava le
sue ferite ancora gocciolanti, finchè il sangue non smise di
gocciolare con le prime luci dell' alba. Il fruscio smise di farsi
sentire, le foglie del bosco tornavano immobili ed il silenzio calava
nella radura. Un grosso cerchio di colore rosso, riprendeva il suo
dominio del cielo ed ora anche la temperatura cominciava a farsi
più calda. I campi tornavano silenziosi e vuoti, Joice
sembrava essere arrivata col suo moto continuo molto vicina ad una
città, ma ora che il suo moto era terminato niente aveva
più un senso. Col continuo fluire del tempo, l' enorme sfera
rossa perdeva potenza e si apprestava pian piano a nascondersi dietro
le enormi valli. Nulla era cambiato all'interno del paesaggio, l' unica
cosa che rendeva il tutto meno monotono erano i passi veloci di un
cavaliere che sul suo cavallo si avvicinava sempre di più al
corpo di Joice.
PICCOLO ANGOLO AUTORE
Gradirei un vostro commento per capire cosa ne pensate del primo
capitolo della mia storia... ce ne saranno degli altri... non abbiate
paura di criticare, queste sono ben accette se costruttive
Ps: non fate caso ai piccoli errori di scrittura, la storia deve essere
ancora rivista ...
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