Legendarium - Alexander

di MarioAlexAle
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Leggenda del Puro ti canto, Uomo
Che ascolti, di colui il cui nomo
D'antiquo Dio dato per salvare
D'oscure forze'l mondo nostro, dare
Inizio a durevol pace, perenne
Regno; di memoria degno divenne
Ma in oblio cadde, come ramo
In autunno; ma or magnifichiamo.

Sovrastava in immemori tempi
Su noi'l poter del Male d'occhi empi
D'empietà. Dominava su vulcani
D'incandescente fuoco e immani
Sofferenze, fiumi che attraversavan,
Mari che'l mondo tutto circondavan,
Ogni orizzonte i suoi occhi scrutante
Ogni luogo sua volontà bramante.

S'ergeva al monte Mégas in sua vetta,
Di cui più giù mai fu parola detta,
Un tetro castello, cinto da mura
Immense, al cui cospetto senza cura
Comparve e inginocchiato ossequioso
Al trono del Signore, maestoso
Lui, innalzatosi imponentemente,
Lo accolse qual suo servo fidente.

Ma il prostrato si eresse e l'armatura
Colpì, rendendo guerra nascitura.
Nacquer da Fuoco Draghi e Distruttori;
Fatti ei furon per esser servitori
Del Male, ma'l suo nemico, il Bene
Resistette, vinse, per tante pene
Creò'l mondo come oggi'l vediamo
Spense le fiamme e gloria gli diamo.

Benigni Draghi e Guardiani plasmati
Vennero e iniziaron la discesa.
Alle Diminticate Terre arrivati
Dal Male fu esatta etterna resa
Dal suo petto'l cor venne divelto,
E poi diviso in undici frantumi
Celati in luoghi impervi; ma il prescelto
Per fato trovolli e per suoi acumi.

Dal Bene si diffuser Freddo e Neve,
Data vita del mondo agli abitanti,
E ogni cosa greve venne lieve.
Creò tutto ciò che l'uomo oggi canti:
Città, alberi, acqua, monti, animali,
Boschi, freddo, stagioni nasciture,
Morenti, caldo, le vie fatali,
E specie noi, le sue Creature.

In principio eràm rei d'ogni vizio
Di rughe pieno'l viso avevamo
E i cuori ottenebrati dal supplizio,
Barbariche maniere portavamo:
Ci vincevan gl'effimeri piaceri,
Ma'l Bene obliò di quei dì i ricordi
Negli unidici del cuor frammenti neri
Chè chi'i trovasse n'occhi avesse sordi.




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