Sick

di Akame28
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«Hai la febbre» constata John, osservando il termometro segnare i 38°. Non che si aspettasse qualcosa di diverso, date le condizioni in cui riversa il suo coinquilino, ma nemmeno che la temperatura fosse così alta.
Alza lo sguardo su Sherlock. È pallido, ha gli occhi cerchiati da due grandi occhiaie e non dà il minimo cenno di lucidità; il naso rosso e gocciolante, poi, non rende affatto la situazione migliore.
«Sto bene» replica il detective, mentre fa per tirarsi su con la schiena, aiutato in parte dalle braccia magre. «Ah no. Tu rimani qui e ti riposi...» lo ferma a metà strada, «... finché lo decido io. La tua temperatura è alta, e se non ci presti attenzione peggiorerai solo le cose» lo ammonisce con fare autoritario. Dopotutto è pur sempre un dottore, e sa anche che per avere un minimo della sua attenzione deve farsi rispettare. Almeno in questi casi.
L'altro sospira e lo fulmina con lo sguardo. «Non posso.»
John incrocia le braccia. Si sta spazientendo non poco. «Perché no?»
«Perché altrimenti il mio quoziente intellettuale risente della mancanza di casi da risolvere, e questo è un problema serio. Hai la vaga idea di come ci si sente quando si è ostacolati da una forza esterna e non puoi svolgere la tua passione? Eh, John? Senza contare che mi annoio, e questo è un altro problema la cui unica soluzione è quella di permettermi di fare quello che più mi aggrada.» Sherlock finisce il suo monologo, e imita John.

Dal canto suo, il dottore è sempre più irritato; il suo coinquilino è la persona più testarda e cocciuta che abbia mai incontrato, e discutere con lui è sempre una battaglia persa fin dal principio. Sospira. Si appunta mentalmente di domandare a Mycroft come facesse a farsi rispettare quando Sherlock era un piccolo moccioso indomabile; tanto è sicuro che il suo carattere non è cambiato quasi per nulla, in tutti quegli anni, quindi i consigli del fratello maggiore potrebbero fruttargli parecchio.
Ad ogni modo, prova a controbattere: «Sherlock, se tu esci adesso, con questa frebbre...» lo indica, «... e questo tempo...» punta la mano verso la finestra, bagnata da tante piccole gocce e da cui si riesce a udire il suono della pioggia scrosciante, «... starai molto peggio, credimi. Ciò significa che dovrai rimanere a letto per davvero tanto tempo, e starai talmente tanto male che dovrai aspettare almeno un mese prima di riprendere in mano un caso» conclude e gli si avvicina, incrociando nuovamente le braccia. «Ma fa' come vuoi. Dopotutto, sei un adulto vaccinato con capacità di intendere e volere». Detto questo, si gira ed esce dalla stanza. Se ci è riuscito – e se ha avuto fortuna – Sherlock non dovrebbe obiettare più di tanto. Sul volto gli nasce un piccolo ghigno. Uno a zero per il dottore. Questi sì che sono passi avanti.

Si dirige quindi in soggiorno e si siede davanti al fuoco, quando una vaga certezza si fa posto nei suoi pensieri. Se Sherlock è davvero così malato, significa che potrebbe anche iniziare a delirare, perché sì, ci è già passato altre volte, ed era successo. E se Sherlock inizia a delirare, vuol dire che dovrà occuparsi di lui fin quando non guarisce o, perlomeno, riprende lucidità. Chissà se non lo stesse già facendo prima. Il detective è di per sé intrattabile quando sta bene, figurarsi nei momenti in cui delira. Cavolo, pensa, perché la signora Hudson è via per qualche giorno, e questo porta alla conclusione che, a fargli da balia, ci deve pensare lui.
Bene. Uno pari.


NdA

Ho scritto questa "one-shot" pensandola come ad un esperimento. È la prima volta, infatti, che pubblico (e scrivo) nel fandom di Sherlock, e devo dire che mi sono divertita.
 





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