Casa

di _Glaucopis_
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Sirius si tolse il casco e si massaggiò la fronte. La testa gli faceva ancora male a causa delle grida di sua madre e dell’irritazione.
La litigata di quel giorno era stata più furiosa del solito.
Alla fine (cosa non inusuale) si era ritrovato chiuso a chiave e senza bacchetta in camera sua, dove, attraverso la porta, avevano continuato a giungergli insulti e rimproveri.
E allora aveva preso la sua decisone: zaino contenente lo stretto necessario in spalla, era fuggito alla volta di casa Potter. Sarebbe tornato solo per recuperare la bacchetta, o l’avrebbe fatta prendere da qualcun altro. Forse, Codaliscia sarebbe riuscito a entrare, rubarla e uscire evitando che qualcuno se ne accorgesse.
Davvero nessuno aveva pensato di prevenire che ciò accadesse? Era nato in una famiglia di idioti.
Abbandonò la moto nel vialetto illuminato dalla luce arancione del sole morente.
Quante volte aveva varcato quella soglia in cerca di un rifugio dalla vita nella casa degli orrori?
Molte. Moltissime.
Quella sarebbe stata l’ultima, sperava.
Prese un respiro profondo e si passò il dorso della mano destra sugli occhi, che bruciavano.
Appena ebbe premuto il pulsante del campanello si udì un familiare, forte trillo.
“James! Vai ad aprire!”
“Vado!”
Rumore di passi precipitosi, un tonfo, un’imprecazione.
“Sono ancora vivo! Credo…”.
Sirius ridacchiò. Una risata spontanea, sincera.
Casa, dolce casa…
Un attimo dopo, un trafelato James Potter in pigiama, il quale si reggeva su una sola gamba, aprì la porta.
-Ma salve! – Ramoso sorrise alla vista dell’amico -Hai la mia caviglia sulla coscienza-
-Non ti risarcirò i danni. Sappilo-
-Uff. Cattivo- disse James con tono ironico -Allora, qual buon vento ti porta presso la mia umile dimora? –
Fu allora che Sirius si rabbuiò nuovamente. Stava davvero per chiedere un favore tanto grande? Non era forse troppo?
Era sul punto di cercare una scusa e andarsene, quando James, resosi conto dello stato d’animo dell’altro, lo sospinse all’interno dell’abitazione saltellando su un piede.
Senza avere neanche il tempo di salutare Euphemia e Fleamont, si ritrovò nella camera del compagno di avventure.
-Okay, parla- ordinò allontanando una pila di libri, che cadde rovinosamente, con il piede sano e sedendosi sul pavimento, schiena contro il muro -Cosa c’è che non va? –
Sirius si lasciò cadere accanto a lui e gettò la testa all’indietro, puntando gli occhi lucidi al soffitto.
-Non ce la faccio più. A vivere in quel posto, intendo. Se non sei come loro, fai schifo. E se hai il loro sangue ma non ti comporti al loro stesso modo, sei un errore di fabbricazione, e non puoi passare un solo giorno con loro senza che te lo rinfaccino, e…-
Inaspettatamente, Ramoso lo abbracciò.
-Felpato, questa è casa tua – disse scandendo bene le parole.
Lui ricambiò quella stretta rassicurante. Casa.
-Grazie, Ramoso. Davvero–




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