Sangue?
Vulcano
Rosso, turbato, fissa l’acqua del Canal Grande di Venezia.
Sbatte
gli occhi, ma il colore vermiglio non scompare.
– Ma
cosa succede? – mormora, turbato. Ne è sicuro, la sua è
una allucinazione.
Eppure,
un silenzio di morte è sceso sulla laguna veneziana.
Ogni
forma di vita sembra sia stata pietrificata in una calma falsa,
artefatta, innaturale.
Ad
un tratto, l’acqua comincia a ribollire tumultuosa, come
sottoposta ad un intenso calore.
La
gondola viene prima sollevata in alto, poi si ribalta. Lui cade in
acqua.
Prova
a nuotare, ma non ci riesce.
I
suoi arti sembrano scollegati dalla sua mente.
Eppure
è un abile nuotatore.
L’angoscia
stringe il suo cuore.
Cosa
è accaduto?
Il
suo corpo è pesante, quasi fosse fatto di piombo.
E,
inesorabile, precipita in un silenzioso abisso vermiglio.
Con
un urlo, il giovane guerriero spalanca gli occhi e si sveglia.
Si
solleva, puntando i gomiti e, per alcuni istanti, resta immobile, il
corpo scosso da ansiti dolorosi.
D’istinto,
stringe le dita ad artiglio, in cerca di un sostegno.
– Bene…
– mormora, rinfrancato. Sotto i suoi polpastrelli, ha avvertito
l’evanescente consistenza del lino della coperta.
Dunque,
il suo è solo un sogno.
Un
lugubre sogno.
– Quanto
tempo è passato? – mormora, lo sguardo perso nel vuoto.
Da quando Flora è morta, nulla ha avuto senso per lui.
Il
mondo è stato un fondale grigio e indistinto.
Solo
il calore crudele della vendetta ha infiammato il suo cuore, sepolto
in una spessa coltre di ghiaccio.
Niente
è giunto alla sua mente,stretta nella morsa dell’odio.
Per
tanto, troppo tempo è stata tormentata dal volto meraviglioso
di Flora, bianco di morte, e dal suo sguardo privo di luce, aperto in
una perenne espressione di sorpresa.
Quelle
iridi vuote sono state la sua condanna.
Non
gli hanno concesso la possibilità di dimenticare.
Quegli
occhi neri, simili a frammenti di vetro opaco, gli hanno aperto una
ferita sempre fresca.
Solo
il sangue del suo assassino ha permesso a Flora di riposare in pace,
ne è certo.
Ma
il suo dolore non è mutato.
Lugubri
sogni hanno dilaniato le sue notti e gli hanno impedito di conoscere
il riposo.
Ormai,
la pace per lui è un miraggio.
Un
forte braccio stringe la sua vita.
Il
giovane si gira e i suoi occhi neri si specchiano nelle iridi
nocciola, screziate d’oro, di Miguel.
– Che
cosa hai? – domanda lo spagnolo, il tono calmo, ma deciso.
Il
combattente italiano tace, turbato. Grazie all’amore di quel
ruvido, ma generoso guerriero è riuscito ad emergere
dall’abisso della disperazione.
In
quelle iridi, ardenti di mille sentimenti, ha riveduto il dramma di
una persona cara, perduta a causa della cattiveria umana.
Come
lui ha perduto la sua amata fidanzata, Miguel ha perso la sorella
minore.
Entrambi
sono stati privati delle persone amate dalla crudeltà di
individui indegni.
Le
loro anime sono unite da una pena comune, che, nel corso del tempo,
si è trasformata in un sentimento d’amore.
Vulcano
Rosso sospira, sconfitto. Non sa cosa fare.
Miguel
sa della sua pena, causata dalla perdita di Flora, ma non conosce gli
strascichi, rossi di sangue, di quella morte.
Cosa
direbbe, se sapesse?
Con
un gesto pesante, si lascia cadere sul letto, gli occhi chiusi.
Perplesso,
Miguel gli si stende accanto e, con un gesto gentile, anche se
impacciato, gli accarezza il volto. Teodoro non gli ha mai celato il
suo passato di membro di una organizzazione criminale, paragonabile
alla Mishima Zaibatsu, ma, ne è sicuro, non gli è stato
svelato tutto.
Il
pudore del suo compagno frena la completa limpidezza.
Cosa
si cela nel suo cuore, così sfuggente e vibrante di passione?
Desidera
conoscere quest’intima verità del suo compagno, ma non
vuole forzarlo.
Le
sue dita, pigre, indugiano sul collo dell’altro, godendo dei
brevi fremiti corsi sulla pelle di lui.
Vulcano
Rosso, sentendo quei tocchi, apre gli occhi e il suo sguardo, di
nuovo, è catturato dalle iridi di Miguel.
Accenna
ad un sorriso. Non giudizio è racchiuso in quello sguardo,
ardente d’amore e di passione, ma desiderio di comprensione.
Il
volto di Miguel è modellato in una espressione seria, quasi
impenetrabile, ma nei suoi occhi rifulge la sua preoccupazione.
Sospira.
Forse, di lui può fidarsi.
– Ho
avuto un incubo. L’acqua di Venezia si tingeva di sangue e io
sprofondavo senza potere riemergere… E sai, credo sia un
simbolo. – cominciò, il tono apparentemente pacato.
L’altro
non risponde e, con un tenue cenno del capo, lo invita a continuare.
– Ne
sono sicuro, il sangue rappresenta il dolore che ho lasciato dietro
di me, mentre inseguivo la mia vendetta… – mormora
ancora, la voce leggermente incrinata.
Di
scatto, reclina la testa dall’altra parte, gli occhi lucidi di
lacrime. Quelle poche parole sono state una fatica erculea.
La
vergogna, di nuovo, ha stretto il suo cuore con mano d’acciaio
e gli sembra di soffocare.
Miguel
si avvicina a lui e lo stringe con più forza contro di sé.
Poi,
le sue lunghe dita sfiorano il collo dell’altro e si fermano
sulle sue labbra. No, non può condannare Teodoro.
Anche
il suo cuore è nero di colpe, prima della morte di Ana.
Se
ne vergogna, ma non può non ricordare l’insana gelosia
da lui provata verso Gonzalo, il fidanzato della sua dolce sorella.
Ha
desiderato ucciderlo, arso da una insana gelosia.
Ha
scambiato il suo egoismo per amore.
Pur
nelle sue azioni discutibili, Teodoro è stato mosso dall’amore
per la sua amata, mentre lui è stato annebbiato dall’egoismo,
che lo ha portato a concepire una crudeltà gratuita, incurante
della felicità della sua amata sorella.
No,
non può ergersi a giudice delle azioni del suo compagno.
La
sua bocca, leggera, si posa sul collo dell’altro, mentre le sue
mani risalgono sul suo viso in una tenue carezza.
– Non
posso giudicarti. Siamo uguali, Teodoro. Anche io ho le mie colpe. –
dichiara con semplicità.
Vulcano
Rosso, per alcuni istanti, lo fissa, gli occhi sgranati dallo
stupore.
– Grazie.
–
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