Il
rimbombo dell’acqua echeggia tra le pareti della chiesa.
Alle
nostre orecchie arrivano anche le urla dei tedeschi e il crepitio
delle pallottole.
Cerco di
non curarmi di questo rumore e continuo a martellare la parte.
I muscoli
mi fanno male, ma non mi arrendo.
Non posso
farlo.
Non posso
perdere questa occasione.
Solo un
muro separa me e te, Ian, dalla libertà.
Dobbiamo
abbatterlo.
Ma, ad un
tratto, ti fermi.
Cosa ti
succede, Ian?
Il tuo
sguardo è rassegnato.
Perché?
Perché
ti sei fermato?
L’acqua
ci sta sommergendo, non dobbiamo fermarci!
– Cosa
fai? – urlo, preoccupato.
– Jozef…
Jozef… Fermati. – dici, con tono basso, ma deciso.
Ti guardo,
sorpreso. Perché mi hai detto questo?
– Ian!
– urlo. Che cosa ti succede?
Non ti
capisco.
Allontano
queste domande e riprendo a colpire il muro a martellate.
Non posso
arrendermi. Non devo cedere.
Ma tu non
mi aiuti.
– Che
cosa fai? – urlo, esasperato dalla tua inattività. Vuoi
morire?
Un sorriso
amaro distende le tue labbra.
Non è
che…
No, non
dire quelle parole, amico mio.
– Guarda.
Sta salendo troppo in fretta, Jozef… E abbiamo sei pallottole.
– ansimi.
I tuoi
occhi mi sembrano lucidi.
O è
solo una mia impressione?
– Non
volevi andare in America? Ci sono delle fognature, lì dentro.
Ci sono delle maledette fognature, Jan! – grido. Perché
ti vuoi arrendere?
Perché
vuoi abbandonare i tuoi sogni?
– Avanti!
– urlo e, con rabbia, riprendo ad assestare martellate contro
il muro.
Ma tu non
cedi.
La tua
mano si posa sul mio collo e il tuo sguardo, così fermo e
deciso, incontra il mio.
Davanti
alla fermezza dei tuoi occhi, non posso non guardare in faccia la
realtà.
Non c'è
speranza.
Non
riusciremo a rompere il muro e a scappare nelle fognature.
Il livello
dell'acqua sta salendo troppo in fretta e i nazisti sono a pochi
metri da noi.
Se
dovessero catturarci, il nostro destino sarebbe crudele.
Poso il
martello, ormai inutile, e abbandono la testa contro il muro.
No, non
voglio morire così.
Non è
giusto.
Non ce lo
meritiamo.
– Va
tutto bene... – mormori, pacato. So che stai cercando di
aiutarmi, ma la tua calma mi distrugge amico mio.
Mi guardo
intorno e crollo, sempre più sconfortato.
Vorrei
piangere, ma non ne ho la forza.
Non voglio
morire così giovane. Non lo merito.
Non è
giusto.
Mi ribello
a questo stato di apatia, stringo la pistola e ti guardo.
Ammiro la
tua fermezza, amico mio.
– Guarda
dall’altra parte, amico mio. – mi incoraggi.
Ma io non
ti ascolto e ti abbraccio.
Tu non ti
sottrai e i tuoi occhi mi fissano.
– Ascoltami…
Va bene? Con me, amico mio… Andrà tutto bene. Insieme a
me...–
I nostri
respiri ansimanti si mescolano, ma io posso sentire le tue parole.
Le tue
mani, strette attorno al mio volto, mi danno forza e la tua voce,
così calma, rassicura il mio cuore.
Morirò,
ormai ne sono consapevole, ma non sarò da solo.
Ci
allontaniamo di pochi centimetri, ma i nostri sguardi continuano a
cercarsi.
Ormai,
entrambi siamo decisi.
Non
permetteremo alla Gestapo di torturarci.
Puntiamo
le pistole contro le nostre tempie.
E,
simultaneamente, la detonazione esplode.
Il dolore
fulmina le nostre menti e poi…
La morte
scende su di noi.
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