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Trecento
secondi
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If Heaven's
grief brings Hell's rain,
then
I'll trade all my tomorrows for just one yesterday
(Just one yesterday - Fall Out Boy)
You are my favorite "what if?",
you are my best "I'll
never know"
(Fourth of July - Fall
Out boy)
Trecento
secondi.
Cinque
minuti.
Di
solito questa quantità di tempo viene vista come qualcosa
di esiguo e molto breve, simile ad un battito di ciglia. Si crede che
cinque
minuti siano un’inezia, una quisquilia, una robetta da niente
di cui nemmeno ci
si può accorgere.
Le
persone si sbagliano, però, perché cinque minuti
possono
durare all’infinito in un sacco di occasioni. Quando si sta
aspettando o ci si
annoia, per esempio, è come se gli orologi rallentassero e
trecento secondi
sembrano lunghi come un intero anno solare di Nettuno –
più o meno un secolo e
mezzo su Earthland, chiarirebbero Levy e Lucy.
Per
Gray, quei trecento secondi si sono dilatati fino a
diventare l’eternità, e allo stesso tempo sono
sfuggiti via dalle sue dita
prima che lui potesse formulare anche solo un breve pensiero di senso
compiuto.
Cinque
minuti sono stati sufficienti perché il cuore di
Juvia smettesse di battere per sempre. Trecento inesorabili secondi
hanno
cancellato ogni cosa, come un colpo di spugna imbevuta di detersivo fa
brillare
una superficie sporca.
Dalla
battaglia di Alvarez, dopo lo scontro con Invel, il
Devil Slayer del ghiaccio vede il mondo in trecento secondi: cinque
minuti e un
momento della giornata è andato, altri cinque minuti e un
altro momento se ne
va. È routine per lui, oramai.
Trecento
secondi.
In
questo arco di tempo, nella sua mente risuona la promessa
che ha fatto alla ragazza alla vigilia della guerra contro
l’impero di Zeref.
Avrebbe dovuto darle una risposta alla fine della battaglia, dirle se
il suo
amore era ricambiato o meno. Ogni volta rivede e rivive
l’intera scena come in
un loop.
Si
odia, si odia, si odia.
Diamine,
non c’era nessun motivo per far aspettare Juvia e
tenerla sulle spine inutilmente: già prima di quella
chiacchierata lui aveva
compiuto la sua scelta, ma il suo maledetto orgoglio gli ha impedito di
parlare
a cuore aperto e si dà del testone, si dà
dell’incoerente e dello stupido per
aver sprecato a quel modo quella che forse era – ed
è poi stato davvero –
l’ultimo attimo felice prima dell’inferno.
Trecento
secondi.
Ci
impiega così poco – o è tanto? Gray non
ne è sicuro, non
lo sa più – la vita, a scorrergli di fronte agli
occhi vacui e spenti. Le
immagini si susseguono una dopo l’altra, in una maniera
simile ad un film, ma
non riguardano le vicende che il moro ha provato sulla propria pelle
nella
realtà.
Sono
scorci fugaci del futuro. Di quello che avrebbe potuto
essere: la sua esistenza e di Juvia se lui le avesse risposto quella
sera,
fuori sul balcone, se lui le avesse impedito di sacrificarsi per
lasciarlo
vivere. Simili ad un velo, queste illusioni coprono la
verità amara dal suo
sguardo addolorato. Nascondono alla sua vista la pietra grigia e
silenziosa su
cui è riportato in bella grafia il nome di Juvia Loxar.
Gray
sa che così facendo si ferisce ancora di più,
perché sta
scappando quando invece con il tempo dovrebbe imparare ad accettare
quel che è
accaduto; tuttavia non vuole. Non vuole che Juvia sia morta,
sepolta nella terra
umida e fredda. Non
vuole che il sangue di lei continui a scorrere nelle sue vene, monito
del fatto
che se il cuore di lei si è fermato è solamente
colpa sua.
Vorrebbe
solo tornare indietro ed eliminare quei cinque
minuti, fare in modo che non avvengano mai. Cambiare il passato,
perché non
vuole che il futuro resti una serie di immagini intangibili e
probabili, ciò
che lui e la maga dell’acqua sarebbero potuti diventare ma
che non si
realizzerà mai.
La
responsabilità della morte di lei gli grava sulle spalle
come un macigno da cui però non si può
– non si vuole – liberare, e darebbe
qualsiasi cosa solo per riaverla fisicamente vicino a sé,
stringerla e sentire
il corpo caldo e morbido di lei accanto al suo.
Non
saprà mai la reazione di Juvia alla sua confessione,
alle parole che ormai gli si sono bloccate lì in gola e non
trovano il coraggio
di uscire nemmeno quando è da solo con lei, nel silenzio dei
propri pensieri
furiosi. Non saprà mai niente di vero – qualcosa
che solo una persona intima
può sapere – di lei, resta tutto un ipotetico
“se” a cui non ci sarà risposta.
Trecento
secondi.
Cinque
minuti.
Un
battito di ciglia o forse un’eternità, a seconda
dei
punti di vista. Comunque sufficienti a spezzare una vita e, con essa,
l’intero
universo di Gray Fullbuster.
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Hola
gente
Non
mi facevo viva in questa sezione da qualcosa come due anni e passa, ma
finalmente rieccomi qui! Ovviamente con una buona dose di angst (credo)
Probabilmente non
è molto originale come idea, non sono di certo la prima a
pensare cosa sarebbe potuto succedere se Juvia fosse morta davvero nel
capitolo 499, ma volevo comunque portare la mia versione - ispirata
alla grande dalle canzoni malinconiche dei Fall Out Boy...
Non sono proprio
convinta del tutto, ma vabbé; e ringrazio chi
recensirà e anche chi leggerà e basta
Alla prossima gente
Adios
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