Opera d'arte
Opera d’arte
Era seduto sul balcone e teneva lo sguardo rivolto verso il
tramonto.
I suoi capelli lisci e corvini erano leggermente smossi
dalla brezza estiva, impregnata di un odore salmastro e umido. Una ciocca
ricadde sul viso pallido e lui sollevò appena la mano destra per scostarla.
Il mio cuore perse un battito.
Era stravaccato su una sdraio, in una posizione rilassata e
tranquilla. Teneva la parte superiore del corpo abbandonata contro lo
schienale, mentre le gambe magre e affusolate erano poggiate sulla balaustra; i
piedi scalzi ondeggiavano appena, sospesi nel vuoto, e ogni tanto cozzavano uno
contro l’altro.
I miei occhi scivolarono sulle sue braccia chiare, che ogni
tanto si muovevano a tempo per inseguire un ritmo che solo lui poteva sentire
nella sua mente.
Sorrisi. Quel suo modo di fare mi ricordava John, il che mi
fece pensare che fosse tipico dei batteristi.
Poi mi soffermai sul petto quasi completamente glabro e il
cuore fece l’ennesima capriola: la pelle nivea, leggermente imperlata di
sudore, aderiva perfettamente ai suoi muscoli appena accennati. Una leggera
striscia di peli correva lungo il torace e si fermava poco sopra l’ombelico,
per poi proseguire e perdersi oltre il bordo dei jeans.
Fermo sulla soglia, lo fissavo, e lui sembrava non
accorgersi di me.
Sentii la bocca seccarsi e tentai di deglutire, portandomi
una mano all’altezza del petto per cercare di contere i battiti impazziti del
mio cuore.
«Vieni qui.»
Le mie orecchie percepirono la sua voce sottile, dal tono
deciso, e rimandarono quel breve ordine al mio cervello già in panne.
Feci un passo avanti, poi mi arrestai nuovamente e chinai il
capo. «Ti sei accorto che ero qui?» domandai.
Roman mi rivolse un’occhiata eloquente. «Sentivo i tuoi
occhi addosso, capo.»
Sorrisi ancora e incrociai i suoi occhi neri come il
carbone, ardenti e caldi. Da quando avevo coinvolto lui, Orbel e Niko negli
Scars, tutti avevano preso la bizzarra abitudine di rivolgersi a me con
quell’appellativo che, se in certi momenti mi lusingava, in altri mi metteva
tremendamente a disagio.
Come stava succedendo ora.
Non mi sentivo io il capo, era bensì avevo la
sensazione che Roman comandasse su di me, sul mio cuore e sui miei sensi.
Ero completamente preda di lui.
«Vieni qui o no?» insistette.
Guidato dalla sua voce melodiosa, con le gambe che tremavano
appena, lo raggiunsi in pochi passi e poggiai il bacino contro la balaustra,
dando le spalle al panorama mozzafiato che si stagliava oltre il balcone. In
quel momento non mi importava del mare cristallino, della spiaggia dorata o
degli scogli che disegnavano il loro profilo contro il cielo terso.
Volevo soltanto godermi la vista di quel ragazzo magnifico
che mi sorrideva appena e mi osservava con attenzione attraverso le ciglia
scure.
«Ti guardavo perché mi sei sembrato un’opera d’arte. Sai, un
quadro da ammirare in un museo.»
Roman ridacchiò e allungò la mano per afferrare la mia.
«Allora devi pagare per potermi ammirare ancora» scherzò.
Alzai gli occhi al cielo. «Quanto vuoi?»
Si leccò piano le labbra e mi fissò, lo sguardo carico di
aspettative e ardente di desiderio. Uno dei suoi piedi mi solleticò il braccio
e io sussultai, scattando come una molla.
Lui rise ancora. «Sei sensibile, capo. Sto aspettando
la mia paga.»
Scossi il capo e gli afferrai la gamba destra, sollevandola
dalla balaustra per potermi inginocchiare tra le sue cosce. Roman le allacciò
attorno alla mia vita e sollevò le braccia sopra la testa, per poi incrociarle
sotto la nuca e socchiudere le palpebre.
Era stupendo, mentre il sole rosso del tramonto lo inondava
di sfumature dorate e colorava appena la sua pelle diafana.
I nostri bacini entrarono in contatto e io mi resi conto che
entrambi ci sentivamo eccitati, il che mi fece ancora una volta perdere diversi
battiti.
Posai le mani sui suoi fianchi e ne percorsi con estrema
lentezza il profilo, notando subito che la pelle di Roman si increspava in un
brivido.
Mi chinai su di lui e cominciai a percorrere con le labbra
il suo torace magro e chiaro, soffermandomi a mordicchiare appena i capezzoli
rosei. Tirai appena con le labbra un piccolo ciuffo di peli e lo sentii ridacchiare.
Risalii lungo il suo petto e mi fermai a leccare le sue
clavicole, per poi lasciare una scia di baci lungo il collo.
Quando raggiunsi le sue labbra, feci appena in tempo a
soffocare un gemito che Roman si stava lasciando sfuggire.
Lo afferrai saldamente per il mento, baciandolo con lentezza
e assaporando appieno la sua bocca calda e dal lieve sentore di tabacco.
La sua stretta sui miei fianchi si intensificò e il suo
bacino spinse in maniera del tutto naturale contro il mio.
Interrompemmo il bacio per riprendere fiato e tenemmo lo
sguardo incastrato l’uno in quello dell’altro.
Roman cambiò posizione e portò le braccia a circondare il
mio collo, mentre un sorriso colmo di malizia gli incurvava le labbra.
Mi baciò ancora, brevemente, poi si staccò e sussurrò:
«Portami dentro».
E allora capii esattamente cosa voleva, ed era tutto quello
che volevo anche io.
Avevo ammirato la mia opera d’arte, ora volevo viverla ed esplorarla
con intensità.
♥ ♥
♥
Ehm… miei cari lettori, da dove comincio per spiegarvi
questa storia?
Poco più di una flashfic per assecondare un improvviso moto
di ispirazione, nato grazie a una bellissima descrizione che qualcuno ha fatto
per me, per potermi “mostrare” una foto di Roman che io non potevo vedere
perché non sono iscritta sui social ^^
E nella ship poteva mancare il signor Malakian? L’unico dei
System che io potrei shippare anche con una pietra xD
Questo piccolo regalino ve lo voglio fare oggi, visto che
fino al primo di agosto non aggiornerò neanche gli Hypnotics né SOAD-Factor, e
mi dispiaceva lasciarvi a bocca asciutta per così tanto tempo! 😉
Dedico questa piccola storiella a Selene, che ha fatto
nascere per prima l’idea della coppia RomanxDaron! :3
E grazie a tutti voi che avete letto e che passerete a
recensire!
Alla prossima avventura ♥
|