Buon
multiverso a tutti
Cap. 1 - Dio non gioca a dadi
Dio non gioca a dadi.
Sembra un punto fermo,
una convinzione che gli Angeli si ripetono tra loro ogni volta che un
leggero dubbio li assale, una frase ripresa nel tempo anche dagli
scienziati, un qualcosa di rassicurante.
Eppure, ogni tanto, anche
l’Onnipotente si ritrova a porsi dei quesiti, forse per
curiosità, forse per noia, forse perché
altrimenti sarebbe tutto troppo prevedibile.
La parte interessante
è che a differenza dei mortali, Dio può
facilmente rispondere a ogni suo “e se invece che fare
così, avessi fatto diversamente?”
Una mattina, doveva
essere novembre, poco dopo la Creazione, poco dopo che gli Angeli
ribelli erano caduti segnando il loro destino, Dio aveva iniziato a
costruire un altro Universo, parallelo all’altro anche se
leggermente sfasato dal punto di vista temporale.
Lo sfasamento si era
presto risolto qualche millennio dopo quando, inaspettatamente, alcuni
eventi del Medioevo avevano segnato un passaggio più veloce
all’era moderna.
In ogni caso, Dio aveva
creato un nuovo Universo con l’idea che le cose sarebbero
andate diversamente.
Poi Lucifero
cominciò di nuovo i suoi comizi contro la struttura celeste,
indisse un comitato, poi un sindacato e di nuovo finì
confinato al centro della Terra.
Quello che
poté constatare Dio, era che la storia si era ripetuta in
modo pressoché uguale, salvo per piccoli, trascurabili
dettagli che avevano finito per trovare il medesimo equilibrio della
prima Creazione.
Avrebbe poi tentato con
un altro Universo e un altro ancora, ispirando quello che gli
scienziato avrebbero tentato di giustificare con la teoria delle
stringhe o gli autori di fumetti con il multiverso, ma questa
è un’altra storia, perché la nostra
inizia una mattina come tante nell’Universo della prima
Creazione.
Ci sono mattine in cui
tutto fila liscio, il Sole splende alto, gli uccelli cantano e una
leggera brezza scuote le cime degli alberi di Regent’s park.
Quella non era una di
quelle mattine.
In effetti
c’era il Sole e qualche uccellino stava cantando nei pressi
di Soho, ma non tutto stava filando liscio.
Crowley aveva appena
parcheggiato la Bentley per andare a recuperare Aziraphale e invitarlo
a pranzo; c’era un nuovo locale che non aspettava altro di
essere testato dai gusti sofisticati dell’angelo e visto che
di recente si erano visti poco perché Aziraphale era tutto
preso da alcuni nuovi libri di profezie che aveva trovato, il demone
era piuttosto impaziente.
Nemmeno il
tempo di scendere dall’auto che Crowley sentì un
brivido, come se percepisse una perturbazione, come se qualcosa stesse
per accadere e in effetti accadde.
Un lampo
squarciò il Cielo e per un attimo la libreria di Aziraphale
assunse un colore celeste, prima di tornare alla sua consueta
vetustà.
Crowley sentì
di nuovo quella spiacevole sensazione di smarrimento, come quando la
libreria aveva preso fuoco e aveva creduto di aver perso per sempre il
suo migliore amico. Attraversò la strada senza guardare
l’arrivo dei veicoli, che miracolosamente riuscirono ad
evitarlo e spalancò la porta della libreria, sperando che
nulla fosse successo.
Si guardò
attorno trattenendo il fiato, non riusciva a scorgere Aziraphale da
nessuna parte, quando all’improvviso sentì una
specie di lamento dietro il bancone, seguito da un « Ma cosa?
» inequivocabilmente pronunciato dalla voce del suo angelo,
ma non riusciva a vederlo perché doveva essere caduto a
terra.
Crowley si
affrettò per vedere cosa era successo e in che stato fosse
l’amico, quando Aziraphale si tirò in piedi a
fatica, apparendo improvvisamente alla vista del Demone, che
spalancò la bocca orripilato.
«
Azi… no »
Le fattezze erano quelle
dell’angelo ma i capelli erano castano scuro, il completo era
nero e il papillon era di un bel rosso carminio. Aziraphale sembrava
solo scosso ma Crowley non poteva credere ai propri occhi, non poteva
solo trattarsi di un cambio di look, era evidente che c’era
qualcosa di diverso, percepiva l’essenza demoniaca
dell’essere che aveva davanti: l’unica conclusione
a cui giunse Crowley era che l’angelo era caduto e gli si
spezzò il cuore.
Si morse un labbro,
perché avrebbe voluto insultare tutte le gerarchie celesti
per aver fatto una cosa tanto orribile ad un angelo così
buono ma la faccia stranita con cui l’amico lo guardava lo
convinse a rimandare ogni invettiva a un altro momento.
« Non dirmi che
hai perso la memoria » fece Crowley, cercando di rimanere
calmo ma l’altro aveva una faccia disperata tanto quanto la
sua.
« Raffaele, ti
hanno… sei caduto? » fece Aziraphale, lo sguardo
triste e colpevole mentre le mani avevano iniziato a tremare.
«
Certo… seimila anni fa e perché mi chiami
Raffaele? » rispose, scrutandolo. Tutte le volte che aveva
riflettuto
sull’orribile prospettiva che Aziraphale potesse cadere,
bandito dal Paradiso, una delle principali preoccupazioni che aveva
avuto, era
che Aziraphale perdesse la memoria a seguito della caduta. Seimila anni
sarebbero stati perduti come lacrime nella pioggia (1): tutti i loro
incontri, i loro pranzi, non vi sarebbe stata più traccia.
Fu il turno di Aziraphale
di stupirlo, quando scoraggiato gli pose la stessa domanda
« Hai perso la memoria? »
« Questo
dialogo sta diventando un loop » rispose Crowley, dando un
calcio rabbioso ad una sedia.
Rimase un attimo in
silenzio, nella speranza di calmarsi, che il cuore smettesse di battere
all’impazzata e gli occhi di pizzicare « Ma sei
appena caduto, posso capirlo » aggiunse, cercando di
riprendere un contegno, per dargli coraggio. Sapeva cosa voleva dire
cadere, il senso di perdita, di vuoto e non lo avrebbe mai augurato a
nessuno, tantomeno al suo amato angelo.
« Cosa stai
dicendo? Io sono caduto seimila anni fa! » rispose, mentre
sulla faccia di Crowley si formava un’espressione sempre
più sconvolta e preoccupata. Il demone Aziraphale lo
guardò meglio e poi finalmente si decise a guardarsi
attorno. Non sembrava la sua libreria, sembrava un negozio risalente al
1800 mentre il suo negozio era anch’esso straripante di testi
ma sistemati in un elegante mobilio moderno.
Si avvicinò a
Crowley, talmente vicino che il demone ebbe un sussulto. Anche se aveva
i capelli scuri, come lo erano gli occhi, l’espressione e le
movenze erano sempre le stesse. Gli venne quasi naturale allungare una
mano per toccargli il viso ma l’ex angelo si girò
di scatto.
«
Aspetta, ho capito! » esclamò e nel farlo prese
dalla tasca un paio di occhiali da vista, con una montatura marrone,
molto diversi dai soliti occhiali dell’angelo. «
Che strano questo posto comunque »
aggiunse, spostando con poca grazia i libri che erano accatastati sulla
scrivania alla ricerca di quello che si rivelò essere un
papiro.
Crowley continuava a
fissarlo shockato. Per un attimo aveva creduto che la cosa che
più temeva, ossia che la loro amicizia causasse la
dannazione del sua angelo, si fosse verificata; invece c’era
qualcosa di strano in quell’Aziraphale, qualcosa che lo stava
inducendo a credere che la spiegazione potesse essere più
complicata.
« Eccolo qui,
ecco cosa è successo » affermò,
sventolando allegro davanti agli occhi del demone un foglio di appunti
in cui poteva scorgere chiaramente le parole
“eclissi” “convergenza” e
“multiverso”.
« Aziraphale,
io non capisco cosa… »
« Ezlaaphira
» lo corresse.
«
Cos’è quella parola? »
« Il mio nome,
da demone. Come il tuo non è Raffaele ma…
» fece con un gesto, aspettandosi una risposta che
arrivò dopo qualche secondo.
« Crowley
»
« Bene, Crowley
» ripeté come se il suono di quella parola fosse
strano « Siamo vittime di un strano fenomeno che stavo
studiando. O meglio, lo siamo io e il mio equivalente in questa
dimensione »
Quello che Crowley non
sapeva e che a breve gli sarebbe stato illustrato, era che sia
nell’Universo della prima creazione che nel secondo Universo,
un angelo di nome Azirpahale e un demone di nome Ezlaaphira stavano
studiando il medesimo, incredibile, fenomeno celeste: una volta ogni
secolo, durante un’eclissi lunare, i due universi si
allineavano dando vita a insoliti eventi. Sia Aziraphale che
Ezlaaphira erano giunti alla medesima conclusione studiando antichi
testi risalenti alle popolazioni precolombiane e spinti da
un’insana curiosità avevano letto le parole in
lingua Maya, nel medesimo momento, proprio durante la convergenza.
Questo aveva creato un
fenomeno inaspettato che aveva cagionato l’inversione delle
persone, o meglio degli esseri celestiali, che avevano proferito le
parole.
Crowley
ascoltò la spiegazione sconvolto, mentre l’altro
sorrideva allegro, come se fosse il suo Aziraphale ma con un qualcosa
di più malefico.
« Quindi se tu
sei qui, Aziraphale si trova in un Universo dove io non sono mai
caduto? Ho capito giusto? Il mio angelo e la mia versione angelica sono
assieme nella tua libreria? »
La rivelazione
sembrò schiaffeggiare entrambi; Ezlaaphira aprì
la bocca per commentare ma non riuscì a formulare niente di
intelligente da dire « Probabilmente si stanno chiedendo la
stessa cosa »
« In che
rapporti siete tu e il mio doppio? » chiese nervosamente
Crowley.
« Oh,
amichevoli » rispose, come se stesse piano piano realizzando
che non voleva che la sua versione angelica parlasse con il suo
Raffaele.
« Ah,
è quanto durerà questa cosa? » chiese
con finta noncuranza.
« Non lo so,
credo appena finirà l’eclissi »
« Allora poco
» “per
fortuna” pensò tra se.
« Oppure no,
non ne ho idea. Non è una cosa che mi capita quotidianamente
Raff… emh, Crowley » rispose più
nervoso e Crowley poté scorgere che qualcosa di Aziraphale
c’era pure in lui, quella specie di ferma insicurezza che
nonostante lo facesse impazzire, lo inteneriva.
Tutti e due si guardarono
sconsolati. Non potevano chiedere aiuto ai demoni, di certo
non erano soggetti che davano una mano, e non potevano rivolgersi al
Paradiso, nessuno avrebbe ascoltato due demoni. Erano soli e
preoccupati.
La verità era
che nessuno dei due voleva restare troppo tempo in compagnia di quello
che avrebbe potuto diventare il loro migliore amico se fosse caduto,
senza contare che immaginare che Aziraphale e Raffaele stavano
scoprendo cosa volesse dire frequentare un angelo invece che un demone,
non li rendeva tanto tranquilli.
Intanto, nel secondo Universo, due angeli erano
arrivati alle stesse conclusioni, solo senza calci alle sedie e con
meno sarcasmo.
Raffaele era molto simile
a Crowley, ma i capelli erano di un colore biondo ramato e gli occhi
erano dei normalissimi occhi color nocciola, oltre ad indossare un paio
di jeans abbinati a una camicia bianca e a un gilet azzurro.
L’angelo dai capelli ramati stava passeggiando avanti e
indietro per la libreria, intento ad ascoltare la spiegazione di
Aziraphale ai recenti eventi, chiedendosi come stesse il suo Ezlaaphira
e se fosse al sicuro. Per un attimo aveva davvero creduto che Dio
avesse personato il suo demone e fosse tornato un angelo, biondo e
luminoso come un raggio di Sole, invece la folle spiegazione del
multiverso era quello che aveva ricevuto.
Anche Aziraphale aveva
avuto lo stesso pensiero, qualche secondo di illusione che
l’Onnipotente avesse notato quanto fosse stato ingiusto
bandire Crowley dal Paradiso, un demone che riponeva più
fiducia in Dio di quanta ne riponesse lui. Invece si era trattato della
sua stupida curiosità che lo aveva spedito in un altro
Universo.
« Vuoi un
po’ di tè? Ezlaaphira lo tiene nella stanza sul
retro » chiese gentilmente Raffaele.
« Splendido
» rispose, mentre seguiva l’angelo non caduto.
« È curioso che Ezlaaphira abbia
comunque una libreria, proprio come me » commentò,
interessato alla vita del suo altro sé.
«
Sì, è una delle sue migliori qualità
» rispose Raffaele, accarezzando un libro in maniera
malinconica. Aziraphale notò il gesto e non poté
fare a meno di pensare che anche in questo mondo avevano avuto i loro
problemi legati alle rispettive fazioni.
« Quindi, anche
in questo Universo siamo amici? »
Raffaele fece un cenno di
assenso, seguito da un leggero sorriso.
« A quanto pare
l’Onnipotente non smette mai di stupirci »
commentò Aziraphale, chiedendosi cosa stesse provando
Crowley ad incontrare la sua versione demoniaca.
(1) concedetemi questo omaggio a Rutger Hauer e a
Blade Runner
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Angolo autrice:
Ciao amici,
eccomi di nuovo con una minilong.
Sperando di aver stuzzicato la vostra curiosità, vi
ringrazio di aver letto il primo capitolo di questa avventura.
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