Corrente
naturale
di ellephedre
Luglio
1997 - Incontro con l'ex
Al negozio era una di quelle giornate che Makoto avrebbe
rivissuto
dieci volte. Stava vendendo tantissimi dolci. La mattina studenti e
mamme casalinghe avevano fatto incetta dei mochi e manju appena
sfornati. Ormai era pomeriggio e da venti minuti era entrato un
gruppetto di studentesse universitarie. Una di loro era una cliente
abituale, che aveva pensato di far conoscere la pasticceria alle sue
amiche. Per Makoto non c'era nulla di più soddisfacente del
passaparola.
Le ragazze chiacchieravano allegramente al loro tavolo,
gustandosi le
ultime briciole di pasticcini e una fetta di torta. Era un
momento
di pausa, ideale per dare una pulita al bancone.
«Shizuka, non girarti.»
«Perché?»
«Ho appena visto il tuo uomo ideale. È
proprio
come piace a te.»
La ragazza si divertì a sufficienza da stare al
gioco. «Cioè?»
«Grosso, sensuale... con un che di
animalesco.»
«A questo punto voglio vederlo.»
Anche Makoto alzò gli occhi sulla strada, per
curiosità, guardando
oltre la vetrina del negozio. Quello che vide le impose di
soffocare una risata. Parlavano di qualcuno che lei conosceva molto
bene.
«Ma quello è Gen!»
Sentire il suo nome nella bocca di un'estranea le tolse il
fiato.
La ragazza stava radunando le amiche intorno a sé,
accovacciandosi sul tavolino. «Presto, giratevi!»
«Non penso che verrà qui, sta smanettando
nel
retro del furgone. Chi sarebbe questo Gen?»
«Un mio ex.»
«Uh, racconta!»
«Siamo stati insieme per un po' in seconda
superiore. Non ha
funzionato.»
«Te lo sei fatta scappare? Non posso credere che
sia stata tu a lasciarlo: è proprio il tuo tipo.»
«Invece sbagli, l'ho mollato io. Era un po' troppo
serio.»
«Da quando questo ti ha mai fermata?»
«Da quando mi dà fastidio ricevere
ordini. Anche
se in
certe situazioni, se capite cosa intendo, il suo essere autoritario
mi piaceva tantissimo.»
Il cumulo di risatine depositò del gelo nello
stomaco di
Makoto.
«Forse dovresti riprovarci, Shizuka-chan. Guarda,
sta venendo
da questa parte.»
Makoto non seppe cosa le prese, ma scappò in
cucina. Rimase
nell'altra stanza, con un orecchio teso, chiedendosi cosa aspettava di
sentire. La porta del negozio si aprì, agitando il
campanello
sulla cima. Per un momento lei maledì la musica di
sottofondo
che aveva diffuso nel locale: non avrebbe sentito quasi nulla se
avessero parlato piano. Forse doveva andare di là e...
Fece un saltello all'indietro quando Gen spinse l'anta della
cucina, entrando.
Lui sorrideva, ignaro. «Ehi, sei qui.»
«Ehi» deglutì lei. Si
ritrovò
con la vita circondata dalle sue mani.
«Sono passato a trovarti.»
Gli sorrise, ma si ritrasse inconsciamente quando lui si
chinò per un bacio.
Gen se ne accorse. «Che c'è?»
«Io... Penso che di là ci sia una ragazza
che
conosci. Sapeva chi eri prima che entrassi nel locale.»
«Ah, sì?» Gen girò
la testa,
poi tornò
a concentrarsi su di lei. «Non l'ho vista, magari dopo la
saluto.
Come va oggi?»
«Io... bene. È una buona giornata. Ho
venduto
quasi tutto quello che avevo preparato per la colazione.»
Lui ne era felice. «Te l'avevo detto.
Andrà sempre
meglio.»
«Già...»
La sua poca voglia di comunicare non mancò di
confonderlo. «Quella tipa ha detto qualcosa di
strano?»
«No. Solo che un tempo stavate
insieme.»
«Ah.» Gen la lasciò andare,
comprendendo
la fonte
del suo fastidio. Senza dire altro, tornò nella parte
anteriore
del negozio, oltrepassando l'anta bassa che chiudeva l'area del
bancone.
Makoto non avrebbe potuto essere più a disagio.
«Shizuka?»
«Gen!» La ragazza finse sorpresa.
«Quanto
tempo che non ci vediamo.»
«Già. Come va?»
«Bene, bene... Hm, sono qui con le mie amiche,
abbiamo
scoperto questo posto. Ma vedo che lo conosci anche tu.»
«Diciamo che sono di casa.»
«Ah, okay... Senti, cosa fai adesso?
Lavori?»
«Ogni tanto, mentre frequento Architettura alla
Todai.»
«Todai? Complimenti!»
«Grazie.»
Makoto non poté fare a meno di notare che lui non
ricambiò i convenevoli al punto da chiedere alla tipa cosa
stesse facendo lei al momento.
«Torno di là. È stato un
piacere
rivederti, Shizuka.»
«Anche per me. Hmm, senti...»
La sedia andò a stridere sul pavimento. La ragazza
si era
alzata in piedi.
«Se ti va di risentirci, io ho sempre lo stesso
numero.»
«Temo di averlo perso.» Nella
voce di Gen vi era una nota di palese divertimento. «Ne ho
persi parecchi da quando sto con la mia
ragazza. Una cosa seria.»
«Ah... be', ci ho provato.»
«Lo so, sei la solita. Ciao!»
«Ciao!»
Gen tornò nel retro del negozio, fiero dello
scambio.
Makoto invece era in imbarazzo e non sapeva per cosa. «Cosa
volevi dimostrare?» bisbigliò.
«Che non avevi niente di cui preoccuparti.»
«Perché non le hai detto che ero io la
tua
ragazza?»
«Pensavo di farlo, poi mi sono ricordato che non era
il caso di
farti
perdere clienti. Ma se vuoi che mi corregga, torno di
là.»
«No, no.» Per istinto
femminile seppe che
il
gruppetto di
amiche smaniava per andare via. Infatti, quando tornò alla
cassa, si stavano tutte alzando, dirette a pagare. Grazie a Gen che non
aveva detto nulla della loro relazione, poté guardare in
viso
l'ex di lui senza sentirsi troppo a disagio. Si trattava di una tipa
bassa
molto carina, con capelli vaporosi e trucco appariscente. Su altre
ragazze il
rossetto rosa shocking sarebbe apparso fuori luogo e volgare,
mentre
su di lei era solo... vivace e femminile. Provò un poco di
invidia per la sua bellezza da fatina.
«I dolci erano tutti buonissimi»
dichiarò l'amica
dell'estranea - la cliente abituale. «Tornerò
senz'altro.»
Mentre ringraziava, Makoto notò che la signorina
Shizuka
non si
univa al complimento. Era stata respinta e, sapendo che Gen era 'di
casa', probabilmente non si sarebbe più fatta rivedere nei
paraggi.
Era un sollievo.
L'intero gruppo uscì nel giro di pochi secondi,
salutando.
Quando furono soli nel negozio, Gen uscì dal retro.
«Soddisfatta?»
«Per cosa?»
«Hai guardato in faccia com'era una delle ragazze
con cui
sono stato. Sei sempre stata curiosa.»
Makoto non sapeva come commentare.
«Non ti somiglia» continuò lui.
«Non somigli a nessuna delle mie ex.»
Era questo che gli aveva fatto pensare? «Non mi
interessava
essere diversa da loro. O uguale.» Semplicemente, aveva dato
un
volto al passato di lui - anche se il passato di Gen aveva decine di
volti.
«Voi donne fate sempre il confronto.»
Ecco, lui aveva appena detto la cosa sbagliata.
«Forse le tue
precedenti ragazze erano gelose e si paragonavano a
quelle venute prima. Io no.»
«Non ne hai motivo infatti. Sai quella cosa che le
ho detto,
dei
numeri di telefono? Prima di incontrarti, non li avevo mai
eliminati.»
Lei ne fu assurdamente felice, ma dopo un momento si
indignò.
«Vuoi dire che prima pensavi di tradire la ragazza con cui
stavi
con quelle precedenti?»
«No.» Lui scoppiò a ridere.
«Ma non mi era venuto
in mente di mettere mano alla rubrica telefonica. Non avevo tempo da
perdere. Invece, quando mi sono messo con te, mi è sembrato
importante dare un taglio con ciò che era stato.»
Okay, così la storia le piaceva molto di
più.
Si sporse a dargli un bacio. «Grazie per essere
venuto a
trovarmi.»
«Posso chiederti qualche avanzo? È da
quando ho
finito il pranzo che ho voglia di qualcosa di dolce.»
«Ah, sei qui per questo.»
«No, per questo.» Lui le prese la nuca a
coppa e
la impegnò in un lungo e passionale bocca a
bocca. «Ma se ci aggiungi il dessert, mi fai
felice.»
Per farlo felice, avrebbe fatto qualunque cosa. Lo
portò davanti alla
vetrina
colma di leccornie. «Scegli quello che vuoi.»
Di sera Makoto era arrivata alla consapevolezza di essere una
bugiarda.
Sì che si paragonava alla ex di Gen. Il fatto che fossero
così diverse avrebbe dovuto renderla felice, ma sin dal
primo
pomeriggio le era rimasto in testa un particolare dell'incontro con il
gruppetto di ragazze.
Al momento del pagamento, nessuna di loro -
compresa la fatina Shizuka - aveva pensato che lei potesse essere la
fidanzata di Gen. L'avevano adocchiata e avevano visto... la cuoca
della pasticceria. La commessa al bancone. Una tipa anonima con la coda
a cavallo e una cuffietta in testa che non avrebbe mai potuto catturare
l'attenzione di un ragazzo come lui.
Per la frustrazione infilò la tuta e si
dedicò a
una
routine di respirazione combinata ad arti marziali. Da quando aveva
aperto il negozio aveva poco tempo per allenarsi al parco ed era
diventata brava a farsi bastare uno spazio di due metri per due per i
suoi esercizi. Tirando calci controllati in aria perse la cognizione
del tempo e trasalì quando il citofono sulla parete
squillò.
Gen era già arrivato.
Gli aprì e iniziò a far scorrere l'acqua
nella
vasca.
Tornò indietro per girare la serratura della porta
d'ingresso,
in modo da lasciarla aperta, poi andò a rifugiarsi in bagno.
Mentre si spogliava, si guardò allo specchio. Sulla fronte
aveva
una leggera patina di sudore. Il suo viso privo di trucco era
arrossato e sulla testa qualche capello si ergeva dritto in aria, come
attraversato da una corrente elettrica.
Un maschiaccio, inutile negarlo.
Si infilò nella vasca. Sotto il getto rigenerante
della
doccia
tirò la tendina, per evitare di creare un lago sul pavimento.
Quando riaprì gli occhi, un minuto dopo,
trovò
Gen che la
guardava sereno da uno spiraglio, appoggiato con un fianco sul
lavandino. «Lavorato tanto?»
Lei annuì, allungando le membra sotto il massaggio
dell'acqua.
«Avrei dovuto portarti qualcosa di pronto da
mangiare invece
di farti cucinare.»
Ma ormai la cena era il pasto più importante della
sua
giornata. «Mi rilassa trafficare con le pentole.»
Lui guardò in direzione della cucina.
«Tra quanto
sarà pronto?»
Le era venuta voglia di qualcosa di elaborato.
«Un'altra
mezz'ora.»
«Perché non riempi la vasca con l'acqua
calda?
Riposati con un bel bagno.»
«Ormai sto sporcando tutto lavandomi qui.»
Aprendo la tenda, lui interruppe la sua doccia senza chiedere.
Prima
che lei potesse protestare la trascinò fuori con un braccio,
bagnandosi tutti i vestiti.
«Dài!» La risata le era uscita
dal cuore.
Gen recuperò un asciugamano e le tamponò
i
capelli
bagnati, prendendone un altro per avvolgerglielo intorno al corpo.
«Sei pulita. Ora riempiamo la vasca.»
«Che prepotente.»
«So di cosa hai bisogno.»
«Non avevo ancora usato lo shampoo.» Ma la
sua era
una protesta priva di mordente.
Gen girò le manopole sulla parete per far uscire
l'acqua dal
rubinetto inferiore. «Laverai la testa dopo.»
Regolò
la temperatura.
Makoto andò a sedersi sul water chiuso, osservando
i propri
piedi nudi. Almeno quelli erano carini, nonostante la sua altezza.
Lui notò il suo silenzio e si sedette sullo
sgabello
lasciato in
giro per la stanza, di fronte a lei. Non parlò: la
contemplò, godendosi la sua compagnia. Infine le prese un
piede,
schiacciando col pollice l'interno della pianta. Makoto emise un gemito.
«Male?»
«È.. un dolore buono. Eppure uso scarpe
basse.»
«Ma stai in piedi tutto il giorno.»
Gli lasciò continuare il massaggio, concentrandosi
sui
muscoli che si scioglievano.
«Quando riuscirai a prendere un'aiutante?»
«Non lo so. Devo ancora fare i conti...»
«Dovresti potertelo permettere. Un negozio con un
afflusso di
clienti così alto non può essere gestito da una
sola
persona.»
«Sono solo agli inizi.»
«Ma lavori tredici ore al giorno.»
Guidata com'era dall'entusiasmo, non le sembrava tanto.
Tuttavia, col
passare delle settimane, il peso della stanchezza iniziava a farsi
sentire. La sera non si era mai addormentata tanto in fretta come in
quei giorni. «Si vede tanto che sono stanca? In
faccia.»
«Hai le palpebre pesanti.»
Fantastico. E non era neppure truccata o carina come una
studentessa
universtaria che scorrazzava libera da mattina a sera.
Sobbalzò nel sentire le labbra di Gen sulla pianta
del piede.
«Che fai?»
«Mi dedico a un fetish. Potrei farlo anche mentre
sei nella
vasca da bagno, col piede fuori tutto da agguantare.»
La risata le emerse dal petto. «C'è una
parte del
corpo femminile che non ti piaccia?»
«Del tuo corpo? No.»
Un'ondata di piacere si diffuse lungo tutte le sue membra.
Allungò la gamba e agitò le dita del piede contro
la sua
maglietta. «È mezza fradicia. Toglila.»
Lui obbedì senza aspettare.
Ecco, pensò Makoto. Le altre ragazze potevano
essere ninfe
aggraziate e delicate principesse, ma creature simili non
erano
adatte a contenere la prestanza del fisico possente di lui. Liberandosi
dell'asciugamano lo raggiunse e gli salì in braccio, animata
non
dal desiderio, ma dalla semplice voglia di stringerlo. Gen non si
lamentò per come gli stava bagnando i pantaloni:
recuperò
l'asciugamano piccolo che le era quasi caduto dalle spalle e le
massaggiò con cura le spalle ancora umide, poi la
base della nuca.
«Cos'hai?»
«Non lo so» rispose lei.
Lui decise che non aveva senso insistere. Ricambiò
l'abbraccio e
poco dopo cominciò a far scorrere le labbra lungo il suo
collo,
soffiando piano. Al primo brivido, posò la bocca sulla sua
pelle, ispirando. «Profumi anche senza
bagnoschiuma.»
Lei non sarebbe mai stata paga di quei complimenti.
«Che
profumo ho?»
«Odori di buono. Di te.» Salì
con le
mani verso
i suoi seni. Accarezzò i due capezzoli con le dita, nello
stesso
momento. Il modo in cui lei si tese accelerò
l'intensità
delle sue attenzioni.
«Se fossi cieco, ti starei addosso solo per come
profumi.»
Scese con la mano tra le sue gambe, cercando tra i petali della sua
carne le prime gocce fluide di piacere. Makoto tremò,
aggrappandosi alla sua schiena. Le giunse un sussurro
all'orecchio.
«Ti rilasserebbe venire?
Ancora e ancora...»
Quasi incapace di annuire, lei serrò le palpebre e
si
abbandonò completamente alle sue carezze.
Fece il suo bagno in uno stato di catalessi, adagiata nella
vasca piena
di acqua calda come una bambina priva di forze. Per quanto era alta - o
per quanto era piccola la vasca - i suoi piedi sporsero dal bordo,
dando a Gen qualcosa con cui giocare. Una decina di minuti in
immersione le ridiedero energia. Quando riaprì gli occhi,
dopo
un breve sonno, trovò Gen con la guancia adagiata contro la
sua
caviglia, che guardava un punto imprecisato del muro di
piastrelle.
«Ti ho lasciato solo.»
Gli causò un sorriso. «Non mi sono
sentito
solo.»
Finito il bagno, mangiarono semi-nudi - lei in slip e
maglietta e lui
solo coi pantaloni. Tra loro l'atmosfera era ancora carica e a pasto
finito lei non perse tempo: girò attorno al tavolo e
gli dimostrò fisicamente la sua gratitudine.
Mezz'ora dopo erano sdraiati sul letto, con lei rivolta verso
la tv, i
piedi dal lato della testa di lui. Gen apprezzava mentre facevano
zapping tra i canali, senza prestare troppa attenzione allo schermo
acceso.
Una mano di lui era chiusa sulla rotondità di una sua natica
e
di tanto in tanto, col mignolo, accarezzava il bordo che separava i due
globi, causandole un brivido.
Avevano terminato da dieci minuti di rotolarsi tra le coperte,
ma di
quel passo avrebbero ricominciato molto presto.
Makoto rabbrividì in seguito ad un'altra
leggerissima
stimolazione, smettendo di fingere di guardare la televisione. Col
dito, dopo essere affondato, Gen
era salito invece di scendere. Non era la prima volta quel
giorno,
o
in generale: non si faceva problemi a toccarla in quel punto, specie
quando gli capitava di afferrarla per il sedere, per qualunque motivo.
Non le
era sembrato che ci fosse dietro un'intenzione precisa, ma il fatto che
lui non avesse mai spostato - o non spostasse - la mano da
quell'apertura era significativo.
«Hai mai...?» La domanda le era uscita di
bocca
prima di sapere come formularla.
Il silenzio di lui era attento e quando lei si
girò, lo
trovò che la stava guardando, in attesa di sentirla
terminare.
Ricalibrò la frase. «Hai mai pensato di
farlo in un altro modo?»
«In un altro modo?»
Arrossì, perché lui non la stava
prendendo in
giro: non
l'aveva proprio capita. Si era espressa come una sciocca.
«Hai
mai desiderato entrare... dall'altro lato, in una ragazza? Vicino a
dove stai toccando» chiarì.
Gen sollevò le sopracciglia, immobilizzando la mano.
Makoto deglutì l'imbarazzo. «Come
ipotesi.»
«Hmm...» Lui non sapeva come rispondere.
Per lei
era chiaro
che aveva una risposta precisa in testa, ma stava decidendo
come
comunicargliela.
«Mi interessa» dichiarò infine.
«Ma non a tutti a costi.»
«In che senso?»
«Nel senso che non devi sforzarti di considerarlo se
non ti
piace l'idea.»
Lei rimase con la testa appoggiata sul braccio, guardando nel
vuoto.
«Potremmo provare, una volta.»
Non udì alcuna replica. Non aveva bisogno
di
guardarlo in
faccia per sapere che reazione stava avendo: un misto di choc ed
euforia.
Preferì non incontare i suoi occhi, per non
ritrattare.
Stava compiendo un passo importante per una coppia stabile.
Non resistette a una seconda domanda. «Sarebbe la
prima volta
per te?»
Il silenzio di lui cambiò umore.
Gen era sospettoso. «Perché lo
chiedi?»
«Io... Per sapere.»
Lui ritrasse la mano. Non era un buon segno.
Lei cercò di spiegarsi. «È
carino pensare
che sarei la tua prima volta, almeno per questo.»
«Sei già stata la prima per tante
cose.»
«Quando si tratta di sentimenti»
puntualizzò.
Gen abbandonò il cuscino, mettendosi a sedere.
«Sei stata la prima per quello che conta. Mako... con questo
discorso
c'entra il fatto che oggi hai incontrato una ragazza con cui sono
stato?»
«No...» Si rese conto che era una menzogna
solo
quando la pronunciò.
Gen si risentì e lei dovette sollevarsi, per
toccarlo.
«Sarebbe così strano? Tu sei stato il
primo per
me. Per me
essere la prima a farti provare una nuova esperienza fisica
sarebbe... bello.»
«Sarebbe sbagliato. Stiamo parlando di una
pratica che può
provocare dolore. Tu saresti capace di sopportarlo, costringendoti,
solo
per... cosa? Superare le mie ex?»
Non riuscì a venirsene fuori con una risposta che
non
suonasse
patetica. Anche se le piaceva pensare che non sarebbe stata tanto
stupida, forse lo sarebbe stata - come durante la loro prima volta,
quando non aveva detto niente di fronte alle fitte che lui le aveva
provocato.
Gen era a un passo dall'irritazione, ma si calmò.
«Sai
cosa mi stai dicendo? Che non sono riuscito a farti capire quanto
è importante il modo in cui mi fai sentire. Come se ogni
cosa
che ti ho detto l'avessi ripetuta con facilità ad
altre.»
Lei non lo credeva, ma... «Non so com'eri con
loro.»
«Non andavo a dichiarare in giro che mi scuotevano
l'anima.
Non le
cercavo in continuazione. Non dicevo 'ti amo' ogni due per tre. Anzi,
non lo dicevo mai, non ricordi?»
Riportare alla mente il dettaglio le aprì un mondo
di
comprensione. Si sentì idiota. «Hai ragione.
Scusa.»
«Non farmi più proposte del genere per
superare rivali
inesistenti. Se un giorno ti verrà
di
nuovo in mente... che sia perché ti piace l'idea
di
provare, non per altro.»
«Ma in verità...»
Lui scosse la testa. «Adesso non posso
crederti.»
Lei lo accettò. Per farsi perdonare, gli prese il
volto tra
le mani. «Hai davvero tanto pazienza con me.»
Gen soffiò via il fastidio. «Ne
vale la pena.»
Lei gliene era molto grata. Si sentì abbracciare.
«Vieni qui.»
Lui fu così
buono da ripeterle all'orecchio le decine di modi in cui lei era stata
la prima - nella sua vita, nel suo cuore, nella sua anima.
A Makoto non restò che chiedersi perché
fosse stata così sciocca quel giorno.
Aveva la determinazione a non esserlo più, ma non
la certezza che ci sarebbe riuscita.
Luglio 1997 - Incontro con
l'ex - FINE
NdA:
Io vado avanti e poi torno indietro nel tempo. È possibile
che lo faccia ancora con Corrente Naturale, visto che non ho mai
dedicato un capitolo all'apertura della pasticceria di Makoto.
Ho voluto inserire in questo mese di luglgio 1997 l'incontro
con una ex ragazza di Gen per rendere più logica
l'irritazione che lui proverà, un mese dopo, nel sentire che
Makoto è ancora gelosa del passato. Potete leggerlo nel
capitolo successivo, se non lo ricordate.
Ma prima siate buoni e lasciatemi una recensione :P
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni
e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...