skyrim ff 4
Il Dovahkiin
raggiunse il Tempio Celeste quando il sole era ancora alto nel cielo.
Non aveva particolari notizie da riferire alle Blade, semplicemente
voleva metterli a conoscenza del suo viaggio per Solstheim, in modo da
non dare l'idea di sparire improvvisamente.
Aveva indugiato troppo, rimandando quella meta troppo a lungo, ma
adesso la situazione stava andando fuori controllo; non poteva godersi
una semplice cavalcata tra le lande di Skyrim che si imbatteva in
questi Cultisti che tentavano di assassinarla, spesso di notte quando
era da sola, e quando era nei vari villaggi creando il panico tra la
gente.
Per timore che potessero avvicinarsi anche ai suoi figli, decise di
trasferirli temporaneamente nella piccola casa a Whiterun, sotto la
custodia di Lydia.
Quella giornata, fortunatamente, il viaggio da Riverwood al Tempio fu
molto tranquillo e non ci furono problemi.
"Allora, siamo arrivati?" Chiese Serana seduta dietro di lei, sentendo
il cavallo fermarsi. Ormai le due viaggiano molto spesso, Serana oltre
ad essere un ottima combattente si era scoperta anche di piacevole
compagnia.
Non erano partite col piede giusto all'inizio; a Verya non andava genio
di averla tra i piedi, più di una volta glie lo aveva fatto
intendere, e il sentimento da parte di Serana era reciproco. Dal
doversi sopportare erano passate al proteggersi le spalle a vicenda, e
l'ostilità tra loro era andata pian piano a scemare.
"Si, dovrò solo parlare con loro. Non credo ci
vorrà molto." rispose il dovahkiin. Smontarono da Arvak, che
si dissolse pochi istanti dopo, e cominciarono ad addentrarsi nel
tempio.
"E, sta tranquilla... non troverai molta luce la dentro."
"Grazie Verya. C'è... così tanto sole
là fuori."
"Cerca di resistere un altro po'; Falion ha recipito la mia lettera ed
è disposto ad aiutarti. Prometto che andremo a Morthal in
questi giorni."
Il grande salone del Tempio era poco illuminato, sul grande tavolo di
pietra al centro si scorgevano bottiglie di Idromele, vino e cesti
pieni di frutta. Oltre il tavolo c'era il Muro di Alduin, un
bassorilievo risalente alla Prima Era che descriveva diversi eventi
chiave della storia di Tamriel.
Alla destra del muro vi era una scrivania di legno con qualche libro e
pergamena sopra. "Mettiti pure comoda, Serana. Faccio subito." disse
l'elfa avvicinandosi a una donna da i capelli biondi che era china sul
tavolo, scrivendo qualcosa.
"Delphine..." la chiamò, e la donna si voltò
verso di lei abbandonando quello che stava facendo. "Sangue di drago!"
la chiamò. "Arrivi in tempo, ho delle notizie per te."
"Anche io. Fai in fretta." ribattè l'elfa afferrando poi una
bottiglia di idromele. Strappò il tappo coi denti,
sputandolo poi sul pavimento, sotto gli occhi Delphine.
"Inizia dalle buone." disse, prima di berne un sorso. "Come
se ce ne fossero." sussurrò la bionda in modo grave,
avvicinandosi al dovah. "Abbiamo scoperto chi è il vero capo
dei Barbagrigia."
"Ah si... salta fuori che è un Drago," replicò
l'elfa, poggiandosi contro il bordo del tavolo. "Che mi ha aiutato."
precisò, prima di un altro lungo sorso, sotto lo sguardo
incredulo della donna.
"Aspetta... tu sapevi?!" chiese, leggermente alterata. Il dovahkiin la
guardò interrogativa, "Sapevo cosa?"
"Chi era il capo dei Barbagrigia!"
"Be'... si."
"Da quanto?"
"Da un bel po' direi e... perché me l'ho chiedi?"
"Te lo spiego io perchè." sbottò la bionda
bruscamente. "Paarthurnax. Il drago che i Barbagrigia hanno protetto
per tutti questi anni, a cui noi gli abbiamo dato la caccia, con cui tu
hai avuto a che fare... deve morire. E spetta a te farlo."
Quelle parole furono immediate, come un secchio d'acqua gelata
scaraventata sulla faccia, come uno schiaffo un pieno viso, lasciando
una senso di frastornamento.
"Cosa...?" fu tutto quello che riuscì a dire il dovahkiin.
La bionda sembrò ancora più accigliata. "Ho
balbettato per caso? Paarthurnax deve morire, finché non
muore... mi dispiace, ma se dovessimo aiutarti infrangeremo il nostro
giuramento di Blade."
"Perché deve morire?"
"Perché ha commesso diversi crimini quando era alleato con
Alduin, e l'ha aiutato a ridurre in schiavitù i nostri avi.
E' vero, alla fine ha deciso di schierarsi contro di lui, ma questo non
fa che renderlo ancora peggiore."
Su di loro calò per un attimo il silenzio.
"Non possiamo permetterci di dare a Paarthurnax la
possibilità di tradirci." parlò ancora Delphine.
Verya cercò di non trasalire, ma quelle parole risultavano
pesanti da accettare, perché le stava chiedendo... o meglio,
ordinando di uccedere un amico. "E... che succede se decido di non
farlo, mm? Mi chiuderete le porte in faccia?"
"Non avremmo più niente da dirci fino a quando Paarthurnax
non sarà morto." rispose. "Fa la tua scelta, Sangue di
drago, o ci penseremo noi."
Verya strinse forte i pugni, "Sai che ti dico? Vaffanculo, Delphine,
con voi ho chiuso!"
La bionda, non credendo alle sue orecchie, la guardò
sbalordita. "Come, prego?"
"Hai capito bene! Io non lo ammazzo, è un nostro alleato-"
"Nostro? Paarthurnax non è nostro alleato." interruppe
Delphine. "Rimane comunque un drago; non puoi fidarti di loro-"
"Ti ricordo che lo sono anche io." sibilò il dovah. "Solo
nell'anima, è vero, ma so cosa vuol dire convivere con una
natura del genere. Non hai idea dello sforzo che ha compiuto
Paarthurnax per reprimere la sua di natura malvagia e dominante,
acquisendo una saggezza che mi è stata di grande aiuto."
"Stai parlando seriamente? Vuoi davvero risparmiare la vita a quella
serpe?"
"Quella... serpe... è mio amico." sbraitò il
dovah sentendosi fremere di rabbia. A momenti le avrebbe sferrato un
pugno in gola, ma riuscì a contenersi.
"Il tuo... amico
ha commesso atrocità che sono imperdonabili."
"Quindi, cosa? Vuoi vendetta? Credevo che le Blade fossero meglio di
così."
"Non è questione di vendetta, Sangue di Drago, si tratta di
giustizia." disse Delphine.
"Quello che ha fatto appartiene al passato!"
"Ma la giustizia non bada al passare degli anni. E noi Blade abbiamo la
memoria lunga-"
"Non me ne frega un cazzo, Delphine. Lui non merita di morire!"
Entrambe le donne non si accorsero che, col andare avanti della
discussione, i toni delle loro voci si erano fatti piuttosto alti,
tanto da attirare l'attenzione di Esbern e due delle nuove reclute
delle Blade, che uscirono dalle loro stanze.
Perfino Serana si era allarmata, ma non si avvicinò troppo,
limitandosi a guardare da lontano.
"Mi sorprendi, Sangue di Drago. Non ti facevo così ingenua
da farti manipolare da quella bestia." sibilò la bionda, il
dovah trattenne l'insulto che le stava per uscire fuori dalle labbra.
Per tutti i daedra se aveva voglia di farle ingoiare tutti i denti, ma
riuscì a trattenersi.
"Parli proprio tu che vuoi comandarmi a bacchetta, quando sei tu che
dovresti eseguire la mia
volontà senza battere ciglio!" rispose l'elfa. "Credevo che
le Blade miravano a qualcosa di più nobile. Che esistessero
per servire il Sangue di Drago, sei stata tu a dirmelo!"
"Tu non hai la minima idea di cosa eravamo, e cosa siamo. Non ne hai
idea, e non puoi capire."
"Per tutti i dei, Delphine, ma un minimo di fiducia...! Ho liberato il
Nirn dal male assoluto, messo fine a una guerra civile, e non vuoi dare
retta a me? Puoi non fidarti di Paarthurnax, dei Barbagrigia, ma di me
puoi avere fiducia, se ti dico che non ha mai avuto secondi fini."
La bionda si passò una mano sul viso, per poi far scorrere
le dita tra i capelli biondi, agitandosi sul posto. Invece il dovah
rimase immobile con le braccia incrociate al petto.
"Devo anche ricordarti che, senza Paarthurnax, Tiber Septim non sarebbe
chi conosciamo oggi?"
"Bel tentativo... ma questo non cambia nulla. Erano tempi diversi."
Delphine riprese la parola, "Paarthurnax deve morire."
affermò, ferma nella sua posizione, puntandole un dito
contro.
Gli occhi dell'elfa si ridussero a due fessure, colme di profonda
rabbia. La spinse lontano da lei, facendola barcollare all'indietro,
gesto che fece agitare Esbern ed uno degli adepti.
"Bruniikke...!"
(Selvaggi) il dovah sputò quella parola con veleno, "I
Barbagrigia avevano ragione su di voi! Avrei dovuto dargli retta. Siete
peggio dei fottuti Thalmor."
"Come osi! Stai mettendo a dura prova la mia pazienza."
sibilò la bionda.
"Vallo a dire al palmo della mia mano, troia!" e quella mano stava per
colpire violentemente il viso di Delphine, se non fosse stato per
Serana che le afferrò in tempo il braccio, trattenendola. A
quel punto intervenne Esbern mettendosi in mezzo alla zuffa.
"Ora basta, Sangue di Drago."
"Esbern, levati. Non ho niente contro di te!" disse l'elfa. Era vero,
ammirava Esbern e il suo intelletto, ma sentiva che anche lui era
pedina nelle mani di Delphine.
"Sangue di Drago, se ritieni che i nostri doveri non corrispondano ai
tuoi, sei libera di andare. Rispetteremo comunque la tua decisione di
risparmiare Paarthurnax."
"So che tu lo farai, Esbern. Ma lei? Chi mi dice che quella cagna non
lo faccia per tornaconto personale!?"
"Ora basta, stai andando troppo oltre!" sbottò la bionda,
superando l'anziano per fronteggiare l'elfa.
"Dammi un buon motivo per cui noi non dovrei considerti come una
traditrice per la nostra causa!"
"Dreh ni fus bahi!"
Senza che potesse rendersene conto, dalle labbra del Sangue di drago
fuoriuscirono parole che fecero scuotere la terra, agitare gli alberi,
e smuovere le nuvole. Non semplici e comune parole, ma appartenenti
alla stirpe dei draghi.
Perché nonostante il corpo mortale, dentro di lei ribolliva
l'anima di un dovah. E come tale, non poteva ignorare il richiamo della
sua vera natura.
La terra sotto i loro piedi tremò per alcuni istanti che
sembravano eterni. Poi calò il silenzio, e tutti rimasero
col fiato sospeso.
"Per gli dei... la lingua dei draghi." il silenzio venne rotto dalla
voce, quasi meravigliata, di Esbern. ''Che cosa ha detto...''
sussurrò Delphine. Esbern non le rispose. ''Esbern... cosa
diamine ha detto...!
''Delphine...!'' la voce dell'anziano si fece dura, seria. ''Basta
così. Lasciamola andare.''
Il volto del dovah si era disteso, mostrando un viso più
rilassato rispetto a qualche momento fa.
"Paarthurnax sarà risparmiato, Delphine... e non c'e altro
da dire." affermò il dovah, e poi, con tono altrettanto
calmo, aggiunse;
"Ma se vengo a sapere che hai completamente ignorato le mie parole, o
anche solo pensato andare ad ammazzarlo di tua iniziativa, io torno
qui... e se scopro che hai abbandonato questo posto con la coda fra le
gambe per scampare alla mia collera, giuro su tutti i Divini, che
troverò te, i tuoi cazzo di novellini... e vi sgozzo come
animali."
Si voltò ignorando lo sguardo quasi scioccato della bionda,
abbandonando definitivamente quel posto. Nella testa del dovah
vi era un vortice di emozioni, mille pensieri che le affollavano la mente,
rischiando di farla impazzire.
Doveva allontanarsi da lì, in fretta, e andare ad affogare
quei pensieri in una bottiglia di vino. Più di una.
Evocò Arvak con un gesto della mano, e Serana, quasi
timorosa, le rivolse la parola.
"Verya, ne vuoi parlare?"
"No, non ne voglio parlare!" le gridò adosso, "È
già tanto che io non abbia ammazzato qualcuno oggi.
Quella... troia è fortunata ad avere ancora la testa sulle
spalle."
"Verya, per favore..."
"No! No, Serana. Non dire niente, non voglio compassione!" la
interruppe l'elfa, salendo sul destriero.
"Ti prego, parlane almeno con me."
"Sali. Ti riporto alla fortezza Dawnguard." disse ignorando le sue
parole, senza nemmeno guardarla in faccia.
"Non puoi tenerti tutto dentro, ti farai solo del male-"
"È quello che mi merito, cazzo!" gridò. "Adesso
sali su questo dannatissimo cavallo, e... e non.... non parliamone
più." voltò il capo dall'altra parte distogliendo
lo sguardo, una sorta di meccanismo di difesa, per non farsi mostrare
debole agli altri.
"Verya-"
"Ti prego," la voce le si era fatta più flebile, "non
parliamone più. Voglio stare da sola, per un po'."
Serana fece come aveva detto, nessuna obiezione, e nemmeno una parola
durante tutto il viaggio.
|