Albus Potter e il calderone salterino

di Carme93
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Albus Potter e il calderone salterino
 
 

Era una fredda e cupa notte invernale e in casa Potter, Ginny e Harry, come ogni sera, tentavano di mettere i figli a letto.
«Allora, Al, che leggiamo stasera?» chiese Harry Potter al figlioletto di cinque anni, ignorando le strilla della moglie che litigava con James e le risatine sommesse della piccola Lily, che, cadesse il mondo, sosteneva sempre il fratellone.
Albus sorrise, esibendo un buchino tra i denti davanti, e, lasciando perdere gli snasi saltellanti sul pigiamino blu notte che indossava, rispose: «Il calderone salterino».
Harry trattenne a stento un gemito: ormai aveva imparato quella storia a memoria! Era sicuramente la preferita del bambino. Ebbe, però, la tentazione di chiamare Ginny, appena passata trascinando per un braccio un recalcitrante James, e chiederle di fare cambio: avrebbe raccontato qualche storia che al più grande piaceva tanto e sicuramente Lily si sarebbe aggiunta, così sarebbe riuscito a far addormentare entrambi in un colpo solo. Solitamente Harry e la moglie facevano a turno: Al era il più tranquillo dei tre e non dava alcun problema, per cui uno di loro doveva andare con lui e l’altro battagliare con Lily e James, che quando si alleavano erano ancora peggio.
«Sicuro? Non possiamo leggere… che so… Cenerentola?».
«Sicurissimo» sorrise ancor di più il bambino, recuperando il libro e porgendoglielo con un sorriso ancora più ampio. Non poteva chiamare Ginny, Albus lo fissava in attesa con una tale espressione adorante e fiduciosa che si sarebbe odiato, se l’avesse deluso.
«Bene» sospirò Harry rassegnato. «Sotto le coperte allora». Il bimbo saltò sul letto e il padre lo coprì per bene. Il cielo tuonava promettendo un nuovo acquazzone, come se non avesse piovuto per tutto il giorno! Il figlio, però, non ne fu minimamente turbato.
«Sono pronto» gli disse Albus. «È la prima storia» gli suggerì gentilmente, come se il padre avesse potuto dimenticarlo.
Harry gli sorrise forzatamente e si arrese aprendo Le fiabe di Beda il Bardo. Prese un bel respiro e cominciò, sperando che il bambino fosse abbastanza stanco – dopotutto aveva corso per tutto il giorno da una parte all’altra della casa giocando con i fratelli e i cugini - da addormentarsi velocemente: «C’era una volta un vecchio mago gentile che adoperava la magia con generosità e saggezza a beneficio dei suoi vicini. Invece di rivelare la vera origine del suo potere, egli fingeva che le pozioni, gli incantesimi e gli antidoti gli sorgessero già bell’e fatti dal piccolo calderone che chiamava la sua pentola fortunata…».
«Papi» lo interruppe Albus, «ma se il Ministero non può sapere quando un mago grande fa una magia, quando fa una magia cattiva lo vede?».
Il problema con Albus era questo: non gli bastava la storia, no, doveva porre pure un sacco di domande. Alle volte Harry pensava che sarebbe stato proficuo portarselo a lavoro, con tutti i suoi ‘perché’ avrebbe portato i delinquenti a confessare per esasperazione. E va bene, questo in sé non avrebbe dovuto essere un problema, dopotutto tutti i bambini fanno così, no? Il punto è che alle volte Harry e Ginny non sapevano rispondere o non si erano neanche mai interrogati su una determinata questione e se non l’avesse fatto quel piccoletto sarebbero vissuti felicemente senza conoscerne la risposta. James – e Lily seguiva le sue orme – era molto più pratico, anche se combinava molti più pasticci. Una volta, sempre grazie al calderone salterino – Harry iniziava a odiare Beda il Bardo – Albus aveva iniziato a indagare sulla natura delle piccole magie accidentali che compiva, sul perché non riusciva a controllarle e far scomparire le verruche come il mago della fiaba. Harry aveva deciso che se le domande fossero diventate più difficili man mano che il bambino cresceva, si sarebbe limitato a mandarlo dalla zia Hermione – d’altronde la maggior parte delle domande erano colpa dei suoi discorsi o dei libri che gli regalava!
«Al, hai visto qualche grande fare una magia cattiva?» domandò leggermente preoccupato.
«Zio stamattina ce l’aveva con la vicina e ha detto che qualche giorno l’affattura» confido Al a voce bassissima.
Harry dovette trattenersi per non scoppiare a ridere, visto che il figlio era serissimo: Ron – non aveva dubbi che lo zio in questione fosse lui – non poteva vedere la loro vicina perché possedeva un cane che abbaiava in continuazione, specialmente di notte, e, più di una volta, aveva tentato di morderlo.
«Te l’abbiamo già spiegato, il Ministero se ne accorge solo se c’è un grande uso di magia oppure se i Babbani dicono di aver visto ‘cose strane’, allora deve intervenire e controllare. Fidati, zio Ron non le farà nulla».
«Però ha dato a Rose delle merendine marinare» esclamò il bimbo. «Quelle non fanno male? Perché mamma si arrabbia quando Jamie le mischia con quelle normali?».
«Ron ha dato a Rosie delle merendine marinare da mangiare?» domandò Harry perplesso e non certo di aver compreso il discorso del bambino.
«Le ha date a Rose per darle al cane» replicò Al come se fosse ovvio.
«Che cosa?» sbottò Harry. Il suo migliore amico era un incosciente. «E gliele ha date?».
«Sì, pomeriggio. Siamo andati prima della merenda, la signora Smith non era in casa».
«Albus, ma non ti avevo detto di non avvicinarti al cane?». Harry sbuffò: quel cane era grosso almeno quattro volte più del bambino!
Il bimbo lo fissò con tanto d’occhi. «Si è avvicinata Rosie. Io sono rimasto vicino alla staccionata».
«È comunque pericoloso. Non avete fatto una bella cosa. Il cane starà senz’altro male adesso».
Albus sgranò gli occhi: «Ora ci seguirà un pentolone con una gamba!» strillò scoppiando a piangere e schizzando via dal letto.
Harry lo prese al volo e tentò di calmarlo. Ginny lo avrebbe ammazzato. «Al, va tutto bene. Non verrà nessun…». In quel momento un tuono scosse la casa e se ne andò la luce. Albus gridò terrorizzato e si strinse al padre. Il temporale doveva scoppiare proprio in quel momento?
«Al, allenta la presa o non posso andare a vedere che è successo». Il bimbo, però, strinse più forte completamente terrorizzato. Harry gemette: «Mamma si è dimenticata di tagliarti le unghie?» bofonchiò. Albus lo ignorò e continuò a singhiozzare affermando che avrebbe dato la medicina al cane, non aveva bisogno del calderone salterino. «Albus, non esiste il calderone salterino». Nessun risultato. Harry sospirò e con un mano gli accarezzò i capelli. «Se darai la medicina al cane, il calderone salterino non verrà. Sai la storia a memoria, te lo devo dire io? Il calderone vuol punire il figlio del mago buono perché ignora le richieste di aiuto dei vicini». Avrebbe fatto i conti con Ron il giorno dopo, anzi, se l’avesse raccontato a Ginny immediatamente il suo migliore amico avrebbe trascorso una brutta nottata. Solo lui poteva servirsi di due cinquenni per risolvere una diatriba con la vicina!
«Oh, è vero» sussurrò Albus, calmandosi e allentando la presa. Grazie a Merlino!
Una luce improvvisa, però, illuminò parzialmente la cameretta, Harry fece per ringraziare la moglie, però sulla porta non c’era Ginny ma un enorme calderone che si muoveva apparentemente da solo. La fonte luminosa proveniva dall’interno del paiolo stesso.
Albus lo vide e urlò come un ossesso: «Il calderone salterino! Papà esiste! Hai visto!?» e altre frasi sconnesse e mischiate a nuovi singhiozzi.
«Aaalbuus, soono qui per teee» disse il calderone con una vocetta che a Harry apparve fin troppo familiare, ma Albus lo strinse così forte da togliergli il fiato. Ma dove la prendeva tutta quella forza all’improvviso?
«Ma che è questo manicomio?» sbottò Ginny adirata, entrando con la punta della bacchetta illuminata.
Grazie a quella luce Harry ebbe la possibilità di scorgere ben quattro gambette apparire da sotto il calderone! Costrinse Albus a voltarsi e gliele mostrò, ma fu una pessima idea: «Non le ho quattro pantofole!» gridò il bambino.
«Ma che diamine?!» borbottò Ginny vedendo il figlio rosso in volto e sconvolto. «Voi due, vorrei sapere dove diavolo avete preso questo calderone» soggiunse strappandolo dalle manine che lo sostenevano faticosamente e rilevando il volti sghignazzanti dei padroni delle quattro gambe.
«Hai visto, Al?» chiese gentilmente Harry al bambino strofinandogli dolcemente le spalle: aveva smesso di piangere e fissava i fratelli con gli occhi acquosi e sgranati.
James e Lily, il cui scherzo ormai era stato svelato dalla madre, si erano buttati sul pavimento e ridevano con le lacrime agli occhi. Ce ne volle per farli smettere e raccontare la loro geniale trovata: il primo si era alzato dal letto e si era avvicinato alle scale per assicurarsi che la madre fosse al piano di sotto, ma nel farlo era passato vicino alla stanza del fratello minore e, celato nell’ombra, aveva ascoltato la paura di Al del calderone salterino. Così, coinvolgendo immediatamente Lily, aveva recuperato quel vecchio calderone nel ripostiglio e, nel momento in cui era andata via la luce, era entrato in azione.
«Ora, voi due filate a letto» sbuffò Ginny prendendo entrambi per il colletto del pigiama. «E domani faremo i conti».
«Ma era uno scherzo» si lamentò James.
«Uno scherzo! Tua sorella ha tre anni! Avrebbe potuto farsi male! Sei il fratello maggiore, non avresti dovuto coinvolgerla! E uno scherzo dev’essere divertente, te l’ho detto un milione di volte, e Al non è per nulla divertito!».
James s’indignò: «Ma io faccio divertire Lily. Sono un ottimo fratello maggiore». Poi si rivolse alla bambina: «Domenica lo raccontiamo a Freddie».
«Sììì» trillò felice Lily, battendo le manine.
«A letto» sibilò Ginny al limite della pazienza.
Harry sospirò e preparò una camomilla per un Albus ancora tremante e poi lo rimise a letto.
«Guarda Al, questo è il calderone che teneva Jamie e la luce veniva da questa torcia…» gli spiegò perché il bambino non rimanesse terrorizzato. Il piccolo annuì e appoggiò la testa sul cuscino. «La fiaba di Beda insegna ai bambini e ai grandi a essere gentili con gli altri».
«Mi dispiace per le merendine marinare» sussurrò il bambino sbadigliando. «L’ha chiesto zio Ron, però…».
Harry gli accarezzò la testa con dolcezza e gli disse: «La mamma si arrabbia spesso con zio Ron e zio George. Lo sai, no? E perché?».
«Perché sono monelli?».
«Esattamente» assentì l’uomo immaginando la faccia del suo migliore amico se avesse ascoltato quella conversazione. «Le merendine marinare mamma e papà ti hanno detto che le puoi usare o no?».
«No» ammise.
«Allora, la prossima volta che zio Ron o zio George ti chiedono di fare qualcosa, pensa se io e mamma vorremmo, ok?».
«Sì. Sei arrabbiato?».
«No».
«Ti prometto che sarò gentile con tutti».
Harry sorrise e annuì.
 
 




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