La Casa delle Anime Gemelle
Le
fotografie, che seguivano quelle delle famiglie Holmes e Watson,
raffiguravano John e Sherlock in diversi momenti della loro infanzia e
adolescenza. L’Omega le superò con un sorriso e si
soffermò a osservare due immagini che aveva incollato nella
medesima pagina e che lo ritraevano a 16 anni. John strinse le labbra
in una linea sottile, mentre il suo sguardo si fissava su una delle
due. Il giovane adolescente Omega era in posa, avvolto in un abito
troppo stretto, con pantaloni e giacca di un celeste pastello che John
odiava. La camicia bianca era arricciata intorno ai bottoni e i polsini
spuntavano fuori dalla giacca, in uno svolazzo di seta. I primi due
bottoni erano aperti, per mostrare il collo, privo del Marchio del
Reclamo. Il volto di John era stato truccato, per sottolineare gli
occhi e mettere in risalto le gote e le labbra. John detestava quella
fotografia, perché dava un’immagine di lui in cui non si
riconosceva. Era stata inserita nel catalogo di una Casa delle Anime
Gemelle, con il fine di mettere in mostra il giovane Omega, per fargli
trovare un compagno Alfa che lo reclamasse. Malgrado fossero trascorsi
anni, John provava ancora rabbia, verso quella foto e l’usanza
che rappresentava, ma il dottore la aveva messa ugualmente
nell’album, come promemoria per ciò che sarebbe potuto
essere e non era stato. John, invece, amava molto la seconda
fotografia, che aveva posto proprio accanto alla prima. Anche il
secondo scatto ritraeva lui, ma mostrava tutto fuorché un Omega
debole e piegato ai voleri di un qualsiasi Alfa, che intendesse
reclamarlo e sottometterlo.
La Casa delle Anime Gemelle
“John! Smetti immediatamente di sfregarti gli occhi! Rovini il
trucco!” Sibilò l’Alfa, in tono irritato e
impaziente. Era la quarta volta che Sebastian Wilkins III era costretto
a ripetere la stessa cosa al giovane John Hamish Watson. Il ragazzo era
un Omega dall’aspetto e dal profumo deliziosi, di corporatura
minuta, ma ben proporzionato e con muscoli allenati, ma non gonfi. I
capelli erano di un biondo che ricordava il colore del miele, ma erano
gli occhi, di un azzurro intenso increspato da venature dorate, che
avrebbero sicuramente attratto e conquistato tanti Alfa. L’unico
enorme difetto di questo giovane Omega, altrimenti perfetto, era il suo
pestifero carattere. John Hamish Watson era completamente
indisciplinato e assolutamente disobbediente. Così non poteva
andare. Nessun Alfa, degno del proprio genere, voleva un Omega che
usasse il proprio cervello per pensare e che contestasse ogni ordine
che gli veniva impartito. Serrando le labbra e stringendo gli occhi,
Sebastian Wilkins III promise a se stesso di piegare quel piccolo
irrispettoso ragazzo. Erano anni che lui preparava e presentava i
giovani Omega in società, in modo che gli Alfa potessero
scegliere quello più confacente alle loro esigenze. Non era mai
accaduto che un Omega gli avesse fatto fare una brutta figura. O gli
avesse tenuto testa. John Hamish Watson non sarebbe certo stato il
primo. Non gli avrebbe permesso di macchiare l’immacolata
reputazione della sua “Casa delle Anime Gemelle”, come
venivano ancora chiamate le associazioni che si prodigavano per fare
incontrare agli Alfa il loro giusto Omega. Il nome derivava
dall’antichissima usanza di consegnare gli Omega adolescenti a
una casa, gestita ovviamente da un Alfa, affinché fossero
adeguatamente educati e preparati a servire il padrone che li avrebbe
acquistati, tramite una vera e propria asta. Wilkins pensava che,
sfortunatamente, quella bella usanza era stata abolita, tacciata di
essere degradante per gli Omega. Nel corso dei secoli, gli Omega
avevano ottenuto pari diritti e opportunità con gli Alfa.
Potevano lavorare, uscire di casa senza essere accompagnati e scegliere
il compagno con cui trascorrere la loro vita. Potevano persino
rifiutarsi di avere rapporti sessuali con un Alfa, anche durante il
periodo del Calore. Dovevano essere state stupende le ere in cui gli
Omega non potevano che sottostare al volere di un Alfa e soddisfare
ogni suo desiderio. Anche il più perverso. Era stato in quei
secoli meravigliosi che erano nate le Case delle Anime Gemelle, ora
rimaste più che altro come una tradizione edulcorata e svuotata
del suo reale significato. L’asta era stata trasformata in una
specie di ballo per debuttanti, che permetteva ai ragazzi Alfa e Omega
di valutarsi fra di loro, anche al di fuori delle mura di una scuola.
Wilkins era costretto ad interagire con ragazzini male educati da
genitori, che credevano che gli Omega potessero veramente pensare e
decidere con la propria testa. Lui, invece, sapeva che gli Omega non
erano altro che uteri con due gambe, creati per dare piacere agli Alfa,
lasciandosi fottere e ingravidare senza protestare o accampare stupidi
diritti. John Hamish Watson era sfrontato, ma Sebastian lo avrebbe
piegato, come aveva sempre fatto con tutti i piccoli ribelli Omega, che
pensavano di poter agire senza la supervisione di un Alfa.
Il giovane Omega avrebbe voluto rispondere per le rime al vecchio e
bavoso Alfa. Si sentiva ridicolo, con quel trucco pesante e quel
vestito celeste pastello. Lui era un maschio, anche se era un Omega. Se
lo avessero visto i suoi compagni della squadra di rugby, lo avrebbero
preso in giro in eterno. Conciato in quel modo, John si sentiva
sminuito e degradato. Lui voleva fare il dottore, non il casalingo,
chiuso in casa tutto il giorno in attesa del rientro dell’Alfa.
Non erano più nel Medioevo! Quel ballo era un’usanza
stupida. Se solo il suo papà non ci avesse tenuto così
tanto… John non lo capiva proprio. Come Omega, Paul Watson
avrebbe dovuto aborrire l’esposizione pubblica del suo unico
figlio, messo in mostra come un articolo da acquistare. I suoi genitori
non erano passati da nessuna Casa. Si erano conosciuti
all’università, innamorati, messi insieme e sposati. Che
cosa c’era di male in tutto questo? Perché non poteva
farlo anche lui? John aveva tentato di convincere il papà a
soprassedere, ma Paul era stato irremovibile. Anche se lui e Richard
non avevano rispettato la tradizione, non avrebbe mai permesso al suo
unico figlio di sottrarsi a quell’antica usanza. John aveva
parlato con il padre, Richard, spiegandogli quanto quel rituale lo
mettesse a disagio e cercando di convincerlo ad appoggiare la sua
richiesta di ritirarsi dal ballo. Richard aveva sospirato: “So
che pensi che questa tradizione sia stupida e antiquata. Non ti posso
nemmeno dare torto. Il fatto è che papà ci tiene
moltissimo e non credo che sia così terribile se partecipi a un
ballo, per farlo contento. Ti prometto che non prenderemo accordi con
nessun Alfa, senza la tua approvazione. Mal che vada, avrai partecipato
a un ballo pomposo. Potrebbe persino essere divertente.”
John aveva alzato le sopracciglia, in modo scettico. Richard aveva
riso: “Non ho detto che sicuramente ti divertirai, ma solo che
è una possibilità. Non porre limiti al caso,”
rimbrottò scherzosamente il figlio, scompigliandogli i capelli.
“Ma perché è così importante? In quella
Casa, a nessuno importa chi sia io e a che cosa io aspiri per il mio
futuro. Vogliono solo mettere in mostra il mio corpo, per rendermi
appetibile al miglior offerente, neanche io fossi un’opera
d’arte mettere all’asta!” Aveva sbottato John,
esasperato, sottraendosi al padre.
“Sai che papà era l’unico Omega della sua famiglia.
La nonna ci teneva moltissimo al fatto che lui andasse al ballo della
Casa delle Anime Gemelle, come avevano fatto lei e tutti gli altri
Omega della sua famiglia, prima di lei. A causa di una malattia,
papà non ha potuto partecipare al ballo previsto per i 16 anni,
quindi avrebbe dovuto partecipare a quello dei 21 anni, ma noi ci siamo
conosciuti e messi insieme prima. La nonna non ha detto nulla, quando
io e Paul ci siamo fidanzati, senza passare da una Casa, ma papà
sapeva di averla delusa e ha giurato a se stesso che, se avesse avuto
un figlio Omega, avrebbe rispettato la tradizione, in memoria di sua
madre.”
John aveva abbassato gli occhi. Non aveva conosciuto sua nonna. Quasi
nessuno conosceva o aveva ricordi dei propri nonni Omega. La Natura era
stata crudele, con loro. Dopo venti anni dall’ultimo parto, gli
Omega morivano. Per quanti studi fossero stati fatti, per quanti
esperimenti fossero stati compiuti, nulla aveva cambiato il tragico
destino degli Omega. I Watson avevano avuto un unico figlio. John aveva
compiuto da poco sedici anni. A Paul erano rimasti solo quattro anni da
vivere. Il giovane Omega aveva sospirato, rassegnato. Se il papà
desiderava tanto che John partecipasse a quello stupido ballo, al
figlio non sarebbe costato troppo accontentarlo. Comunque, sarebbe
stato tutto molto più semplice, se quel pallone gonfiato di
Wilkins non lo avesse costretto a vestirsi e truccarsi in modo osceno,
trasformandolo in una delicata femminuccia!
John strinse i denti e si rimise in posa. Il fotografo scattò
alcune fotografie e le osservò, con sguardo critico. Con un
sorriso soddisfatto, mise lo schermo della macchina fotografica davanti
agli occhi di Wilkins: “Queste sono perfette. Possiamo metterle
nel catalogo cartaceo e in quello che pubblicheremo in rete, come
pubblicità per il ballo. Il ragazzo sarà molto
conteso.”
Wilkins studiò accuratamente le fotografie. Il ghigno che gli
stirò le labbra fece rabbrividire John, facendolo sentire come
se fosse stato nudo, malgrado fosse completamente vestito. “Hai
ragione. – mormorò Wilkins a voce bassa, in modo da non
farsi sentire dal giovane Omega – Saranno in tanti a desiderare
questo bel bocconcino. Prevedo che ci porterà tanti soldi.”
“Abbiamo finito? Posso andare? Dovrei studiare per un compito in classe,” si informò John, in tono teso.
“Certo, caro. Puoi andare, se hai compilato il modulo che ti ho
dato l’ultima volta che sei venuto,” rispose Wilkins,
mellifluo.
John allungò un foglio all’Alfa e si diresse verso lo
spogliatoio, ma fu fermato dalla voce scandalizzata di Wilkins:
“Stiamo scherzando? Non puoi scrivere che giochi a rugby e che
vuoi diventare dottore! Ed entrare nell’esercito! Non sono
attività confacenti a un buon Omega!”
“Però sono le risposte alle domande presenti nel
questionario!” Sbottò John, la cui pazienza era oramai
giunta al limite.
“Sistemerò tutto io. Vai a studiare per il tuo inutile
compito in classe. Ci vediamo la sera del ballo,” Wilkins
congedò il giovane Omega, con un gesto della mano.
John era furioso, ma non poteva fare molto per fermare Sebastian e se
ne andò, a passo di marcia, stringendo i pugni. Non poteva
ribellarsi o fare una scenata, per non deludere il papà.
Mentre usciva dalla stanza, John incrociò una donna dai capelli
biondi, che lui non degnò di uno sguardo, mentre lei lo
osservò, incuriosita.
“Elisabeth! Che piacere vederti. A che cosa debbo questo onore?” La salutò Wilkins in tono affettato.
“Volevo confermare la presenza di mio figlio Sherlock al tuo prossimo ballo,” rispose la donna, senza sorridere.
“Oh, ma è meraviglioso! Sarà un piacere e un onore
trovare il compagno ideale al tuo figlio minore. Mi è molto
dispiaciuto avere fallito con Mycroft, ma vedrai che con Sherlock
saremo più fortunati. Ci sono diversi Omega che saranno
sicuramente desiderosi di diventare l’anima gemella di tuo
figlio,” disse Wilkins, in tono garrulo.
“Sì, certo. Chi è il ragazzo appena uscito?
Sembrava piuttosto seccato,” lo interruppe Elisabeth Holmes.
“John? È uno degli Omega che saranno presenti al ballo.
Sai come sono questi giovani in cerca dell’Alfa perfetto,”
ribatté Sebastian, sorridendo untuoso.
Elisabeth Holmes strinse gli occhi e le labbra diventarono una linea
sottile: “No, dimmi, Sebastian, come sono questi giovani Omega in
cerca dell’Alfa perfetto?” Domandò in tono tagliente.
Il sorriso di Wilkins si spense lentamente. L’Alfa iniziò
a sudare. Non poteva inimicarsi una donna potente e influente come
Elisabeth Holmes. Una sua parola contraria lo avrebbe rovinato:
“Io… io… niente. Non stavo pensando nulla di male.
Solo che… sai… il giovane John non è abituato a
certi ambienti… è nervoso… teme di fare una brutta
figura…” balbettò.
Elisabeth alzò un sopracciglio e fece un sorriso sornione:
“Ci vediamo la sera del ballo,” salutò e se
andò. Sebastian non le era mai stato simpatico e non avrebbe
voluto andare al ballo organizzato da lui, ma voleva che Sherlock
incontrasse la persona giusta per lui e questa poteva essere una buona
occasione.
Angolo dell’autrice
Secondo racconto della serie “Fotografie”, dove si iniziano
a conoscere alcune caratteristiche di questo inusuale Omegaverse e si
può intuire il motivo della malinconia di John, presente nel
primo racconto “Famiglie”.
Questo racconto è composto da due capitoli. Il rating è
dovuto alla presenza di un linguaggio non proprio appropriato. Forse mi
preoccupo per nulla, ma preferisco fare così.
Ovviamente i personaggi non mi appartengono e spero che il racconto non ne ricordi altri.
Grazie per avere letto fino a qui. Grazie a emerenziano per il commento
a "Famiglie". Grazie a chi abbia segnato il primo racconto della serie
in qualche categoria.
Spero di trovarvi domenica prossima per la seconda e ultima parte.
Alla prossima.
Ciao.
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