L'IMPERATORE DEI CINQUE REGNI
Tradimenti
Il bambino sgrana gli occhi come se vedesse un mondo nuovo, guarda gli
scaffali colmi di libri, anche più grossi dei due che gli ha
dato da leggere, si perde mentre segue la fila di quadri appesi alle
pareti e per essere sicuro di non stare ancora nel suo letto si
stropiccia gli occhi.
«Mio caro, non stai sognando, questa è proprio la
mia casa» dice il vecchio maestro al bambino.
Il ragazzino ancora non si capacita di come sua madre abbia accettato
la richiesta del vecchio maestro di lasciare vivere il proprio figlio a
casa dell’anziano maestro per tutte le vacanze invernali. Ten aveva cercato
di carpire delle informazioni origliando la loro discussione ma era
riuscito soltanto a sapere che il maestro aveva bisogno di un aiuto
perché i suoi inservienti erano assenti per questioni
importanti. Adesso questo pensiero si è completamente
cancellato mentre osserva le meraviglie contenute in questa enorme
villa, il suo desiderio di conoscere come continuano le storie dei suoi
nuovi eroi non è cambiato, ma per ora ha deciso di fare una
singola domanda.
«Maestro, in cosa debbo aiutarla?»
«Vedi quante cianfrusaglie ho in casa? Devo dare una bella
sistemata e come sai sono particolarmente anziano per fare tutto da
solo; mi aiuterai a mettere in ordine i libri, i soprammobili e a dare
una sistemata nelle tante stanze della villa nelle quali non soggiorna
più nessuno da molto tempo, prima però voglio
farti una domanda. A scuola mi hai detto che hai letto entrambi i
libri? Sei stato sincero?»
Questa domanda irrigidisce il bimbo che reagisce imbronciato:
«Certo che sì, e le ripeto che non basta! E non
c’è una singola parola dedicata all’uomo
che è scampato al deserto!»
Il maestro non chiede altro ma invita l’alunno a seguirlo.
«Vieni con me in quel salotto, ho qualcosa da farti
vedere.»
I due entrano nel salotto che agli occhi del bambino appare molto
strano se confrontato con la ricchezza delle altre sale. Poco adornato,
un piccolo tavolino a tre gambe posto nel centro della stanza sul quale
c’è qualcosa coperta da un telo, un esile
mobiletto a due ante inserito nel muro, un solo quadro che raffigura un
grande palazzo, una finestrella molto piccola posta quasi sul soffitto
e due poltrone. Il maestro indica al ragazzino di sedersi e
poi dice: «Per prima cosa parliamo dei due libri.»
«Ho detto che li ho…» ma Ten
è interrotto subito.
«Ti credo assolutamente, anzi» risponde il maestro
facendo una pausa che crea nel bambino maggiore curiosità.
«Sono sicurissimo che hai letto ciò che ti ho dato
perché tu non sei capace di mentire.»
Ten pensa e, in effetti, non ricorda di avere mai mentito a nessuno in
questi suoi pochi anni di vita, e per questo motivo finiva spesso nei
guai perché se combinava qualche marachella andava lui
stesso a raccontarla ai genitori.
«Hai notato certamente che quei due tomi sono scritti a mano,
quello che non sei riuscito a vedere è che le parole sono
scritte in una lingua antica e solo poche persone sono in grado di
leggerle.»
Ten esclama: «Sono un Saggio!» e il maestro scoppia
a ridere senza nessun ritegno.
Il maestro calma questa risata così bella da coinvolgere
chiunque la senta e risponde seriamente all’esclamazione del
suo alunno: «Sai che un Saggio non si palesa fino a tarda
età; magari puoi diventarlo ma solo il tempo ci
fornirà una risposta. Per adesso diciamo che hai delle
qualità che altri bambini della tua età non
hanno.»
Il ragazzino sbuffa, in pochi istanti ha pensato a quale elemento
appartenessero le sue magie e la risposta netta del maestro ha bloccato
ogni sua fantasia, però non la sua sete di sapere.
«Maestro, avete tanti libri in casa e sono sicuro che tra
quelli che ho notato c’è il continuato della
storia.»
«Sì e no» risponde l’anziano.
«Ci sono altri volumi ma prima di continuare a leggere dovrai
iniziare a fare una cosa perché solo portando a termine
questo compito potrai sapere ciò che è successo
dopo i prossimi due tomi che ti farò leggere in questi
giorni. Alziamoci e facciamo pochi passi insieme.»
I due si alzano dalle poltrone, raggiungono il centro del salotto e il
maestro, sollevando il telo dall’oggetto posto sul tavolo,
scopre una gabbia per uccelli nella quale c’è un
corvo con gli occhi bianchi.
«Vedi, questo è un nostro amico» dice il
maestro indicando il volatile.
«Nostro?»
Ten ha detto solo quella parola e il corvo urla forsennato:
«Impiccati al pennone, impiccati al pennone!»
Il ragazzino fa un salto all’indietro gridando:
«Non può essere l’amico di
Sipestro!»
«Bravo, è proprio lui, si chiama Agisto ed
è anche più vecchio di me.»
«Come ha fatto a vivere tutti questi anni?» chiede
il bambino.
«Questo è un vero mistero anche per me. Come vedi
i suoi occhi sono bianchi perché purtroppo è
diventato cieco ed è per questo motivo che lo tengo riparato
evitando che una qualsiasi luce troppo forte gli faccia del male. Ho
incontrato Agisto, ma forse sarebbe meglio che dicessi che lui mi ha
trovato, tantissimi anni fa quando avevo la tua
età.»
Il ragazzino collega subito tutto. «Ed è stato
quando ha incontrato l’uomo scampato al deserto!»
«Non proprio in quel momento, ma pochissimo tempo
dopo.»
«Maestro, e cosa dovrei fare io?»
«Agisto ha visto e ricorda ogni cosa, soprattutto quello che
l’uomo scampato al deserto non mi ha mai raccontato in
dettaglio. Grazie ad Agisto sto iniziando a riscrivere quei volumi con
tutti i nuovi particolari. Ma ciò che sa Agisto non
è quello che leggerai qui da me in questi giorni, i due
volumi che ti darò sono il seguito di quelli che hai finito
settimana scorsa. Siccome Agisto è abbastanza testardo,
inizierai già oggi a dargli da mangiare e da bere, quando
sarai libero dovrai fargli compagnia e in quel momento potrai tentare
di farti dire ciò che conosce. Ma ti avverto che
è davvero un osso duro da convincere.»
«Maestro, ma se voi state già scrivendo, vuol dire
che siete in grado di farlo parlare, e allora mi domando;
perché devo farlo anch’io?»
«Arguto come sempre. Devi riuscirci perché le
qualità di cui tu disponi hanno bisogno di allenamento per
progredire e Agisto è l’essere vivente giusto per
aiutarti a migliorare.»
Il bambino ride, il compito è semplicissimo, chiede al
corvo: «Agisto, mi racconti quello che hai visto?»
L’anziano maestro trattiene la risata, sa già cosa
risponderà l’animale nella gabbietta.
«No, impiccati al pennone!»
«Vieni, questo non è certo il momento giusto per
interrogare Agisto, prima devi leggere gli altri due volumi»
dice il maestro prendendo per mano il ragazzino per uscire dal salotto.
I due raggiungono una porta molto grande, l’anziano maestro
la apre e per il bambino si dischiude davanti ai suoi occhi
l’ennesima meraviglia. Un’enorme biblioteca che fa
impallidire gli scaffali visti in precedenza; al suo interno ci sono muri
interamente riempiti da testi di ogni genere, al centro
c’è un grande tavolo rettangolare sul quale sono
sistemate in ordine delle piccole lanterne accese.
«Ecco dove li tenete!» dice il ragazzino, ma il
maestro scuote la testa.
«In realtà non sono qui, ma si trovano
qui.»
«Che cosa vuol dire?»
«Siedi al tavolo, chiedi alla libreria cosa desideri e se la
tua richiesta nasce dal desiderio di apprendere, i libri appariranno.»
Il bambino è dubbioso, però accetta le parole del
suo maestro, si siede al tavolo e pensa all’ultima frase che
ha letto nel secondo volume, le esatte parole della Regina Wasa e
magicamente altri due tomi appaiono proprio davanti a lui.
«Posso?» chiede con un certo timore il ragazzino.
«Se sono vicino a te vuol dire che la libreria ti ha dato il permesso di leggere.
Però ti ricordo che non sei qui soltanto per loro, hai
degli obblighi che dovrai mantenere: curare Agisto, aiutarmi nei miei
lavori e rispettare i tempi di lettura che ti impartirò.
Nessuna protesta o ogni volume scomparirà
com’è apparso perché la magia che hai
appena visto non è mia e non posso cambiare le regole di
questa biblioteca.»
«Accetto tutto per conoscere il resto della storia!»
«Bravo Ten.»
Il bambino apre il libro con la scritta “numero
tre” sul dorso e s’immerge in quel suo nuovo mondo
fantastico.
1° Capitolo –
Il nuovo Imperatore dei Cinque Regni
Erano passati soltanto due mesi dalla fine della grande guerra tra i
Cinque Regni e in quel periodo la Regina Wasa di Tera non aveva perso
tempo dopo la firma sul trattato di pace imposto alla Regina Cristalya
di Dwr. Nel suo programma Wasa aveva messo subito in chiaro che il
ponte Sud/Est sarebbe diventato a “libera
circolazione” quindi aveva fatto smantellare i resti della
casermetta che era stata quasi rasa al suolo dal suo esercito, alla
regina sconfitta aveva richiesto forti risarcimenti per i danni subiti
nel tentativo fallito d’invasione operato da Dwr comprensivi
anche di un numero significativo di imbarcazioni, ma soprattutto, non
richiedendo espressamente un Conclave, si era arrogata il diritto di
imporre il nome del nuovo imperatore, mossa politica che le garantiva
maggiori benefici nei casi che si sarebbero dibattuti nelle future
riunione del Concilio dei Cinque. Sorprese non poco la scelta di Wasa
di non sconquassare l’ordine precostituito del regno
sconfitto, mossa che Cristalya temeva più di altre
perché avrebbe portato alla sua immediata destituzione come
regina.
La firma dell’armistizio tra Tera e Dwr non prendeva in
considerazione gli altri regni impegnati in guerra e quello di Tan,
vero grande sconfitto, arrendendosi all’esercito della Regina
Cristalya sia sull’isola Ngahuru sia a Port Pearl, battaglia
in cui si era ritrovato vincitore anche l’alleato Metel
nonostante la cocente sconfitta causata dall’invasione, era quello che stava per subire i maggiori danni.
Cristalya impose lo smantellamento della marina militare di Tan in
conseguenza della battaglia che aveva portato alla distruzione del
ponte Nord/Ovest e consegnò le navi del regno sconfitto a
Tera come pagamento delle richieste di Wasa, destituì il
principe Torcon dalla carica di comandante in capo
dell’esercito togliendogli qualsiasi onere militare, e
soprattutto impose il rispetto al contratto di matrimonio rigettato
prima del conflitto, ma con significative modifiche nel suo contenuto.
Re Titan di Metel si trovava in una posizione molto particolare. Da
alleato di Dwr aveva combattuto in modo arcigno e spietato Tan, ma allo
stesso tempo si era completamente disinteressato di Tera lasciando che
l’esercito di Wasa riuscisse a convogliare la maggior parte
delle sue forze armate nella difesa del castello e, in seguito,
nell’invasione della grande isola. Nella diatriba tra i tre
regni ci aveva rimesso nuovamente lo sconfitto Tan che dovette
risarcire Metel nell’unico modo che rimaneva al regno dopo i corposi pagamenti effettuati a Dwr che avevano prosciugato le casse
reali. Fu firmato un contratto di vendita di molti chilometri di
terreno da Tan a Metel, che ovviamente non doveva tirare fuori un
soldo, ed erano le zone che gli avi di Explodon avevano conquistato
all’antico nemico.
Il regno di Apen era diventato un caso internazionale senza precedenti.
Era l’unico alleato dei due sconfitti, ma anche il solo ad
avere vinto una grande battaglia contro il regno vincitore della guerra
che agli atti risultava essere anche il primo ad aver invaso i confini altrui senza
una dichiarazione di guerra. Alla fine la Regina di Tera aveva
richiesto soltanto il pagamento dei danni subiti dalla marina militare
e Cristalya si era offerta di aiutare Re Wit attraverso dei contratti
commerciali ancora più vantaggiosi.
Il Regno di Tan si era ritrovato vessato da ogni lato: soldi a Dwr,
terreno a Metel, alleanza con Apen cancellata insieme al contratto di
matrimonio, ormai obsoleto, tra Torcon e Willa e abbandonato da Tera,
nonostante i rapporti tra i due regni continuavano a rimanere molto
forti. Bruligida era la regina in pectore del regno; nonostante la sua
mente fosse instabile, al principe Torcon era stato vietato di
incoronarsi nuovo Re di Tan da Cristalya fino alla morte della madre,
il principe Fajro, recuperato nel Mare dell’Ovest dalle
imbarcazioni di Metel provenienti dall’isola Ngahuru, era
stato portato nella sua patria, ma non aveva ancora ripreso conoscenza
mentre il Saggio Saga risultava ancora disperso e nessuno si era
proposto di sostituirlo. Torcon, prima di accettare le imposizioni
derivanti dalla resa incondizionata, aveva riorganizzato
l’esercito muovendo le pedine nei ruoli lasciati vacanti dai
militari illustri purtroppo deceduti durante la guerra e non potendo
avere una flotta militare aveva scelto di porre come comandante in capo
dell’esercito l’ultima persona che aveva parlato
con suo padre in vita ovvero l’ex generale di marina Turo.
Era questa la situazione politica e militare dopo due mesi dalla fine
della Grande Guerra e dopo tutto queste manovre politiche era giunto
finalmente il momento di dare al mondo una nuova guida che potesse
riportare la pace in modo veramente completo.
§ § §
Il palazzo imperiale di Puna era splendidamente adornato da fiori e
festoni colorati anche se l’aria che si stava respirando era
completamente diversa dalla suntuosa festa precedente, svolta
sull’isola Otoke per il compleanno dell’imperatore.
I diversi problemi che attraversavano i vari regni avevano limitato la
presenza delle celebrità reali per l’incoronazione
del nuovo Imperatore dei Cinque Regni e al popolo era stata negata la
partecipazione per garantire la sicurezza, mentre pochi ricchi, che si
erano maggiormente arricchiti grazie alla vendita di materiali bellici,
erano presenti per poter ottenere ulteriori vantaggi commerciali
più che per assistere all’evento.
Il Regno di Tan si era recato all’isola con il solo Torcon in
vece della madre, per il regno di Dwr erano presenti la Regina
Cristalya e il Saggio Glic e del loro ingresso destava
sensazione soprattutto l’assenza della principessa Oceanya.
Il regno di Metel era al completo con Re Titan, il principe Metalo e la
saggia Ohlaka mentre per il regno di Apen erano giunti Re Wit, la
consorte reale Pine, il principe Oak e la Saggia Wicaksana. Per ultimi,
come da tradizione, avevano raggiunto la sala i regnati del paese
organizzatore della cerimonia: la Regina Wasa e il comandante in capo
dell’esercito Hebber.
Chiuso il grande portone, il cerimoniere aveva dato inizio
all’incoronazione e dalla grande scalinata erano scese due
persone vestite e incappucciate di bianco: uno, il futuro imperatore, si era sistemato al centro della sala mentre l’altro, il suo sostituto nel regno di appartenenza, aveva preso in mano la corona poggiata su un cuscinetto
portato da un servitore.
L’uomo che teneva la corona in mano si era tolto il cappuccio
dicendo: «Con il potere conferitomi dalla Legge, io Vlek
t’incorono nuovo Imperatore dei Cinque Regni.»
Il secondo, abbassando il cappuccio rispose: «Io Wijs, Saggio
di Tera, accetto di rimettere il mio mandato nelle mani
dell’uomo che ora m’incorona, accetto gli onori e
gli oneri che mi impongono il mio nuovo ruolo, accetto la corona dei
nostri avi chiamandomi da oggi in poi Atua, CCXVI del mio
nome.»
Vlek aveva posto la corona sul capo del nuovo imperatore tra gli
applausi, più o meno convinti, dei presenti. Tutti sapevano
che la scelta di Wijs era stata decisa dalla sola Wasa e quindi
diventava dubbia l’imparzialità
dell’imperatore, ma per ognuno dei presenti era meglio avere un nuovo
governatore piuttosto che rimanere ancora senza, con tutti i rischi che
comportava la mancanza di una guida.
Il tono minore in cui si svolgeva questa festa era rispecchiato nella
sala grande dove non c’erano musici, non si
ballava e si assisteva soltanto a grandi chiacchierate per
trattative economiche. Il principe Torcon era già andato via
senza degnare di uno sguardo nessuno dei presenti mentre gli altri
mantenevano una certa distanza uno dall’altro tranne Metalo
che passava di tavolo in tavolo per dire qualcosa a ognuno degli
invitati intrattenendosi per molto tempo soltanto con Oak,
l’unico presente, insieme con lui, dei principi
più giovani dei cinque regni.
Come per ogni festa imperiale, subito dopo l’incoronazione si
erano riuniti i re per il Concilio dei Cinque, anche se sarebbe stato
meglio chiamarlo “dei quattro” dato che Torcon era
stato escluso non avendo una valido documento di delega della madre per
partecipare al suo posto. Questa riunione era una formalità
perché i trattati di pace, con i loro cavilli, erano stati
già siglati, però rimaneva ancora in parte
insoluto un problema particolare.
Il nuovo imperatore chiese: «Regina Cristalya, avete deciso
la nuova formula per il contratto matrimoniale?»
«Non è ancora pronto l’incartamento,
nonostante abbia già deciso, perché attendo che
rispettiate il patto che voi, prima di oggi, avete firmato il giorno
dell’armistizio.»
Atua, dopo aver guardato la regina Wasa e ricevuto il suo assenso,
rispose: «Come primo incarico delle mie nuove
funzioni farò redigere ciò che mi avete chiesto e
vi sarà consegnato celermente.»
«Grazie mio Signore, apporterò le modifiche
necessarie in base alle vostre ulteriori disposizioni, ma posso
già da ora anticipare a tutti i presenti la mia parte nel
contratto.»
Erano state queste parole di Cristalya ad attirare
l’attenzione di tutti più che per la richiesta che
aveva fatto e della quale tutti conoscevano il contenuto: togliere al
contraente il diritto di recedere sotto pagamento di un risarcimento.
«Presumendo che ogni carteggio sia stato completato, fra un
mese, nella mia capitale, si terrà il matrimonio tra la
principessa Oceanya di Dwr e il principe Torcon di Tan.»
Cristalya, con questo suo annuncio stava sbalordendo nuovamente
l’intero mondo. Aveva rinunciato ad avere come marito Torcon
relegandolo al ruolo di re consorte della sorella, mossa astuta che le avrebbe
permesso di mettere le sue mani sul regno di Tan alla morte della
regina Bruligida.
Mentre sull’isola di Puna si stava svolgendo
l’incoronazione del nuovo imperatore nella Reggia di Dwr, la
giornata era trascorsa come di consueto per la servitù
rimasta sull’isola. Nel corridoio delle stanze private dei
regnanti non circolava nessuno, dispensati tutti da Oceanya a fare
lavori che l’avrebbero tenuta sveglia. Il silenzio per
l’assenza di una qualsiasi persona era rotto sporadicamente
da dei lamenti, ma non si trattata di dolore bensì di
piacere. Oceanya aveva perso questa battaglia avvinghiata tra le lisce
gambe della giovane Eas che le aveva riservato, con crescente passione,
tenere carezze e baci sempre più appassionati. Il loro
incontro amoroso si era concluso e sotto le coperte le due ragazze si
stavano fissando negli occhi.
«Mia Signora, che cosa farete?» chiese Eas
continuando ad accarezzare il viso della principessa.
«Il mio dovere, come ho sempre fatto.»
«Immagino che una bella donna come voi abbia avuto molte
avventure e non disdegni la prestanza e l’irruenza di un
corpo maschile, pur amando i giochi teneri di una donna. Per
ciò che ho visto, il principe è un
bell’uomo e il suo carattere si completa con il
Vostro.»
Oceanya le sorrise dicendo: «Niente affatto, nel mio letto
non sono entrati mai uomini e quelli che conosco parlano delle loro
conquiste in modo superficiale e noioso, più attenti a
dimostrare a se stessi la loro virilità che a regalare
godimento alle donne che hanno avuto la sfortuna di incontrarli.
Sicuramente diventando mio marito io non rifiuterò di
dividere il letto con lui. Magari sarà il primo a
sorprendermi, ma dubito che un uomo sia diverso dall’altro
quando si tratta di regalare piacere alla propria consorte.»
Eas stava per dirle altro ma si era fermata per non sembrare troppo
invadente ma Oceanya, che le sembrava leggesse nella sua mente, disse:
«E noi due continueremo a incontrarci fino a quando non
decideremo di smettere.»
La giovane, diventata ufficiale dell’esercito, spinta dalla
curiosità, le chiese: «Mia Signora, vi siete mai
innamorata di qualche vostra conquista?»
«No, ma sono innamorata follemente di una persona che non
avrò mai» aveva risposto Oceanya riprendendo a
fare alla compagna di letto ciò che avevano interrotto per
parlare.
Nel frattempo, il Castello Reale di Tera era invaso dal popolo per
l’ennesima volta dopo la grande vittoria della guerra. Ogni
giorno i popolani avevano fatto visita ai regnanti per congratularsi
della vittoria e per inneggiare Wasa, l’eroica regina
conquistatrice. Aarde, che non era andata a Puna, si stava
intrattenendo con ogni persona che avesse voluto incontrarla, anche
solo per stringerle la mano, un gesto che proprio la principessa aveva
voluto fosse di uso comune anche fra la gente e la
nobiltà. Accanto alla principessa, come guardia del corpo
personale era rimasto l’ufficiale Haag; i suoi occhi
indagatori scrutavano ogni movimento della gente che entrava e
assolveva il suo compito con perizia, ma anche con particolare
passione, la stessa che provava a stare accanto alla bella Aarde.
«Mia Signora, dovremmo chiudere il castello per oggi, se
lasciamo entrare tutti sarete impegnata fino a tarda sera e sapete che
sarò redarguito dal comandante.»
«Haag, lascia che entrino, per me è una gioia
immensa ascoltare le loro richieste e provare ad aiutarli nei loro
grossi problemi. Se non siamo noi che abbiamo la ricchezza a portare
serenità a questa gente, chi mai potrebbe farlo? Al
comandante poi lo sai che ci penso io» rispose con il solito
sorriso affascinate la giovane principessa. Haag era rimasto di nuovo
folgorato da questa ragazza bella e pura di cuore non riuscendo
più a risponderle anche se i suoi occhi stavano dicendo
mille parole.
«Se ti vedesse ora Hebber» disse Aarde ridendo
divertita.
«Mia Signora, la prego di scusare la mia sfacciata
sincerità, ma quando Vi guardo perdo lucidità, la
Vostra bellezza supera l’immaginabile.»
La ragazza, che aveva apertamente sfidato il giovane ufficiale,
sentendo le parole pronunciate da Haag smise di ridere diventando
rossissima in volto. Le attenzioni che quel giovane di
bell’aspetto le riservava tutti i giorni le procuravano
piacere e si era già accorta che desiderava essere conrteggiata,
però nella sua mente c’era un altro e questi
pensieri contrastanti la mettevano in confusione.
La festa del nuovo imperatore continuava, ma poco importava alla
popolazione del Regno di Tan. Nella Villa Reale i dottori avevano
visitato nuovamente il giovane Fajro disperandosi per
l’ennesimo fallimento nel tentativo di risvegliarlo, le
ancelle di Bruligida avevano assistito la regina nelle piccole faccende
per la cura personale lasciando poi che la donna riposasse nella sua
camera, anche se la regina aveva preferito sedere sulla poltrona che
era solita utilizzare quando il marito le raccontava le sue azioni
della giornata.
La regina aveva gli occhi chiusi quando una voce conosciuta
l’aveva chiamata per nome. «Bruligida, tesoro, che
cosa stai facendo?»
Era sicuramente lui, Bruligida aprendo gli occhi aveva visto il suo bel
marito davanti a lei mentre sorrideva come faceva sempre.
«Niente, così come gli altri giorni da quando non
sei più tornato a casa, amor mio.»
«Ma io sono sempre a casa, ti sono sempre vicino, sento
quando mi chiami di notte e ascolto quando ti lamenti per il dolore che
porti nel petto, però tu non riuscivi a vedermi
perché l’inquietudine ha chiuso i tuoi occhi.»
«Perché non mi porti via con te? Che cosa faccio
in questo mondo senza il mio amato marito?» disse Bruligida
allo spettro di Explodon con gli occhi pieni di lacrime.
«Mia amata sposa, non è il momento di
raggiungermi, è il momento di alzare la testa
perché è nelle grandi difficoltà che
noi di Tan sappiamo reagire. Tu sei nata qui, in questo regno, e non
è mai esistita donna più forte di te.»
Dopo due mesi apparve un piccolo sorriso sulle labbra della regina
mentre rispondeva facendo una domanda: «Più di tua
madre?»
«Ecco, questa è mia moglie, la donna che
amerò per sempre, quella regina che si burla del marito in
continuazione» le aveva risposto Explodon ricambiando il
sorriso. «Tesoro mio, non chiuderti in te stessa, molte
persone hanno bisogno di te. Guarda oltre la porta della nostra stanza,
quello è il luogo da raggiungere oggi come primo passo verso
il futuro» le disse lo spettro prima di sparire.
Bruligida, alzatasi dalla poltrona subito dopo le parole del marito,
aveva aperto la porta della propria stanza e poi quella davanti a lei.
Lentamente aveva raggiunto il letto e si era messa in ginocchio
chiamando a bassa voce: «Fajro, tesoro, è ora di
svegliarsi, tua madre è qui e vorrebbe
abbracciarti.»
Fajro, dopo un forte colpo di tosse, aveva aperto gli occhi. Vedere la
madre accanto gli procurava conforto, ma non poteva dimenticare e
abbracciandola scoppiarono in lacrime entrambi.
«Bentornato a casa bambino mio.»
Fuori dalle mura imbellettate dei palazzi il mondo aveva ricominciato a
muoversi, i mercanti avevano ripreso il mare per vendere le loro merci,
e come gli onesti lavoratori ricominciavano a faticare anche i furfanti
erano tornati liberi di colpire senza ritrovarsi addosso qualche nave
militare pronta a bombardare vascelli o città nemiche.
Proprio nel momento dell’incoronazione del nuovo imperatore,
nel Mare dell’Ovest una marmaglia di pirati aveva assaltato
il mercantile di un signorotto di Apen che stava rientrando al porto
dopo non essere riuscito a vendere nulla nel regno di Tan.
La ciurma di briganti, dopo l’abbordaggio e aver spedito in
mare l’equipaggio del mercantile che si era arreso, stava
contemplando i tesori appena rubati.
«Capitan Blood, che ne facciamo di questa nave?
L’abbiamo ridotta male» disse uno degli uomini della
ciurma.
«La affonderemo, tanto qui vicino ne sono colate a picco
centinaia, una in più o una in meno per la regnante dei
mostri del mare non sarà un fastidio» aveva
risposto tale capitan Blood che in realtà era una donna di
nome Zedora, molto bella e intrigante, ma altrettanto feroce e spietata.
«E ora dove andiamo?»
«Passiamo a Nord e andiamo a spendere tutti i soldi in rum,
donne e uomini, mio caro Kruzni.»
«E posso…»
«No, se vuoi il mio corpo, prima portami il diamante
più grande che una donna abbia mai visto; per ora puoi
buttare la tua zozza faccia tra le gambe di qualche donnaccia di Dwr
sperando di non soffocare» aveva risposto Capitan Blood
puntandogli contro la pistola.
§ § §
La festa e il concilio si erano conclusi, la notte aveva preso il posto
del giorno e come di consueto i regnanti e il loro seguito si erano
fermati a dormire nel palazzo imperiale per partecipare alla seconda riunione
prevista per il giorno seguente. Nonostante le fatiche del viaggio e
della giornata intensa erano pochi quelli che avevano deciso di dormire.
Atua CCXVI del suo nome si stava godendo i primi vantaggi che erano
riservati al suo ruolo scoprendo i piccoli vizi che di solito erano
sfruttati da reali e nobili. Con grande piacere si era lasciato lavare
e vestire per la notte dai vari servitori, si era fatto cullare dalla
voce di una donna che gli canticchiava a voce bassa una specie di ninna
nanna, e infine si era fatto servire anche per andare in bagno.
Sdraiato su uno dei suoi nuovi letti, stava guardando il soffitto
dipinto gongolando e sorridendo mentre un inserviente gli massaggiava i
piedi per farlo addormentare.
Cristalya si era intrattenuta nella zona delle cucine bevendo senza
controllo; nei due mesi appena passati aveva dovuto mordersi la lingua
molto spesso per non rischiare di buttare al vento
l’occasione che la vincitrice della guerra le aveva lasciato,
e il bere era diventata una mala consuetudine per la regina di Dwr.
In una saletta di lettura stavano chiacchierando Oak e Metalo.
«Willa è distrutta dal dolore e non posso
immaginare come reagirà all’ennesima freccia che
gli ha scagliato Cristalya nel cuore» disse Oak sinceramente
preoccupato per la sorella.
«Il cuore è amico e nemico degli esseri umani. Ci
fa fare cose che all’apparenza sembrano sciocche, ma che
nascondono molte verità, oppure ci spinge verso direzioni
sbagliate camuffando le decisioni con la frase tipica del “me
l'ha detto il cuore”» rispose Metalo mentre
appoggiava la sua mano su quella del principe di Apen.
«A volte non ti comprendo amico mio. Sei sempre
così vivace per i tuoi interessi culturali e totalmente
amorfo quando si parla di politica o economia, eppure il tuo animo
è nobile e potresti occuparti seriamente della
prosperità del tuo popolo impegnando parte del tuo tempo per
imparare anche la bellezza del lavoro senza doverne trarre per forza
profitto.»
«Credo che tu mi stia fraintendendo Oak. Io amo la bellezza
sotto ogni forma e quindi anche i risvolti politici, se creano un
interesse, sono di mio gradimento. È vero che spesso mi puoi
trovare a un’asta come a una serata danzante, oppure nei
musei assorto nei miei pensieri per la bellezza delle sculture o dei dipinti e,
perché no, contornato da belle donne che si concederebbero
soltanto a un mio schiocco di dita. Ma io sono anche dentro a qualsiasi
decisione del mio regno e la mia parola ha un vero peso specifico nelle
decisione che infine delibera mio padre. La cultura della bellezza non
esclude la determinazione politica e viceversa. Tu, per esempio, sei in
grado di affermare che le tue parole siano ascoltate? E sei in grado di
abbracciare la bellezza con l’apertura mentale necessaria per
accettarne i rischi?»
Oak, rimasto in silenzio dopo il discorso di Metalo, guardava il suo
bicchiere posto sul tavolino cercando di trovare una risposta che
convincesse soprattutto lui stesso, ma Metalo non era intenzionato a
fermare del tutto il discorso. «Ne avevamo già parlato,
ricordi? Tuo padre è un’ottima persona e ha grande
fiducia nelle tue capacità, eppure decide di conto suo,
anche se tu proponi alternative, non ne discute con te per trovare
anche un solo motivo valido per fare in un modo piuttosto che in un
altro. Il tuo totale impegno per Apen ti distoglie dalla tua vita
privata, perdi ogni istante della bellezza di questo mondo che sta in
ogni luogo e non soltanto nel tuo paese, compresa la ricerca di una
persona con cui condividere sia i momenti positivi sia quelli negativi,
che ti comprenda e ti supporti in ogni momento.»
«Questo non è vero, una persona l’ho
trovata e prima possibile ne chiederò la mano per farla mia
sposa» rispose Oak con determinazione.
«Suvvia Oak, con chi credi di parlare? Quella splendida
creatura è il desiderio di ogni uomo o donna di questo mondo
e intorno a lei c’è una schiera di persone pronte
a tutto per averla; pure io rimango estasiato quando mi guarda con quei
suoi occhi intensi che sembrano accarezzare il tuo volto ogni volta che
ti fissa. La tua risposta è così puerile che mi
sorprende, ma che conferma ciò che ti ho detto: non hai
cercato niente per te, vuoi prendere ciò che ti passa
davanti e basta» aveva sentenziato Metalo alzandosi in piedi.
«Tu dici che sono…»
«Io non dico niente, però affermo che la bellezza
non coincide per forza con il cuore, e che il bello si trova in ogni
cosa, anche quella che appare sbagliata, e che da parte mia questa
ricerca non si esaurisce mai» rispose Metalo mettendo le mani
sul collo del suo interlocutore e ripetendo la parola
“mai”.
In una stanza dei piani superiori del palazzo, Wasa, coperta
soltanto da un lenzuolo trasparente che mostrava le sue forme delicate,
era seduta sul davanzale della grande finestra, la sua gamba destra
penzolava muovendosi ritmicamente mentre i suoi occhi erano illuminati
dalla luna piena di quella notte.
«A cosa stai pensando?» chiese Titan mentre si
avvicinava a Wasa completamente nudo.
«Copri i tuoi gingilli.»
«Che cosa ti prende? Fino a qualche minuto fa hai apprezzato
totalmente ciò che ti sto mostrando anche ora.»
«Te l’ho detto subito. Questa notte è la
prima e unica, avevamo bisogno entrambi di sesso senza doverci mettere
nient’altro. Ora il momento è passato e tu devi
rivestirti e uscire da qui» rispose Wasa distogliendo lo
sguardo dal corpo muscoloso dell’uomo.
«Allora niente matrimonio tra di noi?»
«Piantala con questa storia! E poi ho cose più
importanti da fare che stare a soddisfare le voglie notturne di un
uomo.»
«Mia cara, non farmi passare per un totale insensibile,
questa notte chi stava bruciando di desiderio tra noi due eri tu, sei
stata tu a cercarmi e, diciamoci la verità, alquanto
insistentemente. Non che mi sia dispiaciuto il tuo bacio focoso, ma non
scaricare la tua tensione su di me.»
«Non lo nego Titan, avevo voglia di te, come l’ho
sempre avuta, e la mia rabbia è proprio questa. Sono una
donna sporca dentro, non ho mai tradito Zand fisicamente, ma i miei
pensieri peccaminosi non si sono mai placati fin da prima di quel
giorno.»
«Devi risolvere questo problema Wasa, oppure rimarrai legata
al passato perdendoti la felicità che ti offrono questi anni
di rinnovata gioventù. Le tue ultime scelte dopo la guerra
sono evidentemente corrotte da quel che è successo in passato
perché il tuo legame famigliare con Cristalya non
è mai stato importante come in quest’ultimo
frangente» disse Titan con tono deciso.
«Non posso dimenticare niente, ho tradito la fiducia di mia
sorella Ruith, ho sfruttato la sbronza dell’addio del
celibato per portare nel mio letto il suo futuro marito e il peggio
è che non l’ho fatto per invidia o
perché piaceva anche a me, no, ho desiderato ardentemente
essere presa da Fond, ho provato una lussuria lasciva indescrivibile,
ho ardentemente voluto godere del suo corpo facendogli e facendomi fare
qualsiasi cosa che fosse tanto peccaminosa da essere censurata da
chiunque. E adesso, anche con te, è stata la stessa cosa, e
mi disturbano i miei pensieri così dannatamente
sporchi.»
«Permettimi, ma la verità è un'altra
perché il sesso, in ogni sua forma, non è mai un
peccato» rispose Titan con tono serio.
«E quale sarebbe allora?»
«Sicuramente hai il senso di colpa verso tua sorella Ruith e
non hai detronizzato Cristalya, sua figlia, pur avendo in mano tutto
ciò che serviva per farlo, ma soprattutto senti la colpa per il figlio che
è nato da quella notte. Ti sei sposata per celare a tutti la
gravidanza, ma tu sei una donna vera e lo hai detto chiaramente a Zand
e sai già che con me parlava di questa faccenda per la
grande amicizia che ci legava. Lui ti amava e ha accettato quel figlio
non suo ed è questo il vero motivo per cui ti disturbano i
tuoi pensieri sessuali e non hai accettato in questi anni di sposarti
nuovamente.»
Wasa aveva ascoltato Titan e le lacrime le erano scese copiose mentre
il re parlava del figlio scomparso nella tragedia di tre anni prima.
«Io ti voglio con me, lo sai e te lo dirò sempre,
ma adesso Cristalya ha messo un piede avanti a tutti noi con quel
matrimonio farsa che farà celebrare. Pensaci di nuovo alla
mia proposta di matrimonio, oppure inizia seriamente a valutare
l’altra possibilità di cui abbiamo discusso spesso
perché sarà l’unico modo per avere i
nostri due regni uniti e tanto forti da tenere a bada tua
nipote» disse Titan prima di rivestirsi e uscire dalla
stanza, mentre Wasa scesa dal davanzale, si era sdraiata sul letto
continuando il suo pianto.
Titan, nel corridoio, si era imbattuto in suo figlio. «Sei
ancora in piedi tu? Se domani ti vedrò sbadigliare ti
metterò al lavoro così da tenerti
sveglio.»
«Padre, lasciami questa beata tranquillità, sono
in vacanza, no?»
«Sei irrecuperabile Metalo.»
«Padre, dove state andando?»
«Ho bisogno di bere qualcosa di forte, tu vai a dormire,
forza. Non farmi fare anche la parte della madre» rispose Titan scendendo le scale, mentre Metalo, dirigendosi verso la
sua stanza, ripensava a ciò che aveva appena origliato
attraverso la porta della Regina Wasa.
Cristalya stava continuando a bere imperterrita quando Titan era
entrato nelle cucine.
«Oh mio Signore, anche voi nottambulo?» gli disse
ridacchiando.
«Cristalya, che combini qui tutta sola, qualche altra
diabolica macchinazione?»
«Eddai Titan, non sono una strega come volete farmi passare,
ho anch’io dei sentimenti e bere qualche goccetto non ha mai
fatto male a nessuno e si capisce che pure tu sei qui per bagnarti la bocca con qualcosa di dolce.»
Titan non le aveva risposto, dopotutto le parole della regina erano
veritiere e ubriacarsi insieme con lei non poteva causare danni. Si era
seduto accanto alla regina e versato del liquore a entrambi
più e più volte tanto da essere sbronzo quasi
come lei.
«Festeggiamo ancora il nuovo Imperatore» disse
Titan alzando nuovamente il calice ma Cristalya aveva in mente un altro
modo per festeggiare mentre si buttava addosso a lui con veemenza.
«Facciamo sesso?»
«Ma che diavolo di domanda mi stai facendo
ragazzina» rispose Titan cercando di spostarla.
«Perché continui a chiamarmi ragazzina? Mi
confondi con Oceanya? Sono una donna completa!» disse con
stizza Cristalya che senza pudore si era fatta scivolare il vestito in
modo da mettere a nudo il seno.
«Lo so che sei una donna, ma ti comporti come una ragazzina,
e a me piacciono le donne vere.»
«Lo so che ami quella maledetta donna, ma io non voglio amore
da te, desidero che mi prendi selvaggiamente. Che ne sai, magari ti
posso sorprendere, non sono formosa come lei, ma le mie curve sono sode
e levigate come il marmo del tuo castello.»
Titan, non era abbastanza annebbiato dal liquore per cedere, ma
sufficientemente sbronzo per farle paura. Le prese un braccio per
trascinarla verso di lui, poi, tirandole i capelli l’aveva
costretta a girarsi di spalle facendole appoggiare le mani sul bancone
e con foga le aveva strappato l’intero vestito sotto il quale
c’era il corpo completamente nudo della regina.
«Ora hai paura?» chiese Titan a Cristalya.
«Paura? Calati le braghe e scopami se sei davvero un
uomo!»
In quel momento Titan non riusciva più a ragionare
coscientemente; il liquore aveva fatto un leggero effetto, ma era stato
il corpo giovane di quella ragazza a dare il colpo di grazia alla sua
mente. Preso da morbosa libido, non aveva lasciato vie di fuga alla
ragazza ma Cristalya non stava cercando di scappare, anzi la sua
intenzione era di piegare la volontà di quell’uomo
che continuava a chiamarla ragazzina. Prese l’iniziativa
mettendosi cavalcioni sopra di lui e muovendo il corpo sinuoso,
alternando baci focosi a finte giocose, era riuscita a sottometterlo.
La regina di Dwr era ubriaca, ma mentre Titan si allontanava dalle
cucine, stava già pensando a come sfruttare questo incontro
particolare con il re di Metel per piegare ai suoi voleri lui, ma
soprattutto la regina di Tera.
Un'altra donna, quella notte, era sveglia, ma perché versava
lacrime amare sul cuscino del proprio letto, una principessa che due
mesi prima era la donna più gioiosa del mondo, ma che in un
istante aveva perso quella felicità. Accanto a lei
c’erano delle lettere aperte; le aveva rilette per
l’ennesima volta perché dentro quelle righe
c’era un amore immenso che la guerra aveva strappato via
senza pietà e la triste Willa piangeva pensando al suo
matrimonio cancellato, anche con il benestare silenzioso di suo padre,
si disperava per non poter più toccare il viso del suo amato
principe e si toccava le labbra morbide che non avrebbero più
ricevuto i baci delicati del suo accettato spasimante. E povera lei,
non sapeva ancora quello che la regina Cristalya aveva annunciando al
Concilio dei Cinque.
§ § §
«Ten, è il momento di mangiare» dice il
vecchio maestro al bambino. «Non voglio che tua madre mi dica
che sei dimagrito perché ti ho fatto lavorare
troppo.»
Ten, nonostante abbia voglia di continuare a leggere, ubbidisce
all’anziano maestro, chiude il tomo e questo sparisce
immediatamente. Ten raggiunge l’anziano maestro e prima di
uscire dalla biblioteca, chiede: «Lei che conosce tutto, mi
potrebbe spiegare perché un uomo dovrebbe soffocare mettendo
la sua faccia tra le gambe di una donna?»
Il maestro scoppia a ridere e cercando di rispondere in modo che il
bambino capisca senza capire dice: «Perché se la
donna chiude le gambe, all’uomo manca l’aria per
respirare.»
N.d.A.
Benritrovati
- Contrariamente alle mie previsioni sono riuscito a confenzionare il
primo capitolo di questa seconda serie che avrete notato è molto
più “hard” della precedente. Il motivo
principale è la traccia della challenge che dovrò
seguire in cui hanno molta importanza i tradimenti (proprio come indica
il sottotitolo della serie), così ho scelto la strada della
sessualità più spinta per dare maggiore spessore
ai momento in cui le coppie, o i triangoli, scoppieranno oppure
termineranno con il lieto fine. Spero che mi perdonerete i pochi
momenti in cui il linguaggio sarà decisamente scurrile
(soprattutto quando avremo a che fare con Capitan Blood) e le lievi
descrizioni degli atti sessuali che comunque cercherò di
trattare con tatto senza travalicare nell’osceno spinto da
rating rosso.
- Anche per questa serie non ci sarà una cadenza fissa, ogni
volta che avrò un capitolo pronto, lo
pubblicherò, ma qui lo dico e qui lo nego, probabilmente i
tempi saranno più lunghi che nella prima serie
perché ritorniamo in piena narrativa senza gli stacchi
causati dai “momenti contemporanei” che avete
trovato nella seconda parte della prima serie durante la guerra tra i
regni. Quindi in questa ci saranno gli “stacchi
temporali” e i quelli classici di queste mie storie
caratterizzati dal bambino curioso che da oggi ha il suo nome.
- A proposito di Ten (anche se il nome non l’ho scelto per
questo motivo) devo citate lo splendido e divertente manga Urusei
Yatsura della mia amatissima Mangaka Rumiko Takahashi (autrice di altri
splendidi manga tra i quali Ranma ½, Maison Ikkoku e
Inuyasha per citare quelli che ho adorato) nel quale il piccolo
bambino di nome Ten non è curioso ma è
terribilmente dispettoso.
- Una caratterista di questa mia lunghissima long è e
sarà la pubblicazione della mappa e del cast che
però avverrà dal prossimo capitolo per un motivo
semplice: leggendo e guardando la mappa già oggi vi sareste
spoilerati questo capitolo (in cui c’è la
risposta che attendeva l’amica Lovy chan su Fajro :P)
Infine vi ringrazio per aver scelto di passare dei momenti liberi
leggendo il mio racconto, v’invito come sempre a commentare,
fare critiche costruttive e, sempre che ne abbiate voglia, a segnalarmi
i miei sicuri errori nel testo.
|