懐かしい
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untold #1
“Sai
Hachi, quello che provavo in quel periodo non era chiaro neppure a me.
Sentivo come se la vita mi si fosse staccata dal corpo ed ero solo
pelle, ossa e muscoli che agivano per inerzia.
Se capitava di farmi anche solo un graffio il mio sistema nervoso non
reagiva e non mi preoccupavo neppure di leccarmi le ferite.
La mia mente invece... quella si che faceva male.
Le sue armi più dolorose erano i ricordi che continuavano ad
infrangersi contro i miei occhi come onde di un mare in tempesta.
Ed io non potevo far altro che naufragare.”
Nessuno aveva messo piede in quell'appartamento da quando questo non aveva
più un proprietario e, ciò, loro, lo sapevano tutti.
Yasu infilò la piccola chiave nella serratura, aprendo la porta
sull'ingresso vuoto e buio. Nana sussultò per un secondo, senza riuscire a
mettere un freno a quei suoi pensieri incasinati che, ora, le ricordavano
che se avesse permesso a qualcuno di aprire la porta della sua anima, in
quell'istante, quel qualcuno avrebbe trovato lo stesso vuoto e lo stesso
buio lasciato in quell'appartamento, proprio dal medesimo proprietario.
Takumi fu il primo ad entrare, tagliando la strada ad un più contenuto Yasu,
il quale attendeva, invece, che Nana si facesse coraggio.
«Non c'è bisogno che tu faccia così Yasu!» lo rimproverò lei, entrando a
gran passo nell'appartamento di Ren.
«Non so di che parli in realtà.» obiettò lui, raggiungendola e chiudendo
alle sue spalle la porta.
«Io tanto devo solo recuperare qualche vestito... e vado via...»
La voce di Nana, stavolta, parve meno convinta e di questo se ne accorsero
anche gli altri due.
«È per questo che Yasu fa così, Nana! Perché sa come ti senti in questo
momento. È pronto ad afferrarti alle tue spalle nel caso tu dovessi
cadere... Non so se hai afferrato la metafora. » commentò un Takumi più
riflessivo, poggiato alla grande vetrata del salone.
«Io non sento proprio nulla in questo momento!»
Le parole della ragazza furono inespressive, vuote e statiche e vennero
fuori con il solito temperamento aggressivo che la contraddistingueva mentre
si dirigeva verso la camera da letto, lasciando i due uomini soli.
Yasu si accese una sigaretta, poggiandosi al braccio del divano mentre prese
a massaggiarsi la base del naso tra gli occhi.
«Non sembra stia tanto male...»
«Non la conosci Takumi. E poi nessuno ha lamentato fin'ora il suo
malessere.»
«Mia moglie invece si, Yasu. Ogni giorno mi aspetto che faccia ritorno nella
nostra casa ed ogni giorno mi scrive dicendomi che deve restare con Nana
perché sta male.»
Yasu non capiva cosa volesse ottenere con quelle parole Takumi né tanto meno
perché si stesse aprendo con lui in quel modo e in quel momento. Continuò
per questo a fumare la sua sigaretta, concentrandosi sull’ambiente che lo
circondava.
Quella era casa di Ren.
Quello era l’appartamento del suo amico defunto.
Quel pensiero lo tormentava da giorni e, per quanto avrebbe evitato
volentieri di affrontare una situazione del genere, non poteva far altro che
esserci per Nana e supportarla in un momento instabile come quello. Momento
che, ovviamente, provocava non poco dolore anche a lui.
Dal funerale del chitarrista dei Trapnest era trascorso più di un mese ma il
tempo per Yasu sembrava come essersi sospeso in una dimensione passiva e
sconosciuta. I Trapnest non suonavano. I Blast non suonavano. Entrambe le
band non si erano sciolte ma entrambe le band non si comportavano come tali.
La stampa pressava per ottenere delle dichiarazioni e le case discografiche
premevano per far tornare in carreggiata i gruppi musicali. Tutti i
musicisti sapevano quanto proprio le loro etichette, per quanto scosse
dall’accaduto, non potevano non voler approfittare di un momento mediatico
come quello per accelerare la scalata al successo delle band. A nessuno dei
rispettivi componenti, ovviamente, pareva importare quel dettaglio o
prendere addirittura in considerazione la cosa, perché era tutto ancora così
fresco, tutto ancora così surreale.
«Piuttosto… come sta Reira?»
Takumi sospirò a quella domanda, evitando di voltarsi verso l’altro e
continuando a fissare il cielo grigio e nuvoloso oltre la vetrata
dell’appartamento.
«Starà bene… - disse con tono fermo l’Ichinose.»
«Immagino che anche Hachi potrebbe desiderare il tuo di rientro a casa... »
commentò Yasu, tra una boccata e l’altra di nicotina, senza distogliere lo
sguardo dal pavimento, oltre le lenti scure dei suoi occhiali.
Takumi si voltò in un primo momento irritato da quella supposizione per poi
socchiudere per un istante gli occhi e rilassare il volto, tornando ad
ammirare l’esterno. Era palese alle sue orecchie ciò che Yasu voleva
insinuare e non c’era bisogno che glielo dicesse qualcun altro. Sapeva anche
lui quanto stesse trascurando quel già precario rapporto con Hachi ma le sue
priorità si erano sbilanciate ulteriormente. I Trapnest, per Takumi, erano
sempre stati al primo posto, erano ciò a cui aveva sempre dedicato la
maggior parte delle sue energie lasciando il restante per sé stesso e la sua
promessa sposa. Ma dopo quella notte non c’era più stata una maggioranza e
una minoranza, il tutto era dedicato solo alla band e, quindi, a Reira, la
quale rappresentava l’ostacolo più grande da superare, in quel momento,
professionalmente parlando.
«Era quindi qui che volevi arrivare con quella domanda sulla nostra
cantante…»
«Posso solo essere contento che abbia te al suo fianco. So quanto tieni a
Reira, nonostante tu sia il solito Takumi.»
«Vorresti starci tu al mio posto Yasu? Non sei passato più a trovarla
neppure una volta… Non è da te.»
L’uomo spense la sigaretta ormai prosciugata del suo tabacco nel posacenere
trovato sul divano. Provò a rispondere a Takumi ma i filtri delle Seven
Stars morti da diverse settimane dentro quel posacenere non facevano altro
che sbattergli in faccia la realtà dei fatti.
«Ho perso un amico. » disse, allontanando l’oggetto colmo di cenere ed
alzandosi dal divano « Non gira tutto intorno a Reira.»
Takumi, un po’ spazientito ma con indosso la sua innata nonchalance, si
voltò, raggiungendo l'altro, senza esitare nel proferir parola.
«Noi abbiamo perso un amico ed il nostro chitarrista.»
Yasu sorrise dal naso per l’ovvietà di quell’affermazione dell’Ichinose.
Sapeva di potersi aspettare delle parole del genere da quel suo vecchio
amico. Non c’era modo né situazione che potessero allontanare la mente di
Takumi da quella che era la sfera professionale dei fatti e delle sue
relazioni.
«Ma è ovvio… » gli rispose l'altro, decidendo di concludere lì quella
conversazione.
Yasu allora si allontanò, iniziando a sistemare la collezione di cd di Ren
nel borsone che aveva portato con sé, creando nella sua mente,
inevitabilmente, un fiume di ricordi del suo passato con l'amico perduto.
**
Era trascorsa quasi un'ora dal loro arrivo quando Nana fece capolino dalla
camera da letto. Occhiali da sole sul naso dove prima non c'erano , una
giacca di pelle più grande di quella con la quale era arrivata e uno zaino
pieno sulle spalle che poggiò sul divano, dove poi si sedette. Accavallò le
gambe con nervosismo, portandosi una sigaretta alla bocca. Yasu, che l’aveva
seguita nei movimenti, si avvicinò allungando una mano e dando fuoco alla
carta che avvolgeva il tabacco.
«Dov’è la sua chitarra, Takumi?»
Nana non voleva proprio fare così. Non voleva avere alcuna intenzione di
accumulare oggetti appartenenti a Ren e fingere di sentirlo ancora vicino
come un tempo. Se l’era imposta, nella sua mente, quasi qualche minuto dopo
aver avuto la notizia della morte del suo fidanzato, già pensava a robe del
genere. Eppure, la tentazione era tanta. Eppure, tutto ciò che avrebbe
voluto fare era rinchiudersi in quell’appartamento e cantare per lui con la
speranza di farlo tornare dal regno dei morti. Ma la realtà non era una
lugubre favola dal finale sorprendentemente inaspettato e, per questo, Nana
aveva deciso di mantener fede a quella promessa alle sue intenzioni,
ricordando, però, di tenere per sé l’essenza materiale di Ren: una giacca di
pelle, un pacchetto di sigarette e una chitarra.
«È in studio da noi, ovviamente! Non penserai spetti a te averla, vero?»
«Stai scherzando!? » sbraitò lei alzandosi dal divano.
«Ren era un membro dei Trapnest e la sua chitarra resta alla band. »
sentenziò Takumi, raggiungendo gli altri nell'altro lato del salone con aria
determinata ma piuttosto serena.
«Non esiste Takumi! Prendete quel che vi pare ma quella chitarra è mia!!!»
«E che diritto hai su quella chitarra? » le chiese provocatorio il bassista.
«Mi appartiene in un modo che tu non potrai mai capire, idiota! -» gli urlò
con rabbia Nana.
«E ora che intendi dire con questo?»
«Intendo che sei un uomo senza un briciolo di cuore Takumi! Intendo che sei
un coglione di ghiaccio che non si scioglie neppure al sole. Certe cose tu
non puoi capirle!!!»
«Chi pensi abbia pagato il funerale di Ren, eh? Chi pensi si sia occupato di
tutte le spese burocratiche della faccenda? Chi ha acquistato l’appartamento
affinché avessimo diritto a riappropriarci della sua roba?»
Nana ribolliva di odio, se odio era quello. Tutto ciò che Takumi diceva era
vero ma questo non cambiava le cose.
Non cambiava il fatto che lei e Ren erano legati da qualcosa che neppure
loro due erano mai stati in grado di spiegarsi.
Non cambiava che se lei fosse morta lui l’avrebbe seguita. Quelle parole
tornavano a tormentarla continuamente.
Non cambiava che lei era capace di amare solo Ren anche se lui non c’era
più, non le rimaneva altro da fare che amarlo, ancora di più, per far si che
il ricordo dei momenti trascorsi insieme, il ricordo di quando si
scambiavano pelle e battiti e si perdevano nell’essenza dell’altro, si
mantenesse vivo il più a lungo possibile nella sua anima. Cos'altro avrebbe
potuto fare?!
«Perché è l’unica cosa che sei in grado di dare tu! L’unica parte di te
stesso che sei capace di donare agli altri sono i tuoi soldi, è ciò che
compri, è un tetto su una testa e una vita agiata! È così che compensi la
tua dannata incapacità di amare qualcuno!»
La voce di Nana era furiosa ma Takumi, seppur irritato, sfoggiava un sorriso
a mezza bocca tra l’ironico e l’inquietante.
«Allora è questo, in realtà, il tuo problema Nana! » iniziò dicendole,
accorciando la distanza che li separava con qualche passo «Non è la mia
persona che ti scatena tutta questa rabbia ma è perché Hachi ha scelto me. È
perché Hachi ha lasciato il vostro appartamento per vivere con me. È perché
Hachi ora è mia! » finì di dire a pochi passi da una Nana con le lacrime
d'ira agli occhi, ancora, però, coperti dalle lenti scure.
«Sei un illuso Takumi! E va a farti fottere!»
Nana pronunciò quelle sue parole ad un palmo di mano dal perfetto viso di
Takumi che la osservava quasi soddisfatto. Continuò a fissarlo per qualche
attimo prima di sbuffare dal naso esasperata per poi prendere il suo zaino e
dirigersi verso la porta.
«Dove vai Nana? » chiese uno Yasu irritato e frustrato da tutta quella
situazione.
«A prendermi la MIA cazzo di chitarra di Ren!!!» fu l’ultima cosa che
sentirono i due prima del rumore della porta sbattere con violenza.
**
Nobu osservava Hachi scomparire in quella che una volta era la sua stanza
nell'appartamento 707. Era la quarta volta che provava a chiamare Takumi e,
anche se lei non l'aveva dichiarato apertamente, il ragazzo dava per certo
fosse lui l'interlocutore irraggiungibile.
«Smettila di fissarla, sembri un maniaco...»
«Io non la fisso!!! » rispose lui frettolosamente con una certa noia.
Nana lasciò perdere la bugia dell'amico e tornò a dedicarsi alla sua
sigaretta.
«Domani vengo con te! » sentenziò Nobu, dopo aver bevuto l'ultimo sorso
della sua birra.
«Posso andarci anche da sola...»
«Lo so benissimo questo! Ma quella chitarra dev'essere tua ad ogni costo...
Non riesco a starmene fermo se so che non è tra le tue mani...»
«Credo ti infastidisca di più il fatto che sia nelle mani di Takumi,
invece.»
Nobu, inaspettatamente, sbatté con forza i pugni sul tavolo, rischiando
di far cadere sul pavimento la bottiglia di birra che sarebbe, senza alcun
dubbio, andata in frantumi.
«Guarda che Ren era anche mio amico, cazzo!!! E se c'è qualcuno che
sicuramente non merita di averla, beh, si... Quello è senz'altro
Takumi!!!»
L'espressione di Nana fu inizialmente sorpresa della reazione di Nobu. Dalla
notte in cui avevano perso Ren, l'amico, sembrava essere caduto in un
profondo vortice di passività e accondiscendenza. Per questo motivo, il
fervore con il quale permetteva alle parole di uscirgli di bocca, la lasciò
per qualche attimo stupita. Poi, però, rilassò il viso quando le onde dei
ricordi tornarono a scontrarsi con il vuoto che la divorava dall'interno,
proiettandole nella mente le immagini di giorni che sapeva tristemente non
sarebbero più tornati.
«N-nana... - si interruppe Nobu, osservando la malinconica espressione
dell'amica - Scusa... Scusami Nana, sono stato trop-...»
«Ma sta zitto, idiota! » mentì sorridendo ironica a mezza bocca, più a sé
stessa che agli occhi dispiaciuti del ragazzo che aveva difronte.
Il silenzio che si venne poi a creare tra i due, sintomo di come entrambi si
rifugiarono nei propri ricordi ogni giorno più lontani, permise loro di
accorgersi che la telefonata di Hachi era andata a buon fine ma che era
lontana dall'essere una di quelle tranquille e serene.
Nell'altra stanza, quella riempita ormai solo di polvere e passato, Hachi
cercava invano di trattenere le lacrime agli occhi.
«Takumi, non posso ti ho detto! Nana ha bisogno di me!!!»
«A me non pare proprio, sai...»
«C-cosa... C-chi... Come puoi anche solo pensare una cosa del genere?!»
«Quello che penso è che tu debba tornare a casa nostra e riposare...
Sopratutto per la bambina!»
Quell'attenzione, quella piccola preoccupazione nei suoi confronti che
Takumi le dimostrò a parole, riuscì a scaldarle il cuore per qualche
secondo. Non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui suo marito le aveva
dimostrato interesse. Eppure, quei secondi passarono velocemente quando lui
continuò a parlare.
«Senti, io ho da fare quindi deciditi a rientrare così mando qualcuno a
prenderti oppure ti pago un taxi...»
Le lacrime lasciarono gli occhi della ragazza solo per far spazio ad
un'espressione ora più arrabbiata e spazientita. Prese qualche respiro,
portandosi istintivamente una mano al ventre dove la sua bambina iniziò a
scalciare chissà per che motivo.
«Takumi, io resto da Nana stanotte e anche la prossima probabilmente... Fin
quando lei avrà bisogno di me io ci sarò!!! Sei stato tu a dirm-...»
E tanto avrebbe voluto sentirsi dire che anche lui aveva bisogno di lei ma
tutto ciò che avvertì, dall'altra parte del telefono, fu il suono della
chiamata interrotta bruscamente dal suo interlocutore.
Gli occhi ora increduli della ragazza tornarono a bagnarsi, esprimendo
un'espressione ora furiosa, ora sorpresa, ora triste. E, ovviamente, non era
certo la prima volta in cui si sentiva così. Non c'era giorno della sua
vita, durante gli ultimi mesi, in cui non avesse riflettuto sulla decisione
più giusta per la sua vita e sul suo destino. La decisione giusta era
rappresentata naturalmente da Takumi, l'unico in grado di darle una vita
agiata, senza preoccupazioni in campo economico e cosa più importante la
possibilità di crescere sua figlia nel migliore dei modi. Era innamorata
dell'idea di Takumi al suo fianco e, quindi, credeva fermamente di essere
innamorata di lui. Oppure era realmente innamorata di Takumi e questo le
faceva amare, quindi, l'idea di trascorrere la vita al suo fianco nonostante
tutto.
Dall'altra parte c'era il destino.
Dall'altra parte c'era Nobu. E per quanto si dicesse che il destino attende
le persone, beh, Hachi sapeva che Nobu non l'aspettava ormai più da un
pezzo. Ma sapeva anche che se avesse scelto il destino la sua vita sarebbe
stata forse più difficile, ci sarebbero stati sicuramente più sacrifici e
più ostacoli da superare, ma con molta probabilità sarebbe stata sicuramente
più amata e forse lei avrebbe finalmente imparato ad amare un'anima e non
ciò che l'amore per essa rappresenta. Hachi, però, aveva scelto di non
essere egoista e di mettere al primo posto sua figlia e la vita di
quest'ultima. Eppure, c'era qualcosa che non le tornava ultimamente quando
si perdeva in questa riflessione o quando provava ad immaginare come sarebbe
stato intraprendere l'altra di strada, quella tortuosa del destino. Ma non
ebbe il tempo di rifletterci abbastanza stavolta che la porta della camera
si spalancò, mostrando una Nana preoccupata e stanca.
«Ti sentivo singhiozzare. Stai bene Hachi?»
"Singhiozzare?" pensò Hachi confusa. Possibile non si fosse accorta di aver
iniziato a piangere così violentemente?! Eppure quella sua gola, ora così
secca, doveva pur essere la conseguenza di qualcosa.
Gli occhi delle due ragazze si incastrarono tra loro. Quelli di Nana esausti
e frustrati. Quelli di Hachi spenti e bagnati.
Quando la ragazza dai capelli castani prese posto sul pavimento, l'altra la
raggiunse sedendosi accanto a lei. Restarono in silenzio per qualche
secondo.
«Nana...»
«Mh.»
«Dov'è Nobu?»
La voce di Hachi fu un sussurro, non perché avesse paura di essere avvertita
dal ragazzo ma perché c'erano cose che lei non avrebbe mai voluto sentire,
anche se, in realtà, in quel momento, lei ancora non lo sapeva.
«È andato via... Ti ha sentito urlare e poi piangere... e senza una parola
se ne è andato incazzato...»
«Oh...»
Gli occhi di Hachi, che fino a quell'istante avevano fissato quelli di Nana,
per seguire le sue parole, ora tornavano al pavimento, come specchi di
quella delusione mista a tristezza che si impossessò della ragazza.
Nana espirò rumorosamente, portando la testa all'indietro per poggiarsi alla
parete alle sue spalle.
«Dovreste davvero smetterla...»
Le parole della ragazza dai capelli corvini uscirono sommessamente per via
dei suoi denti digrignati e della mascella serrata, segno dell'irritazione
che provava in quel momento. Hachi si voltò a guardarla rendendosi conto
dello stato d'animo dell'amica. Non riuscì a non corrugare la fronte
nell'intento di interpretare quelle parole dedicatele.
«Tu e Nobu vi amate e dovreste proprio smetterla di crearvi degli ostacoli
da soli. » continuò con tutta l'aria di essere arrabbiata per questo «Il
problema è che lui non è abbastanza sicuro di sé stesso per lottare per te e
tu non sei ancora capace di riconoscere l'amore, visto che hai passato la
tua vita con la consapevolezza che l'amore fosse qualcosa di gestibile, di
controllabile... E no Hachi, non sai riconoscerlo per niente...»
Gli occhi della Osaki fissavano il vuoto davanti a loro. Con le sue ultime
parole cercò di ricordarsi come fosse fatta quella stanza, che pezzo di
mobilia ci fosse da quel lato della parete quando entrambe vivevano insieme
nel loro appartamento ma faceva fatica a causa dell'immenso vuoto che
occupava tutta sé stessa dentro e fuori. Sbatté le palpebre immobili da
troppo tempo.
«N-nana... » sussurrò Hachi, portandosi una mano alle labbra quando si rese
conto che, l'amica, stava silenziosamente piangendo lacrime corpose che ora
solcavano quel volto così bello ma così stanco. Nana piangeva per la prima
volta, almeno di fronte a qualcuno, da quando Ren era morto. Nessun attacco
di panico quella volta, niente ansimare, niente annegare. Solo lacrime che
non facevano altro che chiamare altre lacrime.
«... e questo è davvero un peccato, sai?! Perché entrambi respirate e sembra
che la cosa non vi basti per mettere da parte i vostri dubbi e le vostre
paure... Eppure, credimi, basta solo questo... Ba-basta solo respirare e
potersi v-vedere, potersi toccare... » le parole di Nana iniziarono ad
uscire con più fatica ora che anche lei si rese conto di star piangendo e
aveva difficoltà a trattenere quel pianto intrinseco di sofferenza e
impotenza «... Basterebbe che vi fermaste e vi sfioraste, guardandovi negli
occhi... E fermaste quel momento per proteggerlo e t-trattenerlo il più a
lungo possibile... C-che sia anche per tutta la vita... » si interruppe un
attimo per asciugarsi gli occhi umidi, inutilmente perché le lacrime non
volevano cessare di venir giù a bagnarle la pelle «Ma che stronzate sto
dicendo?! Oddio Hachi, non so che mi succede... » finì col dire, sopraffatta
dalla tristezza e dal suo stesso pianto.
«Shhh, oh Nana...»
Hachi provò a consolarla tirandola a sé e poggiando il volto dell'amica
sulla sua spalla. Entrambe piangevano, ognuna a modo suo.
Entrambe provavano a riflettere, ognuna a modo suo. A entrambe
mancava qualcuno ma a ognuna in maniera diversa perché una di loro non
poteva tornare indietro per riavere quel qualcuno e, tornare indietro,
purtroppo, era l'unico modo per sopperire a quella mancanza.
“Sai
Nana, quella notte, anche solo per qualche minuto, presi davvero in
considerazione la scelta di tornare nell'appartamento 707, tornare a
vivere con te, abbandonare la vecchia Nana Komatsu alla sua vita da
sposina perfetta e scegliere finalmente di essere Hachi, quella che già
stavo diventando, quella nella quale già allora mi stavo evolvendo ma
era troppo presto per capirlo. Davvero troppo presto.
Vorrei tornare indietro almeno la metà di quanto tu lo volessi quella
notte e poter sopperire alle mie e alle tue mancanze.
Ma ora l'ho capito, sarebbe davvero bastato solo poter respirare e
scegliere di farlo accanto di chi desideriamo di più nella vita, a
prescindere da ciò che si pianifichi per sé stessi.
Spero tu stia continuando a sopravvivere ed aprire gli occhi ad ogni
nuova alba, perché so che da quando hai perso Ren, pur di trattenere i
vostri momenti il più a lungo possibile, hai scelto di respirare per
entrambi.”
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