Giovedì, 14
maggio 2015
Papà è in partenza. Ha
pranzato da noi, e adesso io l'ho accompagnato fino alla macchina,
che è in cima alla strada sterrata che porta alla Casa del
faro. È parecchio immagonato, e con una scusa o con un'altra è
già tornato indietro tre volte per salutarci di nuovo. Alla
terza ho deciso di accompagnarlo fino a su, perché altrimenti
finisce che perde il traghetto.
“Guarda che tra un mese ci
rivediamo, eh?!” esclamo dandogli una pacca sulla spalla.
“Sì..., lo so...”.
Io e Cris abbiamo deciso di fermarci
qui fino a metà agosto, ma a giugno ci tocca tornare in città
per qualche giorno, per gli esami di maturità.
“Un mese passa subito” gli
dico sorridendo. “Pure troppo!”
“Nic crescerà tantissimo
in un mese...”
“Ti mando le foto e i video più
spesso che posso, giuro. Ok?”
“Va bene...” sospira lui
allargando appena le braccia e lasciandole ricadere. “Mandami
anche le tue ogni tanto, però”.
Io sorrido, scuotendo la testa. “È
il tuo modo per dirmi che ti mancherò?”
“Certo che mi mancherai!”
esclama lui spiazzandomi del tutto. Non è mai stato un tipo
espansivo, anche se negli ultimi mesi è migliorato parecchio.
“Anche tu mi mancherai”
ammetto abbracciandolo di slancio. “Anche se ultimamente mi
stavi un po' troppo addosso, eh?!” gli dico ridendo, mentre lo
lascio andare.
“Beh... dovevo recuperare, no?”
mi domanda lui un po' imbarazzato.
“Sì..., però direi
che hai recuperato abbastanza. Adesso possiamo trovare un equilibrio
normale, che dici?”
“Certo, come vuoi...” dice
abbassando lo sguardo, e sembra esserci rimasto un po' male.
“Non ti ho mica detto che non
dobbiamo vederci più, eh?! Solo che negli ultimi mesi... sei
stato molto presente”.
Sorrido, sollevando le sopracciglia, e
anche lui accenna un sorriso. “Meglio se vado, ogni minuto che
passa ne ho sempre meno voglia.”
“Il dovere ti chiama!”
“Purtroppo sì. Se hai
bisogno di qualcosa fammi sapere, eh?! Qualsiasi cosa.”
“Tranquillo. Mi hai già
dato pure troppo.”
“Non intendevo solo per i
soldi...”
“Tranquillo papà, davvero.
Me la caverò.”
“Lo so” mi risponde con gli
occhi lucidi. “Te la caverai benissimo”. Deglutisco,
perché mi sento un nodo in gola, e lui mi dà il colpo
di grazia: “La mamma sarebbe davvero tanto orgogliosa di te”.
Ci guardiamo in silenzio, entrambi troppo emozionati per dire
qualsiasi cosa, mentre vengono gli occhi lucidi anche a me. “Ti
voglio bene” mi dice abbracciandomi di nuovo.
Non me lo diceva dal giorno
dell'operazione. Era stata la prima cosa che mi aveva detto quando
quella notte lo avevano lasciato entrare nella mia stanza, in terapia
intensiva. “Ciao papà” avevo mormorato io, con la
voce ancora debole e rauca, e lui si era avvicinato al letto, mi
aveva dato un bacio sulla fronte, e mi aveva detto “Ti voglio
bene”, facendomi commuovere per la millesima volta in quella
giornata.
“Ti voglio bene anch'io”
gli dico adesso.
Quella notte, invece, non ero riuscito
a dirgli niente.
“È partito?” mi
domanda Cris quando rientro in casa.
“Se Dio vuole sì!”
esclamo io lasciandomi cadere sul divano accanto a lei, che ha in
braccio Nic.
“Beh, ma è comprensibile,
dai... Come si fa a stare lontani da questa meraviglia?” dice
lei con tono dolce, accarezzando la testa a Nic.
“È impossibile...”
le rispondo io, perdendomi a guardarlo. Avvicino un dito alla sua
mano, e lui lo afferra e lo stringe; è ancora sveglio, ma mi
sa che tra poco crolla, perché ha appena finito di mangiare e
sta sbadigliando.
Cris mi sorride e mi accarezza il viso.
“E come si fa a stare lontani da te?”
“Eh... pure questo è
impossibile, in effetti!” esclamo ridendo, e poi la bacio. “Gli
ho promesso che gli manderò tante foto e video. A proposito,
ho pure promesso ad Asia che alle tre ci sentiamo su Skype. Vuole
vedere il Piscione come si deve! E devo anche darle la Notizia!
Carola a che ora è che arriva? Nel tardo pomeriggio, no?”
“Sì, verso le sei.”
“Certo che il Comune dovrebbe
darci un contributo per l'incremento del turismo, eh?!”. I
Braccialetti, papà, adesso Carola...; la settimana prossima,
invece, arrivano Ruggero ed Emma, e pare che pure Thomas e Lilia con
Allegra verranno a passare qualche giorno qua a luglio. E non è
da escludere che i Braccialetti ritornino: Rocco sta insistendo
parecchio per convincerli a tornare qua insieme a lui.
“Prova a farne richiesta, magari
li convinci!” esclama lei ridendo e dandomi un bacio. “Ne
saresti capace!”
“E devono darci anche la
cittadinanza onoraria!”
“Addirittura?!”
“Certo! Abbiamo perfino deciso di
far nascere qui nostro figlio...!”
“In realtà è nostro
figlio, che ha deciso di nascere qui!”
“E vabbè, dettagli...”;
rido, e poi mi chino a dare un bacio a Nic sulla testa. “Ben
fatto, Piscione! Te sì che hai capito tutto dalla vita!”.
Cris sorride, guarda Nic, e poi guarda
me. “Si è addormentato. Ne approfitto per fare la
doccia” mi dice porgendomelo. “Anzi, magari riesco a
farmi un bel bagno rilassante, come si deve!”
“Ok” le rispondo prendendo
Nic, ma poi le rivolgo un sorriso malizioso. “Vengo con te?”
“Oh...”; lei si sposta i
capelli dietro l'orecchio e sembra a disagio. “Veramente...
Ecco... Preferisco farlo da sola.”
“Ah... ok” annuisco io,
cercando di non darle a vedere che ci sono rimasto male.
“E poi... hai detto che tra poco
devi sentirti con Asia, no?”
“Sì...”.
Cosa crede? Che le voglio saltare
addosso? Volevo solo coccolarla un po', avere un momento tutto nostro
dopo tanto tempo..., ma a quanto pare lei non è della stessa
idea, e non mi sembra il caso di insistere.
“Ecco qua il Piscione della zia
Asia!” dico prendendo Nic dal passeggino e sedendomi di nuovo
davanti al pc.
“Non chiamarlo così, dai!”
esclama Asia; lei è seduta alla scrivania del suo studio, in
giacca e camicetta elegante; lì a New York sono le 8 del
mattino, e tra poco comincerà a lavorare.
“Ma a lui piace! Adesso non può
dirtelo perché dorme...”.
Lei ride e scuote la testa. “Peccato
che dorme anche stavolta. Non l'ho ancora visto con gli occhi
aperti.”
“Ma sì, scusa! Ti ho
mandato il video ieri!”
“Intendevo in diretta...”
“Ah... Beh, se vuoi lo sveglio!”
“Leo!”
“Eddai, scherzavo!”
“Comunque è davvero
bellissimo. Pure con gli occhi chiusi.”
“Sì...” sorrido io
guardandolo. “E non ha nemmeno perso tanto peso, sai? È
un mangione! Se ne sta sempre attaccato a Cris!”
“Come te...”
“Cosa? Che me ne sto sempre
attaccato a Cris?!” le chiedo ridendo.
“Che sei un mangione!”
esclama ridendo anche lei. “E Cris come sta?”
“Benissimo, è in gran
forma. Adesso è da un'ora che è a mollo nella vasca,
con la musica, le candele..., e tutto il resto!”. E a me non
m'ha voluto, probabilmente per paura che ci provassi. Ma mi reputa
così idiota da provarci tre giorni dopo il parto?! Lo so
benissimo che è troppo presto.
“E tu come stai? I mal di testa
sono ancora molto forti?”
“Eh..., quelli purtroppo sì.
Ma adesso sto bene, sono tanti giorni che non ne ho”. E quindi
temo che me arrivi uno di quelli assurdi da un giorno all'altro. Ma
adesso sto bene.
Sto bene.
Sto bene.
“Sto bene” dico prendendo
fiato. “Sto bene davvero.”
“Sono contenta” mi risponde
lei accennando un sorriso dolce.
“Sì..., però...,
Asia, ti sto dicendo che sto... bene. Davvero bene.”
“Va bene fratellone, ho capito.”
“Ma... benissimo, proprio!
Roba che da anni non stavo così bene.”
“Ok, ho capito. Mi fa pia...”.
All'improvviso si blocca. Forse adesso ha capito sul serio. “Aspetta
un momento.”
“Oh, io aspetto pure quanto vuoi,
tranquilla! Magari sei pure fortunata che nel frattempo il Piscione
si sveglia!”
“Leo, per favore... Non... non
scherzare adesso” mi dice appoggiando le mani sulla scrivania,
come se avesse bisogno di sostenersi. “Stai... Ho... ho capito
bene quello che stai dicendo?”.
Io annuisco leggermente e sorrido
emozionato. “Sì. Hai capito bene”; prendo fiato e
poi lo dico: “Sono guarito, sorellina”; mentre glielo
dico, i miei occhi si riempiono di lacrime, e immediatamente dopo
anche i suoi. O forse è stato il contrario: forse sono io che
mi sono commosso nel vedere lei commuoversi. Non lo so. So solo che
ce ne stiamo in silenzio, entrambi con gli occhi pieni di lacrime, a
guardarci attraverso il freddo schermo di un computer, e che non so
cosa darei per poterla abbracciare. “Mi manchi...”
mormoro con la voce tremolante. E prima di questo esatto momento non
mi ero reso conto di quanto davvero lei mi mancasse.
Di quanto mi sia mancata nei momenti
brutti, in quei lunghi mesi difficili, in cui stavo sempre peggio, in
cui ero a un passo dalla morte; di quanto avrei voluto un suo bacio
prima dell'operazione, e saperla lì fuori ad aspettarmi, come
ogni singola volta; di quanto avrei voluto che ci fosse anche dopo,
nei mesi altrettanto lunghi e difficili della convalescenza.
Di quanto mi sia mancata anche nei
momenti belli, di quanto mi sia dispiaciuto non dirle che mi sposavo,
e non vederla lì, per il mio matrimonio, a prendermi in giro
perché non ho ancora imparato a fare il nodo alla cravatta e
me lo sono fatto fare da papà; di quanto mi dispiace che ora
non possa essere qui, per conoscere Nic, per poterlo tenere in
braccio e riempirlo di baci, perché so che è questo che
farebbe, e che io glielo lascerei fare, nonostante sia geloso di
chiunque si avvicini a lui.
E di quanto, ma quanto, vorrei
un suo abbraccio adesso.
Un suo abbraccio.
Uno di quelli che mi sa dare lei.
Uno di quelli che mi hanno tenuto a
galla quando credevo di annegare, e forse era pure quello che volevo,
che riuscivano a farmi sentire a Casa anche quando Casa era sempre
più lontana e irraggiungibile.
E vorrei vederla entrare da quella
porta, adesso, con quel suo sorriso dolce che ha illuminato tante mie
giornate in ospedale, anche quando non me lo meritavo, anche quando
ero insopportabile e la trattavo male; ma lei non si è mai
arresa, mai, e puntualmente compariva nella mia stanza con quel suo
sorriso dolce e luminoso, con i suoi biscotti al cioccolato, le
riviste, i fumetti, i cornetti e il caffellatte freddo la domenica
mattina; si è ostinata a essere famiglia, nonostante
tutto, nonostante la mamma non ci fosse più e papà
fosse ormai un fantasma, nonostante a me sembrasse tutto perso per
sempre.
“Scusa...” sussurra a un
certo punto, così piano che non sono nemmeno tanto sicuro di
aver sentito bene. “Non... non riesco a dire niente. Sono
troppo felice, non...”
“Non importa” le dico io
sorridendo, mentre mi stringo Nic al petto, come se potessi stringere
lei. “È perfetto così”.
La porta del bagno è socchiusa,
e io la apro, fermandomi sulla soglia. Cris è ancora nella
vasca, immersa nella schiuma, con la testa appoggiata sul bordo, i
capelli che le ricadono giù fino a toccare il pavimento, e gli
occhi chiusi. È sensuale da morire, e non posso non ripensare
a quella volta in cui l'ho trovata esattamente così, l'estate
scorsa, pochi giorni dopo che stavamo qua.
Era bellissima ed eccitante,
esattamente come adesso, e io mi ero avvicinato, mi ero seduto sullo
sgabello alle sue spalle, e avevo iniziato a baciarla sul collo; poi
avevo infilato le mani nell'acqua tiepida, in mezzo alla schiuma, e
avevo avvolto il suo seno tra le mie mani.
Lei si era girata verso di me,
mettendosi in ginocchio e buttandomi le braccia al collo, e mi aveva
baciato, bagnandomi tutta la canotta. Il bacio era diventato subito
passionale, e pochi secondi dopo io ero già nudo, dentro la
vasca con lei.
Ci era piaciuto così tanto, che
fare il bagno insieme era diventata un'abitudine. E quella volta che
pioveva e... Basta! Solo a ripensarci mi tira di brutto. È una
tortura.
“Emergenza tetta!” esclamo
bussando, e Cris apre gli occhi e si gira verso di me. “Mi sa
che il Piscione ha fame”; appoggiandolo sul mio petto nudo,
sono riuscito a farlo smettere di piangere, ma non so quanto dura.
“Oh... Arrivo subito”; lei
si mette seduta, ma non accenna ad alzarsi. “Arrivo”
ripete legandosi i capelli con l'elastico che aveva al polso.
“Ok” le rispondo io
annuendo, e poi esco dal bagno. C'è qualcosa che non mi torna.
Cris è strana. Viene fuori dal bagno, avvolta
nell'accappatoio, prende Nic dalle mie braccia e va in camera, mentre
io la seguo. “Asia che ha detto?” mi domanda mettendosi
seduta sul letto e iniziando ad allattare Nic. Ha un tono di voce
normale, tranquillo, sta pure sorridendo, però non lo so...
Prima in bagno mi è sembrata davvero strana, come se si
vergognasse a farsi vedere da me.
“Asia...?”
le rispondo sedendomi accanto a lei e stringendomi nelle spalle.
“Niente.”
“Come
niente?!”
“Eh...
era senza parole. Era... felice”.
Cris
sorride e mi accarezza il viso. “Certo che anche per lei
dev'essere davvero incredibile...! E deve dispiacerle molto non poter
correre da te come ha sempre fatto.”
“Già...
Ha detto che riuscirà a tornare a casa in ferie non prima di
ottobre...”
“Ti
manca tanto, vero?”
“Da
morire... E se non ci fosse stata lei, prima che arrivassi tu, prima
dei Braccialetti..., non lo so che fine avrei fatto.”
“E
se non ci fossi stato tu, chissà che fine avrei fatto io...”.
Io
accenno un sorriso e le sfioro le labbra con un bacio, spostandole
all'indietro i capelli. Forse mi sono sbagliato, forse non è
strana,
ed è stata solo una mia impressione. Magari è solo
stanca, la notte dorme poco, Nic ci sveglia di continuo. Se si tratta
di cambiarlo, spesso ci penso io, così lei non si deve alzare
e può restare a letto, ma se ha fame tocca per forza a lei, e
io va a finire sempre che mi riaddormento subito.
“Il ginocchio come va?” le
chiedo dopo un po', notando che è ancora gonfio. “Ti fa
male?”
“Un po'...”
“Ma ci hai messo la pomata che ti
ho preso ieri?”
“No, oggi ancora no.”
“Te la prendo?”
“Va bene, grazie. È lì
sul comò”.
“Tieni” le dico poggiando
il tubetto sul letto, vicino a lei.
“Grazie. Prendi Nic?”
“Certo”; prendo in braccio
Nic che si è addormentato, lo metto nella culla, e poi vado a
sedermi di nuovo accanto a Cris, che si sta spalmando la pomata sul
ginocchio. “Faccio io?” le chiedo con un sorriso, ma lei
scuote la testa.
“Non occorre, ho quasi fatto.”
“Ok...”. Terzo rifiuto di
oggi. Ok, in bagno non è stato un vero e proprio rifiuto, ma
praticamente è come se lo fosse stato, perché non è
uscita dalla vasca finché io non me ne sono andato. Sospiro,
indeciso se essere diretto o aspettare qualche giorno e vedere come
va.
No. Non posso aspettare qualche giorno.
“Cris, ma che c'hai?! Hai paura
che ti salto addosso?!”
“Eh?! Ma no! Cosa stai
dicendo?”
“Guarda che non sono scemo, eh?!
Lo so che hai appena partorito!”
“Leo, ma cosa...?”
“Cosa credi?! Che sono un animale
in calore?! Lo so che è presto! E poi c'ero anch'io al corso
pre-parto, scusa, eh?!”.
E di sicuro non mi dimentico di Damiano
che ha alzato la mano per chiedere a Lucia quanto tempo ci vuole dopo
il parto per riprendere a fare sesso, e di Greta che gli ha tirato un
calcio nello stinco e gli ha detto che finché lui avrebbe
dormito sul divano, la vedeva difficile. Eravamo tutti scoppiati a
ridere, me compreso, ma alla fine la domanda ci interessava a tutti
quanti, e avevamo ascoltato la risposta con attenzione. Pure Greta.
“Leo...”
“Volevo solo stare un po' con te,
mica violentarti!”
“Hai finito?”
“Sì...!” sbuffo
agitando una mano e lasciandola ricadere contro il materasso.
“Leo, io non...”
“Anzi no! Non ho ancora finito!
Perché questa storia mi manda ai matti! Volevo solo venire in
bagno con te, magari lavarti la schiena o i capelli..., cose così!
Mica metterti le mani addosso! Volevo solo un momento speciale per
noi due! Avevo bisogno di quello!”
“E io invece avevo bisogno di un
momento speciale per me” ribatte lei con tono fermo, ma
allo stesso tempo molto dolce. “Sono tre giorni che non mi
stacco da Nic, sono nove mesi che sono un tutt'uno con lui... Ed è
meraviglioso, certo! Ma avevo bisogno di stare da sola con me!”
“Ma io mica ti avrei dato
fastidio! Volevo solo...”
“Cerca di capire... Non è
una cosa contro di te!”
“Come fa a non essere contro di
me?! Da mesi sognavo di potermene stare da solo con te, fuori
dall'ospedale! E adesso che possiamo, tu mi rifiuti!”
“Ti rifiuto?! Solo perché
ho voluto fare un bagno per conto mio?! Come puoi dire una cosa del
genere...?”
“Ah, non lo so! Neanche la pomata
sul ginocchio mi hai fatto mettere! E finché c'ero io...”
dico indicandomi il petto. “Non sei uscita dalla vasca! Se non
sono rifiuti questi! È assurdo! Sembra quasi che hai paura di
me! O che ti vergogni!”.
Lei sospira e appoggia una mano sulla
mia. “Non ho paura di te. Lo so che non mi mancheresti mai di
rispetto.”
“E allora ti vergogni?! Ti
vergogni! Dai, Cris, è assurdo!”
“Un po'...” ammette lei
sciogliendosi i capelli ancora bagnati. “Cioè... il
bagno ho voluto farlo da sola perché davvero ne avevo bisogno.
Non c'entri tu.”
“Però ti vergogni! Di me!”
“Non è che proprio mi
vergogno... È che è... strano...! Il mio corpo è
diverso e...”
“Beh, scusa! Ti ho vista nuda
pure col pancione!”
“Sì, ma è...
diverso! Quando avevo il pancione c'era Nic. Adesso Nic non è
più qui dentro, ma la pancia ci metterà un po' a
tornare piatta come prima, e ho questo seno... enorme, e...”
“E non sei mai stata così
bella” le dico accarezzandole i capelli, mentre lei abbassa lo
sguardo e le sfugge un sorriso imbarazzato. “Così
luminosa, così splendida.”
“Ho paura di non piacerti più...
Non voglio che tu mi veda solo come la mamma di tuo figlio.”
“Oh, è impossibile!”
esclamo io ridendo. “Non ti vedrò mai solo come la mamma
di mio figlio! Sei troppo eccitante!”.
Lei ride e mi guarda. “Dici sul
serio?”
“Al 100%! E non lo so proprio
come farò a resistere per un mese.”
“Per almeno un mese.”
“Almeno” sbuffo io
alzando gli occhi al cielo.
“Però nel frattempo
potremmo... dedicarci ad altro” mi dice lei con un sorriso
malizioso. “Ricominciare da capo. Potrebbe essere divertente,
no?”
“Divertente?! Io dico che sarà
frustrante.”
“Sarà come scoprirsi di
nuovo. Sarà emozionante! E poi l'attesa aumenta il
desiderio...”
“Ah guarda!” esclamo
poggiandole le mani sui fianchi e tirandola verso di me. “Più
di così, il mio desiderio non so proprio come potrebbe
aumentare!”. Anche perché è già passato
più di un mese, dall'ultima volta che abbiamo fatto l'amore.
Cris mi dà un bacio e mi
accarezza i capelli. “Ti amo” mi dice facendo un sorriso
troppo bello. “E anch'io non vedo l'ora di fare di nuovo
l'amore con te.”
“Ti amo...” mormoro contro
le sue labbra, sprofondando con una mano tra i suoi capelli. “Sono
ancora bagnati...”
“Ti va di asciugarmeli?” mi
domanda con un tono dolcissimo.
“Sì” annuisco io
sorridendo. “Certo.”
“Andiamo in bagno, però,
che qua svegliamo Nic.”
“Comunque...” le dico
mentre entriamo in bagno. “Il tuo seno enorme non mi
dispiace per niente, eh?! Anzi, diciamo che mi manda proprio ai
matti! E a dirla tutta, sono pure invidioso di Nic che c'è
sempre attaccato!”
“Che stupido!” ride lei
passandomi il phon e sedendosi sullo sgabello.
Io sorrido e le do un bacio sulla
testa, poi inizio ad asciugarle i capelli.
È arrivata Carola, e si è
portata dietro una montagna di roba per Nic. Aveva il baule
della macchina strapieno, e ovviamente è toccato a me
scaricare tutto, facendo avanti e indietro, su e giù per la
salita, perché ha parcheggiato su, per evitare di giocarsi le
sospensioni.
“Finito!” esclamo lasciando
cadere sul pavimento della cucina le ultime borse. “Ma hai
comprato altra roba, per caso?”
“Qualcosa...” risponde lei
con noncuranza.
“Qualcosa?! Qua c'è
almeno il triplo della roba di prima!”. Tra le cose che abbiamo
comprato io e Cris in questi mesi, e quelle che ci hanno regalato,
Nic aveva già un guardaroba più assortito del mio, ma
Carola deve aver perso la testa, perché qua c'è roba
per dieci bambini!
“Tutte cose necessarie, comunque”
ribatte lei.
“Necessarie?! Spiegami a cosa
servono tre biberon, dato che lo allatta Cris!” dico
guardando dentro a una delle borse. “E questo cos'è?”
le chiedo tirando fuori una scatola con dentro una specie di grande
ventosa attaccata a un aggeggio elettronico.
“È un tiralatte.”
“Per farci che?!”
“Per tirare il latte, no?”
ride Cris, arrivando con Nic in braccio. “Ecco qua, il Leoncino
pulito e profumato!”
“Non vorrai davvero attaccarti
questa cosa alle tette...?” le domando tenendo ancora in mano
quella specie di strumento di tortura.
“No, se non ce ne sarà
bisogno” mi risponde lei avvicinandosi a Carola. “Lo vuoi
tenere?” le chiede allungando un po' le braccia per porgerle
Nic, e io vado subito in allerta. Non mi piace tanto quando lo
prendono in braccio gli altri. Ho paura che non lo tengano bene, o
che lo facciano cadere, e poi... ok, lo ammetto: sono geloso del mio
Piscione.
Carola sembra parecchio a disagio.
“Veramente... Non so...”. Quando prima è arrivata,
lui era nel passeggino; lei lo ha guardato incantata e gli ha fatto
le solite moine con la voce stupida che tutti si ostinano a fare ai
neonati, ma non ci ha chiesto di poterlo prendere in braccio. Poi io
sono andato a scaricare la macchina, e dopo il primo giro, in cucina
ho trovato solo lei, ancora in piedi, vicino al passeggino vuoto.
“Nic aveva bisogno di essere cambiato...” mi ha spiegato,
e a me ha un po' stranizzato che non avesse seguito Cris in bagno, ma
mi son detto che in fondo un pannolino puzzolente non è una
grande attrattiva, soprattutto per una tipa come lei. Adesso però
se ne sta ancora lì, tutta rigida, a guardarlo quasi
spaventata.
“Vieni a sederti, dai” le
dice Cris andando verso il divano, e quando lei si siede glielo mette
in braccio.
“Oh!” esclama lei
meravigliata. “È così... leggero!”
“3 kg e 840 grammi di puro
Leoncino!” dico io ridendo, e poi mi avvicino a loro e mi chino
verso Nic. “Questa, Piscione, è la zia Carola. Quella
riccona che ti riempirà di cose inutili come i bavaglini di
Armani e i pannolini di Dior!”
“Non esistono i pannolini di
Dior!” ribatte lei.
“Ma se esistessero glieli
compreresti, di' la verità!”.
Lei sospira e alza gli occhi al cielo.
“No...”
“Non crederle, Piscione!”
bisbiglio io a Nic, ridendo.
“Comunque quel soprannome è
davvero orrendo. Devi per forza usarlo?”.
Io rido e mi siedo sul divano, in mezzo
a lei e Cris. “Anche mia sorella lo detesta!” esclamo
passando un braccio sopra le spalle di Cris. “Ma il Piscione è
mio, e perciò decido io!”
“E tu non gli dici niente?!”
domanda Carola a Cris, sgranando gli occhi.
“Io lo trovo carino...”
sorride lei dandomi un bacio sulla mano.
“Ci rinuncio!” sbuffa
Carola. “Con voi due è una partita persa!”.
Io sorrido e accarezzo la guancia di
Nic con un dito; tutto sommato sembra stare bene pure in braccio alla
zia riccona. E la zia riccona ha già perso la testa per lui,
si vede da come lo guarda. E d'altronde, non potrebbe essere
altrimenti. Guarda lì: 3 kg e 840 grammi di puro amore.
“Dormono tutti e due” mi
dice Carola entrando in cucina, mentre io sto finendo di sistemare.
“Oh bene” le rispondo
chiudendo la lavastoviglie e facendola partire. “Sono belli,
eh?”
“Bellissimi” sorride lei.
“Davvero bellissimi.”
“Modestamente...!” esclamo
indicandomi con entrambe le mani, e lei scoppia a ridere.
“Posso capire che tu ti prenda la
tua parte di merito per Nic..., ma pure per Cris?”
“E certo! È così
bella perché è felice. E di chi è il merito?
Mio!”
“Non fa una piega...” dice
lei con tono divertito.
“I miei discorsi non fanno mai
una piega. Dovresti saperlo, ormai”.
E lei sorride di nuovo. “Certo...,
questo non è quello che avrei immaginato per mia sorella fino
a non molto tempo fa..., però hai ragione. È davvero
felice. Perciò se è te che devo ringraziare...”
dice avvicinandosi a me e poggiandomi una mano sul braccio. “Grazie.
Sono felice per voi. Sono felice per lei che è felice, sono
felice che tu stia bene e che possiate godervi finalmente un po' di
serenità... E sono felice di essere diventata zia di un
bambino bellissimo.”
“Come suo padre!” esclamo
io ridendo, cercando di nascondere il fatto che le sue parole mi
abbiano emozionato parecchio. Non me le aspettavo.
Carola annuisce sorridendo e poi si
allontana. “Adesso vado, buonanotte. Ci vediamo domani.”
“Ok” le rispondo togliendo
la tovaglia dal tavolo e iniziando a piegarla. “Buonanotte”.
Ma quando ormai lei è sulla porta, mi viene in mente che forse
è meglio approfittare del fatto che Cris stia dormendo per
chiederle dei suoi. “Aspetta!”. Lei si ferma, e io la
raggiungo nello spiazzo esterno. “Volevo... chiederti una
cosa.”
“Certo, dimmi”; appare un
po' sulla difensiva, forse immagina quale sia l'argomento e
non le va tanto di parlarne.
“I tuoi che intenzioni hanno?”
le domando andando dritto al punto senza girarci intorno.
“Non lo so” sospira lei
stringendosi nelle spalle.
“Come sarebbe che non lo sai?!”
“Non lo so. Non ne abbiamo
parlato”.
Io sollevo gli occhi al cielo e poi la
guardo. “Non ne avete parlato” dico con un sorriso
nervoso. “Ma andiamo! Vuoi farmi credere che non gli hai detto
che è nato, e che venivi qui?”
“Sì..., questo gliel'ho
detto” mi risponde lei mordendosi nervosamente il labbro.
“E loro...?! Niente?! Non hanno
detto niente?!”
“Mio padre... no. Non ha detto
niente. Mia madre mi ha chiesto solo se il parto era andato bene. Io
le ho risposto di sì, e che Cris e il bambino stavano
benissimo. Tutto qui.”
“Tutto qui” ripeto piegando
le labbra, sdegnato.
“Dobbiamo dargli tempo” mi
dice lei fissandomi dritto negli occhi. “Vedrai che col
tempo...”
“No!” esclamo io alzando la
voce. “Io non gli do un bel niente! Tempo! Figuriamoci!
Ne hanno avuto fin troppo di tempo!”
“Ma adesso è diverso.
Adesso che Nic è nato, sono sicura che...”
“Cosa?! Che si ricorderanno di
avere una cazzo di coscienza?! O forse sono io il vero problema! Non
le possono di certo perdonare di stare con questo sfigato! Perché
è questo quello che pensano di me, no? E se magari fossi
morto... a quest'ora giocherebbero alla famiglia felice e l'avrebbero
pure rivoluta in casa! Invece così, no! La devono punire!”
“Leo, ora stai esagerando...”
“Perché?! Ho detto solo la
verità! E tu lo sai benissimo!”. Mi lascio cadere
stancamente sulla panchina e sospiro, passandomi una mano in mezzo ai
capelli e afferrandomi la testa. Ho urlato un po' troppo. Spero di
non aver svegliato Cris e Nic, però che cazzo! Come si fa a
essere così stronzi?! Come possono fregarsene di loro figlia e
di loro nipote?! E la mamma, invece, che sarebbe venuta qui pure a
nuoto, pur di conoscere subito Nic, lei non potrà mai farlo;
non potrà mai conoscerlo, non potrà mai tenerlo in
braccio, non potrà mai guardarlo negli occhi. Continuo a
pensare che l'Universo si diverta a prendersi gioco di me, in un modo
o nell'altro. “Vai pure...” dico a Carola, muovendo una
mano all'indietro. “Scusami se ho alzato troppo la voce.”
“Non importa” mi risponde
lei accennando un sorriso, e poi se ne va.
Io resto ancora per qualche minuto
sulla panchina, poi rientro in casa e vado in camera. Cris e Nic sono
sul lettone e stanno dormendo entrambi; per fortuna non li ho
svegliati.
Mi spoglio, tolgo il cuscino che Cris
ha messo dietro a Nic per evitare che caschi giù dal letto, e
mi sdraio accanto a loro. Sposto all'indietro i capelli di Cris, che
le sono ricaduti sul viso, e glieli accarezzo piano. È felice.
Ha un'espressione felice perfino mentre dorme. Sorrido, mi avvicino
di più, e l'abbraccio stando sempre a distanza di sicurezza
per non schiacciare Nic. Pure lui sembra felice, anche se non ho ben
chiaro che idea di felicità possa avere un neonato di tre
giorni. Forse gli basta questo: essere sazio e pulito, al caldo e al
sicuro in mezzo ai suoi genitori che lo amano da impazzire.
Vorrei saperlo sempre così: al
sicuro vicino a me, e felice.
E lo stesso vorrei per Cris.
Vorrei proteggerli da tutto e da tutti.
Vorrei che bastassero le mie braccia.
Sono bellissimi.
Sono davvero bellissimi.
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